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Estratto del documento

Vengono creati poi il pretore (nasce dall’esigenza di togliere ai consoli il peso di

amministrare la giustizia) e gli edili curuli. Il praetor peregrinus venne creato un

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anno dopo e doveva risolvere le lotte tra un cittadino romano e uno straniero. Il preto-

re deve avere il diritto di perseguire colui che delinque e necessita dunque di impe-

rium; i magistrati che avranno l’impero saranno dunque i consoli e i pretori. Anche

nel caso dei pretori, come in quello dei consoli, si ebbe poi un’apertura alla plebe

(quando i pretori diventarono due). La carica si sviluppa quando la lotta tra patrizi e

plebei è ormai archiviata.

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Gli edili curuli sono una magistratura copiata dai plebei per tenere in ordine il tem-

pio. Inizio II secolo = creazione di una vera e propria carriera.

Lezione 14, 21/10/2014

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Adire alle cariche pubbliche = verbo adeo che significa entrare.

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Nel 366 a.C. vengono eletti per la prima volta i consoli con la possibilità che uno dei

due sia plebeo e la data è epocale perchè, dopo il 366, il conflitto compie rapidi passi

verso una composizione. I patrizi si erano dovuti aprire alla plebe e nel IV secolo ces-

sa l’influenza dei gradi clan, quei gruppi gentilizi dell’età arcaica. I gruppi gentilizi

tendono a separarsi in grandi famiglie e quelle più importanti prendono le cariche

pubbliche.

L’organo che comincia a governare stabilmente, comincia a essere il senato, compo-

sto perlopiù da ex magistrati. I patrizi creano degli edili curuli sul modello di quelli

plebei a metà del IV secolo e sono comunque gli edili di tutta la comunità perchè cu-

rano la viabilità, la pulizia e la stabilità di templi e edifici pubblici. Si chiamano così

perchè, come altri magistrati, hanno diritto a sedere sulla sella curule.

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Nella stessa epoca vengono creati i censori e a metà del IV secolo arriviamo ad avere

una grande differenziazione nelle cariche romane: consoli, pretore, edili curuli e ple-

bei e il censore. Occasionalmente si ha anche il dittatore.

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Roma è l’unica città che nel corso di pochi decenni riesce ad arricchire il proprio ceto

di governo; la differenziazione riguarda anche la qualità del potere. I consoli hanno

l’imperium e la giurisdizione criminale, fino a quando non passerà in parte ai pretori;

i consoli hanno l’obbligo di amministrare la città, hanno l’imperium come il pretore e

conducono l’esercito insieme a lui. I censori hanno invece un grandissimo potere (po-

testas) e possono radiare dal senato i senatori indegni, ma in compenso non hanno

l’imperium. I tribuni della plebe hanno potere solo all’interno di Roma, dentro il po-

moerium.

Più avanti verrano creati altri magistrati minori: i questori, erano una carica antichis-

sima a Roma e in età monarchica svolgevano per conto del re delle indagini su chi era

accusato di omicidio. Dagli antiquari sappiamo che esistevano dei quaestores parri-

cides e l’indagine spettava in epoca remota ai re, poi sarà toccata ai consoli e poi ai

pretori. Quando riemergono i questori non hanno più questo compito, assumono tut-

t’altra carica, di amministrazione del tesoro pubblico.

Roma aveva una cassa dello stato chiamata erario e i questori saranno quelli che

amministreranno tale cassa.

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Quando alle cariche pubbliche possono adire anche i plebei, a queste cariche deve es-

sere aggiunto anche il tribunato della plebe, gli edili della plebe. Inizialmente le cari-

che venivano date a seconda di come uno si presentava: se si presentava per il conso-

lato, allora diveniva console. Tutti quelli che erano eletti, slavo eccezioni, erano ric-

chi al punto di avere tanti clienti che li votassero e l’istituto della clientela continua

anche dopo lo sfaldamento dei grandi clan. Uno è cliente del capo di una grande fa-

miglia. La clientela serviva a tutelare ceti inferiori dall’arroganza di ceti superiori e la

giustizia a Roma non è mai stata giusta in senso proprio; c’era di fatto una giustizia

per i ricchi e una per i poveri.

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Quando le cariche vengono create, vi è una gerarchia di fatto: il console è più impor-

tante dell’edile curule o del questore, ma accadeva che uno volesse essere eletto per

una carica inferiore, pur avendo avuto una carica superiore.

Nel III e IV secolo non c’è una rigida carriera strutturata in modo che da una carica

piccola si possa salire ad una più grande. Nel 180 a.C. con la legge Vilia si arriverà a

stabilire il certus ordo magistratuum per evitare che delle persone si presentassero

tutti gli anni ad una carica diversa oppure alla stessa carica. Diventava senatore uno

che aveva ricoperto una qualsiasi delle cariche pubbliche e se uno veniva eletto preto-

re, finita la pretura diveniva senatore e rimaneva in Senato per tutta la vita. Anche la

questura dava adito all’entrata in Senato.

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Le cariche pubbliche erano elettive e per essere eletti serviva avere tanti clienti. La

clientela era composta dagli amici (comites, sodales) e il grosso era costituito da in-

dividui appartenenti allo strato inferiore della società, quelli che non avevano lavoro.

Roma, al suo interno, prevedeva meccanismi che permettevano di mantenere anche

quelli che non lavoravano e questi, con il passare del tempo, diventeranno sempre di

più (plebe urbana). Questi erano dei parassiti mantenuti dallo stato. Perchè lo stato li

manteneva? Perchè la classe dominante era quella dei ricchi proprietari terrieri che

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vivevano con una sola grande paura: quella della rivoluzione sociale. Solo la rivolu-

zione sociale poteva allontanare la classe dominante dai propri privilegi (questi si fa-

cevano le leggi su misura).

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Onestiores e umiliores: ceti superiori e ceti inferiori. Viene codificata una giustizia

diversa, a seconda che si trattasse di onestiores o umiliores. A Roma, in età repubbli-

cana, non c’è una grande separatezza tra ceto dominante e cariche presenti in città.

Evergetismo = azione del beneficare (εύεργετέω, io compio buone azioni).

Al mattino i clientes andavano a casa del patronus e lui, quando arrivava, si sedeva e

stilava i clienti ad uno ad uno, che poi ricevevano la sportula. Questa plebe era il ser-

batoio elettorale.

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A partire dal IV secolo la nobiltà non è più nobiltà di stirpe, ma è nobiltà del denaro.

Una famiglia nobile poteva decadere quando il pater familias moriva perchè l’eredità

veniva data ai figli (maschi), che a loro volta la davano ai propri figli e quindi i soldi

e le terre finivano. Frammentazione della proprietà terriera.

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Nel I secolo a.C. la classe dominante, in parte per non esporre i figli alle guerre civili

e per evitare la divisione delle proprietà, tende ad avere sempre meno figli. Il proble-

ma non era di rilevanza irrisoria; Augusto propose una riforma della vita privata del-

l’aristocrazia romana, riaffermò che quella era la base del grande impero romano che

era stato costruito. Occorre che l’aristocrazia si rimetta in moto e ricominci ad avere i

figli; Augusto punì i senatori senza figli tassandoli. Nel frattempo l’aristocrazia sena-

toria aveva elaborato un’ideologia volta a giustificare la scarsa procreazione e per la

prima volta, i senatori dei ceti più colti cominciano a condividere la concezione di

una famiglia senza figli e la necessità dell’astinenza. Quando i senatori cristiani sosti-

tuiranno quelli pagani, sposeranno gli ideali di astinenza già presenti nel mondo pa-

gano.

Le famiglie ricche, non ancora senatorie, premevano affinché questi meccanismi non

fossero attuati.

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Nel IV secolo, nel 339 a.C., una legge rende più facile il passaggi dal plebiscito alla

legge. Questa è la legge di Publilio Silone, la quale si colloca su un percorso che ar-

riverà nel 287 a.C. alla legge Ortensia. Questa stabilisce che i plebisciti hanno valore

di legge per tutto il popolo romano, quindi anche per i patrizi. Nel 300 a.C. i sacerdo-

zi vennero aperti ai plebi. Totale parificazione tra patriziato e plebe. Nasce così la no-

bilitas patrizio-plebea. Nel 326 a.C. venne abolito il nexum.

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Il Senato diventa così la vera guida di Roma, soprattutto in politica estera. Roma, dal-

la fine del IV secolo, rimette fuori la testa sotto la guida di senatori capaci che hanno

il polso della situazione. Il senato diventa così il vero timoniere della politica estera.

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Lezione 15, 23/10/2014

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La nobiltà patrizio – plebea detiene anche le cariche curuli quindi siede in Senato, il

garante della continuità della politica estera perchè carica vitalizia. Dopo la distru-

zione di Vejo, Vibene e Volsci nel quinto secolo, Roma riacquista l’egemonia del La-

zio persa a causa del conflitto tra patrizi e plebei, che era stata ottenuta con i Tarqui-

nii. Roma è dunque una città – stato importante e quindi necessita di imparare ad

amministrare la politica estera. I principi base restano tuttavia immutabili: la fides si

attua nei confronti dei soci= foederati, gli alleati che diventano tali attraverso il foe-

dus = trattato di alleanza. La rottura del foedus comporta la rottura della pax deorum.

L’alleanza è usualmente fatta dopo la guerra in cui la comunità rivale viene battuta da

Roma. Perdendo questa si arrende a discrezione ovvero senza condizioni, è una resa

totale. A questo punto i Romani accolgono i vinti nella fides = alleanza sempre reci-

proca. Nell’età antica la fides era già presente, tanto che c’era un sacerdozio specifico

per questo, c’erano infatti i fetiales che agivano in nome della fedes promessa da

Roma. Di conseguenza quando Roma deve combattere, deve farlo secondo il princi-

pio di bellum iustum, la guerra giusta. Ciò significa che Roma deve fare guerra solo

quando subisce l’attacco. Questa non può assolutamente intraprendere una guerra

verso una comunità nemica senza aver prima subito un torto e quindi senza un gesto

che giustifichi la dichiarazione di guerra. Spesso quindi Roma fa in modo di provoca-

re l’avversario per farsi attaccare. A questo punto i fetiali fanno la cerimonia di guerra

che consiste nell’andare sul confine con la terra nemica e lanciare nel suo territorio

una lancia in segno di dichiarazione di guerra. I federales diventano clienti di Roma.

Sostanziale è la differenza tra amicus e socius. Amicus è una comunità che instaura

un buon rapporto con Roma, senza nessuna ragione specifica e questa non diventa

foederatus. Il socius invece è legato a Roma da un’alleanza

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Publisher
A.A. 2014-2015
71 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/03 Storia romana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Dreamandhope4 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Michelotto Giuseppe.