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La prima tuttavia si rivelò un’impresa fallimentare, mentre la seconda ebbe vita più lunga
(non oltre comunque la Rivoluzione). Una terza compagnia – detta del Levante – fu
fondata per rivolgersi al Mediterraneo. Una Giunta del Senegal avrebbe dovuto invece
occuparsi della tratta dei negri. Tutte queste compagnie poggiavano su azioni i cui capitali
provenivano dallo Stato. Tali scelte vennero accompagnate da una riorganizzazione del
sistema doganale interno e da una rigida barriera di dazî per le merci che provenivano
dall’esterno. L’obiettivo era quello di sollecitare lo sviluppo economico francese,
collegandosi ad una ripresa della politica coloniale verso l’America settentrionale (Canada)
e verso l’Africa (Senegal).
Complessivamente la politica economica colbertiana conseguì successi minori del
previsto, sia per la mancanza di un ceto mercantile adeguato sia per l’interferenza della
politica militare, che interruppe per tratti abbastanza lunghi i commerci con l’estero.
Accanto alla politica economica, lo Stato cercò di assicurarsi il controllo della vita
culturale ed artistica. Prima di tutto cercò di colpire tramite la censura la notevole attività
pubblicistica che si era diffusa nel periodo delle Fronde. A Parigi il settore venne assegnato
al Lieutenant général de Police Gabriel La Reynie che, oltre alla sicurezza dei parigini, doveva
gestire anche l’applicazione dei provvedimenti in materia editoriale. Un regolamento
fissava così il numero degli stampatori cittadini autorizzati e preludeva ad analoghe misure
di sorveglianza nei confronti delle tipografie provinciali. Alla politica repressiva corrispose
però un notevole incremento delle arti, legato alla volontà di rinnovare la corte e di lanciare
in Europa il modello francese della letteratura e della scienza. Per far ciò lo Stato concedeva
pensioni ad un certo numero di intellettuali, tra cui l’astronomo italiano Giovanni
Domenico Cassini e il drammaturgo Jean Racine.
Il ruolo dello Stato nel campo della cultura fu parallelo alla volontà di controllare la
vita religiosa del paese. In questo senso la monarchia utilizzò le teorie gallicane ma dovette
affrontare due grandi antagonisti: i giansenisti e gli ugonotti.
Riguardo alla politica estera, fin dal 1661 il sovrano affermò in Europa il primato della
propria diplomazia: Luigi x1v strinse infatti numerosi trattati con diversi Stati europei. La
restaurazione di Carlo 11 in Inghilterra costrinse così la Francia a rivedere la propria
politica, poiché fino ad allora era stata un’alleata di Cromwell in funzione antispagnola.
L’obiettivo da perseguire era dunque quello di ottenere un riavvicinamento delle due case
regnanti. In tal senso un passo decisivo fu compiuto dall’abile politica matrimoniale di
Luigi x1v: suo fratello Filippo d’Orléans sposò Enrichetta d’Inghilterra, figlia del decapitato
Carlo 1. Il re inglese Carlo 11, grazie all’aiuto finanziario francese, riuscì così a governare
con una certa autonomia rispetto al Parlamento. I legami tra Francia ed Inghilterra
permisero alla prima di acquisire Dunkerque (1662) con un versamento di cinque milioni
di lire.
Nel 1664 la Francia, in qualità di alleata della Lega Renana, intervenne a fianco
dell’imperatore Leopoldo 1, impegnato a contrastare un’offensiva ottomana. Il conte di
Coligny si distinse nella battaglia di San Gottardo (1664) dove, per la prima volta, l’esercito
regolare turco e gli giannizzeri vennero sconfitti in una battaglia campale. Con la tregua di
Vasvàr i Turchi si trassero d’impaccio da una situazione che poteva diventare critica e
Leopoldo 1 poté concentrarsi sulla successione spagnola.
Gli anni Sessanta furono caratterizzati da una marcata decadenza della Spagna e da
una crescita di prestigio e di potenza dell’Impero e della Francia, oltre che delle affermate
potenze inglesi ed olandesi. La Francia si trovava in una situazione delicata, in quanto era
in ottimi rapporti con l’Inghilterra, ma era anche alleata con le Province Unite. Il suo
intervento a fianco di quest’ultime nel 1666 fu modesto e non si tradusse in un concreto
aiuto militare. [20]
Nel frattempo nel 1665 era morto Filippo 1v re di Spagna. Egli lasciò i suoi
possedimenti al figlio Carlo 11 e, in caso di decesso di quest’ultimo, alla sua seconda figlia
avuta da un secondo matrimonio. Non teneva insomma conto dei diritti della primogenita
Maria Teresa, moglie di Luigi x1v. La monarchia francese invocò il diritto consuetudinario
del Brabante, la regione di Bruxelles, in base al quale tutti i possedimenti andavano
“devoluti” ai figli di primo letto, ma visto che Carlo 11 era vivo non c’era dunque alcun
bisogno di stabilire chi delle due sorellastre dovesse esercitare il diritto di prelazione. Nel
1666 la Francia strinse un trattato segreto con l’Inghilterra, che si impegnata ancora a non
ostacolare l’invasione francese dei Paesi Bassi spagnoli. Prendendo a pretesto non solo la
dote non pagata, secondo gli accordi della pace dei Pirenei, Luigi x1v ordinò nel 1667 che
un’armata invadesse i Paesi Bassi spagnoli, dando inizio alla cosiddetta Guerra di
devoluzione. Le truppe francesi all’ordine di Turenne s’impadronirono di diverse città delle
Fiandre, mentre l’armata di Condé s’impossessò della Franca Contea. Nel 1667 Inglesi ed
Olandesi, inquietati dalla fulminea avanzata francese, siglarono la pace di Breda e quindi
costrinsero Luigi x1v a deporre le armi ed a restituire la Franca Contea; in cambio il sovrano
francese conservò numerose piazzeforti nei Paesi Bassi. Tali trattati ebbero anche clausole
relative ai possedimenti coloniali: la Francia cedette Antigua, Montserrat e Saint Kitts
ottenendo la restituzione dell’Acadia, occupata dagli Inglesi. L’Olanda conservò i
possedimenti del Suriname e di parte della Guyana, mentre l’altra parte venne consegnata
alla Francia, che però rinunciò ad ogni pretesa su Nuova Amsterdam a favore degli Inglesi.
4. Decadenza della Spagna
Il tentativo del conte Olivares era stato l’ultimo serio progetto per salvare la Spagna
dalla decadenza. La nazione stava pagando le conseguenze di un’economia che si era
abituata a vivere dello sfruttamento argentifero americano. Dai primi anni del Seicento il
fiume d’argento che proveniva dal Sudamerica aveva mostrato i segni dell’esaurimento. La
Guerra dei trent’anni, le rivolte interne e l’amputazione del Portogallo (indipendente dal
1688) resero ancora più stridente il contrasto tra i privilegiati ed i poveri, la debolezza
sempre crescente della borghesia cittadina, il rafforzamento dei gruppi sociali che vivevano
esclusivamente di rendita. La nobiltà era fortemente stratificata e controllava una grossa
fetta delle terra immobilizzata da leggi feudali. Al di sotto c’erano i caballeros (la nobiltà
media) ed infine gli hidalgos, orgogliosa plebe nobiliare attanagliata dalla povertà, ma tutti
avevano l’ossessione di rendersi nobili. Particolarmente potenti erano gli ordini militari e
religiosi ed anche la proprietà ecclesiastica aveva struttura latifondistica. In complesso la
piccola proprietà contadina era piuttosto ridotta, mentre esistevano eserciti di braceros, che
lavoravano nelle proprietà altrui.
Esauritosi l’argento americano, impoveritasi la Castiglia, Filippo 1v era ricorso
sempre più a prestiti iugulatori. A questo si aggiunse la dipendenza quasi totale dello Stato
spagnolo dal commercio olandese e soprattutto inglese. L’economia spagnola si era
trasformata in un tipo del tutto subalterno a quelle dei più intraprendenti paesi europei. La
morte di Filippo 1v (1665) aprì un conflitto con la Francia e si risolse con la perdita di una
parte dei Paesi Bassi spagnoli.
Il re di Spagna, Carlo 11, aveva soltanto quattro anni quando morì il padre Filippo 1v:
si rese necessario un periodo di Reggenza. Tale compito ricadde sulla madre Marianna
d’Austria, che però non era dotata di grandi capacità politiche e così, a suo sostegno, venne
nominata una Junta de Gubierno, strumento tuttavia inefficace e di effimera durata. In
questo clima d’instabilità salì alla ribalta Juan José d’Austria, figlio illegittimo di Filippo
1v. Egli pretese le dimissioni di padre Nithard, gesuita austriaco confessore della Reggente,
vero padrone del regno. Juan José si decise poi a prendere accordi con Marianna d’Austria.
Quando Nithard abbandonò Madrid, il colpo di mano di Juan José ebbe successo ed accettò
l’incarico di viceré d’Aragona.
La Reggente continuò tuttavia a governare con l’aiuto di un nuovo favorito:
l’andaluso Fernando de Valenzuela, ma nel 1676 un gruppo di grandi Spagna chiese a gran
[21]
voce la sua destituzione e confidò il potere supremo a Juan José d’Austria, che però sarebbe
morto improvvisamente nel 1679.
Nel frattempo, nel 1675, Carlo 11 era diventato maggiorenne. Tuttavia nemmeno lui
riuscì a risollevare le sorti della Spagna, che nel 1680-1685 dovette pure confrontarsi con una
delle crisi più dure mai provate dalla Castiglia.
A questo punto fu nominato primo ministro Manuel Álvarez de Toledo, conte di
Oropesa, uomo energico e di valore che avrebbe tentato di attuare alcune concrete riforme.
Egli cercò di ridurre l’eccessivo carico fiscale e di ridimensionare drasticamente le spese di
corte. Il suo operato si scontrò con i privilegî di diversi gruppi di interesse, che lo fecero
così destituire nel 1691.
Nell’ultimo decennio del Seicento, il problema della successione cominciò a
diventare acuto, dato che Carlo 11 non aveva avuto figli. L’esangue sovrano, che trascinò la
propria esistenza malaticcia per oltre trent’anni, divenne simbolo vivente dell’ormai
inarrestabile crisi spagnola.
5. Una repubblica contro Luigi x1v: l’Olanda
La repubblica olandese era uscita dalla Guerra dei trent’anni come il primo paese
commerciale d’Europa. Nel periodo d’oro della repubblica (1648-1681), dal punto di vista
statuale, l’Olanda era l’antitesi della Francia. Non solo mancava di un potere centrale, ma
la stessa amministrazione locale, notevolmente indipendente, era affidata a cittadini che
per quei compiti sottraevano una parte del tempo alle loro attività professionali. Il
patriziato cittadino aveva così trionfato ed era riuscito a liberarsi della pericolosa ipoteca
della famiglia Orange: era stato il trionfo del commercio olandese.
Federico Enrico di Nassau, essendo stato eletto stadthouder di cinque province, per
un certo periodo aveva governato i Paesi Ba