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Omayyadi, Sunniti (da Sunna detti ad esempi di Maometto) la quale autorità fu contestata
dai discendenti di Alì, che si fecero chiamare sciiti (=appartenenti allo shi’a ossia il partito di
Alì, che riteneva legittima la successione a Maometto solo dei discendenti del cugino e genero
di Maometto. Questo partito, travagliato dai vari conflitti interni, sviluppò nel tempo una
propria visione della fede, nella quale avevano spazio le idee di sofferenza e martirio).
Caratteristiche del califfato omayyade
Nonostante lo scisma, gli Omayyadi, mantennero coeso l’Impero, la cui capitale fu posta a
Damasco, in Siria, città fortemente ellenizzata (imitazione dell’apparato amministrativo e
“cortigiano” bizantino, sincretismo etnico e culturale). Questa nuova dinastia era anche
interessata a proseguire l’opera di espansione dell’Islam: nel 711, i Visigoti furono sconfitti
nella penisola iberica e furono conquistati i territori del bacino dell’Indo e della Transoxania
(Samarcanda). L’impatto della cultura ellenistica è ancora più forte, prendendo in
considerazione l’universalismo monoteistico inquadrato in un dominio politico mondiale
definitivo arabo. Le mire espansionistiche arabe, però, ebbero un freno da parte del regno dei
Franchi, ma anche dall’Impero bizantino e il regno buddista, induista tibetano e cinese, oltre il
Gange. Iniziò a farsi sentire l’immensa difficoltà a gestire un’entità territoriale così vasta e
discontinua. 2
La flotta, fu un grande mezzo di comunicazione appreso dai bizantini. Essi riuscirono a
difendere Creta, la Sicilia e la Sardegna dalle incursioni arabe, costringendoli a rifugiarsi nella
sicura di Tunisi, dato che Cartagine era troppo esposta. Si susseguirono reciproche incursioni,
la più grave quella di Costantinopoli nel 717 quando gli arabi fecero convergere le truppe di
terra dall’Ellesponto attraverso l’Asia Minore e la Tracia con la flotta attraverso l’Egeo,
l’Ellesponto e il Mar di Marmara.
Leone III riuscì a sconfiggerli grazie a un’arma segreta, il “fuoco greco” una materia
esplosiva che annientò la flotta araba. Questa vittoria, fu decisiva insieme a quella fatta da
Carlo Martello a Tour-Poitiers nel 732 o 733, che frenò l’espansione araba. La notorietà di
quest’ultima battaglia, è da attribuire alla propaganda pro-carolingia degli intellettuali di
corte, una propaganda che ha continuato a trovare terreno fertile nella cultura cristiana
occidentale.
L’Impero bizantino, perse il controllo della zona balcanica, dove già dal VI secolo, penetrarono
Slavi e Bulgari, i quali stanziandosi non riconobbero la supremazia bizantina. Gli Avari,
provenienti dalla Pannonia, nell’Illirico e nell’Adriatico, tagliano i collegamenti tra l’Impero e i
territori italici. Da qui, Oriente e Occidente intrapresero due strade separate.
- L’Impero bizantino in difficoltà e la lotta contro l’iconoclastia
Dopo Eraclio, VII-IX secolo, in una costante pressione da parte degli Arabi, Slavi e Bulgari in
Grecia e dei Longobardi in Italia, le truppe furono spostate dai confini al cuore delle regioni a
rischio e la struttura amministrativa fu riorganizzata in temi al cui comando c’era uno
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stratego che ricopriva sia una carica militare che civile-amministrativa: era ormai finita la
netta separazione di queste due sfere di responsabilità.
Per quanto riguarda il criterio di reclutamento, anche esso cambiò, dal momento in cui, il
problema della colonizzazione e della difesa del territorio furono risolti nella scelta di soldati
tra la popolazione regionale a cui venivano assegnate terre nei temi più soggetti a pericoli.
Nacquero, così, delle vere e proprie realtà autonome dove organizzazione politica e militare si
intrecciarono.
Malgrado le difficoltà in ambito politico e militare, la dinastia isaurica (Leone III e i suoi
successori), intraprese anche un dura lotta contro gli idolatri: gli imperatori erano
fermamente convinti di dover preservare l’ordine cosmico inquadrato nel Cattolicesimo e nella
razionalità civile. L’ iconoclastia, però, era ritenuta una proibizione troppo insopportabile agli
occhi del popolo, senza dimenticare che la cultura cristiana ha sempre coltivato l’arte
figurativa e dato enorme importanza alla percezione visiva. Questo culto, però, è stato
sempre aspramente criticato, in quanto, era troppo frequente la confusione tra l’adorazione
della divinità e quella dell’immagine ritratta. Questa condanna, però, fu promulgata proprio da
chi ne traeva interessi e guadagni: le immagini impietosivano il fedele così da spingerlo a
donare. Per cui, lo scopo di questa condanna verteva sulla competizione religiosa verso
l’Islam: volevano imitare l’intransigenza musulmana e ebraica per poter partecipare a quel
progetto universalistico proprio dell’Islam che prevedeva l’unità statale di politica e religione.
Nel 794, fu convocato un concilio di trecento vescovi durante il quale fu abolito il culto
delle immagini. Solo trent’anni dopo, la condanna fu revocata dall’imperatrice Irene, su
richiesta dei patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme e nel IX secolo fu restaurata
e definitivamente abolita: in quel periodo, i monasteri rischiavano seriamente di scomparire.
Le conseguenze di questa vicenda, in Occidente, furono molto importanti, infatti Roma e
Antiochia si separarono dalla Chiesa di Costantinopoli così l’Impero confiscò le proprietà
papali. Le tensioni religiose assieme alle incursioni di Slavi e Bulgari, non furono altro che un
altro tassello che allontanava sempre più il mondo romano da quello greco, spingendolo in
direzione franca.
- Zone autonome dal dominio araba e bizantino: riorganizzazione statale e istituzionale
Già prima di Eraclio, erano presenti in Italia, zone tendenzialmente autonome in particolare,
dopo la guerra greco-gotica, con l’arrivo dei Longobardi, Giustiniano aveva restaurato
l’articolazione in province, affidando all’esarca di Ravenna sia la direzione
dell’amministrazione civile, sia il comando militare e l’autorità civile. In seguito a questa
frammentazione territoriale, l’assetto sociale mutò: l’aristocrazia senatoria e molti vescovi,
furono perseguitati e i superstiti di confusero con le aristocrazie fondiarie locali nelle cui mani,
si congiunsero autorità politica e militare. Le curie municipali divennero, da strumenti di
riscossione fiscali, veri e propri centri di potere sotto il comando di un nuovo ceto della militia,
ceti possidenti investiti di potere politico e militare, da dove, fu tratta poi la forza necessaria a
opporsi alla condanna nei confronti dell’iconoclastia.
Anche la Chiesa, gestiva le proprie terre, e in particolare, Roma, alla quale furono confiscate
dall’Impero le proprietà sella Sicilia e dell’Italia meridionale, dopo la questione
sull’iconoclastia, imparò a gestire ciò che le era rimasto nei territori del ducato. Così come il
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metropolita di Ravenna, intratteneva rapporti con le famiglie aristocratiche locali, anche il
papato aveva rapporti con il ceto dirigente locale: così, ancor prima che giungessero i Pipinidi
ad assegnare ufficialmente il controllo dei territori, il ducato e l’esarcato si ponevano in
concorrenza con il potere ufficiale imperiale.
Per quanto riguarda le altre regioni italiche: la Corsica fu occupata prima dai Longobardi e poi
conquistata dai Pipinidi; il Salento e la Calabria costituirono il ducato di Calabria sotto il
controllo dello stratego di Sicilia, che rimase fedele all’Impero. Gaeta, Napoli e Amalfi erano
sotto il controllo dell’esarca di Siracusa ma si mantenevano autonome per la difesa contro i
Longobardi del ducato di Benevento; il Veneto fu colonizzato dai fuggitivi provenienti
dall’entroterra che fondarono città come Chioggia e Grado dove si intrecciarono fitte reti di
relazioni economiche sotto la figura del duca diventato autonomo nella scena politica sotto il
nome di Dux Veneticorum. Istria e Dalmazia passarono, dopo una conquista slava, sotto il
dominio franco.
- L’impero islamico dall’unità alla frammentazione
In seguito all’espansione territoriale, pur ponendo ai vertici politici e militari famiglie
proveniente dall’Arabia e pur utilizzando l’arabo come lingua amministrativa, gli Arabi, furono
molto influenzati dal sistema bizantino tanto da assorbirne i meccanismi: ciò avvenne anche
con l’integrazione dei ceti preesistenti già esperti in matera (la burocrazia bizantina) e la
tolleranza religiosa. Anche sotto un ambito prettamente militare, avvenne questa
integrazione del preesistente, infatti, la conquista della penisola iberica fu completata da
un’armata costituita dai Berberi dell’Africa settentrionale convertiti all’Islam.
A differenza che in Occidente, dove le aristocrazie colte e preparate di mescolarono con le
gerarchie ecclesiastiche, il mondo islamico era privo di casta sacerdotale e di funzionari
pubblici eletti da fedeli o dalle autorità locali: impegno amministrativo e politico coincisero al
fine di costruire un’entità governativa unitaria permeata da una fede che fonda l’identità del
popolo e che non rappresenta la supremazia dei vinti ma la solida unità di chi governa.
Il trattamento dei convertiti fu una questione necessaria da affrontare con la commistione con
le realtà locali: molti si convertirono all’Islam, poiché gli Arabi erano molto tolleranti e esattori
non troppo esosi. Sulle terre degli infedeli, gravavano imposte maggiori rispetto a quelle
pagate dai fedeli, ma comunque accettabili; si ricorda Giovanni Damasceno, maggior
teologo cristiano dell’epoca, che fu un funzionario della corte araba di Damasco. Con questo
clima pacifico, le culture locali fiorirono influenzando gli stessi arabi da far nascere, così,
insediamenti dalle caratteristiche sia arabe che romano-ellenistiche, gravitando sulle
moschee e sui mercati e dotati di un solido apparato statale. La presenza araba allora pacificò
l’area orientale, dove a causa delle guerre, i commerci con l’Occidente erano diminuiti, ma
anche le scorribande dei pirati e i continui conflitti provocati dalla mira espansionistica
interruppero le comunicazioni (tesi di Pirenne). 5
In Occidente, la situazione politica e culturale era stagnante e in Oriente, l’impero greco
doveva salvaguardare la sua stessa esistenza di contro alla reinterpretazione musulmana
della cultura ellenistica. I grandi insediamenti urbani giocano un grande ruolo nella dinamica
di integrazione con le realtà dominate attraverso la conservazione di alcuni caratteri tipici del
dominato