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Romanticismo. Il suo pensiero si colloca nel passaggio tra i Borboni e gli asburgici, a

favore di un’alleanza fra magistrati e potere sovrano e polemico contro le violenze dei

baroni e della plebe. Vico voleva dare una risposta e indicare ai contemporanei una

soluzione politica, il diritto come realtà umana e divina gli sembrava l’unica forza

capace di evitare lo scontro fra le classi, i sapienti e il ceto civile erano i più adatti a

garantire la giustizia come convivenza, la sapienza poteva essere l’equilibrio perfetto

che si era perduto con il peccato originale, creando una doppia tensione fra aspirazione

all’ordine e forza delle passioni. Dopo il “De Antiquissima” dal 1723 fino alla morte si

dedicò a scrivere e riscrivere “Scienza nuova”. Lo studio sulla natura delle nazioni

risulta lo sviluppo del suo interesse per il diritto naturale. Tre furono le stesure di

questa opera, nella prima stesura, formata da 5 libri, affronta il problema della

necessità di ritrovare una scienza nuova che doveva essere la meditazione al di sopra

dei principi dell’’umanità delle nazioni, dalla quale sono uscite tutte le scienze,

discipline ed arti. Per trovare questi fondamenti si rifà alla storia sacra e profana,

scoprendo una storia universale eterna su cui confrontare le storie di tutti i popoli,

ipotizzando un concetto di storia civile legata alle idee e alla nascita della filosofia e

del diritto. Affronta poi i principi di questa scienza dal punto di vista della lingua e la

differenza fra poesia e metafisica, per finire poi nel quinto libro con un tentativo di

ritrovare principi identici in tutti i popoli di filosofia dell’umanità e storia universale

delle nazioni, individuando, l’età degli dei, l’età degli eroi politici e l’età degli uomini.

L’ordine nell’ultima stesura è diverso, inserisce Omero partendo dalla natura poetica,

eroica ed umana, per vedere come a questi tre momenti corrispondano costumi, diritti,

doveri, giudizi e tempi diversi.

Giurisdizionalismo,deismo,libero pensiero:Pietro Giannone Alberto Radicati di

Passerano

Doria e Vico rappresentavano una contrapposizione alla cultura dei moderni come

Cartesio, ma contemporaneamente nasceva anche un’altra proposta culturale

nell’ambito dell’Accademia Medinacoeli, destinata ad arrivare ad estreme

conseguenze politiche, culturali e religiose, i maggiori referenti furono Pietro

Giannone, Domenico Ausilio e Gaetano Argento, quest’ultimo, scrisse “De re

beneficiaria” proprio all’arrivo degli austriaci, fu una delle opere principali dove il

principale bersaglio della polemica fu sui benefici della Chiesa, e la possibilità dello

Stato di difendersi dagli ingiusti prelievi che Roma esigeva in nome della religione e il

generale rapporto di dipendenza dello Stato meridionale dalla Chiesa. Secondo

Giannone bisognava contrapporre strumenti nuovi a queste sopraffazioni, era convinto

che una evoluzione significativa potesse venire solo da un “Regno Nazionale” come

quello individuato dai Normanni-Svevi e dagli Aragonesi. I togati erano invece per

l’autonomia e la difesa degli interessi locali. Tutto il gruppo di intellettuali si identificò

nella sua opera. “Istoria civile del Regno di Napoli” pubblicata nel 1723, questo testo,

molto ampio, trasformava la cultura di giurisdizionalista, dandole una profondità

storica e animandola con una passione civile e religiosa, qui Giannone mostrava

concretamente, attraverso la storia, come si era sviluppata la sopraffazione dello Stato

da parte della Chiesa. Giannone fa un tentativo complesso, richiamandosi a un

modello di Macchiavelli e Bacone, cercando di mostrare il rapporto e lo sviluppo di

due istituzioni e la loro evoluzione nel tempo, da una parte lo Stato, che elenca

dettagliatamente a partire dalle origine greche di Napoli, all’Impero Romano, al

dominio Longobardo, alla conquista franca, ai Normanni che avevano creato i primi

saldi nuclei dello Stato meridionale, a Federico II, agli Angiò, Aragonesi, Spagnoli,

fino agli Asburgo, dall’altra parte, complessa e parallela, la storia della Chiesa che,

affermandosi come unica forza dopo la crisi di Roma, aveva approfittato largamente di

questo ruolo per acquistare sempre maggiori ricchezze, ed aumentare sempre di più il

suo potere, cosa che però non era contemplata nel messaggio evangelico. La Chiesa

locale e quella romana si scatenarono contro Giannone, fu così costretto a rifugiarsi a

Vienna dove fu accolto favorevolmente. Questa opera ebbe molto successo a livello

europeo, mentre gli fu impedito di partecipare alla vita politica meridionale. Dopo il

1730 si dedicò a un nuovo progetto, Vienna era diventata il riferimento

dell’Illuminismo radicale, e in questo contesto scrisse il “Triregno” che diventò una

delle voci più significative dell’Illuminismo radicale del primo 700. Parla in questa

opera della constatazione che il giurisdizionalismo non era più in grado di affrontare

gli abusi della Chiesa, e Giannone andò oltre, cercando di risalire alle origini del

potere ecclesiastico. Inizialmente, secondo Giannone, il Regno offerto da Dio agli

ebrei era tutto terreno, era una religione molto naturale, quella di un Dio creatore e

della morte come fine di tutto, il contatto con altri popoli, egizi, persiani, greci, portò

alla corruzione di questo pensiero, con la conquista dei romani queste inquietudini, la

perdita di autonomia, diedero vita alla speranza di un regno celeste che fu poi la base

del cristianesimo. Giannone spiega un Gesù diverso, che predicava si una religione

basata sulla speranza di un mondo celeste, ma pochi capirono che la sua idea era

quella che si sarebbe dovuto attuare immediatamente, la sua morale era fondata sulla

carità, il rifiuto delle ricchezze, delle gerarchie e istituzioni. Il punto focale quindi, era

quello di una realizzazione immediata del Regno di Dio, purtroppo i successori di

Gesù, fondarono l’idea della contrapposizione fra anima e corpo. Il mondo cristiano

diventò man mano un popolo in attesa dell’arrivo del mondo celeste, creando poi nel

periodo di Costantino, un arricchimento della Chiesa, grazie alle donazioni, che

accumulò importanti ricchezze. Questo principio di immortalità andava secondo

Giannone smascherato, perché la vita non è altro che frutto dell’organizzazione del

corpo, e, una volta distrutto, restituisce materia e vitalità alla terra. L’idea di Dio

restava, ma doveva scomparire il concetto di male, di inferno, e con esso anche il

purgatorio, vero capolavoro della Chiesa, per avere il contro sulle anime, e da questa

invenzione erano nate le indulgenze, che non erano altro che un potente mezzo per

accumulare ricchezze. A causa di questo libro, Giannone che intanto si era spostato da

Vienna a Venezia, cercando il permesso di tornare a Napoli, fu allontanato dalla

Repubblica con la proibizione di tornarvi. Fu costretto a vagare fino a quando trovò

riparo a Ginevra, ma lo Stato Sabaudo lo arrestò e rimase in prigione a Torino fino alla

morte, dove scrisse la sua autobiografia. In carcere scrisse anche i “Discorsi sugli

annali di Tito Livio”, un discorso sul ruolo della religione nella società, nelle sue

ultime opere riemergeva la volontà di cogliere la storicità del potere della Chiesa fin

dalle origini.

Alberto Radicati di Passerano apparteneva a una famiglia aristocratica, di

educazione tipica dei nobili piemontesi, padre anziano, la sua famiglia in continuo

conflitto con il mondo contadino. A 9 anni era stato mandato alla corte sabauda come

paggio, a 17 anni sposato, matrimonio tipico delle strategie di ceto che si rivelò in

felicissimo. Erano gli anni della riforma universitaria, voluta da Vittorio Amedeo II,

che aveva utilizzato personaggi come Aguirre, Galiani, Gravina, Muratori, portando

una cultura scientifica e modelli epistemologici moderni, ma portarono anche scontri

fra ragione e tradizione, fra passato e futuro, tutto questo suscitò molto interesse nel

giovane Radicati che era un aristocratico molto solitario, lontano e diverso dagli

intellettuali riformatori, la sua polemica, senza toni sottomessi era verso la religione e i

modelli familiari. Fu a Parigi proprio nel periodo che nacque il primo capolavoro

dell’illuminismo, “Lettere persiane” di Montesquie. Tornato poi in Piemonte, si

schierò decisamente a favore dei contadini, fino al punto di testimoniare a loro favore.

Era deciso a non tacere e ad aiutare il sovrano nell’opera di trasformazione dello Stato

e della società, il punto di partenza per lui era proprio la riforma religiosa. Nel

“Manifesto” espresse molto ampiamente questa scelta, che lo portò a delle vere e

proprie persecuzioni da parte dei parenti. Nella successiva autobiografia “Il Factum”

emerge un altro elemento ancora più complesso, il suo rapporto con il sovrano, che si

configura come una vera e propria richiesta di un progetto di riforma, infatti il nucleo

centrale dell’opera politica di Radicati nacque avendo come interlocutore il principe

sabaudo e dalla speranza che questi realizzasse il suo progetto di rinnovamento. Nei

“Discours moraux” offerti al sovrano era presente un’immagine del cristianesimo

opposta a quella della religione cattolica, parlava di un’esperienza basata sulla povertà,

sull’uguaglianza, priva di istituzioni e gerarchie , la sua domanda su come si era

realizzato il potere ella Chiesa ricordava le domanda del Giannone, Radicati affronta il

problema dell’origine del potere pontificio, affermando che questo potere non era nel

Vangelo, parlava dei mezzi con cui la Monarchia papale si era assicurata il potere con

l’invenzione del purgatorio, dell’inquisizione, dei miracoli, e indulgenze, nei discorsi

successivi esaminò l’incompatibilità fra il potere sovrano e la Chiesa, notando la

differenza fra i paesi cattolici e quelli protestanti. Furono teorie molto difficili da

apprezzare per un sovrano, perché emergeva molto apertamente la simpatia di Radicati

verso la democrazia egualitaria, e il concetto che quello monarchico fosse il peggiore

delle forme di governo. Riguardo le proposte di politica ecclesiastica, fissò alcuni

punti: il governo doveva diventare padrone di tutti i vescovati, abbazie e parrocchie;

fissare il numero del clero in base alla popolazione; tassare i beni del clero; impedire

le donazioni; sottrarre l’istruzione agli ordini religiosi; rendere gratuite le funzioni e

cerimonie religiose; cancellare il potere del Tribunale d’Inquisizione; distribuire fra i

ceti le terre della Chiesa. Il risultato di tale operazione doveva servire non solo a

ridimensionare il potere della Chiesa, ma soprattutto per migliorare l&rsquo

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A.A. 2013-2014
89 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher madame69 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Damiani Teresa.