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The History of the Decline and Fall of the Roman Empire sei volumi completati tra il
1776 e 1789, scritto da Gibbon anche lui grande storico, si tratta proprio di un
monumento, Muratori, lo stesso Voltaire, Gibbon sono i grandi padri della storia
dell’interpretazione sul medioevo. Abbiamo già letto alcuni brani dalla sua opera, dal
proemio. Lui in occasione del viaggio a Roma, faceva il grand tour, era un patrizio
inglese, un nobile. Va a fare il suo grand tour, passa per Roma, viene colpito dalle sue
rovine, rovine a cielo aperto (tenere a mente il tema delle rovine come tema per la
costruzione del nostro sentimento sul medioevo). Vedendo, constatando percependo il
contrasto tra la grandezza dell’impero romano antico e le rovine del foro, concepisce il
progetto di ricostruire e narrare la decadenza dell’impero romano, quindi la storia di
una decadenza, di solito si fa la storia di un’evoluzione. E dedica a questa titanica
impresa tutto il resto della sua vita, lui muore nel 1794, voleva fare un lavoro di
stampo archeologico, si ispira, cambia disegno e scrive quest’opera. Accoglie una
concezione che si trova già nella storiografia seicentesca: considera l’impero bizantino
come la prosecuzione di quello romano, la sua narrazione si estende dal secondo
secolo dopo Cristo quando secondo lui la civiltà da un punto di vista politico e da un
punto di vista morale aveva toccato il suo vertice, fino alla conquista di
Constantinopoli da parte dei Turchi Seingiubili nel 1453, un millennio largo, 1200 anni.
L’epoca medievale è dunque compresa integralmente nel suo racconto, non tanto
come un periodo autonomo, quanto come parte di un processo più vasto costituito da
questa lentissima agonia dell’impero romano, questa lentissima decadenza
progressiva che si estenua in più di mille anni. Di fatto non ha neanche una
prospettiva eurocentrica, occidentale perché la maggior parte delle vicende che narra
si svolgono in oriente, e perde anche centralità nella sua ricostruzione storica il
rapporto tra medioevo ed età moderna, il medioevo non è l’incubatore dell’età
moderna, per niente in questa prospettiva perché quello che è molto interessante è
che non c’è alcuna idea o alcun tentativo di dimostrazione di un progresso, ma al
contrario tutta la narrazione è incentrata sulla lenta estinzione di un’istituzione
epocale dal punto di vista della storia della civiltà che è l’impero romano. Tuttavia
quest’opera di Gibbon contiene anche delle suggestioni, originali, nuove: innanzitutto
è originale l’idea della storia di una decadenza di una società, di una civiltà, che
implicitamente non è così in linea con la fiducia illuministica del progresso storico (è
originale questo atteggiamento in clima illuministico che invece vede l’oggi come
l’ovvia evoluzione dello ieri). Certamente per Gibbon aveva una visione positiva della
sua attualità. Inoltre nella lunga storia della decadenza dell’impero romano prendono
risalto nei fenomeni come l’affermazione di nuovi popoli con culture originali e stili di
vita originali per esempio i germani, gli arabi, i turchi. E poi ci sono mutamenti,
sommovimenti rivoluzionari delle strutture politiche e sociali come le stesse invasioni,
le crociate, le grandi trasformazioni religiose che hanno caratterizzato il millennio di
decadenza dell’impero romano. Ha un atteggiamento molto originale di sensibilità per
le civiltà diverse da quella europea, per i sistemi di valore altri, primitivi e soprattutto
è un grandissimo scrittore, ha un talento inimmaginabile nel narrare che affascina,
coinvolge il lettore e lo fa meditare sulla grandezza degli eventi narrati e in questo
siamo in una zona di frontiera, di confine tra la sensibilità illuministica e quella
romantica, ci sono germi romantici in questo rapporto di rispetto e nostalgico nei
confronti di un passato e delle sue rovine. Manca l’idea, molto caratteristica negli
illuministi, di un progresso razionale progressivo, tutt’altro. L’epoca medievale per
altro non è perfettamente distinta e finisce per presentarsi come un’epoca di una
particolare esperienza storica che configurava dei valori diversi rispetto alla civiltà
moderna ma comunque aveva un suo perché, una sua grandezza, un suo significato
comunque esemplare che non poteva essere reso dalla semplice condanna della
barbarie. Ci sono dei germi di originalità e peculiarità di quest’epoca di decadenza che
portano ad ammirarla e a valutarne in senso non completamente positivo ma
comunque nostalgico. Stiamo entrando piano piano e stiamo vedendo come non si
possa dire “romanticismo ‘800” “illuminismo ‘700” le cose sono elaborate e partorite
nello stesso momento e ci sono delle sfumature e delle complessità ma vediamo come
in Roberts e soprattutto in Gibbon comincino ad esserci dei germi di sensibilità
culturale diversa rispetto a quella illuminista nei rapporti con il passato medievale. Se
andiamo a scattabellare ci che accade in Inghilterra in questo periodo troviamo altri
sintomi di un atteggiamento inconsueto, originale nei confronti di alcune espressioni
della civiltà medievale. Abbiamo parlato di De la Courne e i suoi momoire sur la
cavalerie, questa riproposizione di ideali cavallereschi come fattori nostalgici, positivi a
cui richiamarsi, nel 1762 il vescovo anglicano Richard Hurd pubblica un volume dal
titolo indicativo Letters on chivalry and romance che riprende, si riallaccia ai memoire
di La courne e celebra i valori sentimentali e morali della cavalleria medievale, di cui
certamente ha un’idea tutt’affatto letteraria e idealizzata ma si sta formando questa
idea completamente che prescinde dalla reale realtà di quella che è stata l’età della
cavalleria ma è un’idealizzazione letteraria che si fonda su questa idea di letteratura,
su questa riproposizione positiva dei romanzi cortesi, dei cicli arturiani e carolingi
(Rolando, Orlando attraverso la maediazione di Ariosto) si crea un’idea letteraria e
straordinariamente stilizzata e potentissima nella sua capacità di influenzare
l’immaginario e l’approccio sentimentale verso il passato, una rivalutazione positiva
dell’età medievale come l’età dei costumi cavallereschi puri e degni. Di fatto inizia con
queste opere un atteggiamento di nostalgia dell’età medievale, come un mondo
passato assolutamente finito, concluso che per proprio anche per questo suscita delle
emozioni estetiche e sentimentali, l’idea di medioevo si correda anche di questa
caratteristica sentimentale. Simili sentimenti trovano conferma e corroborazione
anche nella raccolta di Reliques of Ancient English Poetry di Thomas Percy 1765.
Questo tipo di approccio sentimentale al passato medievale trova una sua
straordinaria espressione nei Canti di Ossian che sono una raccolta di poetica
composta ispirandosi all’antica poesia gaetica celtica da James Macpherson stiamo
entrando dentro l’età romantica ma non ci siamo ancora. Stiamo entrando in questa
nuova visione caratterizzata sul positivo dell’età medievale. Anche i Canti di ossian
vengono pubblicati negli stessi anni 1760-1763, in questa concerie, in questo clima
che è coevo a Voltaire, a quella posizione completamente e ideologicamente di
condanna della barbarie degli illuministi si formano gli anticorpi romantici che
creeranno la leggenda rosa del medioevo in questo periodo si diffonde anche il gusto
per le antichità medievali, il gusto per i ruderi delle antiche abbazie, il gusto per i
ruderi dei castelli, di cui era ricco e costellato il paesaggio inglese (pensiamo a William
Turner ma pensiamo soprattutto al pittore Friedrich). Queste vestigia ormai
inevitabilmente corrose dal tempo sono dei testimoni silenziosi ma altamente
evocativi di un passato nazionale ricco di suggestione in cui si ravvisa lo spirito
d’identità della nazione, sia essa inglese, francese e tedesca, cominciano a porsi le
basi per una interpretazione di segno completamente opposto del passato artistico
anche medievale, sono le pitture che iniziano a diffondersi e a diventare dominanti
nell’epoca. Si avvia dunque quel processo di revival, il medioevo si pu leggere sotto
questa etichetta dell’uomo dell’800-900 del revival del gotico, di fusione del gusto per
il gotico che costituisce un aspetto straordinariamente importante della sensibilità del
gusto europeo tra fine del 700 e lungo tutto il corso dell’800. Qui cominciano i germi di
quello che poi sarà assolutamente il gusto dominante di 130 anni di storia del gusto e
dell’estetica occidentale. Alcune immagini sono effettivamente efficaci per
comprendere il gusto per le rovine (fa vedere power point) che sono importanti, queste
reliquie del passato perché creano un sentimento nostalgico nei confronti del passato,
mlinconico, presa di sicura consapevolezza che non tornerà mai più, è completamente
definitivamente distrutto. Pensiamo a Gibbon alle fortune che crea quel titolo
fortunatissimo, la storia di un declino, di una caduta, è un gusto protoromantico, le
rovine gotiche stanno a indicare questo passato ingenuo, diverso, altro da noi, ma che
in qualche modo ci suscita ammirazione e positivo desiderio, si tradurrà con una
parola nei romantici tedeschi dell’inizio del secolo e della fine del ‘700 il desiderio di
desiderio, il desiderio di un desiderio di un passato che non pu ritornare ecco che
tutto questo trova espressione in un oggetto, questo oggetto è il medioevo. Il
medioevo che è rappresentato da un suo stile, da uno dei suoi tanti stili che è quello
gotico. Mostra immagini dove cambia il discorso sulla natura. (ci consiglia la mostra di
Canova come qualcosa di diametralmente opposto a questo ma contemporaneo a
questo). Se il neoclassico vede i suoi tempietti ben ordinati secondo le linee della
dimensione classica con una natura che è ben ordinata dall’uomo e che in qualche
modo si inserisce nella perfezione delle forme, nell’arte del power point vediamo la
natura che prescinde dall’uomo, una natura che ha invaso come un’edera potente e
impietosa quella che è stata l’opera dell’uomo che ormai è ridotto a rovina. Questo
sentimento della natura come forza straordinariamente, indipendente, autonoma ma
vitale è una delle caratteristiche di questo mutamento che porterà al romanticismo.
Vediamo come le rovine sono completamente invase da una natura che prescinde
dall’uomo, ha poco a che vedere con le colline rinascimentali attorno a Firenze
costruite sul paesaggio costruito dall’uomo o i giardini cosi detti all’italiana. Qui ci
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