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All'interno di queste ripartizioni principali se ne hanno molte altre caratterizzate da proprie
peculiarità dottrinarie e localizzate in differenti zone dell’immenso arcipelago musulmano.
Le prime fratture interne al mondo islamico si manifestarono subito dopo che Muhammad -
Maometto - ebbe compiuto l'opera di unificazione del popolo arabo creando una comunità di fedeli
legata dalla stessa religione: la Umma.
Sono due processi distinti, ma che per certi periodi e in certi contesti si sono incrociati e
sovrapposti, l’arabizzazione e l’islamizzazione. I processi di arabizzazione sono quelli che si sono
irradiati da quel contesto geografico ed etnico anche indipendentemente e molto tempo prima della
comparsa della religione islamica, ma che hanno poi influito in maniera determinante sui tempi e
sugli ambiti della sua diffusione iniziale. L'Islam è la religione nata dalla predicazione di Maometto,
che nelle sue prime fasi di propagazione si saldò e diede un impulso unitario all'esigenza delle tribù
nomadi del deserto arabico di trovare nuovi spazi e risorse verso le aree agricole della
Mesopotamia, della Siria e dell'Egitto.
Muhàmmad era nato alla Mecca intorno al 570 da un ramo secondario della tribù dominante dei
Qurayshiti, ma essendo rimasto orfano del padre ancor prima della nascita, fu affidato alle cure del
nonno paterno e di uno zio. Crebbe nell'ambiente dei mercanti dai cui racconti apprendeva le notizie
su lontane terre, sulle culture diverse degli ebrei e dei cristiani sul loro dio unico e sui suoi grandi
profeti. Con esponenti del giudaismo e del cristianesimo ebbe poi contatti diretti sia alla Mecca sia
durante i viaggi che effettuò dapprima al seguito e poi come guida di carovane dirette in Siria. Dopo
aver lavorato per una delle imprese che gestivano e realizzavano queste spedizioni, ne sposò la
proprietaria, la vedova Khadija.
Nel 610 durante una veglia in una grotta del monte Hira, gli apparve l'arcangelo Gabriele che gli
intimò di farsi il portavoce della parola di Dio, recitando le sue rivelazioni. Cominciò così la
trasmissione - che sarebbe durata per i restanti 23 anni della sua vita - delle 114 sure che avrebbero
composto il Corano. Nel 620 visse un viaggio mistico dalla Mecca a Gerusalemme che rivela i
legami della nuova religione con quelle del ceppo abramitico. Fu portato da una cavalla alata dal
volto di donna sopra la roccia su cui Dio aveva fermato la mano di Abramo in procinto di
sacrificargli il figlio Isacco. Da qui, sempre scortato dall’arcangelo Gabriele, salì uno per uno i sette
cieli, incontrando i profeti principali che lo avevano preceduto: Mosè, Gesù, Abramo e Adamo, che
per l’Islâm è il primo profeta. Al di là del settimo cielo oltrepassò i veli che nascondono ciò che è
celato e vide ciò che non si può esprimere né immaginare. Egli era dunque un profeta, un inviato
dall'unico Dio alle genti arabe, le quali finalmente come gli ebrei, i cristiani e gli zoroastrani,
stavano ricevendo il dono della parola divina.
Il Corano costituiva il compimento definitivo affidato a Maometto, l'ultimo, il più perfetto, il
"sigillo" dei profeti.
Alla ristretta cerchia della famiglia e degli amici da cui aveva avuto incondizionata
adesione, il suo messaggio si rivolse agli ambienti meccani più sensibili alle esigenze di
rinnovamento dei vecchi culti, ma incontrò la crescente ostilità di quelli conservatori, in particolare
dell'aristocrazia Qurayshita. All'incredulità, alla derisione e all'isolamento, il Profeta rispose
allacciando stretti rapporti con alcuni componenti della comunità che abitava l’oasi di Yathrib che,
avendo accolto con fervore il messaggio di Maometto, gli offrirono la propria sottomissione. Fu
così che di fronte alle persistenti opposizioni meccane, egli nel settembre del 622 decise di migrare
coi suoi sostenitori a Yathrib, che da allora si sarebbe chiamata Medina, "la città del Profeta". Da
quel trasferimento, l'égira, ebbe inizio l'era islamica. Per sancire la fondazione della nuova
comunità, Maometto ne codificò i principi ispiratori che, rinnegando i vecchi legami di sangue, si
basavano sull'unità e la solidarietà degli aderenti alla fede di Allah.
Nell'assumere caratteri e comportamenti propri, la comunità dei sostenitori del Profeta finì col
distinguersi e porsi in conflitto con i gruppi ebraici e cristiani presenti a Medina.
Attribuendo l'edificazione del santuario panarabo
della Mecca ad Abramo e ad Ismaele, il suo culto veniva assunto nella nuova fede sfrondandolo dal
suo carattere idolatrico e finiva col conciliare un aspetto ancora vitale della tradizione araba con la
nuova fede.
Dopo l'isolamento a cui avevano sottoposto il Profeta e i suoi seguaci alla Mecca i Qurayshiti
cercarono di soffocarne la comunità col sistematico aggiramento di Medina da parte delle carovane
che un tempo vi facevano tappa. Fu così che, per procurarsi il sostentamento, i primi musulmani
fecero ricorso all'antica arma beduina della razzia, intercettando e assalendo i convogli che
facevano capo alla Mecca. In questi scontri di piccola entità vi era però già il germe di quella che
sarebbe diventata la Guerra Santa, il Jihad. Nel 624 lo stesso Maometto guidò i suoi seguaci
all'assalto di una grande carovana scortata e soccorsa da cospicue scorte armate meccane. L'esito
della piccola battaglia di Badr a favore degli assalitori islamici a dispetto delle soverchianti forze
nemiche fu considerato la prova dell'intervento di Allah a fianco dei suoi sostenitori.
La visita alla Mecca (629) valse a procurargli nuove adesioni anche tra gli alti dignitari locali e poi,
superate le ultime resistenze, a preparare il rientro trionfale nella sua città natale l'11 gennaio del
630. In tale occasione egli volle compiere un gesto estremamente significativo, recatosi alla Ka'ba
ne infranse tutti gli idoli, tranne la "pietra nera" in cui si perpetuava così la sacralità dell'edificio con
l'implicito riconoscimento alla Mecca dell'attributo di città santa, meta dei pellegrinaggi anche nella
nuova fede. In pratica con quel gesto, si saldava il passato al futuro, rendendo fondamentale anche
nella nuova religione la pratica del pellegrinaggio. La sede di Maometto rimase tuttavia a Medina.
Tra il 630 e il 632 il messaggio del Profeta si diffuse nel resto dell'Arabia, vincendo le resistenze
delle comunità ebraiche e cristiane delle oasi e delle città del nord e delle più tenaci tribù nomadi e
portando alla quasi totale islamizzazione dell'intera penisola.
Nel 632, nell'imminenza della sua
morte, Maometto compì l'ultimo pellegrinaggio alla Mecca e tenne ad un’immensa folla un discorso
in cui tracciò il bilancio della sua missione terrena, constatando come finalmente le genti arabe
erano state unite nella fede in Allah.
Lasciava al suo popolo una religione semplice e accessibile a tutti, senza sacramenti e senza
sacerdoti, con un credo basato su due sole verità: non esiste altro dio che Allah e Maometto è il suo
profeta. Tale professione di fede implicava d'altronde l'impegno di ogni musulmano a combattere
per diffondere l'Islam anche a costo della vita; chi fosse caduto nella guerra santa, il Jihad, sarebbe
stato chiamato shahid e avrebbe avuto accesso immediato al paradiso, senza dover attendere come
gli altri fedeli il Giudizio Universale.
I cinque doveri fondamentali o "pilastri" su cui si fonda l'adesione all'Islam sono:
1) la professione di fede nel Dio unico;
2) la preghiera da compiersi cinque volte al giorno col capo rivolto alla Mecca;
3) il digiuno nel mese di Ramadan, con l'astensione di ogni cibo o bevanda durante tutto il giorno;
4) l'elemosina a fini umanitari;
5) il pellegrinaggio alla Mecca da compiersi almeno una volta nella vita.
Benché Maometto fosse insostituibile, essendo stato l'ultimo dei profeti, l'esigenza di continuarne
l'opera di diffusione della parola di Allah imponeva anche quella di nominare un suo vicario
(=khalifa, califfo). Tra i vari pretendenti vi erano i componenti della comunità islamica originaria
("compagni dei giorni dell'Egira"), a cui si opponevano coloro che si richiamavano alla discendenza
legittima (leggitimisti). Dapprima prevalse il criterio elettivo dei primi, con cui furono designati
quattro califfi successivi: Abu Bakr (632-634) e Omar (634-644), entrambi "compagni" del Profeta,
Othman (644-656) dell'aristocrazia qurayshita degli Omayyadi e infine Alì (656-661), cugino e
genero di Maometto. Con lui giungeva al califfato il partito legittimista con cui si sarebbe
perpetuato il califfato ereditario.
Ad attenuare l'iniziale forza espansiva dell'Islam contribuirono anche i primi gravi conflitti interni.
Gli attriti che si erano manifestati in merito all'elezione dei vicari del profeta e che erano stati
abilmente tenuti a freno dai primi due califfi, si trasformarono in scontro aperto quando Alì si
oppose alla designazione del terzo califfo elettivo Othman per la sua appartenenza a quel gruppo
mercantile degli Omayyadi che era stato fino all'ultimo ostile a Maometto. Anche i Qurrà, i
recitatori del Corano di estrazione popolare, erano contrari all'elezione del nuovo califfo, perché
sintomo della crescente invadenza dei gruppi dominanti in campo economico. Othman per
dimostrare la sua ortodossia fece uniformare e scrivere le rivelazioni divine ricevute dal profeta,
fino ad allora trasmesse oralmente o attraverso scritti frammentari di incerta derivazione, fissando
così il Corano ufficiale: sul riferimento a tale testo nasceva quella versione dell'islamismo che sarà
poi chiamata sunnita, ma ciò non fu sufficiente a placare il malcontento popolare, che nel 656
sfociò in rivolta e nell'uccisione del califfo. Dello sdegno suscitato seppe approfittare Alì che, dopo
aver contestato la validità del Corano nella versione di Othman, dando così vita alla corrente sciita,
divenne il nuovo califfo. Dovette però fare i conti con l'intransigente opposizione degli Omàyyadi,
in particolare del governatore di Siria Muàwiya. Al termine di uno scontro armato che stava
vedendo prevalere Alì, gli Omàyyadi ottennero di poter sottoporre la questione ad un giudizio
basato su precetti del Corano, col quale Alì fu destituito. Il suo tentativo di resistere dopo essersi
trasferito a Kufa in Iraq, fu vanificato da una scissione in seno ai suoi sostenitori da parte di ribelli, i
kharigiti, che gli contestavano di essersi allontanato dalla causa di Allah per sete di potere personale
e che non volevano accettare i te