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La dieta del Medioevo e il pranzo dei canonici

Il vino era anche condito con spezie, le quali erano usate nella cura dei malati. I meriti della fame. La dieta del Medioevo era di 6000-7000 kcal. Si consumavano anche molte energie ma il cibo restava un'abitudine più che una necessità di chi poteva permetterselo. Per i monaci la rinuncia è un privilegio di scelta.

Capitolo sei: il pranzo dei canonici. Nel 1198 vi fu una controversia tra i canoni di S. Cassiano e il vescovo riguardo diverse controversie e in particolare quelle sui quattro pranzi che il vescovo era solito offrire ai canoni e il possesso della campana. Per il possesso della campana era una questione legata allo scontro tra il castrum vescovile sorto fuori Imola e i canonici. Gli imolani appoggiati dall'impero distrussero il castrum e riportarono la Chiesa nelle mura cittadine. Ora i canonici rivendicavano la campana. Molto importante è invece la richiesta dei pranzi che viene citata come prima accusa. Sia i canoni che il vescovo portarono dei.

teste a testimoniare quell'usanza dei pranzi. Dai canonici emerse che la tradizione stava scemando nel tempo, che quando il pranzo non poteva essere offerto veniva sostituito o da soldi o da metà maiale sotto sale, che erano inviti tutte le persone che ruotavano attorno al monastero e i familiari dei monaci. Per il vescovo i teste dissero che nessuno obbligava il vescovo ad allestire i pranzi ma che erano concessioni di bontà, inoltre i canoni dovevano fornire l'occorrente per la cucina e la tavola e prestare servizio liturgico. Inoltre non sempre i pranzi venivano risarciti. La discussione verteva quindi sul numero di pranzi e sull'obbligatorietà di questi. La sentenza fu un compromesso: due pranzi l'anno anziché quattro, i canonici dovevano fornire l'occorrente per la cucina e la mensa e prestare servizio liturgico. Al vescovo premeva anche limitare il dispendio di questa tradizione: ogni pranzo aveva un numero esagerato di gente, esigente ed affamata.

Si calcola una spesa di un soldo a persona con una spessa complessiva tra i 20 e i 60 soldi. Il menu non si sa se era fisso o cambiava, ma era appannaggio vescovile sceglierlo. La carne era la portata principale: carne di maiale e di volatili.

Capitolo sette: modelli di civiltà: il consumo di cereali. Distribuzione dei cereali non muta dall'età classica a quelle medioevale per ragioni di clima e ambiente. Perdono però il ruolo centrale che avevano durante l'impero con un crollo della produzione del frumento. Sviluppo cereali inferiori che stravolge il sistema produttivo romano.

Nell'Italia del Nord il frumento è solo per le città. Italia del Sud non ha un clima né un terreno adatto al frumento. La pianura padana invece è quella più vocata alla cerealicoltura anche se resiste di più al sud, grazie alla stabilità politica e ai monasteri che facevano del pane l'alimento base. Arretra la cerealicoltura a favore dell'allevamento.

Sud: cereali commercio e città. Nord: cereali come sussistenza. Durante le carestie si fa il pane con ogni genere di farina perché si credeva che mangiando alimenti senza pane si sarebbero contratte malattie. Le guerre distruggono i raccolti. Carestie come vendetta tra popoli. Italia del Nord tra il XI e il XIII secolo aumento cerealicoltura con il crescere dalla domanda. Non avviene al Sud, anche se si dissodano terreni e si diradano boschi. Rari ampliamenti delle coltivazioni. Già da tempo, al Sud, si erano raggiunti i livelli massimi di espansione cerealicola. Nuove economie agricole come olivo e vite. Al Nord introduzione nuovi cereali, al Sud restano solo frumento ed orzo con eccezione del miglio e dei legumi in alcune zone. Contratti agricoli e decime si riferiscono solo al frumento e all'orzo. Estensione del modello settentrionale a tutta Italia. Nuove colture al Nord per motivi economici. Al Sud la cerealicoltura restava legata ai centri urbani e ai mercanti cheprediligevano il frumento. Frumento come farina dapane,mentre l'orzo era il cibo degli animali ed eventualmente di servi e contadini. Orzo come basedel benessere dei cavalli dei signori. Orzo usato per zuppe e polente,il frumento per la panificazioneanche di focacce e pizze e per la pasta. Durante le carestie,sia per cause ambientali che per causedovute a guerre,si rivedevano i contratti sui cereali. In carestia anche la qualità scendeva di ciò chesi mangiava. Anche l'orzo veniva panificato. I medici romani lo consideravano un pane da filosofiperché di difficile digestione,quindi per i cristiani era il pane degli asceti. Pane d'orzo solo pernecessità. Fascia ristretta di chi consumava frumento e fascia ampia di chi consuma anchel'orzo,con il rischio di venir visto come animale. Al Nord la produzione restava in loco,mentre alSud veniva esportata. Il frumento come modello di consumo che distingue la città dalla campagna. Età

Normanna: incremento della produzione a beneficio dei feudatari. Monarchia sveva: accentua il controllo dello stato per ragioni economiche. Comune al Nord e al Sud la paura di venir frodati dai contadini.

Capitolo ottavo: i mercanti. 715 a Pavia viene redatto nel palazzo di Liutprando un documento detto capitolare sulle modalità di pagamento delle tasse doganali per le navi comacchiesi. Venne stipulato dal popolo longobardo attraverso due rappresentanti, un prete e il re e si applicava solo alle navi del Comacchio. Questi potevano svolgere le loro attività in accordo ai precedenti contratti stipulati, rinnovando le consuetudini dopo la guerra tra Longobardi e Bizantini. I posti di dazio posso ricostruire il percorso fluviale-commerciale del tempo. Le spedizioni commerciali avvenivano per grandi gruppi, sotto la scorta armata. I funzionari longobardi stavano al posto di esazione detti riparii. Vi erano alla foce del Mincio che collega con il Garda, a Cremona che era la via per Parma, alla

Foce dell'Adda, del Lambro all'altezza di Piacenza. Altrove non c'erano, quindi si pensa che questi territori erano per i cittadini longobardi. Le navi comacchiesi trasportavano sale in prevalenza, anche se è riduttivo dedurlo dal fatto che pagassero la decima in sale. Di sicuro il Comacchio era luogo di produzione del sale. Trasportavano anche altre merci come le spezie. Liutprando chiedeva il sale perché era quello di cui più si aveva bisogno, tanto che nei periodi di guerra, aveva aperto la ricerca a nuove forme di estrazione. Se il sale era presente nella zona di esazione, si richiedevano altre merci o il denaro, insieme al pagamento del ripatico e del palo. I forfait indicano che il volume dei traffici era pressoché costante. Non tutti i prodotti riscossi erano di produzione comacchiese come il pepe, importato dall'oriente, monopolio poi preso da Venezia. La terza derrata tipica del Comacchio era il garum, una salsa di pesce delle tradizione greco-romana.

Nel VIII secolo il garum era molto apprezzato nella pianura padana, ma anche nell'Europa continentale. Nel X secolo resta solo a Sud, tant'è che il funzionario di Ottone I di Sassonia lo descrive come una cosa rivoltante, a sottolineare la distanza tra il Nord e il Sud Europa. La presenza del garum sulle navi di Comacchio indica il loro legame con Bisanzio. Obbligo nutrire i riparii, che vengono minuziosamente enumerati nel capitolare. Il pagamento di un scamariticum, con riferimento ad un taglio del maiale, esentava questo onere. Capitolo nono: alimentazione e cucina. 862 il monastero di Bobbio (Appennino emiliano-ligure) fa un inventario. Produce vagrano, vino, olio e castagne. Queste due in Liguria. IX e IX secolo produzione esclusiva di olio e castagne. Anche il monastero di Brescia segnale olio, castagne e formaggi provenienti dalla Liguria. Scarsa produzione di carne e cereali, che provenivano dal Piemonte e dalla Provenza. La riviera offriva anche sale, agrumi e frutta, che venivano.acquistate per le necessità dei monaci in loco. Attenzione riservata al garum, che colloca la regione nell'area culturale mediterranea. In generale in Liguria si riscontra una cultura basata sulle verdure a discapito della carne, ma non del pesce. Fine del XI secolo con le prime crociate inizia la diffusione delle spezie. XIII secolo ampia disponibilità che però non surclassa le erbe aromatiche. Sempre di questo secolo è un poemetto di un genovese sull'uso delle posate e su galateo. Dal XIII secolo diffusione della pasta essiccata con l'uso del termine maccherone per indicarlo nel senso moderno. Dal XV secolo si diffonde anche in Puglia, ma è nel XVII secolo che per fame si diffonde in tutta Italia. La cucina ligure ha influenzato più la tradizione del centro e di Roma rispetto a quella del Nord. Nella ricetta della torta di Lavagna emergono gli alimenti base: formaggio, carne di pollo ed erbe aromatiche. Fino al XIX secolo la cucina ligure non.

ha mai avuto un manuale. Nella cucina padana si citano solo i canditi, il vino e le castagne. In quella romana canditi, confetture, pizze. Anche Scappi, cuoco privato di Pio V, stila un menu per ogni stagione con riferimenti alla Liguria. Cita i maccheroni alla genovese, per sottolineare l'importanza di Genova nella pasta. Pasta che era nella versione dolce. Nella cucina ligure, a eccezione dei canditi, poveri e ricchi mangiavano le stesse cose.

Capitolo decimo: il sale e la vita dell'uomo. Dal X secolo Cervia è associata alle sue saline. Nel V secolo diventa sede vescovile e nel XV ha mura e 4 torri, oltre a 7 chiese. Nonostante ciò, Cervia resta un villaggio di salinai. Non si esclude un impianto per il sale ai tempi dei Greci, ma che il suo sviluppo vero è databile per il X secolo. Tutto questo perché subordinata alle esigenze del vescovo di Ravenna. Cervia prende il posto di Comacchio, decaduta e fatta decadere da Venezia. Per tutto il XI secolo, Ravenna controlla

Cerviama dal secolo successivo Cervia inizia a ribellarsi. In questo si inserisce Venezia, che con in premio il commercio nella pianura padana e in Istria, riesce ad annichilire il commercio di Cervia per prenderne il controllo. Ma nel XIV secolo la curia papale, nel tentativo di riordinare i territori, si scontra con gli interessi veneziani, rendendo Cervia definitivamente impossibilitata a gestirsi i propri affari. L'inserimento della curia mantiene la stessa politica veneziana: controllare il commercio ed estorcere le eccedenze al mercato locale. Nel 1371 il legato papale ammette non sapere quanto sale si produce Cervia, ma sostiene possa bastare per l'Italia settentrionale, la Toscana e la Romagna. Sempre presente resta la minaccia veneziana. Cervia resta il posto più produttivo della Romagna dove un investimento faceva guadagnare il 400%. Il sale come introiti e controllo fiscale. Dal XII secolo oggetto di dazi e di scontri: partendo dalla Provenza, il controllo sul sale si estese.

in tutta Europa. Il primo dazio di Cervia risale al 1178. controllo possibile alla preziosità e alla poca diffusione delle aree di produzione. Inoltre il sale era un bene
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A.A. 2012-2013
7 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LaTita di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Vaglienti Francesca Irma.