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Paradossalmente furono proprio i conservatori a spingere per il suffragio universale. Essi

confidavano infatti nella fiducia, non priva di fondamento fino agli anni ’90, verso la

mentalità ancorata al passato delle classi sociali più basse, che avrebbe così soffocato

tutti gli umori politici progressisti e protetto i sistemi conservatori. I liberali invece,

vedevano con sospetto l’avvento della democrazia in quanto timorosi della crescita

esponenziale dei poteri statali e della strumentalizzazione politica delle plebi a tutto

vantaggio dei neoconservatori. Tuttavia la battaglia contro il sistema politico

elitario, attraverso l’estensione del suffragio, venne intrapresa anche dai movimenti politici

di sinistra, come nel caso dei socialisti tedeschi, i primi a spingere verso una

rappresentanza politica parlamentare del proletariato quale mezzo per sovvertire l’ordine

sociale. In Italia i socialisti condividevano con i liberali progressisti la sfiducia verso il voto

del proletariato, possibile oggetto di strumentalizzazione da parte dei conservatori, ma

quando Giolitti introdusse il suffragio allargato tali timori si dimostrarono errati.

La lotta al paternalismo ed al clientelismo venne intrapresa inizialmente dai britannici nel

1872, attraverso l’introduzione molto tormentata del voto segreto. Questo esempio venne

seguito anche in Italia a partire dal 1882, ma la cabina elettorale venne utilizzata solo

a partire dal 1912. Il parlamento britannico andò poi a combattere il paternalismo

attraverso leggi anticorruzione. Da molti elettori infatti il voto era considerato come una

proprietà personale da vendere a chiunque fosse interessato a comprarla.

La legge anticorruzione del 1883 ridusse il numero degli “agenti di propaganda”,

aumentando invece la caratura della figura del “libero elettore” maggiormente protetto dal

segreto dell’urna e dal giudizio della comunità. Sempre per aumentare il valore del voto

politico vennero presi degli interventi che sostituirono il collegio uninominale con il

meccanismo dello scrutinio di lista. Ad esempio, in Inghilterra, a parità di deputati espressi,

il numero di elettori ascritti a ciascun collegio poteva variare in maniera sensibile, e

comunità storicamente forti ma nel tempo ridimensionatesi potevano contare su un

potenziale elettorale incongruente. Tale situazione inficiava quindi l’esito finale del

suffragio. La riforma delle circoscrizione cominciò quindi a potenziare nella misura giusta

le comunità penalizzate che si videro aumentare il loro peso elettorale.

La medesima situazione non si poté ottenere anche in Italia, dato l’arretratezza

culturale del Paese era opportunamente gestita dai notabili politici, e quando lo scrutinio di

lista venne introdotto da Crispi il clientelismo ed il voto di scambio rese ancora più indefiniti

i confini tra la Destra e la Sinistra.

L’allargamento del suffragio complicò i meccanismi di rappresentanza politica del sistema

notabiliare, aprendo la strada alla nascita di macchine organizzative deputate a

convogliare consenso: i partiti. Questi ultimi, però, inizialmente non furono valutati

positivamente dal mondo liberale, il quale faceva fatica ad accettare l’idea che il voto

politico si esprimesse attraverso organizzazioni aventi interessi collettivi. L’avvento dei

grandi suffragi comunque non eliminò immediatamente i meccanismi notabiliari, che anzi

convissero con i partiti fino alla Prima guerra mondiale e che finanziavano autonomamente

la loro campagna elettorale per giungere poi in Parlamento dove si sarebbero uniti ad un

raggruppamento informale, mantenendo sempre una certa indipendenza di opinione

politica.

La situazione mutuò a partire dagli anni ’90, quando cominciarono a costituirsi con

maggiore robustezza politica quei partiti estranei al mondo conservatore/progressista

liberale e al mondo dei notabili. (Cattolici e Socialisti [questi ultimi perseguitati politicamente in

). Ciò che differenziava maggiormente i partiti politici dalle storiche

Germania e Italia]

reti notabiliari era una solida ideologia alla base del movimento, una solida struttura

organizzativa articolata su scala nazionale e gestita al suo interno da operatori stipendiati,

ed infine la capacità di offrire agli elettori un’ immagine di un’organizzazione robusta e

protettiva. Le strutture notabiliari invece erano costituite da maglie organizzative meno fitte

e alimentate per lo più dagli interessi indipendenti dei singoli.

Con il passare del tempo però anche le strutture notabiliari cominciarono ad organizzarsi

in maniera più efficace e organizzata su scala nazionale. Inizialmente in Gran Bretagna,

poi in Francia con il partito “borghesi”, in Germania ed infine in Italia. Nel nostro Paese il

primo partito borghese fu quello repubblicano, considerato però politicamente sovversivo e

quindi a lungo perseguitato. Nel primo ventennio del Novecento si costituirono due partiti

borghesi: il Partito radicale di sinistra e l’Associazione nazionalista di destra. Nel 1913 la

Chiesa decise di acconsentire che i suoi sostenitori potessero partecipare alla

competizione politica, nel tentativo di riconquistare quei diritti storici assimilati dal nuovo

Regno d’Italia. I cattolici si limitarono inizialmente a sostenere i partiti antisocialisti ma

dopo la Grande guerra scesero in campo politicamente. Intorno agli anni ’20 la classe dei

notabili era ormai alla fine della sua era politica.

Fino ai primi anni del Novecento i notabili erano i maggiori frequentatori delle aule

politiche. Essi utilizzavano la politica non come mezzo di sostentamento ma per

accrescere il loro prestigio sociale. Con l’avvento dei partiti politici cominciarono a

presentarsi sulla scena politica degli uomini che provenivano da retroterra culturali diversi

e che interpretavano la politica come una professione; di conseguenza venne introdotta la

retribuzione statale dei parlamentari.

L’allargamento del suffragio maschile, ed anche l’introduzione successiva di quello

universale, non produsse un drastico aumento dei votanti. In Francia, Germania e Italia

l’astensionismo rimase a lungo elevato. Inoltre le Camere Basse, costituite da deputati

scelti indirettamente dagli elettori, erano in certi casi ridimensionate dalle Camere Alte, i

cui membri erano eletti con metodi estranei alla democrazia; infine spesso i rapporti tra i

Parlamenti e i governi non rispecchiavano quei principi di sovranità popolare che

avrebbero dovuto distinguere il liberalismo dalla democrazia.

Cap. 2- Le forme del governo

In generale le Camere alte erano state concepite come forme di contrappesi di matrice

conservatrice rispetto ad eventuali e destabilizzanti innovazioni politiche prodotte dalle

Camere basse. A dimostrare tale argomentazione era il fatto che ovunque le Camere alte

erano costituite da membri non designati dall’elettorato, a differenza di quanto accadeva

per i deputati delle Camere basse.

Secondo lo storico tedesco Hintze, (primi del ‘900) per l’ Impero tedesco, il passaggio da

un sistema monarchico ad uno parlamentare era concretamente complicato, in quanto la

posizione geografica della Germania implicava la presenza di uno Stato militare nel quale

il Parlamento faticava ad avere un’influenza sul proprio governo, realizzando il cosiddetto

“costituzionalismo zoppo”. Inoltre la paventata possibilità di uno scoppio della guerra,

poneva a livello politico e istituzionale il problema della prerogativa regia. Uno scontro

bellico infatti comportava l’esigenza di un’ unità dello Stato, inconciliabile con la

frammentazione della società espressa dai partiti e dal Parlamento. In Germania, come in

altri Paesi, il re godeva del potere supremo di comando delle forze armate, di

conseguenza l’assetto istituzionale di molti Paesi era contraddistinto da una forte criticità,

ovvero monarchico – costituzionale su base parlamentare.

Sostanzialmente alla vigilia della Grande guerra, i Paesi nei quali la costituzione si

reggeva su solidi principi parlamentari derivanti da suffragi elettorali larghi erano: Gran

Bretagna, Francia, Italia, Belgio, Olanda, Danimarca e Scandinavia. Nella monarchia

Austro – Ungarica, nell’Impero tedesco, in Russia, e nelle monarchie balcaniche, la

prerogativa regia godeva invece di un’ampia estensione. (meteora Generale-ministro

Boulanger).

Anche in Italia il Parlamento conobbe delle serie minacce alle sue prerogative, in

concomitanza con la fine del XIX secolo, periodo difficile per il Paese a causa della

distruttiva fine del governo Crispi (sconfitta di Adua) e della conseguente repressione dei

tumulti sociali da parte del successore Pelloux. Il presidente Crispi era famoso per la sua

volontà e abilità di estromettere il Parlamento dal potere esecutivo e fu bravo ad agire in

tal senso, raccogliendo la legittimazione popolare che inveiva contro la classe

parlamentare a seguito dello scandalo della Banca Romana.

Francia (anni 1880 – primi ‘900). Le elezioni, inaspettatamente, segnarono la vittoria

dell’area repubblicana, che però era divisa da lotte interne tra moderati e progressisti che

comportarono l’avvicendamento di molti governi in breve tempo. Alle successive votazioni

le due fazioni repubblicane ed i conservatori conquistarono un numero equilibrato di voti e

da ciò derivò una fase di stallo politico della quale per poco non ne approfittò la meteora

Boulanger. Negli anni successivi la “vecchia destra” sostenne i repubblicani moderati, ed i

progressisti realizzarono alleanze con i socialisti. Nel primo quindicennio del ‘900 invece ci

furono governi di coalizione tra le due fazioni dei repubblicani. Il parlamentarismo

francese, nonostante la grande alternanza dei governi, dimostrò quindi di poter contare

sul repubblicanesimo.

Gran Bretagna. Il confronto politico era sempre rappresentato dal bipolarismo tra

conservatori e liberali. Verso la fine degli anni ottanta iniziò una fase di stabilità politica

sotto la guida dei conservatori che durò venti anni. All’inizio del ‘900 i liberali tornarono al

potere, stravincendo le elezioni e guidando il Paese fino alla Prima guerra mondiale.

Italia. Il parlamentarismo italiano, come nel caso francese, almeno fino agli anni ottanta, fu

contraddistinto da maggioranze fluttuanti e governi dal “corto respiro, il cosiddetto

“trasformismo” inaugurato da De Pretis. Negli anni novanta ci fu un periodo di crisi sociale

ed economica che minò la legittimazione parlamentare. Nel 1900 il regicidio di Umberto I

rischiò di mettere fine al Parlamento ma attraverso l’opera di intelaiatura politica di Giolitti,

esso continuò a la sua esistenza, attraverso governi democratici dai quali furono esclusi i

conservatori.

Ge

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A.A. 2014-2015
8 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher demidov di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle istituzioni politiche e sociali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Chiavistelli Antonio.