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Estratto del documento

CAUSE ECONOMICHE)

e disoccupazione)

 impopolarità e debolezza del sovrano e della regina Maria Antonietta ( , il sovrano

CAUSE POLITICHE)

era privo di energia e intraprendenza politica mentre la regina, l’”austriaca”, era sentita dal popolo

come indifferente agli interessi della nazione

La rivoluzione scoppiata in Francia si estese in tutta Europa. Ai re non fu più riconosciuto un potere assoluto,

i privilegi del clero e dei nobili non vennero più accettati. Ecco perché il 1789 è indicato dagli storici come il

momento in cui termina l’età moderna (iniziata nel 1492) e si apre l’epoca che stiamo ancora vivendo: l’età

contemporanea.

Dagli Stati Generali all’Assemblea Costituente

Nella primavera 1789, il re chiese ai suoi sudditi di esprimere le loro esigenze nei cahiers de doléances per

fornire agli Stati Generali un materiale informativo sui problemi della nazione. Le richieste più frequenti

erano: abolizione dei diritti signorili, elaborazione di una costituzione, uguaglianza fiscale. Intanto la crisi

economica si faceva sempre più grave, la disoccupazione cresceva, il popolo delle campagne e delle città

diede vita a rivolte con saccheggio. Iniziava a profilarsi la situazione politica, da cui sarebbero scaturite ben

3 rivoluzioni parallele:

1) rivoluzione “parlamentare” dei rappresentanti del Terzo stato, quasi tutti borghesi di ceto medio-

alto, formati sulle idee dell’illuminismo: intendevano abolire lo Stato assoluto, limitando il potere

del sovrano con l’emanazione di una Costituzione e l’introduzione di un Parlamento

2) rivoluzione dei sanculotti delle città, iniziata a Parigi con le rivolte per la fame e soprattutto con

l’assalto alla Bastiglia del 14 luglio 1789: il popolo della città si unì con queste rivendicazioni a

quelle della borghesia

3) rivoluzione dei contadini, che si ribellarono nelle campagne in modo disordinato senza guida

politica, dando l’assalto al castello dei nobili

Gli Stati Generali vennero convocati da Luigi XVI il 5 maggio 1789. La prima questione da affrontare fu il

sistema di votazione delle delibere che sarebbero state assunte. Gli aristocratici volevano che si votasse “per

ordine” (avrebbe significato che la nobiltà e il clero uniti per la difesa dei privilegi avrebbero avuto la

maggioranza: due voti contro uno del Terzo stato), mentre il Terzo stato chiedeva che si votasse “per testa”,

perché avrebbero avuto la maggioranza. Il re, sordo a ogni istanza di un sia pur moderato rinnovamento,

alimentò ulteriormente l’agitazione con due scelte che ebbero effetti provocatori: organizzare le riunioni a

Versailles (proprio dove si svolgeva la sfarzosa vita della corte), la coreografia dell’assemblea, che sottolineò

le differenze tra gli ordini (il Terzo stato era obbligato ad indossare un modesto abito nero, mentre clero e

nobili con abiti suntuosi).

Di fronte al rifiuto di votare per testa, il Terzo stato si proclamò unico e vero rappresentante della nazione e

si definì Assemblea Nazionale. Luigi XVI reagì facendo chiudere la sala in cui si riunivano gli Stati

Generali, ma i rappresentanti del Terzo stato penetrarono nella sala destinata al gioco della pallacorda e

giurarono solennemente di non sciogliersi finché non fosse stata promulgata una costituzione (Giuramento

della pallacorda, 20 giugno). Il re riconobbe l’Assemblea e invitò rappresentanti del clero e della nobiltà a

parteciparvi. Il 9 luglio 1789 il nuovo organismo prese il nome di Assemblea Nazionale Costituente. La

Francia si avviava così verso il superamento dell’assolutismo. L’Assemblea era formata da diversi gruppi di

opinione presenti nel paese:

 aristocratici e monarchici sostenevano in gran parte l’antico regime

 democratici per lo più borghesi e repubblicani avversi alla monarchia

 costituzionalisti, che rappresentarono la maggioranza dell’Assemblea, sostenitori di un sistema

parlamentare e costituzionale ma non avversi alla monarchia

Nel luglio 1789 a Parigi l’atmosfera era rovente. Luigi XVI, influenzato dalla corte e dalla regina, fece

affluire a Versailles alcuni reparti militari. Si diffuse l’idea di un complotto aristocratico contro l’Assemblea

Nazionale e si temeva l’assalto delle truppe. Il 13 luglio l’Hotel de Ville (municipio) venne preso d’assalto

dai rivoltosi che chiedevano le armi. Il giorno dopo, il 14 luglio, il popolo assalì e distrusse la Bastiglia,

carcere politico e simbolo dell’antico regime. I soldati spararono sulla folla e restarono uccise circa 100

persone, ma vi furono anche vittime tra i soldati e gli ufficiali: le teste mozzate degli uccisi furono portate

sulle picche attraverso le vie della città. Questa giornata venne considerata l’inizio della rivoluzione.

L’episodio della presa della Bastiglia fu fondamentale perché segnava l’incontro della rivolta popolare con

quella parlamentare, cioè quella dei borghesi che lottavano contro il potere assoluto. A Parigi un comitato di

insorti assunse il contro del municipio. Venne organizzata una milizia volontaria, la Guardia Nazionale che

fu posta sotto l’autorità dell’Assemblea Costituente e affidata al comando del generale de la Fayette.

L’esempio di Parigi si diffuse nel paese: anche nelle province furono create municipalità rivoluzionarie e

costituite le Guardie Nazionali. Nelle campagne i contadini si ribellarono, ma in modo disordinato senza una

guida politica, assalendo i castelli dei signori per bruciare le carte che sancivano i privilegi. Tali rivolte

furono accompagnate da un’ondata di panico collettivo, chiamata “grande paura”: si temevano vendette

nobiliari, massacri, assalti di briganti o nemici stranieri, in modo confuso e irrazionale. Circolavano voci

incontrollate che inducevano i contadini ad aggregarsi e ad armarsi, ma ciò non si tradusse in fenomeni di

violenza alle persone.

La mobilitazione contadina preoccupava nobili e borghesi proprietari di terre. Di fronte al pericolo di una

radicalizzazione delle richieste dei contadini, l’Assemblea Costituente cercò una soluzione di compromesso.

Il 4 agosto 1789 venne decisa l’abolizione delle corvées e degli altri obblighi feudali dei contadini, dietro

pagamento di un riscatto in denaro. Molti contadini non avevano però la possibilità economica di pagare il

riscatto per cui protrassero le agitazioni per tre anni, finché i privilegi feudali non vennero aboliti senza

indennità. L’Assemblea Costituente attuò anche una razionalizzazione del sistema amministrativo: il

territorio nazionale veniva diviso in 83 dipartimenti con uguali doveri verso l’amministrazione centrale.

L’atto più famoso dell’Assemblea Costituente fu l’approvazione il 26 agosto 1789 della Dichiarazione dei

diritti dell’uomo e del cittadino: proposta da La Fayette sul modello della Dichiarazione d’indipendenza

americana e divenne preambolo della Costituzione del 1791. Si tratta di un testo breve in cui vennero

proclamati gli inviolabili diritti naturali dell’uomo: vita, libertà, uguaglianza, proprietà, diritto di resistenza

all’oppressione, deliberazione delle leggi, controllo delle imposte. Alle libertà individuali venne posto

l’unico limite della tutela dell’ordine pubblico: perciò, ai cittadini fu riconosciuto il diritto di professare

privatamente qualsiasi religione, ma solo al cristianesimo fu consentita la celebrazione pubblica del culto. La

libertà di stampa riconosciuta venne limitata dalla possibilità del legislatore di vietare pubblicazioni turbatrici

dell’ordine pubblico. Questo documento segna una netta rottura col passato: se la cultura politica dell’antico

regime concepiva il diritto come privilegio, la rivoluzione francese sosteneva invece che tutti i cittadini sono

liberi e uguali di fronte alla legge. Essa conteneva principi che tutto il mondo occidentale dell’800 e del ‘900

ha ereditato.

Nel biennio 1789-91, il potere di Luigi XVI non fu mai seriamente messo in discussione, anche se il

comportamento del sovrano aveva provocato la nascita di una fazione orlèanista, che voleva sostituire il re in

carica con Luigi Filippo d’Orlèans. Il monarca contrastava i lavori dell’Assemblea Costituente: in particolare

si rifiutò di ratificare i decreti che abolivano i privilegi feudali e la Dichiarazione dei diritti, producendo la

reazione indignata del popolo parigino. Il 5 ottobre un corteo guidato da donne e scortato dalla Guardia

Nazionale si recò a Versailles per protestare: essi pretendevano che il re accettasse i decreti contestati

dell’Assemblea Costituente, che garantisse approvvigionamenti alla capitale e che si trasferisse a Parigi dove

sarebbe stato più facilmente controllato. Sotto la minaccia della violenza popolare, il sovrano dovette

accogliere tutte le richieste. Il 10 ottobre, Luigi XVI fu proclamato “per grazia di Dio e per la Costituzione

dello Stato, re dei Francesi”, per sottolineare la natura costituzionale della nuova monarchia e il suo

carattere nazionale.

L’Assemblea Costituente intervenne nel settore del bilancio statale decidendo la requisizione di beni del

clero (2 novembre). Contemporaneamente, lo Stato si accollò il mantenimento degli ordini religiosi dediti

all’educazione e all’assistenza dei malati. Per rinsanguare le casse dello Stato si decise di vendere ai cittadini

le terre e gli edifici incamerati: i francesi potevano acquistare gli assegnati, una sorta di buoni del tesoro il

cui valore era garantito da quello dei beni requisiti alla Chiesa. Economicamente, l’operazione non funzionò

in quanto la popolazione era riluttante ad impegnare il proprio denaro nell’acquisto degli assegnati, data la

precarietà della situazione politica. L’assemblea ne mise poi in circolazione un numero eccessivo,

provocandone la rapida svalutazione, e la conseguenza fu l’aumento dell’inflazione del carovita.

L’Assemblea Costituente intervenne anche nell’ambito dei rapporti tra Stato e Chiesa. Nel 1790 fu

promulgata la Costituzione civile del clero: parroci e vescovi diventarono dipendenti stipendiati dello Stato,

eletti dai cittadini e dovevano giurare fedeltà alla Costituzione. Il cattolicesimo cessava di essere religone di

Stato. Questi provvedimenti rientravano in una tradizione tipicamente francese di indipendenza della Chiesa

di Roma (gallicanesimo): la Chiesa francese doveva obbedire allo Stato e perdeva la sua autonomia. Papa

Pio V non accettò queste condizioni e la condanna della Costituzione civile del clero determinò una delle

fratture più laceranti all’interno della Francia rivoluzionaria: quella tra clero costituzionale – che giurò

fedelt&agrav

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
92 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Silvia.coff di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Di Nepi Serena.