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Lochpapa', spiegami a che serve la storia
(M.Ampia e più umana, 1941) LOCHPAPA', SPIEGAMI A CHE SERVE LA STORIA. LA RISPOSTA DI M.AMPA, AC LOCH IN UN SAGGIO DI DIANA. 1. DIANA NAPOLI: MARC BLOCH, O DELLE VIRTÙ DELLA STORIA Questa domanda, apparentemente banale, non è solo un modo particolarmente accattivante attraverso cui l'erudito si mette in discussione in presenza del pubblico dei lettori, professionisti come lui o semplici appassionati della materia. Si tratta infatti di una domanda tragica che si pone lo storico Marc Bloch, storico e cittadino francese, ad armistizio firmato, dopo non solo una disastrosa campagna militare (la drôle de guerre) e il disastro della Francia, ma soprattutto dopo un decennio di progressiva disgregazione della società francese e di crisi della democrazia che egli, al pari di tanti altri studiosi, uomini di cultura, intellettuali, non aveva esitato a definire come una crisi di civiltà, e più precisamente della civiltà europea. E, non da ultimo, dopo due interi decenni inCuiegli aveva costantemente ribadito quanto la storia potesse essere strumento efficace per condurre l'azione, grazie a virtù che le erano proprie e che, convenientemente insegnate, avrebbero permesso, come lui stesso si esprime, all'incontro tra le realtà umane di essere fraterno.Febvre, aveva fondato nel 1929, dall'università di Strasburgo in cui insegnava, la rivista "Annales d'histoire economique et sociale". Rispetto alla scuola (dato che poi lo è diventata) delle "Annales", si è molto insistito sulle novità metodologiche che hanno consentito un allargamento del campo di indagine della storia, fino ad allora ristretta generalmente al dominio propriamente politico-diplomatico o all'affresco biografico-psicologico.
Bloch inizia ad utilizzare i metodi della sociologia, insieme a Febvre smonta la rigidità delle periodizzazioni, rende estremamente fecondo il dialogo con la geografia, difende il metodo comparativo come
metodoprivilegiato d'indaginee tuttavia non è verosimile attribuiresolo a queste "invenzioni" in se' (oalla ripresa diintuizioni di qualcheprecedente maestro,come Fustel) ilsuccesso che,soprattutto a partiredal secondodopoguerra, ha arrisoalle "Annales".La fortunadell'insegnamento diBloch si devonosoprattutto a dueordini di idee (inverocollegate): il primoriguarda laconvinzione, da luiespressa in più sedi,che la storia dovesseindagare la "realta' umana", perche' suoprincipale obiettivo eracapire i bisognidell'uomo;il secondoafferisce alla capacitàpropria della storia dicomprendere, didiscernere il vero dalfalso, di insegnare lospirito critico, vera"puliziadell'intelligenza" equindi di permettere,finalmente, diorientare l'azione.Scriveva ad esempionel 1931, rispetto aduno dei temi scottantidel periodo, ilcomunismo: "[tra] ipotenti gruppiinteressati acombattere ilcomunismo,ve n'è qualcuno che abbia avuto l'idea di studiare anzitutto obiettivamente questo movimento, che, prima di tutto, è un fatto? La dottrina o i miti sono semplici e chiari. Ma gli elementi umani, e i bisogni profondi, più o meno inconsci, li sono meno... Ora, questo gusto per l'analisi umana, a grandi linee, così necessario all'azione, da dove attingerlo se non dalla storia - convenientemente compresa e insegnata?" (M. Bloch, Cultura storica e azione economica, "Ahes", 1931, IX, pp. 1-4, articolo ripreso in Storia e storici, testi riuniti a cura di Etienne Bloch, Einaudi, Torino 1997, p. 33).
E le "Annales", organo né di una scuola né di un partito, dirette da un medievista e un modernista, si occupavano infatti principalmente di storia contemporanea, cui fino alla seconda guerra mondiale vennero dedicati più della metà degli articoli, trattando tutte le questioni all'ordine del giorno della politica.
edell'economia: la grande depressione, il New Deal, i piani quinquennali sovietici... E' vero che in questo senso la ragion d'essere della rivista era essenzialmente politica: rivendicare il valore politico della disciplina storica che aveva senso solo se riusciva, al riparo dalle ingerenze delle ideologie, condotta la ricerca da storici di professione (piuttosto somiglianti, anche se mai lo avrebbero detto i due storici in questione, al "clerc" di Benda che ricercava giustizia e verità e che l'autore della Trahison aveva ritrovato, per esempio, nella purezza dell'azione di Zola), a contribuire alla coscienza politica della società: l'erudizione fine a se stessa, illuminante solo angusti archivi di documenti ammassati secondo l'ordine casuale del tempo, era il contrario della storia, sempre in cerca del "vivente" come, parafrasando le parole dello stesso Bloch, l'orco laddove sente odore di carne umana. *Tuttavia, proporre un ruolo politicoper andare a capo - " per rappresentare il carattere " (virgolette) - ’ per rappresentare l'apostrofo - – per rappresentare il trattino lungo Ecco il testo formattato: Una "carta" dell’epoca feudale, addirittura il "germe" della democrazia europea, l’idea di reciprocità del potere e il diritto di resistenza da far valere ancora, dopo secoli, nel 1939 (si tratta della conclusione de La società feudale, pubblicata nel 1939-’40, in cui scrive relativamente al diritto di resistenza e alla reciprocità del potere: 19 "Con ciò, per quanto duro sia stato tale regime [il feudalesimo] con gli umili, esso ha veramente lasciato in eredità alle nostre civiltà qualcosa di cui desideriamo ancora vivere"). Contribuire alla coscienza politica della società significava insegnare e diffondere questo gusto, di cui aveva parlato, dell’analisi umana e non nutrire vanagloriosi sogni anacronistici o rinforzare la causa nazionale con uno sciovinismo a basso costo, come pure negli anni precedenti gli storici avevano fatto, scambiando l’emergenza nazionale per la causa cui la storia avrebbe dovuto, anima e corpo, dedicarsi.
votarsi: durante la prima guerra mondiale (e questo Bloch lodepreco’ piu’ volte nel corso della sua opera) gli storici avevano ceduto anch’essi alla causa dell’Union Sacree ed avevano baldanzosamente scritto delle "storie" in cui lo sviluppo delle vicende europee si svolgeva, fin dai tempi di Vercingetorige, sulla falsariga dello scontro tra i dispotici e militaristi tedeschi e gli illuminati francesi a favore dell’umanita’. Lucien Febvre, inaugurando la ripresa del ciclo accademico a Strasburgo, nell’Alsazia riconquistata, aveva dovuto iniziare la sua lezione con le parole: "Jamais l’histoire serve". Gli storici, per Bloch, dovevano si’ porsi all’interno della societa’, "en signe de guerre", come aveva annotato in un carnet durante il primo conflitto mondiale riportando una frase di Renan ("Ce qu’on dit des paisibles etudes et des temples sereins de la science est un honnete lieu commun. Non, nous sommes poses en
"signe de guerre, et la paix n'est pas notre sort"; la citazione si trova in un carnet ancora inedito concesso gentilmente dal professor Massimo Mastrogregori), ma per diffondere le "virtu'" della storia senza mettersi al servizio di una causa politica specifica.
21* In verita' poi lo stesso Bloch, con piu' o meno successo, cerchera' delle forme di intervento politico piu' dirette, non perche' col tempo venisse meno (questo non accadra' mai) la sua fiducia verso questa forma cosi' particolare di intendere il valore politico del mestiere di storico, ma perche' piu' volte gli eventi nel corso degli anni Trenta lo indussero quantomeno a pensare un impegno piu' esplicito e immediato di quello che poteva essere condotto con le armi della storia.
Senza addentrarci nelle riflessioni blochiane sulla politica francese (di cui precisa e documentata testimonianza e' costituita sia dalla corrispondenza con Febvre - M. Bloch et L. Febvre,