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Storia medievale - i beni fondiari degli ordini monastici Pag. 1
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Le relazioni tra proprietari, ecclesiastici e laici

La terra veicolava le relazioni tra i proprietari, ma anche tra gli ecclesiastici e i laici. Queste relazioni, di frequente non si sviluppavano su un piano di coerenza, ma scatenavano spesso tensioni e conflitti, in cui erano coinvolti anche beni materiali e funzioni dominative. I beni fondiari erano un dono verso il monastero i cambio di beni spirituali come: intercessione per defunti, riscatto dei peccati, compensare occupazioni illecite di terra, chiudere vertenze giudiziarie, sanare usurpazioni di diritti. Da parte monastica, invece, le concessioni di possessi ai laici volevano segnare la nascita di rapporti di fedeltà politica e militare o di un modo di relazionarsi più stretto e diretto.

I lasciti testamentari continuano ad alimentare i patrimoni delle fondazioni monastiche, a differenza di altre zone d'Italia, in cui il monachesimo era entrato in crisi, anche a causa dell'esaurirsi delle donazioni dei fedeli. Per grande parte del Duecento,

rimasero forti gli incrementi del patrimonio fondiario realizzati attraverso l'acquisto di terre. Il patrimonio fondiario dei monasteri riuniva una ricchezza che portava nel tempo i suoi risultati e a cui erano legate forme di relazionalità, di dominio sugli uomini, di offerta o di ricerca di protezione, beni dai quali non si poteva prescindere. Per provvedere però alle necessità di liquidità, era necessario convertire i proventi della terra in denaro, passaggio condizionato dall'andamento dell'economia agraria e dai tempi lunghi necessari a raccogliere le rendite in derrate e portarle sul mercato. In altre località, invece, lo sviluppo e la crescita dei centri urbani aveva creato uno sviluppo sempre maggiore anche dei mercati, a causa del maggior rifornimento di derrate alimentari, commercio in cui si erano inseriti anche gli enti ecclesiastici. In Friuli, la situazione si presentava sotto un aspetto completamente diverso.forse proprio per l'esiguità dei centri di tipo cittadino e per i tempi più lenti di sviluppo. Non pare inoltre che il contributo dei monasteri sia stato qui rilevante dal punto di vista dell'incremento dell'edilizia cittadina.

A fronte di quanto argomentato fino a questo momento, è necessario ricercare infatti i fattori contingenti gli elementi che hanno destato lo squilibrio nella situazione economica dei patrimoni monastici. Nel caso friulano, è da ritenersi decisivo il coincidere del dilatarsi dei contributi richiesti dalla Camera apostolica con una fase di confronto tra le forze patriarcali e quelle delle formazioni politiche, che assorbiva risorse umane e militari, oltre che finanziarie. Nel corso del Duecento, la Sede Apostolica impose nuove tassazioni sui benefici ecclesiastici, pressata dalla esigenza di reperire mezzi finanziari per ridare dinamicità alle Crociate e allo scontro contro la casata svevia. Per comprenderne le dinamiche,

sarà importante ricordarne solo qualche passaggio, a partire dalla richiesta del versamento della 40esima parte degli introiti e rendite in favore delle imprese della Terrasanta e la costituzione del Concilio Laterano IV che nel 1215 dispose che un ventesimo delle rendite ecclesiastiche fosse versato per tre anni alla Camera Apostolica. Abbiamo notizia della tassazione sui proventi ecclesiastici imposta nel 1247, che ci permette di stabilire con certezza quali fossero le condizioni economiche delle istituzioni religiose. A partire da un certo momento però, cominciarono a crescere le richieste finanziarie dalla Camera Apostolica, a cui si vennero ad aggiungere gli oneri imposti a livello locale e le imposizioni militari, di cui necessitava il governo patriarcale. Dalla fine del secolo la riscossione delle tasse avvenne sempre con maggiore frequenza, configurandosi come un evento non più eccezionale. Se riconsiderassimo la situazione economica precedente, potremmosicuramente osservare un grande declino della capacità contributiva dei monasteri, tra i quali la situazione peggiore si riscontra nel monastero di Sesto. Nonostante si potessero prospettare soluzioni rapide e inefficaci, il metodo migliore per agire sarebbe stato sicuramente considerare in modo più oculato l'ambito economico, ma anche cercare di sfruttare i possessi in maniera più efficiente e calibrare attentamente alcuni degli aspetti gestionali. Questo poteva comportare: da un lato, il recupero di beni sottratti o sfuggiti per incuria; dall'altro, uno stretto controllo degli introiti dovuti per impedire il ridursi delle rendite. Si vennero quindi a organizzare dei registri di censi o rotuli, che presentavano in forma sintetica la situazione di redditi e possedimenti e redditi che spettavano al monastero. In pieno Trecento, l'impostazione dei rotuli venne adattata, in modo tale da poter contemplare un calcolo preciso delle entrate.

delle variazioni, in modo tale da poter avere subito in evidenza eventuali debiti da parte dei coltivatori.

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Dettagli
A.A. 2012-2013
5 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher jessicabortuzzo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Cammarosano Paolo.