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Le origini del cristianesimo

I Vangeli ed altri testi dei primi cristiani costituiscono le principali fonti per la conoscenza di Gesù, nato durante il regno giudaico di Erode e scomparso sotto Ponzio Pilato intorno al 30. Furono prodotte sul fondamento della fede nella resurrezione di Gesù e si proponevano di suscitare fede nel suo messaggio salvifico. Dal rilievo attribuito alla novità e specificità dell’esperienza di Gesù dipende in ultima analisi l’effettivo inizio del cristianesimo. Alcuni lo pongono all’indomani della resurrezione, quindi intorno al 30, altri nel II secolo, in quanto solo allora esso avrebbe assunto un profilo chiaramente distinto e contrapposto rispetto alle altre manifestazioni di "giudaismo comune". In effetti, la sua assunzione di un profilo distinto fu lenta e graduale, diverse fonti attestano che già nel I secolo i discepoli del Nazareno erano ben consapevoli della novità delle proprie credenze. Le convinzioni di Gesù sono sintetizzate nel Padre Nostro. Gesù iniziò il suo percorso pubblico sotto il segno di Giovanni, facendosi battezzare da lui, ma poi se ne allontanò, indicando la remissione reciproca dei peccati come elemento decisivo, oltre al battesimo, per la purificazione.

Nella memoria giudaica, la crisi del regno di Davide era iniziata con la successiva rottura tra le sue dodici tribù, avvenuta a seguito del conflitto tra il nipote Roboamo ed il rivale Geroboamo. Il primo era rimasto a Gerusalemme, capitale del regno di Giuda, con due tribù, le sole fedeli a Jahwè, il Dio della tradizione patriarcale. Il secondo si era spostato al nord con le altre dieci. I regni divisi erano stati abbattutti poi da assiri e babilonesi. Fra i discepoli, Gesù ne scelse dodici, il numero delle tribù di Israele prima della divisione: sono gli apostoli, inviati perché sia restaurata la casa di Israele, non come entità politico-nazionale, ma come unità religiosa, che riconosca l’unico vero Dio. Come indica il Padre Nostro, Gesù non offriva previsioni temporali sul compimento del regno imminente. In tre anni Gesù percorse con i discepoli Galilea e Giudea, la sua predicazione consisteva in parabole, brevi racconti istruttivi destinati a colpire. Come destinatari privilegiati dell’annuncio del Regno, Gesù indica poveri, umili, affamati ed assetati di giustizia. La sua morte rappresentò uno scacco per chi lo aveva seguito. Il ritrovamento del sepolcro spalancato e vuoto da parte dei pochi rimasti vigili in virtù della convinzione che non fosse davvero morto. Sue apparizioni confermarono i discepoli nella fede in lui e nel suo potere. Da allora cominciò ad essere tramandata oralmente la memoria dei suoi gesti ed insegnamenti. La prima comunità stabile di cui si abbia notizia fu quella di Gerusalemme. Le sue vicende sono note grazie agli Atti degli Apostoli scritti da Luca, un testo narrativo di fondamentale importanza per la conoscenza delle origini in cui Luca voleva fornire un modello di vita, caratterizzato dalla piena condivisione di alimenti, beni e ricchezze. I membri della comunità di Gerusalemme rimasti fermamente fedeli alla tradizione giudaica furono detti nazorei, termine che rinvia alla nozione di nazireo (cioè consacra a Dio) o forse a Nazareth. Nel I secolo i nazorei, cioè i giudei credenti in

Gesù, si attengono alle prescrizioni ebraiche, osservando la Torah e frequentando le sinagoghe. I primi capi della comunità furono Pietro e Giovanni, più tardi Giacomo. I nazarei rappresentavano una piccola eresia all’interno del giudaismo, guardati con sospetto ed ostilità dal complesso restante dei giudei osservanti. Ad Antiochia, dove nel frattempo erano giunti i primi nazorei, gli ellenisti di origine cirenaica e cipriota furono i primi ad essere indicati con il nome di cristiani fra il 35 ed il 38. Le testimonianze archeologiche e letterarie pervenuteci mostrano che fino al II secolo il cristianesimo prese piede soprattutto in Siria, Asia Minore e Grecia. Nel Mediterraneo occidentale le comunità cristiane erano a quell’epoca poco numerose, fra queste spiccava la comunità romana. Le differenze teoriche e pratiche fra una ekklesia e l’altra potevano essere rilevanti, anche perché lungo il I secolo ed almeno fino a metà del II mancarono forme di governo dottrinale ed organizzativo sovraordinate alle singole comunità. Intorno al 95 Clemente vescovo di Roma scriveva alla chiesa di Corinto. Le Lettera di Clemente rivela l’esistenza a Corinto di figure di spicco nella comunità i presbiteri e vescovi sono le figure incaricate di garantire la retta trasmissione del messaggio ricevuto dagli apostoli. Di fatto, ruoli e funzioni non risultano precisati, e ciò fa pensare che alla fine del I secolo l’ordinamento comunitario non fosse ancora chiaramente gerarchizzato.

Il confronto con la tradizione ebraica

Negli stessi anni in cui morivano Paolo e Pietro, la comunità di Gerusalemme abbandonava la città, insediandosi a Pella tra il 62 e la guerra giudaica del 69-70. A quel punto i romani decisero di annettersi il regno, e così Gerusalemme fu assediata, occupata e per buona parte distrutta. Il tempio fu abbattuto e mai ricostruito. Nei primi decenni i nazorei raggiunsero località di Siria, Asia Minore, Mesopotamia ed Egitto. Le fonti permettono di distinguere tre grandi gruppi i nazorei propriamente detti(in Giudea e Palestina) ebioniti(Palestina) ed elcasaiti(Mesopotamia). di recente si è accertata la presenza ad Alessandria, tra il II ed il IV secolo, di un quarto gruppo di giudeocristiani, detti “gli ebrei”, fra tutti spiccavano gli ebioniti(poveri in ebraico) praticavano la circoncisione e l’osservanza della Legge, consideravano Paolo il traditore per eccellenza ed esaltavano Pietro. La caduta di Gerusalemme e la distruzione del tempio furono percepite dal complesso dei giudei come eventi drammatici in quanto la Scrittura ebraica celebra Gerusalemme come centro del popolo ebraico e luogo della redenzione finale, come erano potute accadere la caduta della città e la distruzione del tempio? Una comprensione della crisi fu offerta in una prospettiva apocalittica : il termine apocalisse deriva dal greco e significa rivelazione, il più antico esempio biblico è costituito dalla sezione apocalittica del Libro di Daniele, profeta vissuto nel del VI sec. a.c., in cui le visioni di Daniele culminano nel preannuncio della profanazione del tempio ed invitano a resistere alla persecuzione. In ambito cristiano i primi ricorsi all’apocalissi sono documentati dalle apocalissi sinottiche, riportate dai vangeli sinottici. I passi evangelici facevano intendere che quanto era accaduto rappresentava una punizione

cristiano, occorre partire dalla Lettera di Barnaba. L’attribuzione del testo al compagno di Paolo mirava a conferirgli autorevolezza. Si trattava in verità di un’opera pseudepigrafica (presentata come opera di un autore ma in realtà non lo è) prodotta fra il 130 ed il 132 da un cristiano di Antiochia o di Alessandria. La lettera polemizza contro i giudei, accusandoli di non aver mai compreso la volontà di Dio. Abramo non fu affatto il loro patriarca, ma fu il padre dei non circoncisi che credono in Dio.

Quanto all’alleanza fra Dio ed il popolo eletto, fu infranta per sempre quando Mosè, sceso dal monte, vide che il popolo si era messo ad adorare un vitello d’oro. Ruppe allora le tavole di legno su cui Dio gli aveva fissato i precetti, e quella rottura segnò la conclusione immediata e definitiva di un’alleanza appena avviata. L’unica alleanza in vigore è dunque quella stabilita da Gesù. Così Barnaba esclude i giudei dal piano divino e non apre loro alcuna strada possibile di rientro. Tale linea fu assunta e sviluppata da Marcione fino alle estreme conseguenze.

Per lui l’opposizione fra cristiani e giudei è insanabile, in quanto si fonda su teologie antitetiche: il Dio degli ebrei non è il Dio dei cristiani, si tratta di due divinità diverse, che agiscono secondo principi e finalità opposti. I primi adorano il Dio della Bibbia ebraica, che dopo aver creato il mondo, ha caricato il popolo del peso della Legge, i secondi credono a Dio padre buono, che ha inviato sulla terra Gesù per liberare l’uomo dalla schiavitù della Legge. Fino a quel momento le scritture ritenute dai cristiani sacre coincidevano con quelle ebraiche. La Bibbia di Alessandria, cioè la Settanta, era la Bibbia dei giudei della diaspora e dei cristiani.

Con una rottura inaudita, intorno al 140 Marcione propose di abbandonare la Bibbia ebraica, in quanto scrittura del Dio giusto, e di sostituire ad essa, come testo sacro dei cristiani, una raccolta di scritti che rappresentava una sorta di “nuovo testamento”, comprendente il Vangelo di Luca e dieci lettere di Paolo. Marcione aprì una fase nuova nella progressiva acquisizione da parte del cristianesimo di un profilo autonomo rispetto al giudaismo.

La formazione del canone e la questione degli apocrifi

Il canone delle Scritture cristiane, cioè il complesso di testi che le Chiese ritengono dotate di valore normativo fu definito lungo un arco di tempo assai ampio fra le Chiese più importanti quali Roma, Alessandria, Antiochia, Cartagine, Lione, Costantinopoli.

Le principali chiese si accordarono entro il II secolo su di un canone comprendente una ventina di testi: i Vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni, gli Atti degli Apostoli, 13 lettere di Paolo, La Prima Lettera di Pietro e La Prima Lettera di Giovanni. In un secondo momento fu inserito l’Apocalisse di Giovanni nel canone (IV Oriente greco, IX Oriente Siriaco).

Nelle dispute sul canone la Chiesa romana rappresentò un centro di importanza decisiva e Ireneo, lì conobbe valentiniani e marcioniti, prima di trasferirsi a Lione come vescovo. Giustino risolse a modo proprio la questione della pluralità delle testimonianze evangeliche su Gesù nel Diatessaron del 172 in cui creò un racconto unitario attraverso i quattro Vangeli, eliminando le ripetizioni a suo parere inutili.

Infine ci fu il Canone Muratoriano, così chiamato perché scoperto e valorizzato da Muratori, erudito del 18o

Dettagli
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A.A. 2014-2015
100 pagine
5 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/07 Storia del cristianesimo e delle chiese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher VecchioStampo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cristianesimo e delle Chiese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Boccadamo Giuliana.