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FRANCIA DI LUIGI XIV

Luigi XIV: L’Inghilterra conosce, alla metà del ‘600, una grave crisi politica, facente sì che per più di dieci anni il Paese venga governato da un

regime repubblicano e non monarchico, che venga poi restaurata la monarchia, ma la crisi politica ha come esito un indebolimento del potere

monarchico, non un rafforzamento. L’Inghilterra ha imboccato la via di una monarchia dove il potere del sovrano è limitato, esattamente il

contrario è quello che accade in Francia. Luigi XIV, salito al trono minorenne nel 1643 affiancato dalla madre e da Mazzarino, prende il potere

nel 1661, anno di morte di Mazzarino, quando Luigi XIV ha 23 anni. Egli decide di non nominare un altro Primo Ministro, perché la strategia

politica sta mutando: non sembra più opportuno avere un alter ego del sovrano che gestisca la politica di corte, ma Luigi XIV adotta la strategia

di nominare molti altri ministri senza un preferito. Non si nomina un Primo Ministro ma, per difendere il ruolo della corona, Luigi XIV tende a

esaltare la sacralità della propria persona: egli si fa rappresentare molto spesso come il Dio Apollo, assumendo la dignità di una figura

mitologica, perché deve separare nettamente la figura del sovrano come essenza dello Stato (non solo come rappresentante) dal resto del

Paese, anche all’interno della corte, per cui tutta la vita del re diventa oggetto di devozione, desiderio di avvicinamento. Questa

sacralizzazione, avvicinata al culto della personalità, è una tecnica politica per sostanziare il motto che gli viene attribuito e che è rimasto

celebre L'état, c'est moi (“Lo Stato sono io”).

Testamento di Richelieu: Nella seconda metà del ‘600, quella di Luigi XIV rappresenta l’applicazione più vicina al modello di monarchia

assoluta, il caso più tipico di monarchia assoluta in Europa, e lo fa riprendendo le linee politiche che aveva dettato Richelieu e che erano state

conservate nel suo Testamento politico (scritto negli anni ’40), in cui veniva sostenuto che il compito del suo successore politico Mazzarino

(portato a compimento dal Luigi XIV) era quello di eliminare le resistenze ugonotte dall’interno della Francia per compattare il Paese, limitare il

potere dei grandi nobili di Francia, perché erano quelli che minacciavano lo Stato e far valere il ruolo della Francia all’estero. Queste linee

politiche dettate da Richelieu vengono portate a compimento da Luigi XIV e dai suoi ministri.

Editto di Fontainebleau (1675): Nel corso del regno di Luigi XIV la politica religiosa prende due strade principali: una nei confronti degli

Ugonotti, che erano stati tollerati in Francia anche dopo la caduta di Rochelle nel 1628, cominciano a subire a partire dagli anni ’60 una serie di

prepotenze e di angherie da parte del sovrano; ad esempio, vengono emanate la Dragonate: quando l’esercito francese si sposta sul territorio,

magari per avvicinarsi alla frontiera, esso poteva acquartierarsi (essere accolto, andare a mangiare e a dormire a casa di qualcuno)

preferibilmente a casa degli Ugonotti. Lo scopo era duplice: da una parte gli si mettevano i militari in casa, dall’altra si facevano gravare solo su

quella parte della popolazione le spese. Un’altra legge emanata prevedeva che i primogeniti maschi delle famiglie ugonotte venissero cresciuti

in collegi cattolici. Si tratta di una lunga serie di vessazioni che inducono gli Ugonotti a lasciare la Francia, anche se non gli viene vietato il culto,

perché la vita era resa eccessivamente difficile: a partire dagli anni ’60 poi progressivamente crescendo gli Ugonotti lasciano la Francia e

riparano nei Paesi Bassi. Cosicché, nel 1675, Luigi XIV emana l’Editto di Fontainebleau, il quale dichiarava che non c’erano più Ugonotti in

Francia e abrogava l’Editto di Nantes, che gli aveva finora concesso libertà di culto. Così si chiude la vicenda della tolleranza religiosa in Francia:

il Paese a fine ‘600 ha raggiunto l’uniformità religiosa, com’era nell’ideologia di rafforzamento della monarchia assoluta, che riteneva

favorevole all’unità dello Stato l’unità religiosa e confessionale dei sudditi.

Gallicanesimo: L’altro fronte che Luigi XIV intende affrontare nell’ambito della politica religiosa è quello dei rapporti con Roma. La Chiesa

francese, chiamata “gallicana”, godeva di alcune prerogative: in base ai concordati tra il Papa e il re di Francia che erano intercorsi nei secoli

precedenti, in particolar modo nel ‘500, la nomina dei vescovi doveva essere ratificata dal re, i benefici maggiori delle chiese di Francia (grandi

abbazie che possedevano molte terre) venivano assegnati dal re agli ecclesiastici. Un altro aspetto ancora era quello giurisdizionale: gli

ecclesiastici andavano giudicati solo dai tribunali ecclesiastici o talvolta anche dai tribunali del re? Queste materie erano state finora

regolamentate dai concordati. Sull’interpretazione degli stessi, tuttavia, permaneva un contenzioso permanente. Il gallicanesimo è quella

corrente di pensiero che sottolinea le autonomie della Chiesa gallicana rispetto all’autorità del pontefice. Nel corso del ‘600, Luigi XIV sostiene

le posizioni gallicane e cerca continuamente di limitare la sfera d’intervento del potere papale, pur essendo la Francia un paese cattolico e pur

poggiando il proprio potere sul cattolicesimo, nelle faccende interne francesi. I papi tentano continuamente di intervenire sulle scelte interne

delle Chiese nazionali, e in particolar modo su quelle di Francia; uno dei grandi argomenti del contendere nasce dal fatto che tutte le

disposizioni papali, i motu propri, diventavano operativi sia in Francia che in altri Paesi europei solo con l’approvazione del re. Quali fossero i

decreti che necessitassero dell’approvazione del re perché non erano prettamente religiosi e quali quelli che potevano essere applicati dal

clero in automatico, perché riguardavano solo la dottrina interna della Chiesa, era un continuo motivo di contendere.

Giansenismo: Questo crea un contenzioso perenne con Roma, in base al quale Luigi XIV adotta una politica differenziata nei confronti di

un’altra corrente religiosa, cioè il giansenismo. Corrente religiosa cattolica, il giansenismo si professava seguace di Giansenio, un teologo di

inizio ‘600, ma all’interno della ortodossia ecclesiastica sottolineava il valore della grazia divina nella salvezza dell’uomo, dell’anima. Il

giansenismo in Francia si trova, nella seconda metà del ‘600, in mezzo a due posizioni: talvolta Luigi XIV appoggia e difende i giansenisti dalle

accuse che gli piovono addosso da Roma, cioè dall’accusa di eresia, in quanto sudditi del re di Francia, talvolta se, per motivi di politica estera,

è più interessato all’alleanza con Roma sacrifica sull’altare degli accordi con Roma la loro autonomia, quindi sfrutta le diatribe interne al

cattolicesimo del ‘600 a titoli politici e le bilancia nel modo che gli torna più utile per garantire l’autonomia della Chiesa gallicana e il controllo

del sovrano su di essa.

Controllo della nobiltà: Seguendo le orme di Richelieu, Luigi XIV riteneva che la vera minaccia per l’autorevolezza del sovrano erano i

grandi nobili, i colpevoli delle Guerre di Religione e della Fronda principesca del ‘600, perciò vanno posti sotto controllo: non eliminati, perché

la monarchia ha bisogno di una struttura sociale gerarchia, di mettere il re al vertice di una piramide, ma deve controllare la nobiltà e metterla

al servizio dello Stato. In parte lo fa coinvolgendo il poteri dei nobili, ma lo strumento più efficace che egli trova è la creazione della Reggia di

Versailles: a partire dagli anni ’60 fa bonificare una palude vicina a Parigi e comincia a farci edificare una reggia, dove convergono artisti e

artigiani per conferirle sfarzo e bellezza. Una delle prime funzioni della reggia è quella di tenere il re fuori Parigi, che è pericolosa e può

continuamente insorgere, in un posto ben difendibile posto fuori dalla città, secondo un principio di isolamento del potere e del suo simbolo.

Fa convergere la nobiltà su Versailles, o quantomeno quella interessata a stare vicino al re per contare qualcosa; tuttavia, stare a Versailles

comporta delle spese enormi (abbigliamento, feste, banchetti, carrozze, valletti, giochi di corte, ricevimenti) e per mantenere questo stile di

vita i nobili devono spendere le pensioni e i benefici concessigli dal sovrano. Sui feudi assegnati ai nobili residenti a Versailles essi non

potevano amministrare direttamente il proprio potere, ma erano costretti a spendere buona parte delle rendite da essi ricavate per stare a

corte vicino al re, di cui divenivano dipendenti in quanto le loro risorse personali, nella maggior parte dei casi, non bastavano per stare a corte.

I nobili non perdono direttamente potere, ma lo esercitano in una forma diversa: il potere della nobiltà è tutto articolato sulla vita di corte e

sui rapporti interni ad essa, in cui possono fare carriera ed ottenere terre, ma tutto si svolgeva tra Parigi e Versailles. Buona parte del Paese

viene così lasciato all’amministrazione degli intendenti, tutte quelle figure di funzionari pubblici e di burocrati che lo Stato nomina.

Amministrazione del territorio: Le provincie (Pays) e i distretti francesi erano tenuti a contribuire alle finanze pubbliche. Nella maggior

parte dei territori francesi esistevano degli Stati provinciali che, tra le loro funzioni, quella più importante consisteva nel dividere il carico

fiscale tra la popolazione, cioè sono le Assemblee cetuali della singola regione che decidono quanta parte dei denari che si devono allo Stato li

paga la città, quanta il contado, quanta i mercanti, etc. Altre regioni non avevano gli Stati provinciali e queste funzioni venivano esercitate da

un delegato del re, scelto dal re per svolgere la sua funzione in una determinata area geografica. Siccome la Francia, come altri Stati di età

moderna, è retta dagli accordi fra il re e le singole provincie, nel corso del ‘600 Luigi XIV riesce a ricontrattare questi rapporti e a fare

aumentare le regioni in cui l’esercizio del potere amministrativo (e in particolar modo la ripartizione fiscale) è affidato a un delegato regio e

non ha degli Stati provinciali. Come si erano esautorati gli Stati generali a Parigi, si esautorano progressivamente anche gli Stati provinciali nel

resto della Francia, depotenziando così i poteri intermedi.

RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

Nascita delle note: L’esigenza di mettere le note nei libri nasce, sul finire del ‘600, perché si struttura, si creano delle convenzioni sul

lavoro scientifico e perché esso, anche quando riguarda le discipline umanistiche, viene inteso come tale se consente la verificabilità del

percorso che è stato compiuto. La nota ha un duplice valore: da un lato riconosce all’au

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher pexolo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Lupi Regina.