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UN NUOVO PROTAGONISTA DELLA STORIA EUROPEA?
L'origine della cavalleria fu affrontata da Marc Bloch che la legò a quella relativa allo sviluppo del
feudalesimo: propose di distinguere tra una prima età feudale, caratterizzata dalla centralità
dell'omaggio e una seconda, caratterizzata dall'importanza del beneficio, (l'insieme di beni ottenuti
dal vassallo). A partire dalla seconda metà del secolo XI, l'affermazione del feudalesimo avrebbe
portato a termine un decisivo mutamento nell'organizzazione sociale, circoscrivendo il “mestiere
delle armi” a un'èlite formata dai signori e dai loro vassalli: specializzazione secondo Bloch
confermata dall'affermazione di una nuova cerimonia, durante la quale chi era destinato a divenire
cavaliere otteneva la spada e riceveva un colpo sulla nuca dallo mano del cavaliere più anziano
che dirigeva la cerimonia. Ciò avrebbe fatto sì che a partire dal XII secolo i cavalieri si
percepissero come un gruppo sociale a se stante, dal quale si sarebbe sviluppata una nuova
classe basata su un preciso statuto giuridico: la nobiltà. Bloch riteneva che sino all'XI secolo,
indicasse gli appartenenti ai “ceti dirigenti”, e quindi propose di usare la
l'aggettivo nobilis
locuzione “nobiltà di fatto” o il termine “aristocrazia” per designare la “prima nobiltà”, e “nobiltà di
diritto” per definire invece la nuova classe sociale, che si sarebbe sviluppata dall'affermazione della
cavalleria. La tesi di Bloch fu messa in discussione da nuove ricerche, soprattutto quelle di un altro
storico francese, Georges Duby. Questi si convinse che già nella seconda metà X secolo il termine
miles aveva cominciato ad assumere un nuovo significato, indicando sia i guerrieri, sia i signori di
castello che si andavano affermando: il titolo di cavaliere si sarebbe esteso a tutto il ceto
già nella prima metà del secolo XI l'elemento distintivo “dell'antica nobiltà”,
aristocratico, divenendo
cristallizzandosi attorno al mestiere delle armi e ai privilegi che procura. Duby includeva nelle
“trasformazioni” dell'anno Mille anche l'affermarsi di una nuova nobiltà coincidente con la cavalleria.
Per Flori, storico francese, sino al XIII secolo la cavalleria non costituisce né un ordine né una
classe: essa è una professione e può essere praticata da persone di ceto sociale diversificato.
Solo nel Duecento si giungerebbe a una chiusura della cavalleria.
Ma per Flori non fu la cavalleria a trasformarsi in nobiltà: fu la nobiltà ad appropriarsi della dignità
–
cavalleresca, a monopolizzarla gradualmente alla fine del XIII secolo. Solo in questo periodo
prosegue Floris - risulta affermata un'etica che fornisce nuove regole comportamentali a coloro
che, nel secolo XI, erano guerrieri violenti.
19.2. I PRIMI CAVALIERI
Attorno al Mille lo sviluppo e la diffusione di signorie di banno incentrate su castelli avevano reso
necessari specialisti della guerra che si dedicassero alla difesa del loro signore e dei suoi beni:
cavalieri di umili origini, il termine che traduceva il latino miles rimandava a un contesto sociale
basso. Nei medesimi anni si viene affermando, soprattutto in ambito tedesco, la figura dei
“ministeriali”, servi che ricoprivano importanti incarichi e spesso guidavano gli uomini armati di un
signore, a conferma di come fosse la qualità del servizio, più che l'origine sociale, a determnare la
fortuna di persone che sevivano con le armi il loro signore. Nel corso del secolo XI, però, il
“mestiere” del cavaliere venne sempre più specializzandosi e si determinò lo sviluppo di nuove
tecniche di combattimento, basate soprattutto sullo scontro individuale. I cavalieri si
specializzarono nell'uso della lancia tenuta orizzontalmente sotto l'ascella. Questa nuova tecnica
portò allo sviluppo di nuove armature protettive: l'armamento del cavaliere divenne sempre più
costoso. Le spettacolari azioni di guerra dei cavalieri determinarono il loro successo personale e
una rapida crescita del loro prestigio. Il crescente costo delle armi fu una delle cause del graduale
chudersi della cavalleria in un'èlite sociale ristretta; il prestigio che l'attività del cavaliere
sempre più le persone d'alto rango a intraprendere questo “mestiere”. Con
comportava spinse
l'affermarsi della signoria di banno, molte famiglie eminenti si radicarono nella regione in cui
possedevano il castello: era importante non suddividere il patrimonio familiare, spesso di
dimensioni ridotte. La discendenza al primogenito creava anche forti discriminazioni tra i figli: i
“cadetti”, i non primogeniti, privi di beni personali, erano costretti a cercare fortuna lontano dalla
casa paterna, mettendo a frutto il mestiere delle armi. I cavalieri non ancora affermati spesso si
univano in compagnie che si spostavano di corte in corte, partecipando a combattimenti e tornei:
loro fine principale era quello di costituirsi una base economica, contrarre matrimonio, stabilizzarsi.
Le compagnie di cavalieri erranti frequentemente erano protagoniste di rapine e saccheggi: per
disciplinare il loro comportamento e ricondurlo a finalità di maggior vantaggio sociale, su
ispirazione di ambiti ecclesiastici riformatori si diffuse (a iniziare dalla Francia) il movimento della
“pace di Dio”: vista l'incapacità dei sovrani di tutelare la pace nei loro territori, i vescovi con
l'appoggio dei signori locali convocavano assemblee durante le quali facevano giurare ai cavalieri
di astenersi da violenze ingiustificate e di non usare le armi in certi periodi o giorni dell'anno. Gli
ecclesiastici cercarono anche di definire un modello etico, ripreso in parte da quello regio: il
cavaliere doveva farsi difensore dei poveri, dei deboli.
In tale modello la società era rappresentata come un insieme organico di tre ordini (ordines):
coloro che pregano per la salvezza dell'anima di tutti (oratores); coloro che combattono in difesa
degli altri (bellatores); coloro che lavorano producendo il sostentamento materiale per l'intero
La società è costituita da tre “membra” di un unico corpo, che
corpo sociale (laboratores).
debbono agire con un unico fine, la difesa e la propagazione della cristianità.
19.3. CAVALIERI E PELLEGRINI: L'INVENZIONE DELLA CROCIATA
Mentre si affermavano i poteri locali e si veniva costituendo la cavalleria, anche la chiesa visse una
stagione di rinnovamento: una delle componenti fu la crescente diffusione della pratica del
pellegrinaggio: l'adempimento di un voto, l'espiazione di peccati, la richiesta di guarigione da una
malattia, spinsero molte persone ad abbandonare le loro case per avviarsi a luoghi lontani. Alle
due città “sante” per antonomasia, Gerusalemme e Roma, si aggiunse una nuova meta, Santiago
de Compostela, nella Spagna nord-occidentale. Qui, nell'ambito della cosiddetta reconquista, fu
lanciato il culto di san Giacomo maggiore, fratello di san Giovanni Evangelista, che, secondo una
leggenda, sarebbe stato tra i primi evangelizzatori della penisola iberica (agli inizi del IX secolo fu
rinvenuta la tomba di san Giacomo). L'appoggio alla reconquista dato da papa Alessandro II, nel
1064 emanò una bolla che concedeva l'indulgenza, ovvero la remissione dei peccati, a chi avesse
partecipato alla lotta contro i musulmani, fece sì che molti cavalieri francesi prtissero per la Spagna.
L'idea di difendere ed espandere la fede cristiana con le armi ormai era sancita. A questo contesto
va collegato l'appello che papa Urbano II avrebbe fatto durante un concilio tenutosi in Francia nel
1095, a Clermont ai nobili e cavalieri cristiani che da decenni si contrapponevano in lotte fratricide:
proprio per espiare questi loro peccati il papa li avrebbe esortati a intraprendere un pellegrinaggio
armato verso Gerusalemme, occupata un ventennio prima dai Turchi, una popolazione giunta dalle
steppe eurasiatiche che si era convertita all'Islam. In realtà noi non sappiamo che cosa disse
Urbano II, perchè la sua allocuzione è riportata in fonti di epoca successiva, cronache che narrano
la conquista di Gerusalelmme a fatti ormai avvenuti. Si è voluto credere che Urbano II a Clermont
avesse bandito la prima crociata, ossia che già avesse in mente l'idea di organizzare una
spedizione militare finalizzata alla conquista di Gerusalemme. Oggi è stato messo in evidenza
come il concetto di crociata sia stato elaborato solo nel Duecento, per indicare le spedizioni militari
avviate sia per espandere militarmente la cristianità e difendere i confini, sia per reprimere i nemici
interni della chiesa, i cosiddetti eretici. Sino al XIII secolo il termine crociata non è mai utilizzato
nelle fonti. Dunque, quelle che noi chiamiamo crociate in realtà comprendevano episodi
determinati da cause religiose, politiche, economiche, a cui solo tardivamente si volle conferire
unitarietà e coerenza ideologica.
19.4. IN ARMI VERSO LA “TERRASANTA”
Quando fece il suo appello Urbano II probabilmente intendeva solo esortare i cristiani a una sorta
di pellegrinaggio espiatorio. Il pontefice voleva, soprattutto, ricondurre l'azione dei ceti eminenti, in
particolare dei cavalieri, nell'alveo dell'etica cristiana. L'invito a organizzare un pellegrinaggio verso
la Terrasanta inizialmente fu accolto con particolare favore dai ceti popolari, tra cui erano
religiosa. A essi si affiancarono gruppi di “cavalieri
maggiormente presenti le istanze di riforma
poveri”: fu così che nacque la cosiddetta “crociata popolare, costituita da gruppi di pellegrini, armati
e non, privi di qualsiasi organizzazione, guidati da predicatori itineranti. Lungo il percorso furono
protagonisti di violenti atti di intolleranza nei confronti di coloro che venivano percepiti come nemici
della cristianità, primi fra tutti gli ebrei. Dopo aver percorso l'intera penisola balcanica giunsero in
Anatolia, dove si scontrarono militarmente con i Turchi. Nel frattempo Urbano II era riuscito a
coinvolgere nell'iter verso il santo sepolcro alcuni dei maggiori esponenti dell'aristocrazia francese
e normanna, mentre ne furono esclusi l'imperatore e il re di Francia, ambedue sotto scomunica.
Partita nel 1096 la spedizione giunse a Gerusalemme, che fu conquistata nel 1099. Nei territori
conquistati furono fondati diversi regni: il più importante fu quello di Gerusalemme. Il ceto dirigente
di questi regni era formato dai nobili e cavalieri che avevano partecipato alla crociata e che si
stanziarono nei territori. L'organizzazione politica si basava soprattutto sui legami feudali che
legavano i cavalieri ai loro sig