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Storia medievale - "Stato" nel Basso medioevo Pag. 1
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LO “STATO”NEL BASSO MEDIOEVO

- La costruzione dello “stato” nei secoli XII – XIII

In questi secoli, è possibile riscontrare numerose sperimentazioni nell’ambito della

costituzione di apparati centralizzati ed è, infatti, attraverso strumenti come il raccordo

feudale, l’istituzione di figure di funzionari competenti e l’irrobustimento dell’apparato

burocratico, in alcuni paesi, è possibile sviluppare quel che nei secoli successivi si sarebbe

definito come stato assoluto.

• Il caso francese

Enrico II Plantageneto, re d’Inghilterra, avendo sposato l’ex moglie del re francese Luigi

VII (1152), anche se essendo vassallo del re di Francia, Filippo VII, penetra nelle

relazioni familiari e feudali delle dinastie che dominavano il territorio francese e

paradossalmente esercitava la sua influenza su un territorio più esteso del suo senior.

La battaglia di Bouvines del 1214 combattuta da Filippo Augusto di Francia e da

Federico II contro Ottone IV di Brunswick e Giovanni Senzaterra (re inglese), segnò una

svolta, in quanto la sconfitta dello schieramento anglo-germanico sancì la perdita da

parte del Plantageneti dei loro domini nel continente.

Le cause della vittoria francese sono da ricondurre soprattutto alla capacità della

dinastia capetingia di incrementare la potenza dell’istituzione regia: il perseguimento

dei valori di pace e giustizia garantiti dal re, l’utilizzo degli strumenti giuridici del diritto

feudale, quali il feudo oblato, i processi ai danni dei contravventori della legge, il

successo militare e il sapiente intreccio di alleanze. Fu dunque l’esercizio della giustizia

e la diffusione dell’istituto feudale a garantire la convivenza civile e a regolare i rapporti

tra gli uomini ( si ricordi che sia in Germania con il Barbarossa che in Francia con Luigi

VI e Luigi VII, furono bandite tregue pubbliche di durata pluriennale volte a limitare la

ferocia dell’aristocrazia militare e a consentire un più sereno svolgimento delle attività

economiche).

Le differenze strutturali della legislazione francese e tedesca pongono in campo due

casi emblematici riguardo l’applicazione del diritto feudale:

Federico I Barbarossa e Enrico il Leone, Germania: nel 1156 Enrico ottenne

 la Baviera dal cugino Federico I, dopo averla invasa nel 1150, proclamandosene

erede. Quando Federico era impegnato in Italia (dieta di Roncaglia del 1154 e

dieta di Piacenza del 1158), Enrico tenne le redini della Germania, anche se,

dopo un primo momento di collaborazione, l’intesa tra i due fallì: il Barbarossa

nel 1179-1180, attraverso la giustizia, riuscì a espropriare il suo vassallo dei suoi

domini; alla fine, però, valse il principio secondo il quale i feudi devoluti dal re

non sarebbero potuti più tornare nelle sue mani, così quelli sottratti a Enrico il

Leone, dovettero essere attribuiti ad un nuovo feudatario.

Filippo Augusto e Giovanni Senzaterra, Francia: quando Giovanni fu

 condannato all’espropriazione dei suoi feudi, il seguito al reato di contumacia in

occasione di un ricorso all’autorità regia di un vassallo minore, Filippo Augusto

procedette alla conquista dei feudi sottratti e si impadronì di quelli dei D’Angiò,

del ducato di Normandia, della Bretagna etc. molti territori prima sotto il

comando di Giovani Senzaterra, divennero demanio del re francese, così da dare

vita ad un appartato politico territoriale più centralizzato.

Occorre ricordare, che non fu la conquista di nuovi territori a consentire al re di

attuare un apolitica di coordinazione e di centralizzazione, anzi al contrario, fu

l’intervento regio nel rendere capillare la diffusione degli strumenti giuridici e nel

penetrare progressivamente nelle giurisdizioni locali.

Il superamento dell’età signorile (IX-XI secolo) avviene un po’ in tutta Europa a

causa della crescita demica ed economica , come accadde, ad esempio nel ducato

di Maconnais. I ceti ricchi e attivi nei commerci dipendenti dalle signorie iniziarono

a chiedere con frequenza maggiore limitazioni del potere arbitrario del loro signore,

inoltre i crescenti bisogni degli aristocratici non riescono a essere soddisfatti dato

che da molto tempo, un po’ ovunque, non era più curato il dominicum e che la

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circolazione monetaria aveva favorito la penetrazione di monete straniere più forti

svalutando quella locale. L’incessante bisogno di denaro, spinse dinasti di castelli e

signori di varia natura a rivolgersi a re e principi interessati all’acquisto delle loro

giurisdizioni. Così i poteri locali tornano a inquadrarsi in quella dominazione più

vasta dalla quale secoli prima si svincolarono. Anche i mercanti si affidavano al re

per ottenere protezione e condizioni commerciali più vantaggiose. Le grandi signorie

decisero di incrementare il loro potere attraverso l’acquisizione di nuovi domini e

l’inglobamento delle aristocrazie minori tramite vincoli vassallatici, tuttavia lo stato

francese riuscì a conquistarli come nel caso della Borgogna e degli enti ecclesiastici,

o acquistarli come nel caso del Macon (1239).

• Il caso tedesco e la debolezza dell’imperatore

In Germania, i principi laici ed ecclesiastici da tempo stavano radicando il proprio

potere su base territoriale: il rapporto tra corono e la nobiltà principesca non porterà

mai alla formazione di un sistema coordinato e robusto.

Già sotto il regno di Barbarossa (1152-1190) i principi rafforzavano progressivamente,

affermandosi e radicandosi nei loro territori e impedendo ai vassalli minori di entrare in

diretto rapporto con la corona e ostacolando i vassalli regi che però non erano anche i

principi nobili. La situazione peggiorò sotto Federico II (1212-1250): già ai suoi tempi il

potere poteva essere ottenuto solo se alla base territoriale allodiale si accompagnava il

consenso e il compromesso con i principi, poi quando propose suo figlio Enrico alla

successione, i principi approfittarono per ottenere ulteriori autonomie.

Così non solo fallì il progetto di Federico di costituire un impero facente capo ad un’

Italia centralizzata e ad una Germania come base amministrativa decentrata, ma alla

sua morte, il potere imperiale si frantumò; infatti dalla metà del XIII secolo in poi,

l’elezione imperiale fu affidata a sette elettori, i tre arcivescovi di Magonza, Treviri e

Colonia, e i quattro laici di Boemia, Brandeburgo, Sassonia e Reno. Attorno ai principi si

crearono altrettanti stati regionali, che come in Francia semplificarono la cartina politica

e gli istituti feudali coordinarono dovunque poteri frammentari e abusivi incorporandoli

attraverso gli istituti feudali. Si stava componendo la cosiddetta “piramide feudale”

nell’Europa latina e germanica. Il francese Luigi IX, fu un monarca che costruì

efficacemente una piramide di signorie feudali.

• Il caso inglese: accentramento e opposizione baronale

In Inghilterra, l’evoluzione feudale del regno fu attuata già a partire dalla conquista

normanna dell’XI secolo. I rapporti tra i detentori del potere erano abbastanza

equilibrati, malgrado periodi di anarchia come quello trascorso tra la morte di

Guglielmo il Conquistatore e l’elezione di Enrico II Plantageneto nel 1154. Il re conferì

nuova solidità allo stato grazie alla collaborazione con i baroni (laici ed ecclesiastici) e

all’irrobustimento degli organi governativi tanto al centro quanto in periferia. I vassalli

regi erano spesso convocati in assemblee (assise) quando c’era bisogno di prendere

decisioni importanti per il regno e la collaborazione e il coinvolgimento si manifestarono

anche a livello locale, infatti i cosiddetti “sceriffi” erano funzionari operanti all’interno

delle shires, esercitando il potere regio in maniera capillare.

Lo sceriffo nacque come figura funzionariale , rappresentante della corona in ogni sua

competenza, si occupava della difesa dei beni regi all’esercizio della giurisdizione.

Inoltre, essi erano sottoposti a rigidi controlli per evitare la patrimonializzazione della

carica. Accanto agli sceriffi operavano giudici regi itineranti che contribuivano

nell’opera di penetrazione del diritto in ogni parte del regno.

Ogni organismo faceva capo alla curia regis, regolamentata da Enrico I agli inizi del XII

secolo e dove figure funzionariali aiutavano il re a risolvere problemi di tipo

amministrativo, politico e finanziario. 2

Questo processo di accentramento, comportò una reazione da parte del ceto baronale

che, in occacione dei governi deboli di Riccardo I e Giovanni Senzaterra, approfittarono

per esercitare forti pressioni poichp erano contrari al fatto che il consolidamento del

potere regio avesse limitato l’esercizio della loro giurisdizione e abolito le antiche

consuetudini.

Nel 1215 fu così istituita la Magna Charta liberatum ecclesiae et regni angliae in

cui, tra i provvedimenti più importanti il più rimarchevole riguarda l’obbligo da parte del

re di consultare il “magnum consilium” dei baroni prima di mettere in atto decisioni di

carattere fiscale. Questa assemblea costituita da venticinque baroni si occupava di far

sì che le libertà concesse fossero rispettate e il dovere baronale di dar consiglio al re si

era trasformato in partecipazione politica. Il magnum consilium dal secolo XIII verrà

chiamato Parlamento..

Enrico III, successore di Giovanni Senzaterra, tentò di imporre la superiorità regia ma

questo conseguì una rivolta aristocratica che coinvolse anche ceti più modesti come la

piccola nobiltà e la borghesia, creando così nuovi equilibri e nuovi compromessi.

• Il caso del Mezzogiorno italiano

Anche in Inghilterra, come in Italia meridionale, l’espediente feudale sin dal XII secolo,

favorì la coordinazione politica. Come il regno anglosassone si era costituito fondendo

le tradizioni locali con quelle continentali (feudalesimo), anche l’Italia meridionale

integrò l’esperienza normanna con quelle preesistenti (arabe e bizantine). Nel 1130,

quando Ruggiero II fu investito del regno di Sicilia da Anacleto II, era già evidente una

salda unitarietà: la corte di Palermo di arricchì di nuovi funzionari, fu potenziato l’ufficio

burocratico e furono preposti dei responsabili dei beni demaniali, dell’esercizio delle

giustizia e un admirus in qualità di primo ministro. Dal XII al XIII secolo, si passò dalla

dominazione normanna a quella sveva e Federico II tentò di affermare la monarchia; nel

1231 furono promulgate le Costituzioni di Melf che crearono una burocrazia laica e

obbediente. Federico prese molti altri provvedimenti ma l’eccessivo sviluppo

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
5 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cricetina93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Senatore Francesco.