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EDDAad opera di Snorri Sturluson
L'Edda in prosa è una sorta di vademecum per chi aspirava a diventare scaldo, una figura complessa, tra il poeta, il chierico e l'intellettuale, tipica del Medioevo scandinavo.
In questi spazi si svolgevano le cerimonie di culto, il cui momento centrale era costituito dal sacrificio IL SACRIFICIO cruento. La vittima veniva uccisa secondo un preciso rituale codificato, che riservava ad ogni divinità l'animale di sua competenza (il cavallo ad Odino, il montone a Thòrr, il porco a Freyr...).
Le modalità e caratteristiche sono riconducibili al modello greco: parte della vittima era destinata alle divinità, il resto veniva consumato da coloro che prendevano parte al rito. Non occasionalmente praticavano il sacrificio umano, le cui vittime prevalenti erano i prigionieri di guerra o degli schiavi, destinati nei giorni stabiliti a Mercurio. Es. nel culto della dea Nerthus gli schiavi incaricati di trasportare
Il simulacro della dea si lasciavano ingoiare dalle acque di un lago segreto insieme alla statua. Secondo Tacito i funerali dei Germani non avevano alcuno sfarzo. Il solo segno distintivo della morte e dell'aldilà consisteva in un particolare tipo di legna per cremare i corpi degli uomini illustri, a volte insieme al proprio cavallo. È però probabile che Tacito parlasse dei Germani occidentali: tra quelli dell'est e gli Scandinavi il morto era accompagnato da vesti e oggetti preziosi. Tra gli Eruli persino la moglie in alcuni casi doveva immolarsi sul rogo del marito. Nonostante ciò poco è noto delle concezioni germaniche attorno al destino ultimo dell'uomo. Solo la tradizione nordica parla della sorte che attende gli eroi "prescelti", caduti in battaglia e trasportati dalle Valchirie nella Valhalla dove trascorrono il tempo combattendo tra di loro in attesa del ragnarök, il "destino degli dei", che deve risolversi.
nellabattaglia finale in cui Odino, alla testa delle forze del "bene", affronterà le forze del "male" guidate da Loki. Annientatesitutti i contendenti, sorgerà una nuova terra verde, ripopolata per mezzo di Líf ("vita") e Lífthrasir ("pieno di vita").Tutta questa vicenda mitica pare dominata da una forza indefinita e incontenibile che guida le vite stesse degli dei, "ilgrande Aso onnipotente", forse apparentabile alla Moira a cui devono sottostare anche gli dei di Omero, ma della qualenon sembra avessero coscienza i Germani di Tacito.La ricostruzione del pantheon germanico dipende prevalentemente dall'ampia mitologia nordica di epocaIL PANTHEONmedievale. Un primo ordine di problemi sorge in relazione alle fonti classiche, che presentano i Germani come una civiltàpre-urbana. Per Cesare il loro grado di civiltà ("primitivo") era rimasto inalterato, mentre i costumi deiGalli si eranocorrotti per effetto della vicinanza con la provincia romana. Cesare affermava che essi veneravano come dei solo quelliche riuscivano a vedere e dai quali ricevevano un evidente vantaggio, e cioè il Sole, Vulcano e la Luna. Relativamente adun contesto culturale pre-urbano il culto del sole potrebbe essere retaggio di un antico essere supremo celeste, mentre laluna può avere qualche relazione con il fatto che il loro computo del tempo era fondato sui cicli lunari ed è attestato inepoca medievale il culto del sole e della luna (ne è rimasta traccia nei nomi dei giorni della settimana). Vulcano peròpotrebbe anche essere un’interpretazione romana di quel fuoco personificato che nell’India vedica è Agni.Mercurio-Odino ; Ercole-Thòrr; Marte-Týr: questi gli abbinamenti propostici da Tacito.La mitologia nordica divideva il mondo divino in due grandi gruppi, Asi e Vani.Odino, Thòrr e Týrappartengono agli dei Asi, ma Odino (Wōthanaz: "furore") è la divinità principale, il "padre di tutti". Al suo fianco si incontra Týr (Teiwaz) che è forse il più antico dei Vani, il garante del diritto e della giustizia. Quando gli dei vollero legare con l'inganno il lupo Fenrir perché sapevano che nello scontro finale del ragnarök avrebbe ucciso Odino, Týr si offrì come garante mettendo la propria mano in bocca a Fenrir. E in quanto garante, presiede l'assemblea del popolo, il thing, da cui l'epiteto Thingus che lo accompagna come Marte in due iscrizioni latine. Tuttavia non è il dio che combatte ma colui che garantisce l'ordine nella guerra, le regole del gioco e della forza. Dio che combatte è invece Thòrr, l'Ercole di Tacito, al quale i Germani levano inni quando si avviano alla battaglia. È il dio del tuono, della folgore e della guerra. Tra iVani spiccano Njördhr, con i figli Freyr e Freyja. Njördhr non è altro che la dea Nerthus di Tacito, anche se il sesso non corrisponde. Più che una Terra madre è una divinità delle distese marine, che protegge e favorisce la pesca e i viaggi sul mare. La tradizione nordica racconta il suo infelice matrimonio con la dea delle terre scandinave Skadhi, che amava i monti. Freyr è una divinità protettrice della fertilità e prob. è da identificare con il Fricco rappresentato nel tempio di Uppsala dotato di un grosso falco elargitore di pace e piacere. Il suo potere si estende anche su pioggia e fertilità dei terreni. Freyja è strettamente connessa con la sfera della sessualità sfrenata e licenziosa. Povera la sua mitologia, dove appare al più come oggetto del desiderio dei giganti contro i quali combattono gli dei. Sue caratteristiche il legame incestuoso con il fratello, i continui spostamenti e la polinomia.
Ha un doppione in Frigg, la sposa di Odino, e conquest'ultimo si divide i morti in battaglia, coprendo in questo modo anche la sfera della morte.
Un ruolo particolare spetta a Loki, incarnazione pura del male fine a se stesso, a cui è dedicato un intero carme dell'Eddapoetica. Intelligenza astuta il cui unico scopo è scardinare l'ordine cosmico, adombra forse un antico trickster. Pur frequentando gli Asi, non è un dio in senso stretto, come difficilmente lo è Baldr, figlio di Odino fatto morire da Loki attraverso uno stratagemma.
Baldr è perfetto, puro, innocente, ma anche ingenuo e facilmente aggredibile. Quando Frigg gli rivelò la premonizione onirica sulla sua morte, ottenne da tutti gli elementi il giuramento di non ottenerne danno, tranne che dal vischio a cui non si rivolse perché lo riteneva innocuo.
G. FILORAMO, Manuale di storia delle religioni (percorso che comprende le religioni del mondo antico : pp. 5-139; 161-287) 16
E per questo morì aprendo la strada al ragnarok. Il ruolo assolto dal capo tra i Germani, la sua posizione accanto al sacerdote e la sua eredità indoeuropea separazione dal condottiero militare possono essere elementi riconducibili all'ideologia tripartita degli indoeuropei. Ma è soprattutto attraverso la sua mitologia che ha contribuito alla ricostruzione del patrimonio indoeuropeo.
Elementi sparsi riconducibili al sostrato europeo sono:
- la lettura degli dei Alci dei Naarvali come Castore e Polluce (Dioscuri) permette di leggere questa coppia alla stregua dei Nāsatya dell'India vedica quali divinità della 3° funzione
- la pratica degli Eruli di cremare accanto ai defunti di rango le loro mogli è analoga alla sati indù
- la guerra mitica tra Asi e Vani incontra un parallelo nel conflitto tra Romani e Sabini, risoltosi in una composizione politica delle due realtà culturali
La distinzione del mondo divino in Asi e Vani
sembra sconosciuta ai Germani continentali. Nel culto ASI E VANI vengono frequentemente celebrati insieme, ripetizione rituale della pacificazione raggiunta alla fine della lunga guerra mitica. La pace è tuttavia diseguale, perché con lo scambio degli ostaggi gli Asi inviano assieme a Mìmir, un uomo molto saggio, Hoenir, il più bello e affascinante ma anche il meno intelligente subito eletto capo dai Vani; i quali mandano i più importanti loro rappresentanti, Njördhr e i suoi figli Freyr e Freyja: un arricchimento del pantheon degli Asi a svantaggio dei Vani. Gli Asi, tra i quali si situano le divinità principali, individuano la sfera sacrale e guerriera, mentre i Vani esprimono la ricchezza e la fecondità. CAP. 7 - ROMA ANTICA ► 1 – ( . )CENNI STORICI 107 Roma divenne tale solo nel VII sec. a.C. Il territorio aveva conosciuto degli insediamenti umani già dal sec. VIII a.C., epoca a cui risalgono le capanne portate allaluce sul Palatino. Altri reperti, alcuni di origine micenea, rinvenuti tral'Etruria meridionale, l'Umbria e il Lazio, risalgono alla II ½ del II millennio. Indoeuropei d'origine e di lingua, i futuri romani penetrarono nella penisola italica dall'Europa centrale. Circondata da Latini, Sabini ed Etruschi e successivamente entrata in contatto con Osci, Umbri, Sanniti, la civiltà romana, a differenza di quanto avvenne in Grecia, non convisse con le altre città-stato presenti nel Lazio e nel resto d'Italia, né fu possibile alcuna forma di omogeneità religiosa, perché se la lingua era latina, la religione era romana ed essere "cittadini" di Roma era la condizione per praticarla. La religione era in questo modo il sigillo dell'identità. Prima di diventare dominatrice, la futura civiltà romana subisce l'influsso della cultura etrusca (che tra VIII e VII sec. a.C. risente di un processo diellenizzazione) e quello delle colonie greche dell'Italia meridionale (con il loro pantheon e la loro mitologia). Gli etruschi derivarono dall'universo latino umbro e sabino divinità quali Maris (Marte), Nethuns (Nettuno), Menerva (Minerva), Satre (Saturno), Uni (Giunone). Successivamente le divinità etrusche subirono una interpretatio greca: Zeus offre le proprie forme a Tinia, Era a Uni, Afrodite a Turan, Atena a Menerva, Poseidone a Nethuns, Demetra a Vei. Una parte del pantheon etrusco mantenne però i suoi tratti originari. Tipicamente etrusca rimase l'elaborazione teorica dell'auspicazione. In questo scenario si inserisce Roma: la presenza degli Etruschi ellenizzati, le colonie magnogreche, i ritrovamenti di vasellame greco, alcune tradizioni "mitiche" possono far pensare a Roma quale frangia estrema dell'espansione e della diffusione della cultura greca. Ciò non toglie che Roma abbia elaborato una propria e tipicaa tradizione che permetteva di richiamare gli dei protettori di una città nemica per farli diventare protettori di Roma stessa. Questo era un modo per assicurarsi il favore divino e la protezione delle divinità straniere. Inoltre, Roma era una città cosmopolita, con una grande varietà di religioni e culti presenti. I romani erano tolleranti nei confronti delle diverse religioni e spesso integravano nuovi dei nel loro pantheon. Ad esempio, il culto di Iside, una divinità egizia, divenne molto popolare a Roma. La religione romana era quindi caratterizzata da una grande flessibilità e adattabilità, che permetteva di incorporare nuovi culti e divinità nel proprio sistema religioso.