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GLI HOMINES NOVI
A Roma l’aristocrazia tende a permanere al potere. Molto raramente si fanno strada famiglie che riescono a
mandare membri al senato, a volte arrivano fino al consolato. Vediamo il rapporto tra famiglie nobili e
cariche pubbliche.
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V sec → sono noti i nomi di 195 magistrati curuli , che provengono da 53 gentes. 79 (più di 1/3)
erano membri di solo 7 gentes.
123 Clàudio Cièco, Appio (Ap. Claudius Caecus) uomo politico romano (IV-III sec. a. C.): censore (312 a. C.), due volte
console (307 e 296 a. C.). Con ardita innovazione politica, distribuì fra tutte le tribù i cittadini che non avevano beni
fondiarî, permettendo loro d'iscriversi in tutte le classi dell'ordinamento centuriato, e introdusse nel senato uomini
nuovi e figli di liberti, sollevando viva reazione. Nel 280 ostacolò in senato le trattative di pace con Pirro. [Treccani]
124 Quando due leggi vengono emanate a così breve distanza significa che la prima non ha funzionato, e
probabilmente non lo farà neppure la seconda. [Michelotto]
125 Magistrati eletti dal popolo: questioni, pretori, consoli, dittatori. [Michelotto]
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Fine III sec a.C. – inizio del II → ancora minore la possibilità di ottenere queste cariche. Questa è la
crisi del ceto agrario, che colpisce i piccoli e i grandi proprietari terrieri.
284-254 a.C. giungono al consolato solo 9 famiglie nuove. Gli altri che vi giungono avevano
o già avuto dei membri al consolato in passato.
Dal 223- 195 a.C. → 5.
o 200-146 → 100 consoli.
o Solo 16 di questi consoli di gentes che non avevano mai raggiunto il consolato.
Solo 4 derivano da famiglie nuove. Solo 4 homines novi.
Nei secoli di maggior ricchezza di Roma la mobilità sociale si atrofizza. C’è una specie di discrasia tra
espansione territoriale e di ricchezze e la cristallizzazione sociale dall’altra. Momento di maggior
concentrazione oligarchica nella storia di Roma (proprio nell’età dell’imperialismo).
La linea di tendenza è di progressiva diminuzione di numero di homines novi. Ha un crollo verticale dal 168-
146 a.C., tra la battaglia di Pidna e la distruzione di Cartagine e Corinto. Significa che a Roma si ha una
grande mobilità sociale ma coinvolge solo pochi ceti, cioè: senatori e cavalieri, che si imparentano tra loro.
Troviamo un altro tipo di mobilità sociale: schiavi che particolarmente abili diventano consiglieri dei loro
padroni, i loro figli e nipoti acquisivano la cittadinanza e potevano ambire alle cariche pubbliche.
Questa cristallizzazione nei rapporti sociali faceva sì che si confermassero in modo sempre più rigide le
categorie mentali e morali dell’aristocrazia romana.
L’ASSENZA DEI PARTITI POLITICI A ROMA 126
Questo non c’entra nulla col fatto che a Roma non ci fossero i partiti politici . Non potevano esserci.
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Quello che manca al mondo antico è la mancanza di programmi e di ideologie coerenti .
A Roma ci sono delle aggregazioni per le elezioni, ma bisogna parlare di gruppi politici. L’aggregazione di
questi gruppi può dar vita a una pars. Per questo nei testi c’è scritto che a volte le partes si autodefiniscono
optimates e populares. Gli ottimati difendono gli interessi degli aristocratici, i populares sono più vicini alla
plebe e ai mercanti. Tutti questi termini hanno sempre un’accezione piuttosto negativa. Nel corso del I sec
e alla fine già del II d.C. le partes sembrano vicine a diventare partiti, cioè abbiamo davvero una metà di
Roma che sta con gli agrari e l’altra metà che sta contro. Malgrado questo non si hanno partiti. Tant’è che la
lotta civile del I sec a.C. è lotta di conservatori contro innovatori, ma ad esempio come facciamo a collocare
il giovane Pompeo da una parte e dall’altra? E Cesare? Probabilmente era un innovatore pro bono sua. Il
gioco diventa molto simile a quello dei partiti politici ma sempre in funzione di una autorità dominante e
non di un gruppo.
Nella politica romana inoltre non c’è il concetto dell’esclusione del perdente, concetto tipico delle nostre
aristocrazie. Nel 195 a.C. nelle elezioni consolari vengono eletti Valerio Flacco e Catone, stravincono le
elezioni consolari, la loro vittoria non è espressione di un programma politico, tutti i magistrati sono nemici
di questi due. Non esistevano voti per partito, ma voti per la persona. Nel 195 a.C. si vede bene la
prevalenza di tre gruppi nelle elezioni, tra loro ci sono accordi temporanei sciolti subito dopo le elezioni.
L’assenza di una vera e propria ideologia, di un programma politico e quindi di un partito ci porta a un’altra
considerazione: ma i romani quando votavano e si facevano eleggere avevano anche motivazioni
economiche nella loro attività politica? No, anche se come vedremo non è vero che le motivazioni
126 Per facilità, in base a cosa si definisce un partito politico? Quando c’è un aggregazione politica che ha in comune
un’ideologia e un programma. Ciascuna rappresenta interessi, ideali, ideologie, programmi particolari. [Michelotto]
127 La stessa ideologia senatoria, la definiamo così per comodità. Questa ideologia non si trasforma mai in un
programma politico. Il programma è quello che distingue il partito. In latino mancano parole per definire il partito.
Sallustio e Cicerone usano il termine factio (fazione) con accezione negativa. [Michelotto]
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economiche erano del tutto estranea alla vita politica. Esistevano, ma non divennero mai motivazioni
dominanti. Le motivazioni dominanti sono sempre state di carattere etico. Questo dimostra
l’imperturbabilità dei caratteri morali di Roma, la lentezza con cui riusciva ad evolvere la propria mentalità.
Fino a che nel II sec arriva l’arrivo dei greci farà cambiare tutta la storia culturale romana.
MOD. B, LEZIONE 12, 11/03/2016
Oggi vediamo altri aspetti legati all’imperialismo.
I FATTORI ECONOMICI A ROMA
Stiamo vedendo quale era l’atteggiamento dei romani nei confronti della guerra e della politica di guerra.
Non è facile districarsi nell’ambiguità che i romani avevano circa il concetto della guerra, delle opportunità
e della giustizia della guerra. Perché dimostrarono atteggiamenti contraddittori, sia pratici che teorici.
Atteggiamenti pratici contraddittori
Atteggiamenti pratici che sembrano andare contro la loro mentalità comune
Atteggiamenti che sono anche dal punto di vista teorico del tutto incongruenti
I romani avevano un grande empirismo nei comportamenti. Ma questo complesso di idee e principi non
sempre portava a comportamenti identici in circostanze simili. I romani decidevano come comportarsi di
volta in volta. Per questo si dice che i romani nella politica estera così come in quella interna non hanno
delle vere e proprie ideologie → non c’erano dei veri e propri partiti diversi. Non c’erano ad esempio dei
pacifisti ad oltranza: i pacifisti in un dato momento potevano diventare guerrafondai in un altro momento.
Questo è molto importante anche per capire il sistema di alleanze politiche che si crea all’interno del centro
del potere, il senato. Nella varie fonti storiche all’interno del senato vediamo formarsi alleanze che legano
tra loro alcune famiglie. Ex. I Gracchi all’inizio del II sec a.C. sembrano molto vicini alla famiglia degli
Scipioni, ma non è così. A dettare le alleanze politiche sono in genere calcoli molto pragmatici, su come
vincere le elezioni politiche. Gruppi di famiglie desiderano mandare i loro candidati alle magistrature per
rafforzare il prestigio delle famiglie nobiliari vincenti. Roma era una società che ha un fondo di arcaismo
molto spesso, che porta a esaltare più di altre società antiche il tema del prestigio. Il prestigio per i romani
era soprattutto il prestigio militare. Il fondamento delle politica viene dato attraverso le vittorie militari.
Prestigiosa vittoria.
A partire dalla 1° guerra punica i romani tendevano sempre a esaltare il prestigio dei vincitori, anche come
popolo vincitore. Ma indubbiamente sia le famiglie che mantenevano le cariche che il popolo romano
vittorioso traevano enormi vantaggi economici dalle guerre, portavano prestigio e vantaggi economici. È
impossibile che i romani non capissero i vantaggi economici che traevano dalle vittorie. La domanda allora
è: i romani facevano le guerre anche per i vantaggi economici? È molto discusso. In generale si può dire che
a Roma la sfera del politico prevale sempre sulla sfera dell’economico. Perché la società romana ha come
obiettivo il raggiungimento del prestigio internazionale. Quella romana è una società di status, e lo si
conquista col prestigio militare. L’importanza dello status è il retaggio di una società guerriera, in cui l’uomo
affermato viene considerato non tanto per le sue vittorie ma per il suo eroismo. I romani ricordavano nelle
loro memorie che un certo personaggio aveva ucciso tanti nemici, non tanto tanto quante battaglie
avevano vinto. È chiaro che in una società di status l’aspetto economico passa in secondo piano rispetto a
quello politico. È impossibile che non si accorgessero dei vantaggi economici delle loro conquiste.
Tante volte i romani usano “politicamente” l’economia. È l’esempio più noto su cui torneremo, uno dei
punti cardine di questo corso. Nel 168 a.C. c’è la sconfitta di Pèrseo di Macedonia. Rodi si è dimostrata
alleata infida, per poco non ha tradito Roma (Rodi è stata difesa da Catone). I romani distruggono Rodi, ma
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la puniscono indirettamente l’anno dopo, aprendo il porto franco di Delo. Rodi era una grande potenza
commerciale, in quel periodo nei suoi porti si concentrava metà dei traffici mediterranei. L’apertura a poca
distanza di un porto franco significava rovinare l’economia di Rodi. I romani usano una mossa economica
per colpire un potenziale avversario. Naturalmente questo ci fa capire due cose in filigrana:
1. Roma aveva fortissimi interessi economici e commerciali nell’Egeo (Mediterraneo centro orientale),
anche prima di demolire la Macedonia, quando esercitava una semplice egemonia sull’oriente.
2. Roma si arrogava il compito di intervenire per punire eventuali atteggiamenti antiromani, anche
presso potenze straniere per porsi come arbitra di situazioni internazionali di cui è solo una parte.
L’aspetto economico spesso traspare nelle fonti, anche se gli autori antichi ne parlano pochissimo, perché
parlarne non rientrava nella mentalità romana.
Nel periodo della fine della 1° guerra macedonica e della guerra siriaca i romani attaccano la Lega Etolica e
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assediano la sua città principal