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Francia meridionale), fu indetta nel 1208 e si concluse l’anno successivo con lo

sterminio della popolazione locale, oltre che a quello degli eretici, dove i cavalieri

riuscirono non solo a trovare gloria ma anche beni materiali. Nel 1179, con il

concilio Lateranense III, i benefici previsti per i Crociati, furono estesi anche a

coloro che si sarebbero accollati il compito di stroncare l’eresia (canone Sicut ait),

così ancora una volta, motivi ideali e motivi materiali si intrecciarono.

La crociata contro i catari, denota una risemantizzazione del concetto di eresia e di

quello della stessa crociata: la disobbedienza della Curia stessa, venne etichettata

come eresia, realizzando pienamente l’ideale dell’infallibilità papale di stampo

gregoriana e sfruttando la condanna spirituale trasformandola in strumento di

persecuzione politica.

Nel 1184, inoltre, fu emanata la decretale Ad abolendam e nel 1199 la

Vergentis in senium, per le quali veniva ancor più radicalizzata l’estensione dei

benefici ai soppressori dell’eresia.

I poveri di Lione: la predicazione di Valdo di Lione

• Il movimento sull’esempio della predicazione di Valdo, volto ad uno stile di vita

povero, nacque circa un decennio prima del 1184. In un primo momento, no fu

ostacolato dalla Chiesa poiché si presentava anticataro poi però, Valdo ebbe

problemi con Roma. Il suo movimento continuò facendo appello ad alcuni versi

degli Atti degli Apostoli, in cui si diceva di ascoltare Dio e non gli uomini. La

predicazione ebbe successo a Lione, nell’area lombarda e in Alamania.

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Nel 1218, fu organizzato un incontro tra tutti coloro che ritenevano

rappresentare uno dei tre tronconi del movimento valdese ma, nello stesso

tempo, Innocenzo III riuscì ad accapparsi l’obbedienza di due gruppi valdesi. Da

quell’incontro uscirono due gruppi differenti di valdesi che scomparvero di lì a

poco. I cosiddetti umiliati, sfuggirono alla condanna di eresia quando fu superato

il contrasto tra gerarchia ecclesiastica e movimento religioso, dimostrando che,

nel caso in cui non venisse messa in dubbio l’autorità papale, la vita ispirata ai

Vangeli non doveva obbligatoriamente smarrire la via dell’ortodossia. Infatti,

molti predicatori fermamente contrari alla supremazia politoc-giuridica del

pontefice, radicalizzavano di conseguenza anche le loro dottrine e dall’altro lato,

il papato di Innocenzo III tentava di collocarli ufficialmente nell’istituzione

ecclesiastica. 3

L’ordine dei Predicatori e dei Frati Minori

• Furono questi due ordini ad accettare la subordinazione ai dettami del Papa e a

venire ufficializzati: la loro vicenda rappresenta l’esempio più evidente di come

dei movimenti nati in seguito all’opposizione con la Chiesa, alla fine vengano

disciplinati ad aderire all’ideologia che prima avevano tanto contestato.

L’Ordine dei Frati Minori, come quello Domenicano, nacque nei primi anni del XIII

secolo, in seguito alla predicazione del mercante Francesco d’Assisi. Data la sua

fede nel sacramento eucaristico e il rispetto verso la figura sacerdotale, riuscì a

guadagnarsi l’approvazione della Chiesa. Così il movimento raccolse

innumerevoli fedeli ma già dal 1226, anno in cui morì il fondatore, il movimento

era già diverso da come lo aveva inteso Francesco: esso si fratturò tra

spirituali che erano decisi a seguire fino in fondo i dettami pauperistici di

Francesco, scegliendo di vivere come mendicanti e trarre dall’elemosina il

proprio sostentamento, e i conventuali che erano più propensi a proseguire

secondo le regole imposte da Roma, quindi intendevano adeguarsi ai processi di

istituzionalizzazione e di conventualizzazione, venendo meno all’intento di

Francesco.

Nel 1274, durante il concilio Lateranense II, fu presa la decisione di

accorpare tutte le esperienze religiose spontanee ai principali movimenti

evangelici approvati dalla Chiesa.

Bisogna inoltre ricordare che tra il 1120 e il 1240, Federico II redisse una

legislazione antiereticale, definendo i compiti e le prerogative dell’ufficio

inquisizionale, dapprima diretti dal legati papali e poi dagli Ordini Francescani

(conventuali) e Domenicani, che divennero violenti inquisitori.

Da queste dinamiche si evince l’intenzione del Papato che, dopo il conflitto con gli

Svevi, verteva porsi come una potenza universalistica di tipo religioso e politico in

maniera pervasiva; di conseguenza, la sfera spirituale e quella politica, si

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confondevano sempre più, e ogni cosa della Curia Romana fu condizionata

dall’elemento politico.

La tendenza di intolleranza si radicalizzò tra i secoli XIII e XIV: un esempio di

scomunica inflitta per motivi meramente strumentali, è quella di Galeazzo Visconti

poiché egli riteneva legittima la poligamia, ma in realtà questo provvedimento fu

preso alla luce del fatto che era ghibellino.

La Chiesa, quindi, era alla ricerca di una nuova autenticità dopo la crisi del X secolo,

così si sovrapposero lotte religiose e morali con quelle animate da intenti politici e

dunque interessi materiali. Da ciò, si può evincere che soltanto coloro i quali si fossero

adattati alle regole imposte dalla Chiesa, potessero sopravvivere.

La supremazia papale venne affermata ancor di più dalla lotta contro l’eresia e contro

il potere imperiale; inoltre, attraverso l’operato degli ordini monastici, la Chiesa riuscì

a disciplinare la popolazione e a volte anche famiglie potenti e prestigiose che

avessero aderito a tali movimenti, veri e propri anelli si congiunzione tra fedeli e

gerarchie ecclesiastiche.

- Il rapporto tra istituzione ecclesiastica e potere pubblico

La convergenza di potere ecclesiastico e potere politico della tradizione secolare si

attuava attraverso legami tra corti regie ed episcopati a livello locale. Quando il

potere del papa si rafforzò, dal secolo XI, i rapporti col potere politico si trasformarono

in continui compromessi per cui i centri di potere intendeva esercitare la propria

ingerenza nell’elezione dei prelati, dato che la Chiesa era pur sempre uno strumento

di governo sulla società, e l’istituzione ecclesiastica, in quanto priva di una forza

armata, intendeva costringere il potere politico a intervenire a suo favore, nella

repressione delle eresie, o più semplicemente nel caso in cui fosse necessario punire

gli insolventi che non pagavano le decime.

Per quanto riguarda l’inquadramento delle popolazioni, tra Chiesa e potenze secolari,

c’era sempre stata collaborazione e solidarietà, tuttavia conflitti erano generati da un

processo ideologico di reciproca integrazione:

L’ambiguità persisteva in seguito a un retaggio ideologico altomedievale, secondo cui

il regnum deve assumere caratteristiche politiche e religiose intervenendo nelle

vicende dell’istituzione ecclesiastica.

Nel Basso Medioevo, la veste soprannaturale della carica regia, accrebbe la sua

sacralità dato che molti monarchi erano considerati dotati di poteri taumaturgici.

Queste ambiguità di fondo hanno caratterizzato i conflitti che hanno visto come

protagonisti i rappresentanti del potere pubblico e quelli del potere ecclesiastico.

Il caso inglese

• Nella seconda metà del XII secolo, avvenne uno scontro tra re Enrico II

Plantageneto e il suo ex cancelliere (arcivescovo di Canterbury), Tommaso

Becket. Quest’ultimo non volle sottoscrivere le costituzioni di Clarendon del

1164, in quanto ridimensionavano considerevolmente le autonomie episcopali.

Becket fu esiliato ma al ritorno (1179) ribadì le sue posizione e fu assassinato

nella cattedrale di Canterbury. Intervenne Alessandro III che riuscì solo a limitare

l’influenza della giurisdizione regia sui vescovi e a ripristinare i loro poteri di

scomunica sui vassalli regi. In seguito, il vescovo di Ely, legato papale, esercitò il

suo potere in seguito all’assenza di Riccardo Cuori di Leone, ma l’episcopato

reagì efficacemente e rifiutò persino l’abolizione da parte di Innocenzo III della

magna Charta del 1215: i prelati volevano essere autonomi da re, ma non dal

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regno, ed è per questo motivo che hanno difeso la Magna Charta che difendeva

l’aristocrazie laica ed ecclesiastica.

Enrico III, continuò ad istaurare rapporti con la Chiesa, per ottenere l’appoggio

del Papa contro i francesi, mentre la chiesa anglosassone si emancipava sempre

più da Roma grazie all’azione dei prelati e degli ordini mendicanti. È così che la

lotta tra ordinamento pubblico e Curia Romana, si risolse nel rapporto

vassallatico che avrebbe legato la corono alla Chiesa.

Il caso inglese, quindi, mostra l’intenzione della Curia di proporsi come unica e

universalistica istituzione del governo degli uomini.

Il caso tedesco

• Federico II, quando nel 1221 si trasferì in Sicilia, procurò grandi preoccupazioni

al Papato che, già dal tentativo di suo nonno (Federico I Barbarossa), era

diffidente riguardo all’inquadramento dell’Italia sotto l’Impero e che dunque

tentava continuamente di imporre la sua approvazione e consacrazione della

scelta dell’imperatore. Il conflitto fu vinto dal Papato, grazie all’operato di

Gregorio IX e Innocenzo IV e alle continue decisioni operative in Germania:

Federico II era ancora influenzato dall’antica tradizione che vedeva la figura

dell’imperatore investita anche dall’autorità religiosa. Egli, quindi, si impegnò

non solo nell’accaparrarsi l’appoggio dei principi europei contro il potere della

Curia, ma combatté anche con l’arma ideologica, portando avanti una riforma

ecclesiastica sul modello della chiesa primitiva. Tuttavia, gravi pericoli

incombevano sulla cristianità, tra cui l’invasione mongola, la perdita di

Gerusalemme, la ribellione anticristiana in Prussia, di cui però si occupò la

Chiesa nel Concilio di Lione (1245-Innocenzo IV) ed è in quell’occasione che

l’Imperatore fu deposto e il regno di Sicilia fu affidato dal Papa ai grandi elettori

tedeschi per leggere un altro imperatore e Federico II morì nel 1250, sconfitto.

La vittoria del Papato, rappresentò dunque un periodo di incredibile debolezza

dell’istituzione imperiale (la corona rimase vuota dal 1250 al 1273).

Il caso francese

• Nel 1296, Bonifacio VIII condannò Filippo il Bello per aver deciso di imporre tasse

al clero senza prima aver ottenuto il consenso papale. Di contro, Filippo vietò

l’esportazione di oro e argento cosicché le rendite papali non potevano giungere

a Roma. In questa prima fase, Filippo ne uscì vincitore.

Nella seconda fase, inizia

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Publisher
A.A. 2012-2013
7 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cricetina93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Senatore Francesco.