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IL FEUDALESIMO
Dopo il Concordato di Worms (1122), la concessione delle regalie ai vescovi fu ritenuta
dall’Impero una vera e propria investitura feudale: in cambio del potere temporale, il prelato
avrebbe omaggiato l’imperatore e gli avrebbe giurato fedeltà. La concessione riguardava
dunque, il conferimento della dignità religiosa e non il potere.
Prima del concordato, le donazioni iure proprietario davano in allodio beni e diritti alle chiese
e, dunque, anche il potere temporale che non era considerato “feudo”.
Il feudalesimo è l’integrazione formale delle potenze territoriali in un quadro giuridico nuovo,
di tipo feudale: la potenza pubblica andava progressivamente riorganizzandosi.
- Trasformazione del vincolo vassallatico-beneficiario (patrimonializzazione del vincolo)
In origine, il beneficio nacque come surrogato di stipendio verso i funzionari pubblici, come
una forma di retribuzione tramite l’usufrutto precario di beni fondiari e il legame era di natura
personale e fondato sulla militia (servizio militare) e sulla fedeltà del vassallo.
Successivamente, il beneficium prese il posto del servizio militare, in qualità di elemento
prioritario, costituente del legame, divenendo ereditario e commisurato alle prestazioni del
miles-vassus che riusciva a giurare fedeltà ad una pluralità di signori.
Il fenomeno della patrimonializzazione del beneficio non fu né lenta né pacifica: furono molti i
conflitti tra vassalli e seniores, tali da coinvolgere anche l’autorità imperiale, nel 1037, la
quale si espresse con l’Edictum de beneficiis emanato da Corrado II che garantì ai vassalli
minori l’ereditarietà del feudo. Corrado, intendeva sradicare i potenti signori italici dalla base
territoriale del loro potere, sottraendo dalla loro autorità le chiese e le famiglie comitali e
marchionali in precedenza sotto il loro controllo.
Inoltre, c’è da considerare un’altra trasformazione del vincolo: esso non fu più impiegato per
scopi militari ma di tipo politico in quanto gli ufficiali pubblici erano pagati con beni del fisco
proprio come i vassalli e il beneficium era rappresentato dalla carica di ufficiale, considerata
patrimonio per il fatto che da essa ne derivavano profitti di entità notevole.
Parallelamente e successivamente all’età signorile (IX-XI secolo), la diffusione di questa
pratica si aggiunse allo sviluppo dei vincoli feudali promossi dall’imperatore, poiché tanto i
milites quanto gli ufficiali trasformati in dinasti erano spinti dallo stesso motivo a
impossessarsi di beni e diritti, ovvero il desiderio di autonomia economica e politica.
Accanto alla patrimonializzazione del vincolo vassallatico-beneficiario, in età post-carolingia, si
verificò anche l’appropriazione allodiale di diritti fiscali e poteri giurisdizionali-militari, per
consuetudine e spontaneamente da parte di signori fondiari, ufficialmente e tramite
l’alienazione da parte degli enti ecclesiastici.
Il vincolo feudale, quindi di propose come strumento di riaccentramento dell’autorità nelle
mani del potere pubblico, riconoscendo l’ampia autonomia ottenuta col trascorrere del tempo
da signori di banno e dinasti, ma riducendola sotto una veste di legittimazione da parte del re.
Infatti il feudo oblato, non era altro che un allodio ceduto dal vecchio proprietario a un signore
più potente, il quale glielo restituiva in feudo con i relativi obblighi vassallatici, ossia il
giuramento di fedeltà; in cambio della fedeltà veniva riconosciuta la propria giurisdizione: il
vincolo vassallatico perde il suo carattere personale, e collega due poteri.
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- Il vincolo feudale
Questa forma di riorganizzazione politica, portò alla costituzione della piramide feudale, in cui
era inquadrato ciascun vassallo, feudatario o senior. Le aree in cui si diffuse maggiormente
furono quelle corrispondenti ai vecchi regni di Neustria e Austrasia, dove l’intreccio clientelare
si era nutrito di più del vincolo vassallatico-beneficiario.
La fortuna di questo sistema fu determinata dall’incontro tra due tradizioni in Normandia,
dove i Normanni svedesi si stabilirono in seguito alle loro conquiste: il vincolo
vassallatico-beneficiario, si innestò nella tradizione normanna che prevedeva anch’essa la
fedeltà dei guerrieri al loro capo e fu così che Rollone e il suo seguito riuscirono a mantenere il
controllo pubblico.
- Conquista normanna del regno anglosassone
In seguito alle incessanti incursioni provenienti dalla Scandinavia, Alfredo il Grande di
Wessex, tra i secoli X e XI, chiese aiuto ai Normanni. Da questa alleanza, dopo la morte di
Canuto il Grande, leader della formazione danese – anglosassone, Edoardo il Confessore, di
origine normanna, riuscì nell’impresa di riportare a gli anglosassoni la corona d’Inghilterra,
inserendo i suoi parenti e i suoi fedeli, a corte. Alla morte di Edoardo, Guglielmo il
Conquistatore (anch’egli normanno), poté rivendicare il trono inglese dato che il sovrano
defunto non aveva lasciato eredi. Guglielmo dovette affrontare diversi conflitti che pose fine
nel 1066 con la sua vittoria. Il regno inglese-danese conservò le proprie istituzioni ma l’arrivo
dei Normanni comportò l’introduzione dell’elemento culturale franco e tutte le shires
(contee), furono trasferite ai baroni in qualità di feudi.
Il regno divenne un vero e proprio allodio del re, distribuito ai suoi fedeli seguendo la
tradizione feudale ereditata dall’esperienza del Regno di Francia.
-Conquista normanna del Mezzogiorno 2
La conquista del Mezzogiorno d’Italia avvenne gradualmente attraverso continue spedizioni di
piccoli gruppi di veri e propri avventurieri e portò alla formazione di una nuova circoscrizione.
Dal IX secolo, il ducato di Benevento, in mano ai Longobardi, si era scompaginato: si staccò il
principato di Salerno che vide, successivamente, la secessione del ducato di Capua.
La Puglia era nelle mani dei bizantini poiché i Longobardi, anche dopo aver scacciato i
Saraceni non riuscirono a dominarla. Nel X secolo, Capua e Benevento si unirono e, insieme
all’intervento imperiale fino in Calabria per scacciare di nuovo i saraceni, pose fine
all’ambizione bizantina di influenzare il papato a Roma. Bisanzio si limitò, quindi a controllare
parte della Puglia e della Calabria e mantenne buoni rapporti con Gaeta, Napoli e Capua.
Le realtà locali cittadine, in Puglia, si difendevano autonomamente dai Saraceni, ma
continuavano a pagare le imposte al governo bizantino: presto emersero ribellioni. I Normanni
furono avventurieri che costituivano, attraverso le alternate alleanze, signorie territoriali e ben
presto, la famiglia Altavilla, si distinse e assunse la direzione politica dell’espansione, con
l’aiuto di sempre più frequenti spedizioni di uomini dalla Francia.
L’inquadramento formale in una circoscrizione politica avvenne solo dopo l’intervento papale:
Leone IX (riformatore coinvolto nei conflitti per tentare di imporre la cultura latina nelle aree di
influenza greca) era divenuto, nel 1051 signore di Benevento, per volontà della cittadinanza
sentitasi minacciata dalla forza normanna. Il Papa li affrontò ma fu sconfitto e offrì ai normanni
la possibilità di legittimare definitivamente i loro domini legandosi a lui attraverso il vincolo
feudale: nel 1059, con l’accordo di Melf, Riccardo Quarrell è principe di a Capua e Roberto
di Altavilla di Puglia, Calabria e Sicilia, in qualità di vassalli del Papa. Nel frattempo, però, la
Sicilia era ancora in mano agli arabi; il papato vide nei Normanni, una forza devastante da
disciplinare e veicolare secondo le sue esigenze e la Sicilia araba doveva essere condotta in
seno alla cristianità attraverso la carica di duca conferita a Roberto di Altavilla.
I normanni approfittarono dei conflitti interni causati dalla proliferazione di domini autonomi e
la campagna partì il 1061 e conclusasi nel 1091, con a capo Roberto il Guiscardo (di Altavilla)
e il fratello Ruggero che sopravvisse. Grandi masse di musulmani furono costrette ad
emigrare e chi restò in Sicilia o venne integrato nell’amministrazione palermitana o nelle fila
dell’esercito o era costretto a sottomettersi ai nuovi proprietari o alle chiese e ai monasteri di
nuova fondazione.
La corona di Sicilia, quindi, passò A Ruggero e poi a suo figlio Ruggero II: quest’ultimo non
solo unificò politicamente il complesso dei territori strappati agli arabi ma ottenne la
legittimazione del suo dominio sottomettendosi all’antipapa Anacleto II nel 1130.
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