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Nella seconda metà del secolo il problema venne affrontato con maggiore
interesse e attenzione, non solo da parte di medici e filantropi, ma anche
studiosi di economia e di uomini politici. Anche in Basilicata, nel corso del XIX
secolo, il fenomeno dell’abbandono toccò toni drammatici. A fine Ottocento, in
Italia, la questione degli esposti continuava a rivestire un ruolo prioritario tra le
problematiche politiche e amministrative alle quali doveva far fronte il governo.
La situazione della Basilicata era drammatica: accanto al fenomeno massiccio
dell’abbandono dei bambini, numerosi erano i casi di infanticidio e di procurato
aborto. Pur in assenza di brefotrofio, in Basilicata esisteva ancora un numero
considerevole di ruote per gli esposti. Il mantenimento degli esposti durava fino
al compimento dell’ottavo anno d’età per i maschi, del decimo per le femmine.
Un lungo e paziente scavo archivistico ha permesso di ricostruire il fenomeno
dell’abbandono a Matera nell’Ottocento attraverso lo studio di registri di
nascita e degli Atti diversi dello Stato civile. I registri di nascita contengono,
oltre agli atti relativi ai figli legittimi e agli illegittimi, gli atti relativi ai bambini
abbandonati in luoghi pubblici e nelle ruote dei proietti. Questi atti possono
trovarsi nel registro di nascita generale oppure negli atti diversi e negli allegati.
Accanto all’atto di nascita è registrata la dichiarazione del parroco che ha
amministrato il battesimo. I registri si arricchiscono di ulteriori indicazioni sul
destino del bambino abbandonato a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento.
Infatti accanto alle informazioni sull’esposto e sul ritrovamento, nonché sul
battesimo, compaiono notizie sull’affidamento a balia.
La decisione di abbandonare nella ruota dei proietti un figlio indesiderato, non
voluto risentiva molto spesso di condizionamenti esogeni, estranei alla
famiglia, come carestie, epidemie, guerre, terremoti. La stretta correlazione fra
l’aumento dei bambini abbandonati e la cronologia e geografia sanitaria della
Basilicata dell’Ottocento è confermata negli anni del colera. Le cause che
condizionavano spesso la decisione di abbandonare un figlio non furono solo
legate alla tutela dell’onore, alla vergogna, alle condizioni di miseria in cui
versava la gran parte della popolazione materna in età moderna.
All’impossibilità di arginare le epidemie e di combattere le malattie infettive ce
falcidavano indistintamente le classi sociali, ma furono anche legate, in alcuni
casi, a un fenomeno sociale che, per la Basilicata in particolare, rivestì un ruolo
preponderante a partire dalla seconda metà dell’Ottocento; l’emigrazione.
Un aspetto di particolare interesse è dato dal calcolo del rapporto di
mascolinità degli esposti. L’abbandono, nei secoli passati, era una scelta
calcolata, una forma di auto pianificazione messa in atto dalla famiglia. Almeno
per i primi secoli dell’età moderna, l’abbandono era una prerogativa femminile:
si abbandonavano più frequentemente le bambine rispetto ai maschi. Un
maschio, sin da piccolo, poteva essere impiegato come garzone di bottega o
servo in agricoltura, rappresentando quindi per la famiglia una fonte di reddito.
La donna, invece, fin dalla nascita costituiva per le famiglie un peso da
mantenere sino al matrimonio, un matrimonio spesso condizionato dalla dote di
cui la fanciulla poteva disporre. A Matera viene evidenziata una leggera
propensione all’abbandono dei maschi rispetto alle femmine. Chi voleva
abbandonare un figlio indesiderato lo faceva al più presto per sgravarsi subito
di un triste e scomodo fardello. L’indicazione dell’età del bambino al momento
del ritrovamento nella ruota dei projetti era indicata quasi sistematicamente
sigli atti di nascita a partire dal 1818. Altre volte l’età del bambino
abbandonato era indicata con estrema precisione in quanto desunta da un
cartula, un bigliettino di carta che accompagnava il piccolo, inserito tra le
fasce, sul quale colui che esponeva, o chi per lui, annotava alcune indicazioni
come l’età, a volte il nome e cognome, altre volte vi si leggevano accurate
suppliche perché ci si prendesse cura del piccolo. I bambini erano abbandonati
in massima parte nel primo giorno di vita; non mancavano i casi di bambini
abbandonati già grandi, di alcuni mesi o maggiori di un anno di età.
Fattori contingenti economici e sociali potevano portare l’andamento stagionale
delle esposizioni a differenziarsi in varia misura da quello delle nascite in totale.
La forte concentrazione degli abbandoni nel periodo tardo-invernale e
primaverile può trovare una spiegazione nel fatto che erano questi i mesi di
maggiore difficoltà per gli approvvigionamenti alimentari. Le scorte granarie
andavano esaurendosi ed era ancora incerto l’esito del raccolto. L’aumento
degli abbandoni in questo periodo dell’anno può anche essere correlato ala
trasgressione, all’onore violato. Il coinvolgimento delle donne nei lavori di
campo soprattutto nei mesi estivi, quando diveniva più alta la richiesta di
manodopera (si dormiva tutti insieme) teatro di non inusuali abusi sessuali si
traducevano dopo nove mesi di gravidanza nella nascita di un figlio illegittimo,
indesiderato, uno scomodo fardello di cui disfarsi.
Il luogo preposto per l’abbandono era la ruota. In alcuni casi, il piccolo veniva
lasciato dinanzi alle chiese, ai conventi o davanti alla porta di casa del
sagrestano- Tale scelta non era casuale bensì motivata dal fatto che, essendo
luoghi piuttosto frequentati in ritrovamento del bambino avveniva presto e
immediate potevano essere le prima cure necessarie al piccolo. Altre volte si
preferiva abbandonare il bambino presso le case di alcuni signori della città,
persone facoltose, nella speranza che fossero accolti e avessero un futuro
meno incerto. Quando il luogo scelto per l’abbandono era la strada, i trovatelli
avevano scarse possibilità di sopravvivenza: la mancanza di cibo, la presenza
di animali randagi, i rigori del freddo nella stagione invernale, il troppo caldo
nel periodo estivo costituivano una condanna a morte quasi certa per i poveri
sfortunati, Solo il casuale passaggio di qualcuno poteva tradursi per il piccolo
nella possibilità di sopravvivere. Il principale complice dell’abbandono era il
buio della notte, nelle cui tenebre era più facile sfuggire a occhi indiscreti per
non essere identificati, riconosciuti. Le ore della notte raccoglievano, infatti, la
percentuale più alta di ritrovamenti.
Accadeva spesso che i neonati, al momento dell’abbandono, fossero muniti di
un segno: un pezzo di osso, la figurina di un santino, del sale, la metà di una
medaglia, di una moneta, di una carta da gioco. Segni destinati a consentire
l’identificazione del piccolo nel caso di una futura richiesta di restituzione da
parte dei genitori che ne trattenevano la metà. Non sempre i bambini
abbandonati erano accompagnati da biglietti di raccomandazione o da oggetti
di riconoscimento. In alcuni casi non avevano nulla, erano lasciato
completamente ignudi; altre volte solo pochi capi di corredo, quasi a sancire la
volontà di abbandono definitiva, senza possibilità di ripensamento. A Matera
erano pochi i bambini muniti di un segno di riconoscimento al momento
dell’abbandono. Alcuni neonati recavano la cartula inserita tra le fasce, altri la
portavano legata al collo. Alcune volte i bambini erano accompagnati da
immagini di santi, spesso racchiuse in piccoli sacchetti di stoffa. In rarissimi
casi il piccolo abbandonato aveva con sé un oggetto prezioso ricco di
simbolismo.
Un’altra forma di comunicazione involontaria da parte dei latori dei trovatelli è
rappresentata dalla presenza o meno di indumenti che ricoprivano il piccolo al
momento dell’abbandono, nonché dalla tipologia del materiale, dal colore. A
partire dal 1818, in ogni atto di nascita viene sempre indicato se il bambino al
momento dell’abbandono era nudo o se presentava qualche indumento. I
neonati abbandonati nelle prime ore di vita o a pochi giorni dalla nascita erano
avvolti nelle fase, costituite da panni di vario tipo. Nei rari casi di bambini
abbandonati più grandi si registra la presenza di vestiti. In alcuni casi il
corredino degli esposti costituito da indumenti ricercati e confezionati con
tessuti pregiati è un elemento distintivo dell’appartenenza del bambino alle
classi sociali più elevate della societa di Matera nell’Ottocento.
III - Le origini ritrovate: legittimi ed esposti riconosciuti a Matera nell’Ottocento
Nel momento dell’abbandono, del distacco dalla madre naturale, in alcuni casi
gli esposti erano accompagnati da messaggi scritti e oggetti simbolici,
contrassegni per un affidamento alla carità pubblica e all’assistenza statale
immaginato come temporaneo.
Nella realtà, l’abbandono e l’affidamento a balia divenivano definitivi. Il destino
più diffuso era una morte assai precoce. Quei pochi fortunati sopravvivevano,
andavano a popolare le strutture pubbliche dei trovatelli messe in piedi dal
riformismo illuminato e dalla politica statale ottocentesca. Le femmine erano
addestrate ai lavori donneschi, i maschi agli esercizi militari e ai lavori virili più
umili. Per un numero ancora più limitati di figli illegittimi poteva aprirsi uno
spiraglio di felicità: conoscere le proprie origini, riabbracciare le propria madre,
ritrovare la propria famiglia attraverso il riconoscimento. Era questa una
speranza remota. Nella realtà, infatti, la proporzione dei trovatelli restituiti ai
propri genitori era dovunque bassa. Lo spoglio degli atti di nascita e degli atti
diversi dello Stato Civile di Matera ha permesso di disegnare il trend
dell’abbandono nel corso XIX secolo, di evidenziare le caratteristiche sociali e
demografiche dei piccoli abbandonati. Sono risultati piuttosto aridi di
informazioni sulle reali cause dell’abbandono. Le informazioni presenti su chi
riconosceva il figlio, padre, madre o entrambi i genitori, l’età, la professione, il
domicilio, il grado di alfabetizzazione, permettono di allargare le nostre
conoscenze sui motivi dell’abbandono.
Ogni atto di riconoscimento registra, subito dopo l’annotazione della data, il
nome e cognome di chi riconosce il figlio, l’età, la professione e il domicilio, le
generalità del coniuge o di chi risulta essere il padre o la madre naturale del
piccolo, il nome e cognome del bambino riconosciuto, la data di nascita le
generalità dei testimoni. Il grado di alfabetizzazione è deducibile dalla presenza
o meno della firma in calce al documento. Un altro