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Nei cofani
Grazie al contenuto dei cofani è possibile individuare tracce e informazioni sulla società e sui livelli di ricchezza, una società che come priorità usava le vesti per ripararsi dal freddo e dagli sguardi altrui, ma che nonostante l'impossibilità praticava lo spreco con un'inclinazione verso il lusso esibendo il potere e la ricchezza. I notai si occupavano della stesura di testamenti, degli inventari aprendo armadi e casse.
Ravenna: dominazione dei da Polenta, nella corte il lusso era diffuso ma nel resto della città c'era crisi che colpiva la popolazione. Nei giorni o mesi precedenti ad un matrimonio era uso che il marito ordinava vesti e gioielli per la futura moglie, la quale non ne diventava direttamente padrona ma fruitrice.
Grazie ad un testamento lasciato da Carnevale capiamo che la moglie Agnese poteva usufrire dei seguenti indumenti: pelliccione, cotta, gonnella, pianelle, una cintura di seta e argento e una borsa in seta.
oro.Apparteneva ad uno strato sociale più elevato Beatrice, nobile, il suo testamento era molto più ricco di vesti, con abiti foderati di vaio, guarnacca di drappo dorato e foderata sempre in vaio.I capi foderati di vaio segnano la distanza sociale che corre tra le due donne.Nel 300 le scarpe non erano più confezionate con il cuoio ma con la seta, la pelle era stata sostituita da materiali più raffinati anche se meno resistenti. Le donne indossavano un velo sul capo, inizialmente per pudore poi diventò un oggetto di eleganza e abbellimento della donna.A volte si offrivano vesti come garanzia di un prestito.Il balzo era un copricapo di moda nel 400, poteva essere di seta e di diversi colori, ornato o arricchito di perle.Morello e rosato erano nomi di colori che poi con il tempo diventarono nomi di stoffe, nel medioevo il panno rosato era il più prezioso e più ricercato.Rimini: periodo di dominio dei Malatesta, un centinaio di inventari di beni
redatti spesso dallavedova alla morte del capofamiglia. A Rimini nel 400 gli uomini usavano portare il farsettosolitamente imbottito che nel 500 coincise con il giubbone. Le vesti maschili erano corte efasciavano il corpo, le gambe erano esposte, l'imbottitura serviva per poter modificare a propriopiacimento le forme per far si che il corpo diventi desiderio e moda. Gli uomini maturi portavanosopra al farsetto una veste fino al ginocchio e nei mesi più freddi una pellanda.Il guardaroba maschile più fornito apparteneva al mercante Ludovico Mengozzi che possedeva:sopravvesti senza maniche chiamate giornee, mantelline e clamidi di velluto o panno ricamate ofoderate di pelliccia.Il signore Sigismondo Malatesta possedeva vesti di panno d'oro, ornate di ermellino e di seta nera.Il suo guardaroba molto raffinato ed elgante testimoniava il privilegio del signore e possiamocapirlo dai tessuti utilizzati, dai ricami o dalle balze.Anche la dote di Antonia, sposa di
Giovanni Malatesta, era ricca di vesti pregiate. Donna Jacoba vedova del cimatore Giovanni Pasini possedeva una gamurra bianca con busto ornato di ricami e una verde con maniche e bust ricamati. I mantelli erano di saia. Raramente si citavano le scarpe, ma si usavano le pianelle che lasciavano scoperti i calcagni. Era dimosa indossare scarpe rosse ma era un peccato di vanità come possedere un abito con strascico. Altre doti, e le più frequenti, erano costituite solo da beni mobili come lenzuola, padelle ecc.. Gli abiti degli inventari riminesi sono spesso vecchi o usati, vesti bucate o morse dai topi. La camicia non era considerata un capo indispensabile in quanto non proteggeva dal freddo nonostante era morbida e lavabile ripetutamente. La camicia era una tunica lunga per le donne e un po' più corta per gli uomini, con le maniche e di lino o cotone. Grazie alle informazioni riminesi risaliamo a 3 categorie sociali: il signore e il cortigiano, gli artigiani e i mercanti.
e infine i contadini e dipendenti di bottega che possedevano pochi denari e meno vesti dei primi due. Venezia: il doge era Francesco Dandolo che possedeva 4 sopravesti, 2 di uso personale, 6 tuniche di saia, 3 cappucci orlati di vaio e 4 bordati di seta o panno scarlatto, 4 vesti di seta vermiglia e una cappa sempre vermiglia. Prevalente il colore rosso acceso, possedeva 11 cofani. Erano presenti 10 pellicce di agnellino e lepre, numerosi cuscini, libri e oggetti vari. Tra i gioielli c'era una cintura d'argento, un anello d'oro con rubino e altri anelli d'oro più piccoli, un altro con lo stemma di casa Dandolo. Altre vesti appartenevano al doge ma erano destinate alla moglie. Il compito del doge e della sua famiglia era la rappresentazione dello stato e del suo splendore, la moglie compariva al fianco del doge indossando abiti preziosi come una sopraveste di panno lucente d'oro. Durante feste e visite ufficiali le donne sfoggiavano vesti e gioielli di grande valore.Valore anche se fra tutte spiccava la moglie del doge alla quale veniva imposto un ruolo di esibizione dello sfarzo e del lusso. Le case cittadine medievali sono povere di arredi anche se abitate da persone agiate. Giulia era una cortigiana conosciuta a inizio 500 a Venezia e viveva con la sorella cieca Angelica. Nell'inventario comparivano maniche turchine di raso, mobili che si potevano applicare a diversi vesti, cuffie d'oro e di seta nera, numerosi fazzoletti da testa e da collo, bavari e paia di mutande di tela, molte camicie e borse e 6 paia di calze. Le scarpe erano numerose, una cassa conteneva anche delle coperte, dei ventagli. In uno scrigno c'erano monete e oggetti preziosi, non c'erano perle perché alle cortigiane era vietato indossarle. A casa di Giulia conteneva oggetti curiosi e meno comuni come ciocche di capelli, vasetti di rame, rotoli di tela ecc...
Bologna: Colombina, donna ebrea che sposò il nipote di un famoso banchiere che come
lavoroanticipava denaro in cambio di un pegno che conservava nella sua casa. Il forziere di Colombina conteneva il suo guardaroba. Esistevano delle leggi sontuarie che si occupavano dell'uso di vesti e ornamenti delle donne ebree. Alle mogli dei banchieri veniva permesso di indossare un guardacuore di velluto che però non doveva essere di cremisi e morello, ma di panno e di qualsiasi colore. Era probita la veste di velluto, ma non le maniche che non dovevano essere né rosse morello o oro e argento. Potevano indossare 3 anelli e 3 verghette ma non altri gioielli e soprattutto le perle. Altre ebree che però non appartenevano al settore bancario potevano portare solo 2 anelli e maniche di velluto che non fosse stato cremisi o morello, nessuna veste di panno di grana eccetto il guardacuore che però non doveva essere color rosato. Colombina possedeva nel suo guardaroba abiti proibiti come maniche di velluto morello e d'oro, ma non possiamo dire che le abbia mai.indossate, nonostante le leggi prevedevano il pagamento di una multa per coloro che possedevano abiti proibiti.Rosa di Ventura è un'altra donna ebrea che possiede un guardaroba più modesto e molto più severo, non è povera e nella sua casa c'erano casse, lenzuola e stoviglie in grandi quantità ma poche vesti nere.
Donna Ricca di Bevagna custodiva mantelli e farsetti di lino e lana, anelli, cinture, se ricchi gli ebrei avevano corredi paragonabili a quelli degli uomini e delle donne cristiane, tanto che i legislatori intervennero più volte per stabilire delle distanze.
Comacchio: dominata dagli Estensi, le liste delle doti comprendevano i capi di abbigliamento. Le dotazioni della casa spettavano alla donna. I grembiuli servivano a proteggere le vesti sottostanti ma erano anche parte dell'abbigliamento. Le camicie si distinguevano in femminili e maschili e in con o senza colletto, che erano generalmente lunghe fino a metà coscia e potevano
essere l'unico capo per i poveri. Ginevra Tommasi ebbe una dote che venne valutata 602 lire che comprendeva una pelliccia, grembiuli, camicie, veste con maniche di cremise e velluto nero, una cotta e una saia. Gli inventari comacchiesi avevano spesso al loro interno una pelliccia ma non veniva precisato di quale animale fosse, in poche doti compaiono gioielli. Il lino, la canapa e la lana erano le fibre prevalenti, poco usato il cotone e in rari vestiti la seta. Il colore più usato per le vesti era il nero, ma anche il panno mischio, giallo e maniche rosse, mentre i grembiuli e i panni da letto erano azzurri. L'abbigliamento tipico di una donna comacchiese era composto da camicia, traversa con busto e maniche, grembiule, cotta e pelliccia, nelle occasioni importanti la saia listata o una veste con maniche o una stanella nera con busto e maniche dorate. La camicia era il capo unico dell'abbigliamento dei poveri, era ridotto all'essenziale, un abito da lavoro e quando.possibile un abito da festa. La famiglia Sinibaldo viveva in una capanna tipica dei poveri, il marito e il figlio possedevano solo abiti che indossavano e una camicia, cintura e due paia di scarpe erano della moglie. Le testimonianze sulla gente povera però scarseggiano. I contadini che lavoravano nei campi indossavano solo una camicia o una tunica e semplici braghe, mentre le donne indossavano camicia e guarnello. La normativa bolognese vietava alle donne del contado di indossare vesti e ornamenti in seta e panno di grana o cremisi. Milano: Iacobina Resti aveva due cassoni grandi e due piccoli, in quelli grandi c'erano tovaglie, pellande ecc... le casse servivano per il trasporto della dote e dovevano nascondere dalla vista oggetti preziosi che potevano suscitare invidie. Lucrezia Borgia aveva un prezioso corredo, donna di stato sociale molto elevato andata in sposa al duca di Ferrara Alfonso d'Este. Le ampie pellande in voga nel 400 erano capi sia maschili che femminili, era un capo.Elaborato per persone di elevata posizione sociale e poteva essere con o senza cappuccio. Per chi non poteva permettersi troppe vesti le maniche erano la soluzione per risparmiare ma avere un impatto estetico sempre diverso. Le norme sontuarie milanesi erano rare, tardive rispetto alle altre e anche ambigue. L'elemento principale dei corredi era il letto, e per le vesti era la pellanda che non può mancare nei corredi più ricchi. Per le donne di rango sociale superiore oltre la pellanda non poteva mancare la socca, una veste fatta di fustagno bianca o azzurra e il guaranzzone che era una sopravveste che compariva solo nei testamenti dei più ricchi. Apprezzate le cinture in cuoio o in seta. Inizialmente veniva indossata subito sotto il petto (effetto gravidanza) e poi scivolò verso il basso. Dal guardaroba delle donne abbienti di Milano capiamo che esse amavano le pellande rosse, celesti o verdi ornate da rifiniture in oro e seta, portavano i capelli con lacci di seta.
per formare capigliature appariscenti.
Firenze:
La dote di Nannina consisteva in due ricchi forzieri con diverse vesti signorili e gioielli.
Dopo l'invio del cor