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GUERRA GIUGURTINA E GUERRA SOCIALE
Fu condotta dall’esercito cittadino, quello incapace di reclutare la V classe.
Fu una guerra lunga e stressante per i Romani perché i comandanti non potevano condurre la campagna dall’inizio alla fine
(avevano carica annuale).
Bisognava risolvere quindi sia il problema del reclutamento, a prescindere dalla riforma agraria, e quello dei comandanti
annuali.
Il problema fu risolto da Gaio Mario: la grande riforma mariana consiste nel reclutamento di volontari che perlopiù sono
nullatenenti. Questi però pretendono di essere pagati l’esercito cambia totalmente composizione.
Scompare l’esercito cittadino e compare l’esercito proletario, in cui soldati si arruolano volontariamente fare il soldato
diventa un mestiere vero e proprio (non più un compito annuale).
Quindi i soldati venivano spesso dalle campagne, con situazioni tragiche l’esercito nasce dalla povert à.
Tutto l’esercito ambiva alla ricchezza: la ferma durava più di 20 anni.
Il passaggio dell’esercito era costosissimo per le province: sia per nutrirli, che per farli dormire l’esercito poteva requisire sia
il cibo che i posti per dormire.
Diventa una casta vera e propria, con tanto di privilegi.
Si torna al sistema dei lunghi comandi militari non si pu ò cambiare il comandante ogni anno perché è sfavorevole alla
strategia di guerra.
Gaio Mario è una dei pochissimi homines novi di quel periodo ascende sulla scia di Quinto Cecilio Metello.
C’erano due grandi tendenze politiche: una conservatrice e una innovatrice. In entrambi c’erano un’autocoscienza politica,
cioè erano consapevoli degli ideali a cui aderivano.
La cosa particolare è che gli innovatori appartenevano alla stessa classe sociale dei conservatori. I conservatori si definivano
optimates, ma non scrissero mai un programma politico, non esisteva nella concezione romana. Quindi non era un partito
vero e proprio, ma una fazione.
La fazione innovatrice era quella dei populares. Questi, per poter fare l’interesse del popolo, volevano diventare tribuni
della plebe, ma loro erano del ceto aristocratico chiedono di diventare plebei!!!
Il più famoso di questi è il tribuno Clodio, che era nobile (discendeva da Appio Claudio) e volutamente ha trasformato il
proprio nome in Clodio, tipico del ceto basso.
Quindi questi populares non rappresentano una rivoluzione sociale perché sono rampolli di famiglie nobili.
I veterani dell’esercito, terminata la carriera, volevano delle terre fertili lo Stato romano doveva espropriare le terre per
poterle dare al veterano. Il proprietario espropriato rimaneva in zona, in attesa di poter riprendersi le terre crea un
meccanismo perverso alla lunga, che renderà ancora più sanguinose le guerre civili.
Mario sconfigge Giugurta, dopo aver preso il potere estromettendo il suo patronus Metello.
Le ultime fasi della guerra contro Giugurta vengono condotte da Lucio Cornelio Silla, reazionario e schierato totalmente
dalla parte degli optimates.
Mario ben presto dovette ripartire verso la Gallia Meridionale. Era un pericolo misto composto da Galli e Germani mischiati
tra loro. La componente Germanica era la più temibile (soprattutto Cimbri e Teutoni). I Teutoni si spinsero fino ad Orange.
Mario riesce a sconfiggere i Teutoni, poi anche i Cimbri ai campi Raudii (che erano penetrati nell’Italia settentrionale fino a
scendere nella Pianura Padana).
Mario diventa un salvatore della patria i Galli sembravano debellati dal almeno due secoli, ma invece erano ancora una
minaccia.
La politica romana si svolge all’ombra del vincitore: dopo le vittorie contro i Galli, Mario continua a ricoprire la carica di
console per molti anni consecutivi (non era legale, in teoria). Quindi molti uomini politici cercarono di sfruttare la sua scia per
ascendere politicamente. In questo periodo si ripropone, da parte di alcuni tribuni della plebe, tutta una serie di riforme filo
popolari. I principali esponenti di questa stagione politica sono Glaucia e Saturnino, entrambi tribuni della plebe.
Saturnino proponeva delle riforme simile a quelle graccane e propone di chiedere le terre da dare ai veterani agli alleati. In
cambio bisogna dare qualcosa agli alleati propone di dargli la cittadinanza.
Inoltre propone un secondo plebiscito, con cui, di fatto, regalava il grano al popolo.
Saturnino non fa nemmeno in tempo a proporre il plebiscito, che a Roma si scatena il finimondo: il Senato arma i propri
clienti. Saturnino capisce che l’unico modo per far passare i propri plebisciti è obbligare il Senato ad obbedire. Allora inventa
due strumenti (che saranno anche la sua tomba):
isituisce una nuova quaestio (accanto a quella de pecunis repetundis), la quaestio de maiestate .
Essa giudica i diritti di lesa maestà, che per i romani è la maestà del popolo romano, non di un singolo individuo se un
tribuno propone un provvedimento in favore del popolo, chi si oppone compie un atto di lesa maestà. Questo provvedimento è
l’arma su cui faranno leva tutti i demagoghi.
impone che i senatori rimangano fedeli ai plebisciti proposti tramite un giuramento.
Dopo questo fatto Metello va in esilio perché si rifiuta di obbedire ad un tale provvedimento. L’aristocrazia intera è
indignata e si oppone.
Tutta l’aristocrazia sa che dietro Saturnino e Glaucia c’è Gaio Mario è praticamente impossibile poterlo uccidere. Però Gaio
Mario è console e la città è in una situazione molto tesa quindi i senatori proclamano il senatus consultum ultimum .
Mario è quindi messo in croce, perché è costretto dalla sua popolazione di console a entrare in città e combattere i suoi amici
Saturni e Glaucia. Abbiamo Mario contro i mariani.
Quindi Mario ora ha due possibilità: fare una rivoluzione e non obbedire oppure obbedire. Egli obbedisce, in quanto uomo
politico. La sua posizione è fortemente indebolita ora.
Livio Druso nel 91 a.C. (figlio del Druso che si era opposto a gaio Gracco) è tribuno della plebe. È un conservatore
illuminato. Capisce che è giunta l’ora di creare un organismo politico relativamente unitario, ma solo a patto che venga
concessa la cittadinanza a tutti gli alleati, sia Latini che Italici.
Sa benissimo che non può fare questa proposta apertamente e decide quindi di inserirla la proposta insieme ad un panchetto di
altre riforme:
(1) entrambe le quaestiones devono tornare sotto i senatori
(2) per fare contenti i cavalieri, propone che ne vengano inseriti 300 nel Senato
Entrambe le proposte, in realtà, non accontentarono i senatori e i cavalieri.
(3) Propone anche la fondazione di nuove colonie, sui terreni degli alleati, dandogli anche la cittadinanza.
E’ la stessa proposta che fece Fulvio Flacco nel 125 a.C., ma adesso l’atteggiamento dei nobili non cambia l’aristocrazia
rimane ancorata alle sue posizioni conservatrici e scatena la sua clientela contro Druso, che viene ucciso . In seguito a ciò,
l’Italia insorge Guerra Sociale (9188 a.C.) .
Avrebbe potuto essere una guerra mortale per Roma, perché, molte popolazioni italiche volevano indipendenza, ma la
maggioranza voleva la cittadinanza è una guerra contro Roma , ma per diventare Romani . Due secoli e mezzo
prima era stata fatta per rimanere Latini ed Italici.
Gli Italici combattono con la stessa strategia di Roma: si riuniscono in una capitale, Corvinium (l’odierna Sulmona). Qui si
raduna un Senato (uguale e contrario a quello di Roma), composto dalle aristocrazie italiche. Eleggono magistrati simili ai
consoli romani, che hanno la funzione di condurre l’esercito prevalentemente. Corvinium viene battezzata Italica, perché è
la cittàcentro morale di tutti gli alleati. Battono moneta, su cui incidono soldati con spade sguainate e simboli propiziatori.
Sulle monetine c’è la parole Vitellio, che vuol dire sia vitello che Italia si identificano nel toro come Roma di identifica nella
lupa (spesso raffigurano un toro che incorna una lupa).
Non c’è un sentimento nazionale, ma un sentimento di unit à etnica.
Roma si sente in difficoltà perché sono numerosi e molto vicini. In Senato i più illuminati sono disposti a concedere la
cittadinanza, ma la maggioranza è contraria, per paura che nei giorni di comizio gli alleati (ormai cittadini), arrivando a
Roma a votare, rappresenteranno la maggioranza sia nei comizi tributi che in quello centuriati (erano tantissimi, più dei
Romani).
Quindi Roma muove sul piano militare: è impossibile tenere testa ad un esercito italico compatto, quindi bisogna dividere
isolare le varie parti. Per abilità militare, in queste azioni di guerra spicca Lucio Cornelio Silla.
Roma muove anche sul piano diplomatico: non tutti gli Italici sono insorti contro Roma. Inizia a circolare l’idea che forse si
può concedere la cittadinanza a coloro che non hanno preso le armi contro Roma. Questo è anche un incentivo, perché se si
concede la cittadinanza ai “pacifici”, magari chi aveva preso le armi decide di deporle, pur di ottenere la cittadinanza.
La lex Iulia del 90 a.C. (fatta dal padre di Giulio Cesare) concede la cittadinanza a chi non aveva preso le armi contro
Roma e chi e aveva deposte maturius, cioè che le avevano deposte in tempo.
Questa legge frantuma la compattezza del fronte nemico
Nell’89 a.C. la legge Plautia Papir ia propone la cittadinanza a chi avesse domanda al pretore: i beneficiari sono quelli
che al tempo della legge Iulia aveva le armi, ma che aveva deciso di deporle.
Gallia Cisalpina : non si sa se avessero partecipato alla Guerra Sociale. I Romani li premiano concedendo loro i diritti
latini (ma non la cittadinanza), tranne le colonie latine (che già c’erano: Rimini, Mantova, Piacenza, Cremona, Aquileia), che
diventano municipia, cioè città di diritto romano.
Era stato Pompeo Strabone ad aver concesso questi privilegi ai Galli (suo figlio è Pompeo Magno).
La concessione della cittadinanza comportava però l’iscrizione nelle tribù, con il rischio che gli alleati diventassero la
maggioranza dentro le tribù.
Ormai i comizi legislativi erano i comizi tributi, quelli centuriati servivano solo per eleggere i pretori e i consoli. Allora
vengono create nuove tribù. Bisogna anche tener conto che vanno a votare solo gli aristocratici, la grande massa non si reca a
Roma a votare.
La Guerra Civile viene chiusa da Roma con una vittoria rapida ed insperata. È una vittoria dell’aristocrazia.
La vittoria sarebbe potuta essere maggiormente sfruttata se non fosse incorso un nuovo pericolo esterno: Mitridate, il re del
Ponto.
Mitridate era di stirpe iranica e regnava sul Ponto, una regione dell’odierna Turchia. Lì vicino i Romani avevano la provincia
d’Asia, cioè i territori otte