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AGLI ALBORI DEL FETICISMO

Stringere il busto sino a raggiungere una conferenza alla vita di 40 cm è stato un imperativo

estetico che ha fatto soffrire molte donne per molto tempo. I corsetti sono stati uno degli oggetti di

feticismo prediletti in occidente. Feticismo: sorta di eccitazione sessuale legata a determinati

oggetti detti feticci. Il feticista associa l’idea del piacere a certe zone del corpo o a determinati

oggetti fino a far del feticcio stesso l’oggetto esclusivo del desiderio sessuale. In alcune culture si

sono praticati interventi di modificazione del corpo che vengono venerate. Piedi. Busto. L’800 è

stato il periodo principale del feticismo del corsetto soprattutto in età vittoriana. Il corsetto non è

nato per essere connotato sessualmente ma una costruzione culturale di lungo periodo lo ha

portato a diventare un feticcio per molto tempo. Oggi in un epoca in cui in occidente è il cibo ad

inseguire l’uomo e non il contrario come è avvenuto per secoli, il mito del vitino di vespa non ha

perso del tutto il suo richiamo. Scarpe. Guanti. L’investimento libidico sul guanto entrò in auge

quando nel 700 servivano a coprire le braccia lasciate scoperte dalle maniche corte. Raso di seta,

materiale liscio, lucido, brillante che incarna alla vista e seduce al tatto. Il corpo reale ha fatto molta

fatica a farsi accettare come qualcosa di unico e non necessariamente bello e armonico, e quindi

anche da essere visto in maniera da risultare quello che era: un corpo individuale spesso diverso

dal modello proposto, fatto di proporzioni variabili e dimensioni ineguali. La prevalenza del modello

è durata a lungo e continua ancora oggi. Attualmente il modello della forza attrattiva, e distruttiva, è

rappresentato dalla magrezza che preclude la moda delle passerelle alle persone qualsiasi,

inducendo ai disturbi alimentari. La moda ha sempre richiesto sacrifici anche se di ordine diverso. I

corpetti hanno legato l’idea dell’eleganza e della femminilità al sacrificio

BAMBINI E ADOLESCENTI

I bambini sono stati a lungo considerati come adulti in miniatura e come tali abbigliati secondo il

ceto sociale di appartenenza. Prima del 500 sono rare le osservazioni sui corpi dei bambini.

Appena nati i bambini venivano stretti dentro fasce, strumento e simbolo di disciplinamento, che

dovevano servire a sostenere il corpo. Verso i 2 anni le fasce venivano abbandonate, quando

iniziavano a camminare il loro abito consisteva in una camiciola che arrivava fino a terra. Attorno

agli 8-10 anni bambini/e dei ceti alti iniziavano a vestire come gli adulti. Principi o fanciulle di corte

non avevano diritto all’infanzia. L’ungarina era un capo tipico della prima infanzia perché non

ostacolava il movimento e permetteva facilmente alle balie il cambio della biancheria intima. anche

il completo alla polacca, ampia veste imbottita di ispirazione orientale linea semplice aperta

anteriormente in senso diagonale da indossare sopra ai capi, era adatto ai più piccoli. l’abito dei

fanciulli era spesso ricavato da capi usati degli adulti. Fanciulli di ceto popolare e di ambiente

contadino portavano abiti spesso logori in quanto smessi dagli adulti, ma che almeno non gli

impedivano di giocare. In pieno 700 con locke e rousseau si incomincia a porsi il problema delle

vesti nell’età infantile. Nel giro di pochi anni si sono incominciati a vedere addosso a bambini/e

abiti comodi, larghi e lunghi senza busti. Con il primo 800 e la moda impero alle bambine sono

concessi abiti adatti alla loro età. I maschi iniziano ad essere vestiti in maniera militare che poi

diventerà di tipo alla marinara, che costituirà l’abito elegante e da cerimonia dei ragazzi. Entrano in

uso nei collegi le uniformi scolastiche. Il fascismo volle i bambini, a partire dai 5 anni, in divisa da

figli della lupa, dopo gli 8 anni i bambini erano vestiti da balilla e le bambine in divisa da piccola

italiana. Dopo la seconda guerra mondiale è iniziata l’era della t shirt e dei pantaloni comodi per i

piccoli. Negli anni 60 si afferma la moda degli adolescenti e del pret a porter. Lo stile degli

adolescenti era molto diverso da quello deli adulti ma alla fine degli anni 70 lo stile giovane e

casual venne proposto alle donne di qualsiasi età. Paradossalmente oggi siamo tornati al passato ,

non vi è distinzione fra il modo di vestire dei giovani e quello degli adulti. Le differenze stanno nelle

taglie, grandi piccini e bambole vestono tutti allo stesso modo. Ciò esprime forse una resistenza a

crescere da parte degli adulti e comunque una tendenza ad indossare capi comodi e pratici.

TECNOLOGIE E DISTRETTI

La macchina da cucire fu un innovazione importante nel campo della moda e migliorò la vita dei

sarti, ma di snodi tecnologici se ne sono registrati di ben più significativi in questo campo. Nella

storia della moda ci si imbatte regolarmente in fasi di crescita e altre di declino. Tra 400 e 500 si è

registrata una crisi della produzione delle calze di tessuto a favore di quelle in maglia. La

produzione di calze di seta venne preferita a quella di lana. L’invenzione del telaio meccanico a

fine 500 comportò una vera e propria rivoluzione nel settore. Con il telaio da maglieria meccanico

si producevano in tempi molto rapidi capi abbassando così i costi delle calze in seta che divennero

alla portata di molti. Ci furono città che accolsero rapidamente i nuovi telai ed altre che opposero

alla novità una resistenza tanto forte quanto inutile. Nel corso del 600 più di una città aggiornò la

propria tecnologia produttiva. Inizialmente sola la seta veniva lavorata con il telaio a macchina, in

seguito anche la lana. L’innovazione trasformò il mercato dell’abbigliamento grazie anche spazio

che la moda del tempo concedeva alle calze di seta. In tutta Europa la cultura illuminista favoriva il

progresso scientifico e le innovazioni tecnologiche. Una di queste fu l’invenzione in Inghilterra della

filatura meccanica, il filatoio idraulico nel quale due coppie di rulli sostituiscono il lavoro delle dita

femminili. Altre invenzioni successive permisero di ottenere filati sempre più resistenti ed uniformi,

premettendo l’utilizzo diffuso del cotone. Grazie all’utilizzo di energia derivante dal carbone e

petrolio le macchine tessili produssero notevolmente di più. I sarti iniziarono ad occuparsi di scelta

e di acquisto dei tessuti oltre che produrre capi su modelli che rispettavano le proporzioni del

corpo. Le nuove tecnologie diedero luogo a progressi ma anche a disoccupazione e disagi. Tra

700 e 800 a progredire fu la lana e ad entrare in crisi la seta. La moda rese desiderabili altri capi

fatti a maglia: giacche, biancheria intima, costumi da bagno. La maglieria ha avuto molto successo

a metà 900 caratterizzando la moda boutique. Tra gli anni 60-70 la maglieria si impone nell’alta

moda con missoni. Dagli esordi nel 600 fino all’integrazione fra stilismo e industria nel secondo

900, la maglieria attraversa la storia di un’industria che ha interpretato l’evolversi del gusto, stili di

vita, e abitudini di consumo dell’abbigliamento. I distretti, fenomeno peculiare dell’Italia degli anni

60-70, sono realtà produttive diverse dall’impresa di grandi dimensioni e dalle microimprese

artigianali. Sono la concentrazione in un area delimitata di diverse competenze che ruotano intorno

a determinati prodotti e lavorazioni. La fortuna del made in Italy deriva anche dalla scelta di

operare per un mercato alto seppure di elite. Milano è la capitale del fenomeno del pret a porter,

termine che caratterizzò capi di buon gusto, qualità e relativamente accessibili destinati ad una

clientela di nuovi benestanti che si rivolgevano a negozi ricercati e a selezionati grandi magazzini

per avvicinarsi a beni di lusso ma non esclusivi. Il pret a porter milanese vede uno stretto rapporto

tra stilista e azienda tessile. La figura dello stilista è un altro fenomeno di quegli anni, esso non è

un sarto ma nemmeno un dirigente di azienda, se non è un imprenditore lo diventa e si occupa di

progettare cose belle che l’industria dovrà rendere ben fatte. Non è indispensabile per lo stilista

essere un abile disegnatore, esso deve vendere intuizioni, anticipare orientamenti di vita facendoli

interpretare da abiti o accessori. Lo stilista può fare la fortuna di un’azienda se riesce ad

interpretare lo spirito del momento. Milano negli anni 80 era il luogo dello spettacolo e della moda

che ha sostenuto il mito de made in italy. Alla fine degli anni 80 si è esaurita l’ondata di sviluppo

economico che sta alla base dell’affermazione internazionale della moda italiana. Ha preso il via il

fenomeno del pronto moda, fast fashion, caratterizzato da un ciclo di produzione breve e basato su

lanci di produzione e non su collezioni messe a punto in anticipo. Molte fasi della produzione oggi

vengono realizzate in altri paesi e in Italia resta solo la commercializzazione mettendo in difficoltà i

distretti.

MILANO ROMA TORINO FIRENZZE, LE CITTA’ DELLA MODA

Come c’è una storia della moda esiste una geografia della moda che rimanda ad alcuni centri

importanti per la produzione o importazione, alcuni hanno mantenuto nel tempo un forte legame

con l’uno o altro aspetto della moda, altri invece lo hanno perduto e ne sono sorti di nuovi. Le

vetrine e i grandi magazzini hanno reso visibili oggetti belli e desiderabili, accessibili in realtà solo a

un numero minore di quanti li potevano ammirare. In Italia i grandi magazzini sono nati agli inizi del

900 producendo un grande cambiamento nella distribuzione. A milano i primi ad aprire furono i

magazzini Bocconi dai quali nacque nel 1917 la rinascente, in seguito nacquero la standa e l’upim.

Roma si è affermata come capitale della moda grazie al suo legame con il cinema. negli anni 30

torino fu la sede della mostra nazionale permanente della moda, e Napoli era considerata una

delle capitali dell’eleganza italiana, in tempi più recenti è diventata la capitale della cravatta.

Firenze e Venezia, città d’arte, hanno avuto un legame importante con la moda. Firenze ha avuto

un ruolo rilevante nelle vicende della moda di metà 900 quando giorgini riuscì a far convergere

nella città i migliori sarti dell’epoca. Verso fine anni 60 Roma si è affermata come capitale dell’alta

moda, mentre Milano è diventata la capitale della nuova moda. Tra Roma e Milano la lotta per la

supremazia sul terreno della moda è stata ininterrotta. Milano è il centro in cui si è affermato il pret

a porter che, caratterizzato dallo stretto rapporto tra stilista e azienda tessile, seguì le rivoluzioni

giovanili degli anni 60 trasformandole in buon gusto. Milano è il luogo per eccellenza del pret a

porter che si costi

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
14 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher twistte di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del costume e della moda e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Muzzarelli Maria Giuseppina.