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III.

Nel 454 Ezio fu ucciso dallo stesso Valentiniano III, il quale a sua volta cadde l’anno dopo per mano di due

seguaci di Ezio. Dopo vi fu un succedersi rapido di imperatori privi di potere effettivo. Lo sciro Odoacre

dopo aver deposto nel 476 il giovanissimo imperatore Romolo Augustolo rimandò a Costantinopoli le

insegne imperiali, dichiarando di voler governare l’impero d’Occidente in nome dell’imperatore d’Oriente

con il solo titolo di patrizio.

Teodorico, re Ostrogoto, nel 489, per incarico dell’imperatore Zenone preoccupato per l’espansionismo di

Odoacre in Dalmazia, portò in Italia il suo popolo. L’aristocrazia e l’episcopato cattolico si volsero subito

dalla sua parte. Con gli ostrogoti era la prima volta che si stanziava in Italica un intero popolo, inoltre non si

instaurò la dominazione degli Ostrogoti sulla popolazione romana ma si realizzò la coesistenza di due

comunità con distinti ordinamenti giuridici e unite soltanto nella figura di Teodorico.

I Goti, gli unici ad avere il diritto di portare le armi, erano governati da comites (conti). I romani

continuavano a vivere secondo il diritto romano ed erano inquadrati nell’appartato politico-amministrativo

dall’aristocrazia. 4

Teodorico tentò di tenere le due comunità distinte richiamando in vita una vecchia legge romana del 370

che vietava i matrimoni tra romani e barbari, e sostenendo l’Arianesimo. Ora l’aristocrazia gota entrava a

far parte del consigli del re ma non più del senato, presidio della romanità.

Cassiodoro, uno dei più illustri rappresentanti, insieme a Boezio e Simmaco, della colta aristocrazia romana

che si strinse intorno al re, si operarono per far conoscere la romanità ai Goti e nobiliare i Goti agli occhi dei

romani.

Il sogno di Teodorico di essere nello stesso tempo propagatore del nome romano e creatore di una civiltà

della Gothia, si infranse contro le resistenze sia del mondo germanico sia di quello romano. Sul primo era

riuscito all’inizio a imporre un protettorato con accordi e alleanza matrimoniali, che gli avevano consentito

di legare a sé Franchi, Vandali, Visigoti, Burgundi e Turingi, ma ben presto la sua politica estera si scontrò

con un analogo progetto egemonico concepito dal re dei Franchi, Clodoveo. Contemporaneamente si

ristabilì una piena intesa tra papato e imperatore d’Oriente in merito all’applicazione delle decisioni del

Concilio di Calcedonia. L’intesa aveva la conseguenza di provocare un certo irrigidimento tra i Goti (ariani) e

i cattolici, dato che papa e imperatore avevano concordato misure più, severe verso gli eretici. Ne nacque

un clima di diffidenza, che portò Teodorico a vedere complotti ovunque e di cui pagarono le conseguenze il

filosofo Severino Boezio, il presidente del senato Simmaco e lo stesso pontefice. Alla morte di Teodorico nel

526 la potenza dei goti in Italia aveva iniziato la sua parabola discendente. Nel 535 l’imperatore

Giustiniano diede inizio alla riconquista dell’Italia (guerra greco-gotica).

Nello stesso periodo si consumò anche il dramma dei Vandali dell’Africa, i cui rapporti con le popolazioni

locali erano stati sempre difficili. I Vandali tra il 533 e il 534 furono travolti dall’espansionismo di

Giustiniano e sparirono definitivamente dalla scena politica.

I due organismi politici più saldi nati dal disfacimento dell’antico impero d’Occidente erano il regno dei

Visigoti e quello dei Franchi.

I Visigoti dopo il sacco di Roma avevano ottenuto dall’imperatore Onorio di stanziarsi come federati in

Aquitania e si allargarono in Provenza e nella penisola iberica. Furono però bloccati dai Franchi nel 507,

togliendo loro l’Aquitania e sospingendoli verso la penisola iberica. In Spagna il centro politico del regno

divenne Toledo. La monarchia assunse presto attributi e prerogative proprie degli imperatori romani; ne fu

espressione una notevole attività legislativa volta a mettere per la prima vota per iscritto in latino le leggi e

le consuetudini dei Visigoti. Un ulteriore passo fu costituito dall’emanazione di norme valide per entrambe

le popolazioni. Questo contribuì ad orientare sempre di più la monarchia verso la fusione dei due popoli e

quindi verso la collaborazione con l’episcopato cattolico. Ne nacque, prima ancora che nel 589 re e popolo

si convertissero al Cattolicesimo, una forma di collaborazione che si espresse principalmente nei Concili di

Toledo, assemblee convocate dal re per deliberare in materia di disciplina ecclesiastica ma anche su

qualsiasi altro problema relativo alla vita del regno. Il regno dei Visigoti tuttavia trovò la fine con l’invasione

araba del 711.

Il regno dei Franchi ebbe la forza di fermare a Poitiers nel 732 l’espansionismo arabo. I Franchi, però, a

differenza dei Visigoti, non avevano sempre fatto parte di un organismo politico unitario, essendo

originariamente divisi in tanti piccoli aggregati. A partire dal 482, furono via via inglobati nel dominio di

Clodoveo, re dei Franchi Salii e iniziatore della dinastia merovingia, detta così dal nome del suo antenato

Meroveo. Nel 486 egli si volse contro le altre popolazioni germaniche della Gallia. Alla sua morte nel 511,

Clodoveo controllava, ad esclusione della Provenza, tutta la Gallia romana e anche una fascia di territori al

di là del Reno. 5

Alla base di questi successi c’era la collaborazione con l’aristocrazia gallo-romana e con l’episcopato

cattolico, che i Franchi seppero sfruttare, ne è prova la conversione di Clodoveo e dei capi franchi dal

politeismo pagano al Cattolicesimo nel 498, per mano di san Remigio vescovo di Reims. Ne risultarono

accelerati la spinta alla formazione di uno Stato sul modello romano-imperiale e la fusione tra l’aristocrazia

franca e quella gallo-romana (nuovo ceto) nonché tra i popoli. Ne derivò un cambiamento del genere di vita

e della mentalità dei vescovi, che di quel nuovo ceto dirigente erano espressione. Uno di essi, da

considerare tra gli uomini più eminenti e influenti dell’epoca merovingia, fu Gregorio di Tours che compose

la Storia dei Franchi (Historia Francorum). Vi fu la creazione di un ordinamento pubblico articolato in

distretti (contee) governati da rappresentanti del re (conti).

Alla morte di Clodoveo lo Stato venne diviso in parti uguali tra i suoi quattro figli (concezione patrimoniale

dello Stato tipica della tradizione germanica): la Neustria, l’Austrasia, l’Aquitania e la Borgogna. Nel corso

dell’VIII secolo fu ristabilita, con Pipino il Breve, una direzione politica e unitaria.

Il mondo romano-germanico uscito dalle invasioni presentava elementi di fondo comuni. Innanzitutto

l’impatto tra la società gerarchizzata dei romani e quella di tipo più egualitario dei germani ebbe come

risultato il mantenimento dei rapporti sociali anteriori alle invasioni. Un secondo elemento che accomuna i

vari regni nati dalle invasioni germaniche è il ruolo di primo piano che vi svolgono i vescovi non soltanto

come protettori della popolazione latina, ma anche come forza di conservazione delle componenti

principali della civiltà ellenistico-romana. Non di rado i vescovi si posero come gli interlocutori principali del

potere germanico. Là dove si stabilì un rapporto di collaborazione, di cui era presupposto essenziale la

conversione al Cattolicesimo, fu possibile dare vita a salde costruzioni politiche. Là dove, invece, si

persistette nella fede ariana o si attuarono persecuzioni a danno della Chiesa cattolica, i nuovi regni ebbero

vita effimera. I vescovi, infatti, finirono col diventare il tramite principale della cultura antica, e quindi gli

unici in grado di fornire alle nuove monarchie germaniche gli strumenti culturali per organizzare un minimo

di apparato politico-amministrativo.

Il rafforzamento del potere monarchico andò inoltre di pari passo con la fusione dei germani con le

popolazioni locali. Espressione del rafforzamento dell’autorità regia fu anche l’attività legislativa dei

sovrani barbarici. Le più antiche compilazioni furono: il codice di Eurico per i Visigoti verso il 470-480, la

legge salica di Clodoveo verso il 507-511, la legge dei Burgundi verso il 501-515.

Difficoltà nell’esercizio della giustizia nacquero in seguito al diffondersi dei matrimoni misti perché non era

facile stabilire a quale legge dovessero obbedire i figli, questo problema fu risolto a partire dal VII secolo,

con il formarsi di consuetudini che avevano una base non più nazionale ma territoriale.

Capitolo 3 - L’Oriente romano-bizantino e slavo

La parte orientale dell’impero mostrava una sorprendente capacità di resistenza di fronte a pressioni

esterne e a tensioni interne. Le ragioni di questa diversità sono da ricondurre al differente grado di sviluppo

delle due parti dell’impero. L’Oriente non aveva conosciuto la concentrazione di terre nelle mani

dell’aristocrazia. Le città inoltre erano più numerose e popolate e avevano una struttura economica e

sociale più complessa, con una larga presenza dei ceti mercantili. La conseguenza era che l’aristocrazia non

godeva di una schiacciante superiorità sociali nei confronti del resto della popolazione. L’assenza di una

grande aristocrazia consentì una maggiore libertà di azione al governo imperiale. Bisogna aggiungere il

pieno controllo che lo Stato fu in grado di esercitare sulla Chiesa, il rafforzamento della flotta e la creazione

di un esercito poco numeroso ma ben addestrato. 6

La storia dello Stato bizantino inizia nel 330 quando Costantino inaugurò la nuova capitale sul Bosforo,

realizzata attraverso la ristrutturazione urbanistica di Bisanzio. Con il figlio Costanzo II Costantinopoli

conobbe un vero e proprio boom, configurandosi come concorrente di Roma. Questa, del resto, era in

declino quale sede del potere, dato che dopo Massenzio gli imperatori preferirono spostarsi da una città

all’altra; si stabilirono poi definitivamente nel 404, al tempo di Onorio, nella più sicura Ravenna.

A Costantinopoli fu istituito un senato da parte di Costanzo II. Fu creata poi l’annona civica per la

distribuzione del grano alla popolazione. Costantinopoli fu dotata di un ippodromo, corrispondente al Circo

Massimo di Roma e collegato al palazzo imperiale; l’imperatore vi compariva a scadenze fisse ciò finì con il

rendere sempre più grande il distacco tra il sovrano e il popolo.

La sacralizzazione del potere era il risultato anche dell’esaltazione del ruolo dell’imperatore quale

difensore della dottrina cristiana. Finì così col diventare prassi normale che fosse l’imperatore a convocare

e a presiedere i concili ecumenici e a decidere sull’elezione dei vescovi delle sedi più importanti.

Tutto questo spinge

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Publisher
A.A. 2011-2012
101 pagine
24 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eowyn87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Paciocco Roberto.