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L’ORDINAMENTO PUBBLICO NEL REGNO DEI FRANCHI E NELL’IMPERO
CAROLINGIO
I regni dei Franchi
• Re: stirpe sacra dei merovingi (da Meroveo antenato di Clodoveo)
• Funzionari pubblici: duchi, conti e maestri di palazzo
• Protezione dell’episcopato e riforme del clero
• Potenza politica e militare dei Pipinidi, maestri di palazzo
• Potenza locale delle aristocrazie e patrimonializzazione delle cariche
• Degrado morale dei vescovi
I Pipìnidi
• Pipino di Landen, maestro di palazzo di Austrasia (morto nel 640)
• Pipino di Héristal, maestro di palazzo di Austrasia e poi di Neustria
• Carlo Martello, maestro di palazzo di Austrasia e Neustria (732/733 vittoria Poitiers)
• Pipino il Breve, re dei Franchi nel 751, consacrato dal papa 754
• Carlo Magno, re dei Franchi 768
L’espansione dei Franchi sotto i Pipìnidi
710-740 Successi di Carlo Martello contro gli Arabi, Frisòni, Sassoni (all’esterno) e Neustria,
Aquitania,
Alamanni e Bàvari (all’interno)
754 Attacco di Pipino il Breve al regno dei Longobardi (in difesa della chiesa romana)
768-814 Conquiste di Carlo Magno e conversioni forzate di Sassoni e Alani
774 Conquista del regno dei Longobardi
800 Carlo Magno è incoronato imperatore
Ricordare i motivi del successo dei Pipìnidi:
• La simbiosi tra episcopato e aristocrazia militare (tradizione franca fin dai tempi di
Clodoveo VVI
sec.)
• I successi militari all’esterno grazie alle clientele vassallatiche: contro
gli Arabi, Frisòni, Sassoni, Alàni, Longobardi; all’interno: contro Neustria, Aquitania (gli
altri
due regni franchi), Alamanni, Bàvari.
• L’alleanza con il Papato di Roma (Pipino il Breve incoronato re (751), Carlo Magno
incoronato
imperatore (800).
- I poteri del conte
Lo “stato” carolingio dell’VIII e IX secolo, era amministrato da funzionari locali, i comites
(conti) rappresentanti diretti dell’imperatore nelle circoscrizioni territoriali loro affidate, i
comitatus (contee). I poteri del conte possono essere riassunti nella formula hoste, via ac
placito (esercito, strada e assemblea giudiziaria): hostis raduna l’esercito in risposta al banno
regio e mantiene l’ordine pubblico; via amministra le proprietà fiscali nella contea e cura la
manutenzione delle “strutture” pubbliche (mura, strade, ponti); placitum amministra la
giustizia. Il conte, non è affatto paragonabile ad un funzionario statale di oggi; egli non aveva
una formazione scolastica e professionali e non aveva a disposizione un complesso omogeneo
e non contraddittorio di norme che delimitassero i suoi compiti, ma solo provvedimenti slegati
tra loro. Il conte carolingio era semplicemente un guerriero e le sue competenze di
semplificavano nel dare ordini e farli rispettare. Viveva e governava in un contesto che si
basava sull’oralità, sui rapporti personali. Il suo “stato” era fatto di persone e di forza militare.
Non esiste un sistema fiscale che convogli le entrate pubbliche dalla periferia al centro.
L’imperatore e i suoi ufficiali hanno diritto all’albergaria (ospitalità), al fodro (vitto) – una
forma di esazione fiscale che si concretizza nel consumare le risorse sul posto. Altre entrate
sono le multe giudiziarie e le imposte sui commerci.
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- Distinzione tra comitatus e beneficium
Il comitatus era una circoscrizione territoriale su cui il conte esercitava poteri pubblici; il
conte era un ufficiale pubblico dell’imperatore e la sua carica poteva essere revocata. Egli
poteva essere un vassallo dell’Imperatore (vassus dominicus).
Il beneficium era una proprietà terriera (con annesse strutture e contadini). Il vassallo la
riceveva in godimento a vita ma, nello stesso tempo, non aveva poteri pubblici su di essa.
I poteri del conte sono ambigui poiché è possibile confondere tra loro i patrimoni posseduti a
titolo diverso.
- La composizione dell’esercito carolingio
I capitolari erano delle leggi che l’imperatore inviava ai suoi conti, scritte dai pochi letterati
del tempo (ecclesiastici o monaci), i quali erano gli unici ad utilizzare la parola pubblico. Sono
detti ecclesiastici i membri della Chiesa, in particolare sacerdoti e vescovi. I monaci e le
monache sono invece laici che decidono di consacrare la propria esistenza alla preghiera, da
soli o in comunità sempre però in una situazione di isolamento dal mondo, al fine di elevarsi
spiritualmente fino a Dio (ascesi). I monaci non erano necessariamente sacerdoti. I frati e le
suore sono diversi da essi, poiché appartengono a ordini religiosi nati a partire dal XII secolo:
essi, si riuniscono nei conventi e non nei monasteri ed erano attivi come predicatori o come
testimoni di una vita ispirata al vangelo e fondata sulla povertà. Nel Capitolare dell'808 viene
descritta la “chiamata” all’esercito in direzione degli uomini liberi aventi benefici o allodi.
Rappresentazione falsa della piramide feudale
- I grandi del regno
Essi possiedono grandi latifondi e sono il punto di riferimento di masse di contadini; sono
guerrieri (tranne i religiosi) e hanno delle clientele armate. Essi stringono una relazione con
l’imperatore e con il suo entourage per un legame pubblico (conti), personale (vassalli), di
amicizia o collaborazione (religiosi). 2
- L’ambiguità delle istituzioni politico-ecclesiastiche
L’uso carolingio delle strutture ecclesiastiche a fini di ordine sociale e politico e di promozione
culturale, si tradusse, nell’età di Ludovico il Pio e dei suoi successori, in un tale impegno di
sviluppo ecclesiastico, da ridurre sensibilmente l’autonomia del potere imperiale. L’impero si
trasformò in un’organizzazione di episcopi e di abbazie protetta militarmente dai carolingi e
dai loro vassalli: ciò irrobustiva l’apparato episcopale che, già imperniato istituzionalmente su
stabili sedi vescovili e metropolitiche e integrato spiritualmente e intellettualmente dalle sedi
monastiche, indeboliva la gerarchia degli ufficiali pubblici tenuta insieme soltanto dai vincoli
tradizionali di una fedeltà clientelare, compromessa periodicamente dalla concorrenza dei
carolingi nell’attrarre a sé i personaggi potenti. La persona del re diveniva il punto di incontro
e di irradiazione delle influenze ecclesiastiche; per questo motivo, la Chiesa mirava ad un
normale funzionamento del potere regio nei contrasti fra i carolingi, ristabilendo la concordia
nell’impero. Il momento innovatore nella compenetrazione fra regnum e sacerdotium sta
nella crescita intellettuale dell’episcopato e nello sviluppo degli studi monastici in una
prospettiva non soltanto di storia della cultura ma anche per la storia delle istituzioni e del
funzionamento sociale. Nel IX secolo, quindi, l’egemonia ecclesiastica era tutt’uno con una
indiscussa supremazia culturale: le gerarchie religiose si reclutarono dall’aristocrazia militare
e il coinvolgimento del ceto ecclesiastico colto nella potenza del principe e del ceto guerriero
si affermò come strumento di riflessione sul problema istituzionale e di orientamento verso
nuovi esperimenti di convivenza politico-sociale.
CONTRADDIZIONI:
• La riflessione sulle strutture del potere suggerisce un riordinamento fondato su
un’accentuata centralità regia da includere in essa anche le istituzioni religiose: il re
come vicario di Dio disciplina le chiese non meno che i nuclei militari e le popolazioni
civili con una continua attenzione all’insegnamento episcopale (capitolare
ludovicano dell’825: è lo sviluppo di tendenze vive già nelle esperienze visigote e
nelle precedenti franche, per cui mentre i vescovi erano considerati “ottimati” del
regno, il regno a sua volta, riteneva normale intervenire sugli ordinamenti ecclesiastici).
Una distinzione molto netta tra i due poteri fu formalizzata alla fine del V secolo in
Roma da papa Gelasio I che, di fronte all’imperatore d’Oriente affermò la dualità dei
poteri che reggono il mondo, l’autorità episcopale e la potestà regia, e precisò che l’una
non dovesse implicarsi nelle cose del “secolo” e l’altra non dovesse presiedere alle cose
“divine”. Ciò contrasta non solo con l’esperienza del mondo latino-germanico ma anche
con la realtà dell’impero tardo antico quando l’episcopato usava chiedere al principe la
convocazione dei grandi concili e altro offrendo la più spontanea collaborazione al
mantenimento della pace e dell’ordine.
• La finalità religiosa perseguita dall’episcopato coinvolgeva l’intera vita terrena, la
salvezza annunziata dai sacerdoti implicando l’osservanza di una legge morale
operante in ogni momento della condotta umana. L’ordine pubblico perseguito dal
principe, era interpretato come attuazione di una concordia o di una giustizia civile,
ricche di valori morali. Questo, però avveniva in antico; la questione del tardo impero
era perseguita nell’organizzazione di mezzi diversi per raggiungere fini, non nel
perseguimento di essi che, nel caso del principe erano i mezzi coercitivi
dell’ordinamento pubblico e nel caso dei vescovi, la predicazione e le sanzioni di
carattere penitenziale.
• Dopo la scomparsa di Carlo Magno, al programma accentratore dei chierici di corte che
nell’825 ispirarono Ludovico il Pio il capitolare d’impronta teoretico-imperiale, si
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