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LA CIVILTA' DEI LUMI
1 – Fede e ragione
La figura chiave dell'illuminismo è quella del philosophe, ovvero di spregiudicato indagatore del
vero. L'unica verità, per il philosophe, è quella che deriva da un'osservazione diretta dei fatti o da
testimonianze superiori ad ogni dubbio, da vagliare al lume della ragione.
Fin dagli ultimi decenni del XVII secolo questi criteri vennero applicati all'ambito religioso, allo
studio delle sacre scritture e della storia ecclesiastica e all'eliminazione di credenze e leggende
superstiziose.
Fu soprattutto nella libera Olanda e in Inghilterra che si sviluppò la critica della religione
tradizionale, dei miracoli, dei dogmi e dei misteri della fede incomprensibili per la ragione umana,
ad opera di scrittori come Spinoza, Bayle e Locke. Nel Saggio sull'intelletto umano (1690) e in
un'altra opera dal titolo “La ragionevolezza del cristianesimo” (1695), Jhon Locke si sforzò di
conciliare fede e ragione rendendo quest'ultima arbitra dei problemi posti dalla Rivelazione e
mettendo al primo posto l'osservanza dei precetti morali.
Altri intellettuali diedero vita al fenomeno del deismo; i deisti non negavano l'esistenza di un Dio
creatore dell'universo né l'immortalità dell'anima, ma sostenevano che a tali conclusioni si poteva
arrivare solo con la ragione e che esse costituivano l'elemento comune di tutte le religioni rivelate, i
cui dogmi e misteri andavano respinti come incrostazioni superstiziose o come semplici imposture.
Più problematico che nei Paesi protestanti si presentava il rapporto tra ragione e fede in ambito
cattolico, per il persistere della tradizione aristotelico-scolastica e di forme di devozione vicine alla
superstizione. Pure qui un compromesso tra fede e ragione venne tentato per la prima volta nella
prima metà del Settecento da ecclesiastici dotti e illuminati come Ludovico Muratori e Celestino
Galiani.
Chi più autorevolmente e brillantemente seppe orchestrare la campagna conto l'”infame” (lo spirito
di intolleranza della Chiesa di Roma) fu Voltaire; poeta, drammaturgo, storico, autore di romanzi e
racconti filosofici, divulgatore di nuove idee scientifiche e filosofiche in opere di grande successo.
Voltaire sostenne l'esistenza di un Dio architetto dell'universo, che si regola secondo leggi non
sempre comprensibili o favorevoli agli interessi umani. Voltaire non si stanca di sottolineare
l'esistenza del male, ma proprio per questo, secondo lu, gli uomini dovrebbero smetterla di
uccidersi, torturarsi, perseguitarsi l'un l'altro per futili ragioni politiche o religiose e cercare invece
ciò che li affratella, mettendo in pratica la vera morale evangelica.
Un episodio emblematico dell'orrore di Voltaire per l'intolleranza e il fanatismo fu il caso Calas:
Jean Calas era un protestante di Tolosa accusato di avere ucciso suo figlio, trovato impiccato e che
quindi si era probabilmente suicidato, per prevenirne la conversione al cattolicesimo. Jean Calas fu
condannato a morte e giustiziato nel 1762. Voltaire si impadronì nella vicenda finchè non riuscì ad
ottenere la revisione del caso e la proclamazione dell'innocenza di Calas nel 1765.
Se Voltaire distingueva tra religione naturale e religioni positive e non metteva in discussione
l'esistenza di Dio, altri philosophes si spingevano fino all'eretismo dichiarato e proclamavano la
natura irrazionale di tutti i culti.
Denis Diderot, genio versatile e multiforme come pochi altri, collaboratore di d'Alembert
nell'impresa dell'Enciclopedia, partì da posizioni deistiche per approdare ad una suggestiva visione
della natura come creazione e modificazione continua di organismi e di forme di vita, anticipando la
teoria evoluzionistica che verrà formulata per la prima volta alla fine del Settecento da Jean
Lamarck.
2 – L'uomo e la natura
Nel Discorso preliminare alla Enciclopedia (1751), considerato come manifesto dell'Illuminismo,
d'Alembert afferma con decisione che tutte le conoscenze dirette si riducono a ciò che si riceve
attraverso i sensi; ne consegue quindi che tutte le nostre idee provengono da delle sensazioni. Egli si
rifaceva alla teoria della conoscenza di Locke, secondo il quale l'intelletto umano è all'origine come
un foglio bianco che solo le impressioni sensoriali sono in grado di riempire. Ne deriva il rifiuto di
ogni metafisica, di ogni supposizione non suffragata dall'osservazione dei fatti.
Chi più compiutamente elaborò l'empirismo di Locke nel sensismo fu Bonnot con il Trattato sulle
sensazioni (1754), nel quale immagina una statua conformata come un uomo, e mostra come le
sensazioni, operando sui suoi organi, ne possano mettere in movimento tutta la vita psichica.
Procedendo su questa via, alcuni filosofi arrivarono addirittura ad un materialismo integrale; cioè
alla riduzione di tutto ciò che esiste, compreso l'uomo e le sue facoltà mentali, a pura materia.
Altri ancora, per esempio Hume, svilupparono l'empirismo Lockiano in un'altra direzione, che
portava alla negazione del concetto di sostanza (ciò che noi conosciamo sono solo le nostre
sensazioni e non le cose reali, di cui ignoriamo la vera essenza) e del concetto stesso di legge
causale (noi possiamo osservare che a un fenomeno ne segue regolarmente un altro, ma niente ci
dice che ciò deve necessariamente avvenire o continuerà ad avvenire in futuro).
In forte collaborazione con l'empirismo e il sensismo è un altro pensiero centrale del pensiero
illuministico: l'utilitarismo.
Il bene, secondo questo orientamento, non può essere qualcosa di oggettivo e di astratto, ma deve
coincidere con ciò che colpisce gradevolmente i sensi, con il piacere soggettivo o con la cessazione
del dolore, con l'appagamento del bisogno.
E' evidente, tuttavia, che il perseguimento anarchico del piacere da parte dei singoli individuio
distruggerebbe i presupposti stessi del vivere sociale e risulterebbe quindi controproducente anche
da un punto di vista strettamente egoistico. Molti scrittori settecenteschi si sforzano così do
costruire una morale individuale e sociale basata sull'utile rettamente inteso. Alcuni, tra cui lo stesso
Hume, presuppongono l'esistenza dell'uomo di un innato senso morale che induce alla simpatia, alla
compassione per le altrui sofferenze e all'ispirazione verso il comune benessere. Altri riducono la
morale ad un semplice calcolo matematico dei piaceri e dei dolori affermando che tutto l'edificio
della società deve essere costruito in modo da garantire la massima felicità per il maggior numero,
formula che verrà ripresa anche dall'italiano Beccaria.
La figura dominante in campo scientifico in questo periodo è sicuramente Isaac Newton, non solo
per le sue scoperte nel campo della matematica (invenzione del calcolo differenziale e integrale),
della meccanica (formulazione dei tre principi di base della dinamica), dell'astronomia (legge della
gravitazione universale) e dell'ottica (analisi della composizione della luce attraverso lo spazio), ma
anche per altre due ragioni: perchè le più note tra le sue opere (Principi matematici della filosofia
naturale e L'ottica) imposero un metodo scientifico basato sul rifiuto delle ipotesi astratte e sulla
sintesi tra indagine sperimentale e procedimento matematico e perchè le sue teorie, divulgate in
tutta Europa nei primi decenni del Settecento come “Elementi della filosofia di Newton” di Voltaire,
divennero ben presto simbolo dei lumi e assunsero l'autorità di un vangelo per tutte le persone colte,
dettarono il paradigma della ricerca della verità in ogni settore, seppur Newton stesso rimase molto
ancorato alla religione e allo studio della Bibbia.
La botanica e la zoologia fecero notevoli passi in avanti con la classificazione delle specie ad opera
dello svedese Linnè e con la monumentale opera descrittiva “Storia naturale generale e
particolare”del francese Leclerc, dove è per certi versi anticipata la teoria di Darwin sulla selezione
naturale; in biologia uno dei principali terreni di dibattito fu quello relativo ai meccanismi della
generazione con l'italiano Spallanzani, la chimica fu riformata da Lavoisier, scopritore dell'ossigeno
e della composizione dell'acqua; i fenomeni elettrici furono per la prima volta studiati
scientificamente dall'americano Benjamin Franklin e dagli italiani Luigi Galvani e Alessandro
Volta.
Nel Settecento gli scienziati e la scienza godettero di un prestigio senza precedenti sia dall'interno
delle istituzioni, in primo luogo dalle accademie di Stato che furono erette ovunque a imitazione di
Parigi e Londra, sia agli occhi di un pubblico entusiasmato dalle nuove scoperte, dai viaggi di
esplorazione organizzati dai governi e da invenzioni sorprendenti come il pallone aerostatico
(1783).
3 – La “pubblica felicità”
Politicamente, alcune premesse sono generalmente condivise nel periodo illuminista; tra queste il
tramonto della ragion di Stato e della teoria del diritto divino dei re, l'idea che il potere deve essere
esercitato per l'interesse comune dei sudditi, al fine di realizzare la “pubblica felicità”, la
delimitazione di una sfera più o meno ampia di libertà privata, in cui l'autorità sovrana ha il diritto
di ingerirsi. Gli orientamenti fondamentali possono essere rappresentati da Montesquieu, Voltaire e
Rousseau.
Montesquieu era presidente del Parlamento di Bordeaux e viaggiò a lungo, soprattutto in
Inghilterra, raccogliendo notizie e materiali che avrebbe utilizzato per la stesura del suo capolavoro
“Lo spirito delle leggi”. “le leggi – afferma Montesquieu – sono i rapporti necessari che derivano
dalla natura delle cose”.
A Montesquieu non interessava fornire precetti universalmente validi per il governo dei popoli, ma
scoprire i principi e i meccanismi che regolano i vari ordinamenti politici. Questi sistemi si riducono
a tre principi fondamentali: il dispotismo, il cui principio ispiratore è la paura; la monarchia, che
poggia sul senso d'onore e la democrazia, che si regge sulla virtù dei cittadini. Ciascuna forma di
governo si adatta meglio a un determinato clima e a una determinata estensione territoriale. La
preferenza di Montesquieu è per le monarchie temperate, come l'Inghilterra.
La seconda corrente era quella dell'assolutismo o dispotismo “illuminato”che aveva, a parere di
molti, il pregio di combattere i particolarismi e i privilegi locali e di ceto: solo chi è al di sopra di
tutti è in grado di agire senza essere condizionato da egoismi ed ostacoli di varia natura. Si
giustificava così la concentrazione di tutt