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CAP. 2 CULTURE AL BANDO
1. Gli Indici dei libri proibiti
Nel corso del cinquecento la produzione editoriale aumentò in maniera esponenziale,
cominciò quindi ad avvertirsi l'esigenza di una sistemazione bibliografica. L'opera di Conrad
Gensner “La Biblioteca universale” del 1545 si tratta proprio di una delle tante testimonianze
legate alla necessità di mettere ordine nella produzione libraria. Anche coloro che in quegli
anni erano deputati al controllo di tutta la produzione editoriale europea dovettero far fronte
alla difficoltà di vigilare sui libri, non solo per via della enorme quantità di materiale editoriale
presente, ma anche per il fatto che i librai e i tipografi utilizzavano ormai espedienti per
rendere difficile l'identificazione di testi scottanti: pubblicavano ad esempio scritti anonimi e
senza note tipografiche oppure con falsi frontespizi. I censori avvertirono quindi l'esigenza di
strumenti bibliografici che garantissero un controllo efficace dei libri. Nacquero così gli indici
proibiti, lo strumento principale di cui si servì la censura cattolica. Prima degli indici romani,
però, fin dagli anni 40, in diverse città europee, erano stati redatti degli elenchi che
contenevano i libri da proibire, mentre tra il 1546 e il 1558 i teologi dell'Università di Lovanio,
su ordine di Carlo V di Filippo II, pubblicarono tre indici contenenti diverse proibizioni ma
anche una lista di opuscoli volti a promuovere la diffusione della riforma nelle classi popolari.
In Italia, invece, il primo indice fu stampato nel 1549 sulla base di un accordo tra l'inquisizione,
il Nunzio apostolico e i Savi all'eresia (la magistratura incaricata di sorvegliare sull'operato
dell’Inquisizione) il catalogo conteneva circa 150 divieti. Non venne però mai promulgato in
quanto provocò immediatamente la reazione dei librai e dei tipografi, preoccupati per le sorti
dei loro magazzini pieni di merce; dall'altra parte anche il Senato veneziano non era
favorevole all'emanazione dell'indice in quanto a suo giudizio si era finito con lo stampare un
libro che conteneva paradossalmente più divieti di quelli promossi dalle bolle papali.
L’indice paolino l’indice paolino, il primo ad essere emanato e che costituì in
Nel 1559 viene invece pubblicato
assoluto l'indice più severo della storia, tanto da non incontrare favore persino tra gli stessi
ecclesiastici. A redigere questo catalogo è il Sant'Uffizio, quindi l'inquisizione romana che
predispone il primo indice dei libri proibiti, che sarà promulgato da papa Paolo IV. Sul piano
strutturale l'indice contiene circa 1000 proibizioni ordinate alfabeticamente e ripartite in tre
gruppi. Il primo gruppo comprendeva gli autori non cattolici di cui si vietata l'intera opera,
compresi gli scritti che non trattavano di religione. Il secondo gruppo comprendeva invece 126
titoli relativi a 117 autori, 332 titoli anonimi, una lista con 45 Bibbie e Nuovi testamenti vietati e
un'altra contenente 61 tipografi la cui produzione veniva interdetta. Infine nella terza classe,
sotto la voce “Libri omnes”, rientravano tutti quei libri che, anche se non trattavano di fede,
quindi di religione, erano lo stesso banditi perché non riportavano sul frontespizio il nome
dell'autore, stampatore, la data e il luogo di edizione o perché avevano carattere magico e
astrologico. La lettura in volgare della Bibbia e del Nuovo Testamento era invece consentita
soltanto agli uomini, che però dovevano conoscere il latino e ricevere prima una licenza da
parte del Sant'Uffizio. Le reazioni alla pubblicazione di questo primo indice causarono un
grande sconcerto nonché tensioni questo perché i divieti non si limitavano soltanto al ristretto
campo religioso, dottrinale, teologico, ma sconfinavano anche in altri ambiti, interessando
quindi anche titoli che non trattavano di fede. Molte opere in lingua volgare, per nulla in
contrasto con le questioni teologiche, finirono così con l'essere messe al bando perché
L’elenco dei titoli vietati investì inoltre
ritenute nella i oppure di carattere osceno e immorale. 6
nomi famosissimi come Boccaccio, Machiavelli, Erasmo da Rotterdam. A protestare contro
l'eccessiva severità di questo indice furono prima di tutto i librai, soprattutto romani e
veneziani, che si ritrovarono i magazzini stracolmi di libri non più vendibili. A Roma, in
particolare, i librai pretesero qualche forma di indennizzo per le perdite che avrebbero dovuto
subire, mentre a Venezia decisero inizialmente di non rispettare l'indice, con la speranza di
una sua riorganizzazione; successivamente furono autorizzati a continuare le vendite fino a
che il Papa non si fosse deciso a risarcire tutti i libri destinati al rogo, mentre infine furono
costretti ad adeguarsi all'indice, anche se con qualche riserva. A protestare furono anche molti
letterati e studiosi che si videro letteralmente privati di molti testi e materiali usati negli studi e
anche all’interno della stessa Chiesa ci fu sconcerto e disapprovazione.
L’indice tridentino
La dura reazione alla promulgazione dell’Indice aveva intanto indotto papa Paolo IV ad
attenuare alcuni aspetti eccessivi, ma la sua morte, sopraggiunta nello stesso 1559, in agosto,
rallentò il percorso per giungere al secondo indice, definito tridentino, del 1564. Il suo
successore, papa Pio IV si dichiara favorevole a una revisione dell'indice che doveva ora
contenere soltanto proibizioni relative ai libri eretici. La redazione viene inoltre sottratta
e affidata ai vescovi, riuniti a Treno, nell’ultima fase del concilio. L’indice, dal
all'inquisizione
punto di vista strutturale, è ancora suddiviso in tre classi. Si hanno però dei cambiamenti
significativi ad esempio con Erasmo da Rotterdam che viene trasferito dalla prima alla
seconda classe. Non viene quindi vietata tutta la sua opera, ma soltanto una lista di sei titoli.
Per gli scrittori eretici, inoltre, vengono messe al bando soltanto le opere che trattano di
questioni religiose. Rimangono invece soggette al rilascio di una licenza specifica le versioni in
volgare della Bibbia, la cui Lettura viene però ora estesa anche alle donne e a chi non
dell’espurgazione che permette di
conosceva il latino. Infine viene consentita al pratica
pubblicare libri "vietati", attraverso la revisione e la cancellazione delle parti discusse e
proibite. Era possibile espurgare soltanto quei libri il cui argomento generale era ammissibile,
tendenti all'eresia, all’empietà, alla divinazione o alla
ma che contenevano dei passi
superstizione. Questi libri potevano di fatto essere ammessi alla pubblicazione una volte
spurgati da teologi cattolici con l'approvazione dell'inquisizione generale. Una figura centrale
dell’espurgazione era quella del censore, il quale doveva identificare qualsiasi
nella pratica
tipo di pericolo si celasse in un testo, a cominciare dal frontespizio (il nome dell'autore, del
curatore, luogo di stampa). L'indice tridentino, per via del suo carattere decisamente meno
repressivo, ma accettato senza difficoltà in tutti gli Stati italiani. All'estero, però, la situazione fu
diversa. La Francia, infatti, non riconobbe i decreti tridentini che invece furono regolarmente
pubblicati in Portogallo, Baviera e nei Paesi Bassi spagnoli. Un caso a parte è rappresentato
dagli indici spagnoli, redatti dall'inquisizione locale, che operava in maniera del tutto
indipendente da Roma. Il primo indice del 1551 riprendeva sostanzialmente quello di Lovanio
dell'anno precedente. Subito dopo la pubblicazione dell'indice Paolino viene invece redatto il
primo catalogo dell'inquisizione spagnola, che si differenziava da quello romano già a partire
dal piano strutturale. C'erano però anche molti elementi in comune, in quanto le due
inquisizioni avevano entrambe lo stesso obiettivo, quello di contrastare l'eresia. In linea
generale, però, l’indice romano risultava molto più severo. Gli Indici spagnoli si adeguarono
poi all'indice tridentino e particolare attenzione fu data alla pratica dell'espurgazione, molto più
che a Roma. Mentre infatti in Italia, il primo e unico indice espurgatorio uscì nel 1607
occupandosi della revisione di una cinquantina di opere, in Spagna già nel 1571, prima di
7
quello ufficiale pubblicato nel 1584, era stato stampato un primo indice espurgatorio dove
venivano revisionate oltre duecento opere.
L’indice clementino
L'indice tridentino rimase formalmente in vigore sino a quando fu emanato il successivo, il 27
marzo 1596, da Papa Clemente VIII. Subito dopo la morte di papa Pio IV, però, l’indice
tridentino aveva ormai perso la sua sostanza. Il successore Pio V, infatti era stato a suo tempo
incaricato da Papa Paolo IV della redazione dell'indice paolino. La sua elezione determinò
quindi un ritorno progressivo allo spirito severo e repressivo che aveva caratterizzato il primo
indice. Nel 1571 fu così costituita una congregazione volta a elaborare un nuovo indice che
sostituisse definitivamente quello tridentino. L'anno successivo la nuova congregazione fu
ufficializzata dal nuovo papa Gregorio XIII, che nominò i primi quattro membri, due dei quali
provenienti dal Sant'Uffizio. Il loro compito non era soltanto quello di aggiornare le liste delle
opere proibite, ma ripristinare il rigore dell'indice Paolino. Furono quindi nuovamente messi al
bando libri che a Trento avevano beneficiato della estromissione dall’indice. Successivamente
furono redatti altri due indici, nessuno di questi però fu promulgato. Proprio la difficoltà di
pubblicare un indice che sostituisse ufficialmente il tridentino rappresentava il segnale più
evidente di come la Chiesa romana non riuscisse a trovare un accordo sugli aspetti che
doveva avere il principale strumento di controllo messo a punto dalla Controriforma. Prima di
tutto non erano ancora ben definiti i confini di competenza delle due congregazione
responsabili, il Sant'ufficio e l'indice, questo per via dello scontro che perdurava tra le ragioni
dei vescovi, sostenute da alcuni cardinali titolari di diocesi di grande rilevanza, volti a difendere
lo spirito del concilio di Trento, e l’Inquisizione, volta a ripristinare il rigore dell’indice paolino.
Nel 1596 viene poi promulgato finalmente l'indice Clementino che viene recepito dal circuito
editoriale essenzialmente come un semplice aggiornamento del tridentino. Sul piano
strutturale, la ripartizione dei divieti è sempre in tre classi, con l'aggiunta di un'appendice di
opere registrate negli altri indici europei, usciti dopo il 1564. Viene invece ripristinato il divieto
di lettura della Bi