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Ovviamente secondo il commissario Pucci tutta questa confusione non rispettava minimamente quelle che dovevano

essere le buone norme igienico-sanitarie.

Inoltre all’interno delle degli ambienti non vi erano sistemi per riscaldare la biancheria dei neonati e né tanto meno vi

era acqua calda, quindi anche durante le fredde giornate invernali i bambini indossavano biancheria fredda, venivano

lavati con acqua gelida e bevevano latte non riscaldato, aumentando così il rischio di contrarre malattie gastrointestinali.

Per riscaldare le sale c’erano stufe di terracotta che non solo non riscaldavano in maniera uniforme l’ambiente, ma si

spegnevano improvvisamente, determinando un brusco calo della temperatura, compromettendo così la salute dei

bambini.

Oltre alle precarie condizioni igienico - ambientali si associano i problemi legati al baliatico interno. Vi era forte

sproporzione fra il numero insufficiente delle balie interne e i bambini loro affidati. Si pensi che in una nota dello staff

sanitario diretta al sovraintendente Giuseppe Lazzaro (3 agosto 1889) nel secondo semestre del 1888 ogni balia interna

della Santa Casa allattava in media 2,9 neonati e nel semestre successivo il rapporto sale a 3,5 bambini.

In più la mancanza di personale interno destinato ai servizi di pulizia, di assistenza e vigilanza, aggravava ancora di più

il compito delle nutrici, le quali dovevano pulire i locali, lavare e asciugare la biancheria, trasportare la legna delle stufe,

rimuovere i cadaveri e in più la notte allattare i bambini, sfasciarli, pulirli e rifasciarli.

Da qui si può facilmente capire che il latte somministrato ai bambini non fosse dei migliori; in più queste donne per la

maggior parte avevano alle spalle un passato particolare e di conseguenza non erano così tanto “amorevoli” nei

confronti dei fanciulli.

In più molte di loro non erano di certo motivate dal basso stipendio percepito: 16 lire per le balie che prestavano

servizio nella sezione dei sani e 18 lire per chi stava in infermeria. Al contrario invece degli stipendi offerti dalle

famiglie napoletane, le quali offrivano anche il vantaggio di allattare un solo bambino ed evitare il rischio di contrarre

malattie contagiose come la sifilide.

Per sopperire al numero insufficiente delle balie si faceva ricorso all’allattamento artificiale; infatti secondo Pucci la

Santa Casa spendeva ingenti somme di denaro per l’acquisto di latte di mucca, di capra ma grande quantità di esso

veniva venduto o dalle balie che per supplire alla furtiva sottrazione annacquavano il rimanente.

In più l’assenza di sistemi di sterilizzazione del latte e del biberon era causa, soprattutto durante i mesi più caldi

dell’anno, dell’insorgere di malattie gastroenteriche.

Tuttavia quando Pucci ricoprì l’incarico di commissario straordinario del pio luogo, le cose migliorarono anche se,

come lui stesso disse, per via dell’insufficienza dei mezzi economici non gli fu possibile fare tutto quello che sarebbe

stato necessario.

In primo luogo, per diminuire l’affollamento degli ambienti, fece trasferire i neonati in sale più ampie e per evitare la

promiscuità fra sani e malati fece acquistare duecento culle in ferro che contenevano un solo bambino. Istituì cinque

sale di isolamento per i bambini affetti da malattie infettive, munendole di servizi e di prese d’aria.

Fornì ogni sala d’infermeria e del baliatico di apparecchi per il riscaldamento dell’acqua; per migliorare il servizio di

lavanderia sostituì le vecchie caldaie con cinque lavatrici automatiche.

Inoltre per aiutare le balie nei lavori interni, dispose che a turno le alunne più forti e robuste svolgessero il servizio di

assistenza e di vigilanza. Fu sistemato il giardino affinché balie e bambini potessero andare a passeggiare. Impiantò un

sistema di sterilizzazione la cui direzione fu affidata al dott. Titomanlio.

Questi provvedimenti contribuirono in qualche modo a risollevare le sorti interne dell’ospizio e comunque a far

diminuire il tasso di mortalità interna.

14.1 Il baliatico esterno e la tutela degli esposti

Molto complessa era la questione del baliatico esterno. Lo Statuto organico del 1875 mirava al potenziamento e al

miglioramento del fenomeno, molto toccanti ad esempio le parole scritte da Matilde Serao nel Ventre di Napoli; ricche

di pathos e amore ma non sempre corrispondenti con la realtà.

Spesso le donne decidevano di allattare per svariate ragioni: devozione alla Madonna, per appagare un desiderio di

maternità mancata, colmare il vuoto creato dalla perdita di un figlio. Oppure semplicemente per mestiere, contribuendo

così la bilancio familiare.

L’art.65 del regolamento del 1883 fissava il periodo di lattazione a pagamento fino ai 18 mesi del bambino; il

compenso mensile era di 8 lire pagabili alla fine di ogni bimestre dai sindaci dei rispettivi comuni, previa presentazione

di un certificato di esistenza in vita degli esposti. Non era prevista alcuna retribuzione per quelle balie che terminato il

periodo dell’allattamento decidevano di tenere l’esposto per se. 26

In data 27 novembre 1896, in una nota del soprintendente Giuseppe Lazzaro, si rendeva noto che nell’agosto del 1892 il

governo dell’Annunziata aveva deliberato l’elargizione di un premio straordinario di 10 lire a ogni balia esterna che

avesse fatto richiesta di allattare un esposto.

Tuttavia accanto alla necessità di aumentare la retribuzione delle balie esterne vi era anche la questione inerente alla

sorveglianza e tutela dei bambini dati a baliatico esterno.

Infatti secondo Pucci, la Santa Casa, una volta affidato il bambino a balia esterna non si preoccupava più della sua sorte

per tutta la durata dei 18 mesi di lattazione e lo stesso facevano i cosiddetti <<delegati di lattazione>>, anche perché

dall’amministrazione.

non erano opportunamente sollecitati

Così egli fece condurre da alcuni funzionari un’ispezione su tutti i trovatelli minorenni collocati presso famiglie

residenti fuori della città di Napoli e i dati furono allarmanti: 965 esposti morti, 172 espatriati, 226 trasferiti in altri

comuni e 102 non ritrovati.

Caso Carlo Salvi (pg.273-274).

La Santa Casa fu chiamata a rispondere alla Commissione delegata dalla Giunta Provinciale Amministrativa nel

novembre 1896 per indagare sui “fatti dell’Annunziata” e la commissione rilevò l’assenza di notizie riguardanti gli

esposti dati a balia esterna sui registri dell’opera; vi erano solo notizie trasmesse spontaneamente in caso di morte dagli

ufficiali di stato civile.

L’Annunziata rispose sostenendo che la sorveglianza generale dei trovatelli era affidata ai sindaci e ai delegati di

lattazione. Alla loro opera si aggiungevano inoltre le visite semestrali del Medico Capo e dall’Ufficiale degli esposti in

tutti i comuni vi erano bambini a balia.

In conclusione, nell’adunanza del 21 novembre 1899, si deliberò che la Provincia e i Comuni avrebbero versato anno

per anno alla santa Casa non più una somma fissa ma l’intero importo che risultava necessario dai rendiconti, per il

esterno per i primi tre anni di vita dell’esposto in

mantenimento degli esposti. In più si stabilì di retribuire il baliatico

questo modo: 10 lire nel primo, 8 lire nel secondo e 6 lire nel terzo.

I provvedimenti servirono, infatti secondo quanto scritto dal soprintendente della santa Casa, Principe di Cellammare, la

media dei bambini rimasti in ospizio da 250 è discesa a poco più di 100 e la percentuale di mortalità è molto diminuita.

Luigi Somma, un medico all’Annunziata di Napoli a fine Ottocento

Cap. 7

1. Introduzione

Nel 1874, in occasione dell’inaugurazione della Clinica di malattie dei bambini presso la Santa Casa, il dottor Luigi

Somma assunse l’incarico di svolgere la sua professione presso i loro uffici.

La sua attività terminerà nel 1884 quando morì per il colera.

Nel 1871 egli pubblicò un trattato d’igiene dal Trattato d’igiene per gli ospizi degli esposti;

titolo si trattava del frutto di

un “viaggio scientifico” da lui condotto nei principali brefotrofi italiani durante l’autunno del 1869.

Il trattato è organizzato in sette capitoli, ciascuno dei quali affronta una questione specifica, ad esempio la salubrità

dell’aria che si respirava nei brefotrofi, il vestiario più adatto, le norme di pulizia; permette inoltre di capire meglio la

vita interna del brefotrofio.

<<Dell’atmosfera nei Brefotrofi>>

2. l’aria all’interno dei brefotrofi era “mefitica”, ovvero malsana e causa di gravi malattie; per questa

Secondo Somma

ragione a suo avviso era opportuno arieggiare le stanze con ventilatori e che l’edificio fosse circondato da alberi e

giardini.

All’interno delle stanze doveva esserci una temperatura ottimale; di fatto in inverno molti bambini, neonati soprattutto

si ammalavano facilmente di angine, laringiti, catarri bronchiali e polmoniti. La causa era da ricercarsi nello sbalzo di

alla nascita, poiché passavano dall’utero materno dove la temperatura è di circa

temperatura che i bambini avvertivano

37 gradi a quella esterna, compresa tra i 5 e 10 gradi.

Una buona illuminazione era da considerarsi elemento importante per la salute del neonato, la mancanza di essa poteva

causare lo scorbuto, la scrofola, la tisi, per questa ragione le stanze dovevano essere ben illuminate.

Inoltre egli sperava che tutti i brefotrofi, soprattutto quello di Napoli, avessero una casa in campagna, come quella di

bambini malati o convalescenti, in quanto l’aria pulita della campagna li avrebbe dato

Milano, dove poter mandare i

sicuramente giovamento.

<<Dell’alimentazione dei bambini nei Brefotrofi>>

3.

Una delle cause dell’elevata mortalità all’interno degli ospizi era sicuramente data dalla scarsa alimentazioni.

All’epoca del suo scritto, nei brefotrofi si utilizzavano quattro tipi di alimentazione: 27

il latte veniva somministrato direttamente dalle nutrici presenti all’interno del

1) allattamento naturale,

brefotrofio;

2) allattamento artificiale, il latte derivava da animali (vacca, capra, asina) e veniva somministrato per mezzo di

piccoli recipienti (biberon) o cucchiaino;

3) allattamento misto, sia latte muliebre sia latte animale; dell’animale.

4) allattamento animale, il bambino beveva direttamente dalle mammelle

Si pensò di trovare delle alternative al latte animale e vennero usati zuppe di pane o di altre farine, pane cotto nel brodo

di carne ma questi alimenti si rivelarono poco adatti all’alimentazione dei neonati.

Nel 1865, il dottor Liebig ideò la <<zuppa di malto>>, una pappa ottenuta stemperando in acqua e latte una miscela di

farina di frume

Dettagli
A.A. 2012-2013
36 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher m4vi-votailprof di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Da Molin Giovanna.