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BOWEN

Liberismo, ammirazione verso il proprio paese e ostilità verso un capitalismo dicotomico segnato sempre più dalla contrapposizione tra capitale e forza lavoro: furono questi i tre elementi portanti della mentalità boweniana.

Per quanto riguarda il primo elemento, ossia quello del liberismo, è fondamentale dire innanzitutto come il suo pensiero fosse animato da una fervente religiosità. Per lui, infatti, la mano invisibile che presiedeva i rapporti umani ed economici era solamente quella di Dio, motivo per il quale l'unica cosa che lo Stato poteva fare era quella di non intervenire. Qualora lo Stato decidesse di agire diversamente, esso infatti, secondo Bowen, non farebbe altro che trasgredire quello che era l'incontrastabile ordine economico voluto dalla Provvidenza: una presa di posizione, questa, che non poteva dunque non coincidere con quella che era la filosofia del lasseiz-faire.

Per quanto riguarda invece il secondo elemento, ossia...

quello dell'ammirazione verso gli Stati Uniti, Bowen rintraccia la ricetta del successo in quella che era l'immensa mobilità sociale del suo paese. Questo infatti, oltre a stimolare i cittadini e a permettere l'esaltazione dei talenti, fa sì anche che il paese venga messo al riparo da ogni pericolo di violenza rivoluzionaria. Dal momento infatti - diceva Bowen - che è permesso sia "al figlio di un cocchiere di diventare governatore che al nipote di un milionario di morire povero", ogni atteggiamento di ostilità contro il ricco non può che considerarsi vano. Per quanto riguarda infine il terzo elemento, ossia quello del rifiuto del modello industriale dicotomico, secondo Bowen, affinché nella società potesse regnare il maggior ordine possibile, necessario inoltre era che il capitale non fosse concentrato solamente nelle mani di pochi industriali. La cosa migliore, infatti, secondo Bowen, era quella di

Favorire la nascita di nuove imprese in cui le stesse persone potevano possedere sia il lavoro che una parte di capitale.

SUMNER

Senza alcun dubbio Sumner, insieme a Bowen, fu colui che si oppose di più di tutti al protezionismo di Carey. Se Bowen tuttavia diede al suo pensiero un'impronta fermamente religiosa-provvidenzialistica, Sumner, dal canto suo, ancorò saldamente la dottrina liberista al darwinismo sociale. Il nucleo essenziale del suo pensiero poggiava infatti fermamente sull'idea che ciascuno fosse artefice della propria fortuna, motivo per il quale, secondo Sumner, unico scopo sia della società che dello Stato non poteva che essere quello dell'eliminazione di tutti quegli ostacoli che impedivano l'ascesa dell'individuo. Nulla infatti, per Sumner, era più dannoso dell'interventismo sociale: esso infatti, impedendo gli scambi e la competizione, andava a danneggiare quella che era per lui la condizione naturale dell'uomo.

ossia la lotta per l'esistenza. Compito dello Stato, infatti, secondo Sumner, al fine di mettere tutti quanti in una uguale posizione di partenza, così da permettere la vittoria dei più forti, non doveva essere quello di provvedere alla felicità di tutti, ma solamente quello di garantire eguali diritti ed eguali opportunità. Secondo Sumner, infatti, i poveri non sono coloro a cui sono state tappate le ali, ma coloro che hanno trascurato i loro doveri e conseguentemente non hanno saputo far uso dei propri diritti. Spostare dunque risorse da quanti hanno prodotto a coloro che hanno solo consumato - concludeva Sumner - sarebbe una delle più grandi ingiustizie che lo Stato possa realizzare. Quando lo Stato, infatti, che non può spendere un soldo senza prenderlo dalle tasche di ognuno, si mette a distribuire risorse a favore dell'uno o dell'altro, non può che farlo solamente a spese di chi il soldo lo ha prodotto.

risparmiato. Alla luce di quanto appena detto, dunque, se proprio lo Stato in qualche maniera sarebbe dovuto intervenire, l'atteggiamento migliore con cui farlo non era per Sumner quello di ridistribuire le risorse nel paese, ma quello senza alcun dubbio di accrescere, moltiplicare ed estendere le chances per tutti.

Detto questo, dunque, "l'eroe" di Sumner non poteva che essere quello che lui chiamava il "forgotten man", colui cioè che lavora sodo e pensa al futuro, ma che ciò nonostante diventa poi purtroppo vittima del terribile paternalismo pubblico.

Ma qual era dunque il suo pensiero sui sindacati? Alla luce di quanto detto finora, appare evidente come il suo pensiero non potesse che essere critico. Pur ammettendo il loro positivo ruolo di mediazione, egli infatti vedeva i sindacati come delle organizzazioni importate che in America mostravano tutta la loro inutilità. Essi infatti entravano a tutti gli effetti in contraddizione con

quelli cheerano due dei fattori principali dell'americanismo: la grande mobilità della popolazione e l'indipendenza e la forza che caratterizzavano il lavoratore americano. Al contrario di quanto si possa pensare, Sumner tuttavia non era affatto un celebratore del principio secondo il quale "l'importante è farsi strada, con quale mezzo non importa". Affinché non diventasse frutto di prevaricazione e di violenza, necessario infatti era che la ricchezza fosse ottenuta attraverso le giuste regole. Il capitalismo da lui pensato infatti non poteva prescindere da quelle che erano quattro punti cardine principali: libertà, contratto, proprietà privata e meritocrazia. Detto questo, dunque, a dimostrazione anche di come non volesse assolutamente tutelare solo i ricchi, Sumner non poteva non scagliarsi contro quello che era il pericolo della plutocrazia: concetto questo con il quale si intende quel regime o quella situazione politica in cui

Il potere politico, così come quello economico, viene esercitato da quelle persone che possiedono i più grandi capitali del paese. I plutocrati infatti, secondo Sumner, non aspirano ad altro che a quello cui hanno già aspirato nel passato generali, nobili e preti: impadronirsi del potere politico, così da arricchirsi sempre di più, e sottomettere dunque i diritti degli altri al loro vantaggio. Affarismo e plutocrazia, infatti, sono due concetti indivisibili, motivo per il quale non esisterà mai alcun imprenditore che decida di entrare in politica non per i propri interessi. Appoggiare un regime plutocratico, quindi, concludeva Sumner, non poteva voler dire altro che mettere la democrazia in pericolo. Nel 1889, infine, Sumner chiarì una volta per tutte quelli che secondo lui erano i maggiori nemici della libertà. Oltre alla plutocrazia, la quale, come abbiamo già visto in precedenza, provoca in chi governa la nascita di un inevitabile

civili che alla sottomissione della società al controllo delle autorità. Il socialismo, secondo Sumner, rappresentava un pericolo per la libertà individuale e per l'autonomia della società. Un altro nemico della libertà individuale individuato da Sumner era il nazionalismo. Questo movimento, secondo lui, affrontava in modo autoritario le questioni sociali, come ad esempio l'immigrazione. Sumner riteneva che il nazionalismo fosse una minaccia per la libertà e l'uguaglianza. Sumner criticava anche lo statalismo, che considerava un principio errato secondo il quale l'individuo esiste per lo Stato. Secondo lui, lo statalismo limitava la libertà individuale e sottometteva l'individuo al controllo dello Stato. L'altruismo, secondo Sumner, era un sentimento anti-sociale che minacciava la libertà individuale. Egli riteneva che l'altruismo fosse un ostacolo alla libertà e all'autonomia dell'individuo. Infine, Sumner condannava anche l'imperialismo, che considerava una forma di arricchimento ottenuta a discapito della libertà degli altri. L'imperialismo, secondo lui, rappresentava una minaccia per la libertà e l'uguaglianza tra le nazioni. In conclusione, Sumner individuava diversi nemici della libertà individuale e della società libera, tra cui il socialismo, il nazionalismo, lo statalismo, l'altruismo e l'imperialismo. La sua battaglia era volta a difendere la libertà e l'autonomia dell'individuo e della società.

civili che alla sottomissione della società al comando delle autorità. Il socialismo inoltre, secondo Sumner, è facilmente smontabile: basta infatti riflettere un attimo, per capire come esso in realtà non possegga alcuna forma, anche minima, di scientificità.

Per Sumner, infatti, il socialismo, il quale si occupa di speranze e ideali che nulla hanno a che fare con la realtà, si serve della falsa nozione dei diritti naturali, per arrivare alla conclusione che l'uomo abbia diritto a tutto ciò di cui abbisogna: esigenza questa, che sempre secondo i socialisti, doveva essere assicurata dallo Stato, il quale a tutti gli effetti fungeva come il vero e proprio strumento ideale per realizzare i piani e gli obiettivi di ogni individuo.

In realtà tuttavia, secondo Sumner, così facendo, non si rispetterebbe la realtà delle cose, ma a contrario si trasgredirebbe quello che è il vero principio naturale dell'umanità.

ossia il suo essere sin dai principi in lotta reciproca. Ignorare la verità secondo cui l'ordine sociale è fissato da leggi di natura analoghe a quelle alla base dell'ordine fisico non significa infatti, secondo Sumner, fare del bene alla società, ma violentarla a tutti gli effetti alle sue origini. Chi è socialista, dunque, conclude Sumner, è sia contro la società che contro la civilizzazione. La battaglia contro l'imperialismo Accanto alla battaglia contro il socialismo, una delle maggiori battaglie di Sumner è stata sicuramente quella da lui condotta contro l'imperialismo. Oltre ad essere andati contro i propri pacifici principi, secondo Sumner, infatti, attaccando la Spagna, gli Stati Uniti non solo hanno ceduto allo spirito espansionistico europeo, ma hanno anche soprattutto male calcolato quelle che potevano essere le terribili conseguenze del loro operato. Facendosi prendere dalla fame di conquista, i militari infatti,così come il resto del paese, imparano sia a disprezzare le costituzioni e i parlamenti che, cosa ben più grave, a sottomettere i civili: condizioni queste, secondo Sumner, che purtroppo altro non fanno che stimolare l'ascesa della plutocrazia. Qual era il suo pensiero sull'Europa? Così come i Padri fondatori che l'avevano preceduto, anche Sumner non solo era convinto che gli americani non dovessero seguire le vie del vecchio continente, ma anche che l'America rappresentasse un contromodello tanto efficace quanto sicuro. Secondo Sumner, infatti, indispensabile era distinguere a tutti gli effetti tra democrazia di tipo europeo e quella repubblicana di tipo americano. Se la prima infatti, essendo frutto di utopie e programmi artificiali, non poteva che essere destinata al dispotismo; la seconda, invece, al contrario, essendo una forma di autogoverno, il cui primo scopo non è l'eguaglianza, ma la libertà civile, in virtùsoprattutto del suo essere basata su una partecipazione popolare del tutto attiva, non può che possedere un sistema di garanzie e di controlli preposti proprio ad impedire tale esito. Detto questo, tuttavia, nell'ul
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A.A. 2010-2011
46 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher anita K di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero politico contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Tuccari Francesco.