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Estratto del documento

Un elemento che rende un gruppo diverso da ogni altro è la struttura che lo connota. Gli

psicologi sociali hanno individuato alcuni elementi particolarmente rilevanti della struttura di un

gruppo: lo status, la norme e i ruoli. Lo status è la posizione che una persona occupa

all’interno di un gruppo sociale e la valutazione di tale posizione in una scala di prestigio. Lo

status riflette la distribuzione di potere tra i membri. Come si creano le differenze di status?

Secondo la teoria di aspettativa di status, lo sviluppo dello status è basato sulle aspettative dei

membri in merito al probabile contributo degli altri al raggiungimento dell’obiettivo del gruppo.

Queste aspettative vengono modellate sia sugli obiettivi del gruppo, sia su variabili di genere

ed età. I ruoli sociali si definiscono come l’insieme delle aspettative che le persone ricoprono

circa il modo in cui dovrebbe comportarsi una persona che occupa una determinata posizione

nel gruppo. I diversi ruoli servono a mantenere una divisione del lavoro e si possono costituire

sia nel gruppo sia al di fuori. Le persone nei gruppi però si strutturano anche intorno a modi

comuni di agire e di atteggiarsi. Le persone, cioè, agiscono inseguendo delle aspettative

condivise rispetto al come comportarsi, seguono cioè delle norme sociali: modi di pensare,

sentire e comportarsi ampiamente accettati su cui le persone appartenenti a un gruppo

concordano connotandoli come appropriati e giusti. Queste norme vengono apprese attraverso

la conversazione quotidiana o osservando gli altri membri. Una caratteristica molto importante

dei gruppi è data dal loro sviluppo nel tempo. Moreland e Levine hanno proposto il modello

temporale di sviluppo dell’appartenenza a un gruppo, che esamina non solo come le persone

vengono cambiate dalla loro appartenenza al gruppo, ma anche come i gruppi vengono

trasformati dai comportamenti e dalle idee dei singoli. I processi che inducono una persona a

far parte di un gruppo sono 3: valutazione iniziale che persona e gruppo effettuano

reciprocamente, impegno nella valutazione e transizioni derivate dai cambiamenti. Gli stadi di

sviluppo sono 5: esplorazione, socializzazione, mantenimento, risocializzazione e ricordo. Chi

leadership

comanda un gruppo? La è il processo per il quale ad alcune persone del gruppo

viene permesso di mobilitare e guidare gli altri comportamenti del gruppo per aiutarli a

conseguire gli obiettivi. La leadership si legge in base allo stile adottato. I leader orientati al

compito generalmente adottano uno stile direttivo, danno ordini chiari così da permettere agli

altri di lavorare bene. I leader orientati alla relazione generalmente adottano uno stile

democratico delegano l’autorità, favoriscono il coinvolgimento delle persone e aiutano a evitare

il groupthink. Questo stile è adottato maggiormente da donne. Un altro approccio si basa

sull’idea che il leader debba assolvere funzioni diverse in situazioni diverse. Sono l’obiettivo e il

contesto che determinano il comportamento. Un altro approccio alla leadership è quello

interazionista. In questo approccio si situa il modello della contingenza di Fiedler (’64), che

poggia sul teorema della corrispondenza ovvero corrispondenza tra stile e controllo. Lo stile si

misura con il Least Preferred Co­worker (LPC): le persone con basso LPC descrivono

sfavorevolmente i collaboratori e adottano una leadership centrata sul compito. Alti punteggi di

LPC caratterizzano persone favorevoli con i collaboratori e leadership sulla relazione. I 2 tipi di

leadership funzionano bene in alcune situazioni e meno in altre. Un altro modello è quello

transazionale, che insiste sulla relazione bidirezionale leader/membri: l’influenza del leader non

è + considerata in modo unidirezionale, ma si attribuisce anche al gruppo in cui un ruolo attivo

d’influenza.

In genere le situazioni di gruppo possono portare le persone a perdere la coscienza di sé a cui

segue una perdita di individualità e di autocontrollo. Le folle promuovono l’anonimato e

suscitano la sensazione che i normali canoni di condotta possano non essere applicati. Si può

verificare un processo di deindividuazione: situazione nella quale le persone vedono sé stesse

solo nei termini di un’identità di gruppo e il loro comportamento è guidato solo dalle norme di

quel gruppo. L’ampiezza del gruppo, l’anonimato e la diminuzione della coscienza di sé sono i 3

fattori che favoriscono la deindividuazione. Questo processo accresce tutti i tipi comportamenti

gruppali. Talvolta la presenza di altre persone migliora le prestazioni in molte attività

considerate semplici, ma a volte le peggiorano. Zajonc ha chiamato questo effetto facilitazione

sociale: in presenza di altre persone, le risposte altamente accessibili diventano + probabili,

quelle meno accessibili diventano meno probabili. Perché la presenza di altri simili della propria

specie ci attiva fisiologicamente? Timore della valutazione e effetto di distrazione. Spesso però

il fatto di lavorare in gruppo porta le persone a impegnarsi di meno di quanto farebbero se

lavorassero da sole. Lavorare in gruppo genera spesso una certa indolenza. Questa perdita di

motivazione viene denominata inerzia sociale: tendenza individuale a impegnarsi meno in un

compito quando il proprio contributo è inglobato in una prestazione complessiva. Questo

fenomeno dipende dalla natura dei gruppi e dal compito da svolgere.

Il processo di presa di decisione nei gruppi segue 4 fasi (Forsyth, ’90): orientamento,

discussione, decisione e implementazione. Il compito può essere di natura cognitiva o

valutativa. Nel primo caso, c’è giusto e sbagliato, nel secondo caso no. Il tipo di compito

determina anche il tipo d’influenza: informativa e normativa (vedi sopra). Le interazioni di

gruppo spesso rafforzano le inclinazioni iniziali delle persone. Quando la discussione di un

gruppo riesce a generare un compromesso, la posizione riflessa nella norma finale è +

moderata rispetto alle opinioni iniziali dei singoli membri e si verifica così depolarizzazione.

Quando invece l’iniziale posizione intermedia si sposta verso una posizione + estrema dopo la

discussione si verifica polarizzazione. Questo fenomeno ha 3 spiegazioni: nel modello di

polarizzazione mediante persuasione si privilegiano gli argomenti dominanti che risultano

essere i + persuasivi, mediante confronto le posizioni si spostano verso i membri + estremi del

gruppo che meglio rappresentano i valori sociali del medesimo e come differenziazione

intergruppi quando in un gruppo emerge con forza l’aderenza all’ingroup. Il processo di

polarizzazione può portare a un bias nel processo di presa di decisione + consistente e

decisamente + dannoso, il groupthink: processo decisionale fortemente compromesso dalla

motivazione a raggiungere un consenso, indipendentemente da come quel consenso venga

raggiunto. Il groupthink si sviluppa maggiormente quando il gruppo è coeso, è isolato da punti

di vista contrari ed è sotto pressione. I sintomi sono sopravvalutazione del gruppo, ristrettezza

mentale e uniformità.

Pregiudizio

Giudizio negativo preconcetto su un gruppo e i suoi membri. Le valutazioni negative che

contraddistinguono il pregiudizio spesso sono sostenute da credenze negative, chiamate

stereotipi: credenza sugli attributi di un gruppo di individui. Tali generalizzazioni possono

essere + o – vere e non sono sempre negative. Se il pregiudizio è un atteggiamento negativo,

la discriminazione è un comportamento negativo non giustificato verso un gruppo o i suoi

membri. Atteggiamenti e comportamenti sono spesso legati tra loro, ma gli atteggiamenti

pregiudiziali non alimentano necessariamente gli atti ostili e nemmeno tutte le oppressioni

scaturiscono dal pregiudizio. Razzismo (atteggiamento pregiudiziale e pratiche istituzionali

discriminatorie contro una data etnia) e discriminazione sessuale (contro un dato sesso) sono

presenti anche senza intenti pregiudiziali. Infatti molti esperimenti di percezione subliminare

hanno confermato che le valutazioni prevenute e stereotipate possono avvenire anche al di

fuori della consapevolezza. Il pregiudizio razziale è estinto nel nord America? No, visti i

numerosi omicidi dettati da odio razziale e la piccola percentuale di bianchi che nel 2003 non

voterebbe un candidato di colore. I bianchi percepiscono il progresso verso l’uguaglianza

sociale + veloce di come lo percepiscono i neri. Il pregiudizio nelle sue forme implicite è ancora

+ diffuso. In Europa il pregiudizio manifesto è stato sostituito dal pregiudizio implicito (o

razzismo moderno o culturale): esagerazione delle differenze etniche, ammirazione e simpatia

inferiori per gli immigrati delle minoranze, rifiuto verso di loro per ragioni apparentemente non

razziali. Il pregiudizio moderno appare anche sotto forma di sensibilità razziale che porta a

reazioni esagerate verso persone di una minoranza isolata, o tramite eccessive lodi per i buoni

risultati o eccessive critiche per gli errori. Hugenberg e Bodenhausen (2003) hanno mostrato a

degli studenti universitari una serie di volti con una morfologia che passava dalla rabbia alla

felicità. Chi, in base a un test sull’atteggiamento razziale implicito, era risultato + prevenuto,

percepiva una rabbia di fondo + nei visi ambigui di colore che nei visi bianchi. Di fronte a foto

di individui dell’outgroup che provocano avversione si è visto che si stimola di + l’amigdala

(paura, quindi pregiudizi impliciti) che la corteccia frontale (pensiero consapevole). Da uno

studio dell’81 è risultato che gli stereotipi di genere erano molto + forti di quelli razziali, ma gli

atteggiamenti verso le donne stanno cambiando velocemente quanto quelli razziali. Gli

atteggiamenti di genere sono ambivalenti: la discriminazione è sia benevola (“le donne hanno

un senso morale superiore”) sia ostile (“quando un uomo si fidanza, la donna le mette il

guinzaglio”). La stessa ambivalenza la si ritrova negli stereotipi sugli uomini. Anche questo

pregiudizio manifesto sta sparendo, ne sopravvive uno latente. In ogni caso nei paesi non

occidentali, questo pregiudizio sembra maggiore.

Quali sono le fonti del pregiudizio? Una fonte può essere la differenza di status sociale e il

desiderio di giustificare e mantenere tali differenze. Il pregiudizio aiuta a giustificare la

superiorità economica e sociale di chi ha benessere e potere. Da uno studio di Fiske e colleghi

(’99) si è visto che noi valutiamo gli altri gruppi competenti o simpatici, ma in genere non tutti

e 2: per esempio, asiatici e ebrei sono rispettati ma non amati, le donne e i disabili sono meno

competenti ma piacciono per loro qualità emotive. Le persone con orientamento al dominio

sociale, cioè tendono a vedere il proprio gruppo sociale

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
23 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher enrika di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Baldry Anna Costanza.