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Inizialmente infatti, si cercò di conciliare la coesistenza delle due confessioni,
permettendo ai taifas (nuclei di potere derivanti dalla disgregazione del califfato
di Cordova nel 1031) di restare in pace ma in cambio avrebbero dovuto pagare ai
regni cristiani ingenti tributi (parias). Questo espediente non si rivelò efficace, così
Alfonso VI di Castiglia, conquistò Toledo nel 1085, portando avanti una condotta
tollerante verso gli arabi sconfitti e fu chiamato “imperatore delle due religioni”.
Evidentemente le sue intenzioni erano in conflitto con il papato che nel 1063, sotto
Papa Alessandro II, concesse ufficialmente benefici a tutti coloro che si fossero
impegnati a supportare gli Spagnoli cristiani contro l’Islam e Toledo fu così
cristianizzata. La guerra continuò poi però, la vittoria conseguita a Las Navas de
Tolosa nel 1212, permise ai re ispanico-cristiani di sottomettere il nemico (gli
Almoravidi e gli Almohadi), ripristinando il sistema dei taifas e creando in totale
cinque regni: Leon, Castiglia, Aragona, Catalogna, Navarra e Portogallo.
La Reconquista, si presenta, dunque come un movimento complesso in cui si
mescolano ideali, interessi politici, esigenze di colonizzazione ma anche influenze
culturali come quella esercitata dalla riforma della Chiesa, la quale ha sacralizzato la
guerra.
- La crociate
Il fenomeno delle Crociate, rappresenta i risultati di una vera e propria apologia della
guerra: i fattori ideali propugnati dalle chiese, giustificarono gli interessi materiali dei
principi secolari verso nuove aree di espansione. Da un’altra prospettiva, le Crociate
possono definirsi come il fallimento del tentativo da parte dell’Occidente di operare
una colonizzazione politicamente stabile in zone lontane dai centri tradizionali di
potere: alla fine le vere vittime, non furono i musulmani, che riconquistarono le terre
ottenute in un primo tempo dai principi europei, ma l’Impero Bizantino, al quale non
furono restituite le terre di cui abbiamo appena fatto accenno e che fu addirittura
sottoposto al dominio di Venezia per un determinato arco di tempo.
Per quanto riguarda le crociate, concorrono tutti gli elementi delle tre campagne
d’espansione della cristianità, a cui si aggiungono elementi peculiari quali
l’espansione di Pica e Genova nel Tirreno e dei Normanni in Sicilia e nel Balcani che
spinsero a nuovi orizzonti al di là di quei mari verso il Mediterraneo. Inoltre, tra le
causa stabilite a posteriori, oltre alla richiesta d’aiuto da parte dell’imperatore
bizantino, si riscontra la necessità di proteggere i pellegrini diretti a Gerusalemme a
causa dell’avanzata dei Turchi selgiuchidi. I Turchi, essendo musulmani, tolleravano il
pellegrinaggio dei Cristiani (Cristo era un profeta di Allah), quindi nessun pellegrino
correva seri rischi. Il papato, quindi, decise di proclamare uno stato di guerra santa
allo scopo di salvare la Gerusalemme
terrestre (e quella celeste) dagli infedeli,
coinvolgendo le maggiori potenze europee
e i cavalieri.
Prima che la Crociata divenisse uno
spostamento di truppe professioniste in
campagne “organizzate”, nel 1096 ci fu un
movimento di fedeli definito poi come
crociata dei poveri.
Deciso a dare tregua ai conflitti intestini
nell’Europa dei particolarismi, nel 1095,
papa Urbano II, a Clermont-Ferrand,
pronunciò un vero e proprio appello in cui
invitò i cristiani a non combattersi 2
reciprocamente. In questo modo, l’ondata di crudeltà fu deviata in Oriente poiché oltre
alla richiesta di pace, il papa annunciò ufficialmente che avrebbe concesso benefici e
indulgenze a tutti coloro i quali avessero compiuto il pellegrinaggio penitenziale alla
volta del Santo Sepolcro. Questo pellegrinaggio, assunse un significato estremamente
complesso e articolato: innanzitutto un pellegrinaggio in senso stretto, ma anche uno
strumento di penitenza e redenzione, un’avventura umana e religiosa, un’occasione di
conquista di nuove terre della cui ricchezza si favoleggiava per l’aristocrazia militare e
per gli inermi.
Nel 1096, dunque, gruppi disorganizzati ed eterogenei, senza il segnale del papa,
partirono verso la “terra santa”, esprimendo il loro antisemitismo e massacrando gli
ebrei delle città renane e danubiane, per poi finire trucidati prima ancora di arrivare a
destinazione. Nello stesso anno, venne organizzata una spedizione ufficiale, al cui
comando ricordiamo Goffredo di Buglione (duca della Bassa Lorena), Ugo di
Vermandois (fratello del re fi Francia) e alcuni normanni come Boemondo (fratello di
Roberto il Guiscardo) e
Tancredi d’Altavilla. Le forze
europee si incontrarono l’anno
successivo a Nicea, poi
procedettero alla conquista di
Gerusalemme (1099),
conquistando anche nuovi
territori come la Contea di
Edessa e il Principato di Tripoli.
Come ci testimonia la biografia
del padre di Anna Comnena di
Bisanzio, gli Occidentali erano
lì in veste di falsi pellegrini
avidi di conquista.
I possedimenti conquistati dai
Crociati, non ebbero, però, vita
lunga: il fratello di Goffredo di
Buglione, riuscì a estromettere
dalla vicende il legato papale,
ma i poteri laici non riuscirono
a instaurare un organismo territoriale solido e resistente. Alla fine i musulmani
ripresero il controllo di quei territori troppo fragili, contesi tra troppe sfere di potere
concorrenti tra le quali nacque una nuova costituita dai monaci-guerrieri. Il definitivo
fallimento della Crociata fu sancito dalla ripresa di Gerusalemme nel 1187,a opera
del capo degli Ayyubidi Saladino.
L terza crociate fu indetta due anni dopo, nel 1189,e coinvolse Riccardo I Cuor di
Leone, re inglese capo della spedizione, Filippo Augusto, re di Francia e Federico
Barbarossa; quest’ultimo affogò accidentalmente durante il tragitto nel 1190. La
Crociata, si concluse ancora una volta con il fallimento delle forze europee, con
l’accordo del 1192 tra Riccardo I e il Saladino, che permetteva il libero accesso a
Gerusalemme.
Il tentativo di espansione delle istituzioni occidentali, fallì miseramente, a causa di
fattori come la discontinuità territoriale, dei regni conquistati, i conflitti e le
incomprensioni con Bisanzio e l’incapacità di trovare nuovi modelli istituzionali,
proiettando quelli tradizionali europei su una società nettamente differente. La
presenza europea si limitò esclusivamente alla fascia litoranea, dove erano situati gli
empori delle città commerciali dell’Italia.
- L’espansione nell’area slava (1108) 3
L’opera di cristianizzazione e colonizzazione delle aree comprese tra Germania e
Russia, verteva contro quelle popolazioni slave che si ispiravano ancora a culti pagani.
La vicenda ebbe inizio nel 1108, quando i principi della Sassonia orientale chiesero
aiuto in Europa contro questi slavi. La missione religiosa diede la possibilità alle
tradizioni politico-militari tipicamente europee di esprimersi pienamente attraverso
l’occupazione e lo sfruttamento delle aree in questione, rivelando interessi di
carattere economico sullo sfondo.
Le principali direttive di espansione si rivolsero verso la Polonia, l’Estonia e la Boemia,
secondo modalità simili a quelle di una crociata (all’insegna della violenza e
dell’intolleranza), e simili a quelle di una colonizzazione (fondazione di centri
commerciali e messa a coltura di nuove terre). L’operazione coinvolse tutti gli strati
sociali più influenti, così i motivi ideali e gli interessi materiali, si fusero e soddisfecero
le esigenze di tutti, del papato, dei borghesi e gli ordini monastico-cavallereschi.
- La definizione del ceto cavalleresco: una nuova cultura e posizione giuridica
L’aristocrazia di tipo militare, ha avuto nel corso di tutto il Medioevo, una posizione
egemonica nella società ed era sempre caratterizzata da una certa fluidità,
permettendo una certa mobilità sociale. Essa, nel XII e XIII secolo, fu sostituita dalla
nobiltà di diritto, conseguente all’impegno della società europea nell’XI secolo, verso
l’istituzionalizzazione delle proprie strutture. Così nacque una nuova cultura, un nuovo
sistema di valori morali, di simboli e privilegi che si incarna nella figura del cavaliere.
A rendere tale un cavaliere era soprattutto l’esercizio della violenza e il potere
personale su altri uomini (età signorile IX-XI secolo) nonché un forte legame con
l’autorità pubblica fatto di servizi di carattere militare, ma anche amministrativo,
giuridico e notarile. Col tempo, un altro elemento caratterizzante sarà l’appartenenza
ad un determinato lignaggio, dovuto all’esigenza di chiusura da parte del ceto
aristocratico-cavalleresco. Oltre al prestigio, per poter divenire cavalieri, bisognava
essere ricchi, possedere quindi beni fondiari immobili, le cui rendite consentivano il
mantenimento del miles: chi possedeva rendite, non aveva certo bisogno di lavorare,
quindi, il cavaliere poteva dedicarsi ad esempio all’allenamento delle tecniche da
mettere in pratica durante il combattimento in campo. Inoltre, la disponibilità di
denaro consente l’acquisto di un equipaggiamento completo e di qualità e il
mantenimento di un destriero e, molto sepsso, un cavaliere era accompagnato da uno
scudiero che provvedeva alla manutenzione del suo equipaggiamento: ciò creava
legami forti di natura personale e clientelare, favorendo così la nascita di folte
consorterie gravitanti attorno la figura del miles.
La principale occupazione dell’aristocrazia verteva sull’esercizio della violenza che
oltre a rappresaglie tra famiglie poteva mettere in pericolo anche le proprietà
episcopali. Per questo motivo, la Chiesa mise in atto una strategia efficace,
sacralizzando la figura del cavaliere: arricchì di simboli religiosi la cerimonia iniziatica
dell’”addobbamento”, servendosi di strumenti ideologici come la teoria dei tre ordini
di Adalberone per giustificarne l’esistenza e servendosi della loro forza per sopperire
alle carenze del potere pubblico riguardo la protezione dei più deboli.
Il compito dei miles quindi, consiste nel proteggere la societas cristiana e lottare
contro gli infedeli ed è per questo motivo che la Chiesa istituì gli ordini
monastico-cavallereschi, in modo da legare intimamente fede e vigore militare.
Coloro che preferirono non legarsi alla Chiesa, erano cavalieri di professione.
Per quanto riguarda la razionalizzazione e l’istituzionalizzazione della militia, occorre
ricordare che a fungere da forte incentivo fu la concorrenza sempre maggiore della
neonata borghesia: entrambi questi elementi determinarono la chiusura sociale. In