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L. MARCIUS L.F. PAL PHILIPPUS

Dove L.F. è il patronimico, mentre PAL è l’indicazione della tribù che veniva indicata con le prime

tre lettere del suo nome (PAL indica quindi la tribù Palatina). Servio Tullio divide la città, anche se

non sappiamo se avesse diviso solo la parte murata o anche quella fuori dalle mura (pare che

l’Aventino fosse ancora escluso), in quattro tribù territoriali, la Palatina che comprendeva il

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Palatino e la Velia, l’Esquilina, la Collina che comprendeva il colle del Quirinale e infine un’altra

tribù che secondo le varie fonti si chiamava suburana o sucusana e che di solito viene indicata nella

zona dell’Oppio e della Suburra. La domanda che si pongono gli storici è: fermo restando che le

tribù non comprendevano il territorio fuori dalle mura, tutto il territorio all’interno della città

apparteneva alle tribù? Oggi si tende a dare una risposta negativa, cioè c’erano luoghi della città che

non appartenevano a nessuna tribù e si trattava dei luoghi sacri, come il colle del Campidoglio o

pubblici, come la valle del foro; secondo altri c’erano molte zone della città che non appartenevano

a nessuna tribù.

Roma è quindi una città molto grande e ormai è evidente la netta distinzione tra mura, il segno

visibile della città e il pomerium, cioè la parte sacra della città. Roma aveva intorno a sé un grande

territorio e allora lo stato aveva ripartito in tribù solo il territorio della città, cioè lo stato non ha

ripartito anche il territorio al di fuori delle mura? Non lo sappiamo, cmq ben presto, sicuramente

dall’inizio dell’età repubblicana (fine VI sec) anche il territorio romani fuori dalle mura venne

ripartito in tribù che prenderanno il nome di tribù rustiche, in contrapposizione alle quattro tribù

della città che si chiameranno tribù urbane.

Con l’ingrandirsi di Roma, le tribù rustiche diventeranno sempre di più e raggiungeranno un

numero definitivo alla fine della prima guerra punica, nel 241 aC, quando sono ormai 35, cioè 31

rustiche e 4 urbane. Nelle tribù urbane venivano iscritti coloro che risiedevano nella città e non

erano proprietari di terre, nelle tribù rustiche erano iscritti coloro che risiedevano dentro la città o

fuori da essa e che erano proprietari di terre; quindi il proprietario terriero sia che risiedesse dentro

o fuori la città era sempre iscritto alle tribù rustiche, mentre coloro che non erano proprietari terrieri,

sia che risiedessero all’interno sia che risiedessero all’esterno della città erano iscritti nelle tribù

urbane.

A un certo punto a Roma l’assemblea prevalente sarà il comizio tributo; la conseguenza delle

ripartizione della popolazione in 35 tribù è che i ceti proprietari avevano in mano 31 voti, mentre i

meno abbienti e i nullatenenti avevano al massimo 4 voti perché si votava per tribù (il voto delle

tribù derivava dalla maggioranza all’interno della tribù stessa); siccome nel ceto proprietario

esistevano rapporti clientelari il voto del piccolo proprietario terriero non contava come quello del

grande proprietario.

L’epoca di Servio Tullio è quindi un’epoca di profonda trasformazione nella Roma arcaica che la

tradizione fa coincidere con Servio Tullio che probabilmente non realizzò mai realmente tutte

queste riforme, ma il fondo storico di questa vicenda può essere riconosciuto in questo: la fine del

VI e l’inizio del V sec a Roma segna un momento di profondi rivolgimenti che si comprendono alla

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luce del fatto che Roma è ormai una grande città; questa città è incastonata in un territorio in cui

interagiscono interessi greci da sud, interessi etruschi da nord e intorno a Roma interessi locali di

città latine, sabine volsche e così via. A Servio Tullio vengono attribuite diverse riforme tra le quali

la divisione della città in 4 tribù urbane e si tratta di una riforma importante perché la realizzazione

di una realtà civica in senso territoriale implica di solito dei processi di democratizzazione della

comunità civica; quindi si assiste all’allentamento del prepotere delle poche famiglie oligarchiche.

È probabile che intorno a questo periodo e quindi è attribuibile a Servio Tullio, l’ager romanus sia

stato ripartito in tribù territoriali, le tribù rustiche che costituiranno la base dei futuri comizi tributi

che raggiungono la loro massima fioritura nel IV sec.

A Servio Tullio veniva attribuita anche un'altra riforma fondamentale riguardante il corpo civico la

quale, come sempre a Roma, aveva nel contempo un aspetto militare e uno politico: Servio Tullio

classi di censo

avrebbe cioè diviso la popolazione in e questa divisione ha rilevanza sia sul piano

politico che militare. Roma quindi alla fine del VI sec conosce una riforma censitaria rivoluzionaria

che indica una profonda trasformazione della società della città; anche l’introduzione di criteri

censitari per dividere la popolazione indica che si sta attuando un allargamento del potere

soprattutto legislativo a detrimento dell’oligarchia costituita di capi delle gentes. La riforma di

Servio Tullio vagamente assomiglia a quella di Solone ad Atene, riforma che nasce dal fatto che

ormai all’interno della società accanto alla nobiltà di sangue, comincia a contare molto l’aristocrazia

della ricchezza; in questo periodo arcaico dobbiamo pensare che la nobiltà e la ricchezza vadano di

pari passo, ma è il concetto che conta. Quando però parliamo di una maggiore estensione della base

su cui si impernia la vita pubblica non dobbiamo pensare all’istituzione di una democrazia.

Nella seconda metà del VI sec Roma quindi riceve questa riforma censitaria che certamente non

piaceva all’oligarchia senatoria, ma che era stata fortemente voluta dai re etruschi che ebbero questi

atteggiamenti “tirannici”. D’altro canto il primo germe di questa ripartizione territoriale costituita

dalle tribù, avrà anche in seguito molto successo e costituirà un nuovo passo verso una maggiore

democratizzazione della società romana; quando prevarrà l’assemblea tributa non solo essa non

piacerà come principio ai nobili, ma nemmeno ai ricchi; col tempo si realizzerà a Roma una riforma

del corpo civico basata sull’assetto territoriale così come era successo in Grecia con Clistene.

A Servio Tullio è allora attribuita la riforma centuriata, però egli nella seconda metà del VI sec non

poteva essere l’autore di questa riforma che le fonti antiche gli attribuiscono, ma nella realtà storica

dobbiamo dividere i due momenti; cioè a Servio Tullio la tradizione attribuisce questa riforma

centuriata che, così come ci viene presentata dagli autori antichi, non può essere di fine VI, ma al

massimo di fine V, inizio IV sec.

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Cmq la riforma centuriata di Servio Tullio introduce delle innovazioni che troveranno completa

realizzazione oltre un secolo dopo nell’ordinamento centuriato. Ma com’è l’ordinamento centuriato

che gli antichi attribuiscono a Servio Tullio? La popolazione di Roma viene divisa in classi di

censo, non sappiamo se basate sul reddito o sulla proprietà (gli antichi concepivano il censo come

ricchezza), classi che erano 5 + 2. Per appartenere alle singole classi bisognava avere determinati

requisiti censitari e vi erano la prima classe che comprendeva 80 centurie (la centuria era un unità

che comprendeva, almeno in origine, circa 100 persone; in realtà molto presto il concetto di

centuria, dal punto di vista politico, si era staccato dal suo valore numerico); la prima classe era

formata dalla popolazione più abbiente di Roma che era ripartita in, appunto, 80 centurie, cioè 80

unità di voto; quindi la prima classe aveva a disposizione a Roma 80 voti; la seconda classe era

divisa in 20 centurie, la terza in 20 centurie, la quarta in 30 e la quinta in 30 centurie. In più tra i più

ricchi venivano estrapolati gli individui che venivano chiamati cavalieri perché in caso di guerra

combattevano a cavallo (erano gli equites); questa superclasse di cavalieri comprendeva 18 centurie

di voto e pare che all’origine 12 di queste centurie erano composte da personaggi che avevano dallo

stato il cavallo per combattere, mentre 6 di queste erano composte da personaggi che avevano un

cavallo proprio; cmq i primi dovevano mantenere il cavallo e annualmente dovevano mostrarlo ai

magistrati per fare vedere che fosse perfettamente sano e ben nutrito. Esisteva anche una sottoclasse

composta dai nullatenenti che erano chiamati inermes, cioè senza armi e il complesso dei

nullatenenti era ripartito in 5 centurie.

La riforma è quindi di fine V, inizi IV sec, ma è probabile che Servio Tullio avesse già introdotto

qualcosa del genere; questa organizzazione ha due valenze, una politica e una militare; la finalità

militare è assolutamente prioritaria all’interno della riforma perché le singole classi erano ripartite

in seniores e iuniores (40+40, 10+10 e così via); questo sta a indicare che di solito, quando si

andava a combattere, combattevano, tra i membri delle varie classi, solo gli iuniores (fino a 46 anni)

che venivano mobilitati in caso di necessità (infatti il cittadino romano non aveva un’età massima

per venire chiamato alle armi) i seniores andavano dai 46 ai 65 anni.

Il fatto fondamentale è che coloro che appartenevano alle varie classi avevano degli armamenti

diversi, infatti i membri della prima classe avevano un’armatura completa che era costituita

dall’elmo, dalla corazza, dai gambali, dagli schinieri, dallo scudo, dalla spada e dalla lancia (si tratta

di un’armatura che ricorda quella della falange e quella delle bande armate) quindi erano soldati

panoplitici. Quelli della seconda classe non avevano la corazza, quelli della terza classe non

avevano la corazza, gli schinieri e la lancia e così via, cioè scendendo diminuisce il numero di armi

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di offesa e di difesa che i soldati hanno in mano perché a Roma, fino alla riforma di Mario, i

cittadini chiamati a fare il militare dovevano pagarsi il proprio armamento.

Quindi fermo restando per tutti l’obbligo della militia, si andava però a combattere diversamente

armati gli inermes andavano in combattimento senza niente; cmq un maggiore onere pesava sulle

classi superiori, ma come sempre nella storia di Roma, maggiore è l’onere militare, maggiore è il

privilegio politico. Come in tutte le comunità, la gente ricca di Rom

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Publisher
A.A. 2017-2018
176 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/03 Storia romana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher veroavalon84 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Michelotto Giuseppe.