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RES GESTAE DIVI AUGUSTI (Ottaviano Augusto)
E’ stata posta una copia [dell’opera] incisa su due pilastri di bronzo in cui sono state esposte legesta del divino Augusto con le quali sottomise tutta la terra al potere del popolo romano e in cui raccolse le spese della cosa pubblica e del popolo romano. I. [1] A diciannove anni di mia iniziativa e a mie spese preparai un esercito attraverso il quale liberai la res publica oppressa dallo strapotere della fazione. [2] Perciò sotto il consolato di G. Pansa e A. Irzo il senato mi elesse con decreti onorifici nella propria classe sociale concedendomi la posizione di console affinché io dicessi il mio pensiero e mi concedesse l’autorità militare. Decretò che in qualità di pretore io mi occupassi insieme ai consoli affinché la res publica non ricevesse alcun danno. [3] Ma nel medesimo anno essendo morti entrambi i consoli il popolo mi nominò console e [mi nominò] triunviro della res.publica con potere decisionale.
II. Mandai in esilio coloro che avevano ucciso i miei genitori vendicando questa azione con legittimi giudizi e dopo che portarono guerra allo stato in seguito li vinsi due volte sul campo di battaglia.
III. [1] Feci spesso guerre civili ed esterne per terra e per mare in tutto il mondo e vincitore risparmiai tutti i cittadini che mi chiedevano perdono.
[2] Preferii salvare piuttosto che sterminare le genti straniere a cui si potè perdonare senza pericolo. [3] Quasi 500 mila cittadini romani furono sotto il mio servizio militare. Tra questi una discreta poco più di 300 mila li condussi in colonie o li rimandai nei municipi con i loro meritati tributi e assegnai ad ognuno campi o diedi denari come ricompensa militare. [4] Presi 600 navi se non contiamo quelle minori alle trireme.
IV. [1] Due volte trionfai avendo l’onore di un’ovazione e tre volte condussi i trionfi curuli e fui chiamato due volte imperatore dal momento che il senato decise
Altrettanti trionfi per me, ai quali tutti mi astenni. Deposi l'alloro dai fasci in Campidoglio, sciolsi i voti che pronunciai in ciascuna guerra.
Per le gesta felicemente compiute per terra e per mare, per i miei legati, con i miei auspici, 55 volte il senato decretò che si dovevano pregare le divinità immortali. Poi furono 890 giorni attraverso i quali si svolsero, per senatoconsulto, si svolsero pubbliche cerimonie di ringraziamento.
Furono condotti nei miei trionfi davanti al mio carro 9 re o figli di re.
Io sono stato console 13 volte, mentre scrivevo questo, ero nel 37° anno della magistratura dei tribuni.
Non accettai la dittatura che mi fu offerta dal senato e poi dal popolo, sotto il consolato di M. Marcello e L. Arrunzio assente e presente poi.
Nel momento di maggiore penuria di frumento non allontanai l'amministrazione dell'annona che, invece, diressi e liberai in pochi giorni tutta la mia città dalla paura e dal pericolo.
incombente grazie alle mie spese e alle mie cure. [3] Non accettai neanche il consolato che allora mi offrirono annualmente e vitalizia.VI. [1] Sotto il consolato di M. Vinicio e Q. Lucrezio in seguito sotto G. Lentulo e P. Lentulo e per la terza volta sotto Paolo Fabio Massimo e Q. Tuberone nonostante ilò senato e il popolo romano fossero concordati, che io da solo e con il massimo potere fossi nominato curatore dei costumi e delle leggi, non volli ricevere alcuna magistratura in contrasto con le maggiori tradizioni.[2] Grazie al potere del tribunale eseguii, dopo aver chiesto per 5 volte al senato e avere ottenuto un collega, quello che il senato volle che io facessi.VII. [1] Fui triumviro per 10 anni consecutivi disponendo della res publica.[2] Fui principe del senato per 40 anni, fino a quando scrissi questo. [3] Fui pontefice massimo, augure, quindecemviro rappresentante dei riti sacri, settemviro epulone {dei banchetti pubblici}, fratello arvale, sodale Tizio e feriale.VIII.
[1]Aumenta il numero dei patrizi, nel V consolato per volere del popolo e del senato.
[2]sScelsi 3 volte i senatori e nel VI consolato ho fatto il censimento popolare con il collega M.Agrippa. Celebrai dopo 42 anni della cerimonia lustrale, e in questo periodo furono censiti4 milioni e 63 mila cittadini romani.
[3] Allora ho fatto nuovamente da solo il lustro conl’impero consolare, sotto il consolato di G. Censorino e G. Asinio, in questa occasionefurono censiti 4 milioni 233 mila cittadini romani.
[4] Per la terza volta con imperoconsolare, con il collega Tiberio Cesare mio figlio celebrai il lustro sotto il consolato di S.Pompeo e S. Appuleio e furono censiti 4 milioni 937 mila cittadini romani.
[5] Con le nuoveleggi preposte da me recuperai molti precedenti {dei nostri avi} che stavano andando indisuso e io stesso tramandai ai posteri esempi di molti comportamenti da imitare.IX.
[1] Il senato decretò che dai consoli e dai sacerdoti venissero fatti dei voti alla miapersona,
Ogni 4 anni. Grazie a questi voti spessi fecero dei giochi per me alcune volte da collegi sacerdotali, altre volte da consoli.[2] Unanimemente e continuamente i cittadini pregarono per la mia salute in privato e davanti agli altari dei diversi municipi.
X. Il mio nome fu inserito nel carme salare, per decisione del senato, è stato sancito per legge che io fossi per sempre inviolabile finché vivrò e avessi il potere tribunizio. [2] Rifiutai di ricoprire la carica di pontefice massimo al posto di un mio collega vivo, anche se il popolo mi offrì questo sacerdozio che era stato di mio padre. Questo sacerdozio qualche anno dopo, dopo il consolato di P. Sulpicio e G. Valgio, poiché era morto colui che lo occupava nel momento delle guerre civili, confluì ai comizi per la mia elezione una moltitudine quanta si dice non ve ne fosse mai stata a Roma fino a quel giorno.
XI. Il senato consacrò l'ara della fortuna dei reduci davanti i templi
dell'onore e della virtù aporta Capena per il mio ritorno; decise che il pontefice e le vestali facessero un sacrificio annuo nel giorno in cui ero ritornato dalla Siria a Roma, sotto il consolato di Q. Lucrezio e M. Vinicio e chiamò con il mio soprannome quel giorno Augustalia.
Parte del pretorio e del tribunale dei plebei, per autorità del senato mi venne incontro in Campania il console Q. Lucrezio insieme ai principali uomini, onore che non è stato mai conferito a nessuno eccetto che a me.
Quando tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia, avendo portato felicemente le cose in quelle province, sotto il consolato di T. Nerone e P. Quintilio, il senato decretò che per il mio ritorno si dovesse consacrare nel Campo Marzio l'altare della Pace Augustea e che magistrati sacerdoti e le vergini vestali facessero un sacrificio annuo.
Per tre volte sotto il mio principato il senato decretò che si dovesse chiudere il tempio di Giano.
Quirino che i nostri avi vollero chiuso quando per tutto l'impero del popolo romano fosse stata assicurata la pace per le vittorie terrestri e marittime, mentre prima della mia nascita si ricorda che fu chiuso solo per 2 volte dalla fondazione di Roma. XIV.- Il senato e il popolo romano designarono consoli a 15 anni i miei figli Gaio e Lucio Cesari che la sorte mi strappò giovani, perché poi si accinsero alla carica dopo 5 anni; e da quel giorno, in cui furono condotti nel foro, il senato decretò che dovessero essere presenti ai consigli pubblici.
- Poi l'ordine dei cavalieri romani chiamarono entrambi principi della gioventù e gli donarono scudi e aste d'argento.
- Diedi ai plebei romani, per eseguire il testamento si mio padre, 300 sesterzi a testa a mio nome ne diedi 400 a testa tratti dal bottino di guerra, nel V consolato, nel X consolato diedi di nuovo 400 sesterzi a testa del mio patrimonio nell'XI consolato feci
12 distribuzioni di grano che avevo acquisito a mie spese, nel XII anno della mia podestà tribunizia diedi a testa per la III volta 400 nummi {moneta di bronzo di piccole dimensioni}. Diedi di questi miei doni a non meno di 250 mila persone.[2] Nel XVIII anno della mia potestà tribunizia e per la XII volta console diedi a 320 mila cittadini plebei 60 denari a testa.[3] Per la V volta console diedi mille sesterzi a testa ai miei militari coloni, e ricevettero ai tempi del trionfo questa elargizione 120 mila uomini.[4] Diedi nel mio XIIIconsolato 60 denari a ogni plebeo che allora riceveva frumento pubblico, loro furono poco più di 200 mila uomini.XVI. [1] Pagai una somma di denaro ai municipi in favore della restituzione dei terreni che io assegnai ai soldati, nel mio IV consolato e poi sotto il consolato di M. Crasso e G. Lentulo