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L’ascesa politica del futuro Duce coincise con l’agonizzante fine del II Gabinetto Facta.

Mussolini operò con grande astuzia su due fronti: sul fronte pubblico accentuò

l’organizzazione delle squadre fasciste, lasciando intendere un’imminente marcia sulla

Capitale, e sul fronte ministeriale intraprese trattative dirette con Giolitti, Facta, Nitti,

Salandra e Orlando, ai quali illustrò la volontà di realizzare un governo di coalizione e di

chiamarsi fuori da alcun incarico ministeriale. Mentre i vecchi leaders liberali crebbero di

poter trarre vantaggi politici tramite la ministerializzazione del Fascismo, Mussolini aveva

già raggiunto un accordo con Vincenzo Riccio, suo uomo di fiducia e membro del

Gabinetto Facta, il quale ad un dato segnale avrebbe dovuto dimettersi provocando la fine

del governo. Un’altra figura importante per l’ascesa di Mussolini, fu Lusignoli, prefetto di

Milano. Egli ricevette l’ordine di arrestare l’agitatore romagnolo nel caso in cui la crisi di

governo precipitasse, ma in realtà, spinto da un’ambizione che si rivelò autodistruttiva, si

mise d’accordo con Mussolini e si guardò bene dall’arrestarlo. Sull’orlo del baratro, Facta

convocò i ministri con i quali approvò il decreto dello stato d’assedio ma quando si recò in

udienza reale si vide respinta la firma da parte di Vittorio Emanuele III il quale accettò le

dimissioni del Gabinetto, già rifiutate il giorno prima. A quel punto Salandra, era convinto

di ottenere l’incarico e Mussolini si trasse da parte non accettando l’idea di un governo di

coalizione, mentre invece il 30 ottobre del 1922 Mussolini fu ricevuto dal re che gli diede

l’opportunità di divenire nuovo Presidente del Consiglio.

Perché il re non firmò lo stato d’assedio?

Lo stato d’assedio era uno strumento d’intervento straordinario da attuare in

situazioni di emergenza estrema. Il suo utilizzo implicava la nomina di generali quali Regi

Commissari che subentravano alle tradizionali cariche istituzionali e statali. Lo stato

d’assedio prevedeva anche l’istituzione di tribunali speciali e di bandi militari la cui

inosservanza veniva punita con la fucilazione immediata, oltre che la chiusura di scuole e

Università e la censura sulla stampa. Nelle cinque occasione nelle quali fu applicato, lo

stato d’assedio ebbe un impatto devastante sulla popolazione civile. Inoltre, normalmente,

il suo utilizzo non superava i due anni mentre la crisi manifestatasi nel ’22 aveva radici

profonde e probabilmente terminato l’utilizzo di questo strumento il re si sarebbe trovato

nuovamente a gestire le debolezze dei soliti leader liberali. Di conseguenza Vittorio

Emanuele III decise di dare le redini del governo ad un uomo politico nuovo, determinato

e appoggiato dall’opinione pubblica.

Cap.5- La monarchia fascista dall’insediamento di Mussolini alla crisi

Matteotti (1922-1924)

A livello costituzionale, il Fascismo fu il risultato di esperimenti evolutivi che potessero

presentarsi come un’alternativa all’assetto parlamentare-rappresentativo della tradizione

liberale europea. L’esecutivo venne strappato dalla sua base parlamentare – Il ruolo del

capo di Gabinetto venne notevolmente rafforzato - la corona venne coperta attraverso

l’operato del governo e del suo Presidente. Mussolini divenne dunque quel cancelliere

della Corona che Cavour non fece in tempo a diventare e che Giolitti e Crispi non seppero

mai essere.

L’epopea Fascista è da considerarsi come una dittatura commissaria rappresentata dalla

Diarchia Re – Duce. Nel 1925, con un’apposita legge, Mussolini trasformò la figura di

Presidente del Consiglio in capo del Governo, primo ministro segretario di Stato,

accentrando al suo controllo il portafoglio della maggioranza dei ministeri. Il re continuava

a rappresentare il vertice dello Stato italiano ma era sempre più alleggerito dai problemi

quotidiani di governabilità. Sostanzialmente il silenzio del re, dalla crisi Matteotti alle leggi

razziali del 1938, non va inteso come un suo indebolimento rispetto alla figura del duce

ma piuttosto come un’adesione piena alla politica di Mussolini.

Le fasi del Regime Fascista:

Il Fascismo parlamentare (1922-1924)

1. Le leggi fascistissime del 1925

2. La proclamazione dell’impero

3. La crisi del Regime

4.

1.Si apre con l’insediamento del I Gabinetto Mussolini e si chiude con la sconfitta

dell’Aventino. Si compone di tre momenti cruciali: (primo) il varo del Gabinetto di

coalizione – (secondo) l’approvazione della legge Acerbo – (terzo) il delitto Matteotti.

Il discorso di insediamento del governo Mussolini, novembre 1922, segnò un

cambiamento del clima istituzionale. Mussolini chiese e ricevette i pieni poteri, istituto

straordinario per il quale il re chiedeva alle Camere un’abilitazione generale temporanea

all’esercizio della funzione legislativa. Nello stesso anno furono gettate le basi per altri

importanti interventi: l’istituzione del Gran Consiglio, la nascita della Milizia, e

l’introduzione di un forte premio di maggioranza nella legge elettorale. Nel 1923 entrò in

scena il progetto Bianchi, un tentativo fascista per evitare che l’esecutivo potesse

diventare ostaggio della propria maggioranza, considerando che all’epoca la base

parlamentare fascista era limitata, e che molti leaders liberali avevano intenzione di

liquidare Mussolini una volta normalizzata la situazione italiana. Questo progetto non andò

mai in porto ma probabilmente venne proposto con il solo obiettivo di saggiare la reazione

pubblica e politica di fronte a mutamenti della forma di governo. Sempre nel ’23 venne

varata in via definitiva la legge Acerbo, realizzata per permettere al partito Fascista una

solida maggioranza parlamentare. Tale disposizione, dopo essere stata approvata dal

Consiglio dei ministri, venne sottoposta all’esame di un consiglio, detto dei “diciotto” che

licenziò il testo. La legge Acerbo produceva un premio di maggioranza che sarebbe

scattato per il partito che avrebbe superato il 25% dei voti, consentendogli di assorbire i

2/3 dei seggi. Il testo, con non poche difficoltà, venne approvato in via definitiva e alle

elezioni politiche del 1924 permise a Mussolini di ottenere il 60% dei voti. All’indomani

delle elezioni, prendendo la parola alla Camera, il deputato socialista Giacomo Matteotti,

con un energico discorso, chiese che le elezioni non venissero convalidate in quanto

viziate da brogli e violenze. Lo stesso Matteotti era però consapevole che la sua richiesta

non sarebbe mai stata accolta, tenendo conto del fatto che il risultato elettorale sarebbe

stato all’incirca il medesimo anche senza le intimidazioni delle squadracce, e che la

politica Mussoliniana era appoggiata da personaggi illustri quali Benedetto Croce. Il suo

era quindi più che altro un tentativo di dare un’immagine di una possibile opposizione

politica dura. (delitto Matteotti). Dopo lo sconcerto per l’uccisione di Matteotti le

opposizioni parlamentari, convinte di rappresentare l’opinione pubblica e confidanti in un

aiuto politico di Giolitti che invece restò filogovernativo, diedero luogo al cosiddetto

Aventino Parlamentare, una forma di protesta consistente nell’astenersi dai lavori

parlamentari. Ma Mussolini incassò la fiducia governativa dal Senato, pochi mesi più tardi

mise fine al Fascismo parlamentare e con un durissimo discorso alla Camera, inaugurò

l’inizio del Regime.

Cap. 6- Il Regime della Diarchia (1925-1943)

Il famoso discorso del gennaio 1925, segnò l’inizio del Regime fascista, e rappresentò, da

parte di Mussolini, una piena assunzione di responsabilità politica per la crisi Matteotti.

Fino al 1943, il Fascismo dittatoriale governò l’Italia, ma questo periodò politico non è da

intendersi come un blocco unico, bensì come una ricalibrazione continua della forma di

governo.

A livello istituzionale, si giunse all’estromissione del parlamento dall’impegno politico sulla

base di due elementi situazionali estremamente concatenati: (primo) il fascismo era

strutturalmente antiparlamentare, lo dimostrò sin dai suoi albori quando ideologicamente

spingeva verso il superamento dei modelli costituzionali europei liberali – (secondo) i

deputati dell’opposizione facenti parte del gruppo degli Aventiniani, pur nel tentativo di

porre fine o quanto meno limitare l’azione di governo, sbagliarono, in quanto fecero

affidamento su un improbabile intervento del re o dei liberali Giolitti, Salandra, Orlando, in

realtà filogovernativi. Di conseguenza, si auto estromisero dalla scena politica, e Mussolini

ne approfittò per delegittimarli totalmente.

(1924-25) La commissione dei quindici, fu indetta da Mussolini con l’obiettivo di accelerare

una riforma costituzionale che potesse salvaguardare il regime da una sua possibile

delegittimazione da parte del re. I diciotto Soloni furono i membri politici che presero parte

ad un’altra commissione, istituita da Mussolini, per l’analisi sui problemi dello Stato.

L’analisi a cui giunse tale commissione fu che lo Stato risorgimentale italiano

rappresentava una solida base su cui edificare lo Stato fascista.

A partire dal 1925, cominciarono ad essere promulgate una serie di leggi che presero il

nome di “fascistissime” che miravano alla fascistizzazione interna, alle riforme

costituzionali ed all’emanazione di norme penali speciali. Uno dei primi provvedimenti,

estremamente connesso all’opera di eliminazione degli Aventiniani, riguardò la proibizione

di associazioni segrete (es.P2) e la consegna, da parte di tutti gli enti collettivi italiani, dei

regolamenti interni. A tutto ciò seguì la decadenza del mandato parlamentare di 120

Aventiniani e lo scioglimento dei partiti politici.

Sempre nel’25, venne presentato un disegno di legge che mirava a potenziare la figura del

capo del governo, innalzandola rispetto agli altri ministri, divenendo un super ministro

quale interlocutore monocratico del re. Questa fu però una mossa di Mussolini che si

sarebbe rivelata controproducente, in quanto avendo eliminato tutti i rapporti istituzionali

con la Camera, egli diveniva un soggetto ostaggio del re che poteva nominarlo o

revocarlo.

Nel 1926 l’opera di fascistizzazione dello Stato proseguì con l’emanazione della legge che

eliminava i consigli comunali, sostituendo il sindaco con il podestà, nominato per Regio

decreto. All’incirca nello stesso periodo, Mussolini subì quattro attentati, che consentirono

però al suo governo di operare ulteriormente in materia di prevenzione di pubblica

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Publisher
A.A. 2014-2015
14 pagine
3 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher demidov di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle istituzioni politiche e sociali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Chiavistelli Antonio.