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Estratto del documento

Fuori da Versailles si estendeva il Paese con venti milioni di francesi da cui Re Sole traeva gli

effettivi delle proprie armate così come il denaro che ne sorregge lo splendore e la potenza.

Le tecniche agricole non erano cambiate dai secoli del basso Medioevo. Il concime scarseggiava a

causa del rapporto sfavorevole tra agricoltura e allevamento e la scarsa produttività dell’agricoltura

era legata alla struttura della proprietà. Accanto agli estesi possessi del clero, dei nobili e dei

borghesi di città vi era una diffusa proprietà contadina. Il contadino tipo dedicava le sue cure al

proprio fazzoletto di terra, allevava qualche animale da cortile ma per campare aveva bisogno di

prendere altra terra in affitto o a mezzadria, di lavorare a giornata e di integrare il lavoro agricolo. Il

feudatario del luogo esigeva un censo annuo su tutte le terre sotto sua giurisdizione e localmente

anche una quota parte del raccolto, prestazioni di lavoro gratuite, tasse di successione, percentuali

sulla compravendita di poderi; esercitava inoltre il monopolio delle principali attività di

trasformazione dei prodotti del suolo e deteneva diritti esclusivi di caccia e pesca. Si aggiungevano

le decime riscosse dal clero. Veniva poi il prelievo statale sotto forma di imposte dirette o indirette.

La grande maggioranza degli abitanti delle campagne viveva ai limiti della pura sussistenza, alla

mercè delle cattive annate e delle carestie, alcune delle quali assunsero proporzioni catastrofiche

come quelle del 1661-1662, del 1693-1694, del 1709-1710. Nulli erano per la massa della

popolazione i benefici dello sfarzo e della gloria da cui era circondato il Re Sole.

Colbert, assumendo il controllo delle finanze si propose due obbiettivi essenziali: rimediare al grave

dissesto nei conti pubblici e rilanciare la stagnante economia francese. Un’iniziativa del regno di

Luigi XIV fu la creazione di una Camera di giustizia straordinaria per indagare sugli illeciti

arricchimenti di finanzieri, appaltatori, ricevitori delle imposte. Fu possibile a forza di multe,

rastrellare varie decine di milioni di lire e diminuire il debito pubblico. L’incremento delle entrate e

la lotta contro gli sprechi e le malversazioni permisero di ridurre il peso della taglia e raggiungere

un pareggio fra entrate e uscite nel decennio 1662-1671, prima che le spese militari riportassero

nuovamente in rosso i bilanci. Nel programma, all’agricoltura era assegnato il compito subalterno di

produrre viveri a basso costo in modo da mantenere bassi i salari della manodopera e rendere

competitivi i manufatti. Perciò non si hanno sotto Colber provvedimenti a favore delle campagne.

Lo sforzo principale era concentrato sulle manifatture che lavoravano per l’esportazione e sul

commercio con l’estero, al fine di accrescere la massa di denaro circolante all’interno del Paese. La

strategia di Colbert prevedeva il controllo sulla qualità dei prodotti e il controllo della manodopera,

la concessione di sovvenzioni e privilegi agli imprenditori disposti a introdurre nuovi rami

d’industria e creazione di imprese con capitale pubblico, protezionismo doganale in modo da

scoraggiare le importazioni, costituzione di compagnie privilegiate per il commercio con le varie

aree del globo, sviluppo della marina mercantile e da guerra e potenziamento delle infrastrutture

atte ad agevolare la circolazione degli uomini e delle merci.

Il regno di Luigi XIV è caratterizzato dallo sforzo di dettare regole valide per tutti, di imporre

l’ordine non solo nei comportamenti ma anche nei gusti e nelle idee: a tale scopo servivano le

numerose Accademie Reali e i precetti e divieti riguardanti la stampa e l’insegnamento. A questa

tendenza non poteva sottrarsi la vita religiosa. Luigi XIV affrontò tre ordini di problemi: la

diffusione di taluni ambienti ecclesiastici e laici della capitale della corrente giansenista, i contrasti

con Roma e la questione ugonotta. I giansenisti ponevano l’accento sull’interiorità della fede,

seguivano sant’Agostino e sostenevano l’importanza fondamentale della grazia, un dono concesso

da Dio a pochi per la salvezza ultraterrena.

La condanna definitiva di tale movimento da parte della Santa Sede fu pronunciata nel 1711 con la

bolla Unigenitus; seguirono poi la dispersione dei porto realisti e la distruzione del convento. Il

giansenismo si era largamente diffuso trasformandosi in un movimento di opposizione al

centralismo papale e di rivendicazione della’autonomia e della dignità dell’ufficio di vescovi e

parroci. Il giansenismo potè godere di una tregua prolungata nella fase centrale del regno di Luigi

XIV anche perché esso si trovò schierato dalla parte della monarchia nel conflitto che oppose

quest’ultima alla curia di Roma a proposito della cosiddetta règale. Si trattava del diritto regio di

percepire le rendite dei seggi vescovili vacanti e di conferire i benefici ecclesiastici da essi

dipendenti fino alla presa di possesso del successore. Nel 1673 Luigi XIV estese questo diritto a

tutte le diocesi di nuovo acquisto, suscitando la dura reazione della Santa Sede. Inoltre nel 1682

approvò una dichiarazione in quattro articoli che oltre a ribadire i privilegi della Chiesa gallicana

affermava la superiorità del concilio sul pontefice e negava l’infallibilità di quest’ultimo. Nacque

una controversia con Roma che si concluse con il riconoscimento della règale.

Una questione ancora più grave era il permanere nel Paese di una forte minoranza protestante. I

calvinisti (ugonotti) erano un milione, e costituivano la maggioranza della popolazione. Fin dai

primi anni del regno le clausole dell’editto di Nantes che assicuravano la loro libertà di culto

cominciarono ad essere interpretate in modo più restrittivo, finchè nel 1685 venne emanato l’editto

di Fontainbleau, che annullava l’editto di Nantes e faceva obbligo a tutti i francesi di riconoscere e

praticare il culto cattolico.

Nel pensiero di Luigi XIV la coesione interna, la prosperità e il rafforzamento del Regno non erano

che la necessaria premessa per l’attuazione di un disegno egemonico che aveva i suoi strumenti

nella diplomazia e nella guerra. Ingenti somme furono spese dagli ambasciatori e dagli agenti del

Re Sole per assicurarsi l’alleanza dei principi tedeschi, degli Stati baltici e dello stesso re

d’Inghilterra Carlo II, per corrompere e ricattare ministri e diplomatici stranieri, per suscitare rivolte

nei Paesi nemici. Massicce furono le spese militari. L’esercito fu riorganizzato; i suoi effettivi

passarono gradualmente dai 65000 uomini del 1667 ai 280000 del 1678 e ai 400000 del 1705. Alle

vecchie forme di reclutamento si aggiunse dal 1688 un embrione di coscrizione obbligatoria, la

milizia, con compiti di difesa locale, basata sul sorteggio tra i celibi all’interno di ogni parrocchia. I

soldati di Luigi XIV potevano contare su servizi logistici di una certa efficienza. Grande sviluppo

ebbero i corpi dell’artiglieria e del genio, e le piazzeforti, soprattutto lungo i confini nordo-orientali.

La prima occasione per mettere alla prova la macchina bellica venne offerta dalla guerra di

devoluzione contro la Spagna basata sulla rivendicazione di parte dell’eredità spagnola da parte di

Luigi XIV in nome della moglie Maria Teresa, figlia di primo letto del defunto re di Spagna Filippo

IV. L’occupazione francese della parte meridionale dei Paesi Bassi preoccupò l’Olanda e

l’Inghilterra che esercitarono forti pressioni su Luigi XIV perché interrompesse la sua avanzata.

Con la pace di Aquisgrana furono riconosciuti al re di Francia i vantaggi territoriali fino allora

acquisiti nelle Fiandre. Ma il risentimento del Re Sole nei confronti dell’Olanda portò da lì a pochi

anni alla riapertura delle ostilità. Nel 1672 la Francia e l’Inghilterra dichiararono guerra alle

Province Unite. Gli Stati Generali allora opposero la decisione disperata di aprire le dighe che

riparavano dalle acque delle province di Utrcht e della Gheldria, trasformando così l’Olanda in

un’isola inaccessibile. Il ruolo guida assunto da Guglielmo III d’Orange, l’entrata in guerra di

Spagna e Impero contro la Francia, la decisione dell’Inghilterra di firmare una pace separata con

l’Olanda e la sconfitta dell’alleato svedese imposero infine a Luigi XIV la firma della pace di

Nimega. A farne le spese fu la Spagna, costretta a cedergli la Franca Contea oltre ad altri lembi

delle Fiandre.

Luigi XIV riprese subito la sua politica di espansione occupando Strasburgo e Casale nel

Monferrato. Nel 1683-1684 riaprì le ostilità contro la Spagna. Nel 1686 venne stipulata ad Augusta

una lega difensiva tra Spagna, Impero, Svezia e Olanda. Nell’autunno 1688 ci fu l’invasione

militare del Palatinato ordinata da Luigi XIV. Nel 1689, quando le ostilità ebbero inizio, alla Lega

d’Augusta aderirono anche l’Inghilterra, in seguito all’ascesa al trono di Guglielmo d’Orange e il

duca di Savoia Vittorio Amedeo II. Le prime fasi del conflitto videro le armi francesi all’offensiva;

in Irlanda esse appoggiarono lo sbarco effettuato dallo spodestato re d’Inghilterra Giacomo II Stuart

ma egli dovette lasciare l’isola dopo la sconfitta subita nella battaglia della Boybe del luglio 1690.

Sul mare la flotta francese venne distrutta da quella inglese nel 1692; anche nei Paesi Bassi gli

eserciti di Luigi XIV incontrarono un’accanita resistenza. Nel 1696 Luigi XIV stipulò una pace

separata col duca di Savoia, cui cedete la fortezza di Pinerolo. La pace generale ristabilì per il resto

la situazione antecedente il conflitto e annullò gran parte delle annessioni francesi degli anni

Ottanta.

Al malessere generato dalla miseria, dalla guerra, dalle tasse e dalle carestie fa riscontro un

incupirsi della vita di corte a Versailles, dove il vecchio re, morta nel 1683 la prima moglie Maria

Teresa d’Asburgo era caduto sotto l’influenza della bigotta madame Francoise d’Aubignè de

Maintenon, da lui sposata morganaticamente nel 1648, e di confessori gesuiti. L’opposizione sorda

contro l’assolutismo di Luigi XIV si manifestava in vari modi: nelle sommosse popolari spontanee,

provocate dalla miseria e dalla disperazione, nella contestazione, da parte degli operatori economici,

di una politica che sacrificava l’agricoltura al commercio e imprigionava ogni attività in una gabbia

di regolamenti e di divieti, nella rivendicazione di maggiori poteri da parte di esponenti dell’alta

aristocrazia come il duca di Saint Simon e l’arcivescono di Cambrai Fènelon.

Anche nella filosofia, nella religione, nella letteratura e nell’arte di affermavano nuovi indirizzi che

ponevano in discussione i principi sostenuti dalla corte.

Gli ultimi anni di Luigi XIV furono contristati da lutti familiari

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A.A. 2013-2014
4 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Valeder di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Sassari o del prof Sanna Piero.