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Alla morte di Enrico I (936), suo figlio, Ottone I Il Grande, costituì una solida base di potere
in Sassonia e Franconia, dove poteva contare rispettivamente sulla fiera tradizione germanica
sassone e sulla grandezza imperiale dei Franchi (l’elezione avvenne ad Aquisgrana). Dopo
insediò i suo parenti e i suoi fedeli in Baviera, Svevia e Lotaringia ma non riuscì ad ottenere la
fedeltà delle aristocrazie, ottenendo però l’appoggio dei prelati di cui regolava la successione.
Nel Regno teutonico, attraverso l’attribuzione di diritti pubblici e benefici di vario genere, fu
possibile inquadrare il ceto ecclesiastico; in Francia, invece, i prelati divennero signori dei
principati territoriali e dotati di potere politico. Il Regno teutonico, quindi, di presentavo molto
più stabile di quello franco anche grazie all’efficacia dell’azione di difesa del confine orientale
contro Slavi e Ungari a opera di Enrico I (Ottone poi sconfisse definitivamente gli Ungari
durante la battaglia di Lechfeld nel 955). La stabilità del Regno, consentì ad Ottone di
riprendere in considerazione le ambizioni egemoniche ai danni dell’impero italico: nel 951, lo
conquistò e nel 962 si fece incoronare a Roma confermando l’ideologia Pipinidi-Carolingi che
prevedeva la connessione tra l’universalismo imperiale e quello Cattolico. Ottone, da quel
momento, sottrasse l’elezione papale dal controllo delle aristocrazie romane, si scontrò con i
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Longobardi e i Bizantini del Mezzogiorno d’Italia e fece sposare suo figlio Ottone II con la
principessa bizantina Teofano per collaborare con Bisanzio nel Mediterraneo. Ottone III, figlio
di Ottone II e Teofano, decise di risiedere a Roma rimarcando l’idea di un’Impero cattolico e
radicato nel Mediterraneo ma, di fatto, il potere imperiale riuscì a controllare solo in Germania
e nel regno italico. Anche in Germania, come in Francia, le chiese finirono per stroncare il
sistema comitale carolingio in seguito al potenziamento attribuito da Enrico I, senza contare
che numerosi gruppi parentali prendevano il possesso delle loro giurisdizioni ducali e comitali.
• Regno italico: la corona è continuamente contesa tra due fazioni
La situazione in Italia era instabile e tesa: Ottone I la conquistò dopo oltre 60 anni di conflitti.
Si erano, infatti, scontrate due dinastie di aristocratici pretendenti alla corona, i cui esponenti
furono Berengario del Friuli e Guido di Spoleto. Nonostante la sconfitta della contro
Guido, Berengario approfittò dell’estinzione della dinastia di Spoleto e di una pace durante dei
successivi conflitti con Ludovico re di Provenza e Rodolfo II re di Borgogna per farsi incoronare
imperatore a Roma. Successivamente, nel regno italico, intervenne Ugo di Provenza che poi fu
sopraffatto da Berengario II, sconfitto poi da Ottone I. Il risultato di questi scontri, fu
l’incorporazione dinastica graduale e la creazione di comitati e marche al cui comando Ottone
tentò di insediare i suoi fedeli.
Si venne a creare una situazione similare a quella europea: la costituzione da parte di conti e
marchesi di loro principati territoriali a loro volta frammentati in tante altre realtà indipendenti
in seguito allo sviluppo signorile laico ed ecclesiastico e allo sviluppo dei castelli. La divisione
si tradusse anche in piano politico: le aristocrazie italiche non riuscirono ad unirsi, restando
sotto l’egemonia del regno teutonico. Quando fu eletto Enrico II di Baviera, discendente di
Ottone III, ultimo degli Ottoni, e Corrado II di Franconia, i grandi del regno italico tentarono
invano di spezzare il legame tra le due corone innalzando al trono il marchese Arduino
d’Ivrea.
In borgogna avvenne una situazione simile, quando, unificata nel 1040 e unificata alla
Provenza nel 1050, fu conquistata un secolo dopo dai re tedeschi: questi re in quanto
imperatori eletti dalla dieta dei grandi in Germania, pretesero per tutto il medioevo la corona
Borgognone in virtù di questa conquista così come la pretesero in Italia e, inoltre, in quanto re
d’Italia, pretesero di essere automaticamente Imperatori.
Si tratta di una questione di fluidità e provvisorietà: i confini tra le diverse potenze politiche
erano instabili e persero la loro funzione di frontiere difensive militari: esse non erano altro
che delle linee di demarcazione delle reciproche sfere d’influenza. A causa della complessità
delle relazioni vassallatiche, però, della presenza di poteri signorili autonomi e dei conflitti tra
principati, capitava che il reggente di una signoria si trovasse a dominare in regioni a cavallo
tra due regni, trovandosi quindi subordinato a due re. L’Italia non sfuggì da questa situazione:
anche se le Alpi costituivano un confine, tra l’Italia e la Borgogna si formò nell’XI secolo, un
nuovo principato derivante dall’unione di Adelaide (figlia del marchese di Torino Olderico
Manfredi II, figlio di Olderico Manfredi I e di Prangarda di Canossa, nonché nipote di Arduino il
Glabro, e della contessa Berta Obertagna, figlia di Oberto d'Este. Il suo matrimonio con un
Savoia diede origine all'influenza dei Savoia in Piemonte) e di un membro della dinastia
comitale borgognone degli Umbertini: i marche di Torino e i conti Umbertini diedero vita a
quella dinastia che avrebbe preso il nome di Savoia.
- La funzione delle fortezze e delle chiese private nell’orientamento signorile del potere locale
Si è osservato quanto fosse dinamica e frammentata la natura del potere in età
postcarolingia, tra le cui principali forme si può ricordare quella di derivazione privata (laica o
ecclesiastica) o pubblica, entrambe simbolicamente riconosciute dall’edificio fortificato quale
era la fortezza.
L’interazione tra queste sfere d’influenza avveniva tramite vincoli di subordinazione (formali o
anche informali) di tipo fiduciario – vassallatico, cosicché aree di competenza funzionariale,
ecclesiastica o di grandi allodieri si incastonarono e sovrapposero tra loro dando luogo in
alcune aree a una concomitanza di poteri cui erano sottoposti i massari e tutti coloro che vi
abitavano.
Il risultato della frammentazione del potere è una “rete straordinariamente complessa di
preponderanze signorili” che si affermò in particolar modo dopo il Mille.
• La graduale definizione delle zone fortificate: la signoria di banno
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Ciascuna area fortificata necessitava di un contingente di uomini armati pronto a difendere la
popolazione circostante o a aggredire i villaggi limitrofi per conto del loro signore. Il potere
militare crea attorno alla fortezza un’area di dipendenza che però non era definita. Si trattava
di un potere che veniva esercitato sul territorio ed era un potere politico, concentrato nelle
mani di un soggetto che non necessariamente aveva tutte le sue proprietà curtensi nella zona
in cui lo esercitava: egli allora sottoponeva alla sua giurisdizione anche contadini già
assoggettati al proprietario del manso che coltivavano. Ricordiamo che la curtis è un’unità
aziendale mentre la fortezzaè un’unità fisica, per cui si comprende come potere politico e
potere economico si mescolavano, anche nel caso in cui l’area protetta della fortezza
corrispondeva a quella del caput curtis (centro amministrativo dell’azienda): ne consegue che
molte famiglie di contadini erano sottoposte, oltre che al potere pubblico, anche a due signori
di cui uno era il proprietario terriero e l’altro il proprietario della fortezza. Colui che esercitava
il dominio territoriale era il signore di banno (da ban = districtio in latino che significa
“diritto di comandare e di costringere per una finalità di ordine pubblico”) e la sua signoria
locale “dominatus loci”; in età carolingia il banno spettava di diritto solo al re e ai suoi
rappresentanti, ora invece se ne impossessava chiunque esercitasse una protezione coercitiva
sulle persone residenti nella zona, sia schiavi che uomini liberi.
Si possono distinguere tre fonti da cui deriva il potere signorile:
diritti economici: censi e prestazioni gratuite
diritti connesse al controllo territoriale IL TUTTO AVVENIVA CON LA
MASSIMA
diritti connessi ai vincoli personali FLUIDITÀ : DISTINZIONE
CONCETTUALE
I motivi principali che determinano questa fluidità non conseguono dalla concentrazione dei
tre poteri nello stesso soggetto:
Col passare del tempo, la dipendenza economico-agraria si trasformò in dipendenza
personale: massari liberi vennero inclusi tra i famuli (servitori) del signore che erano
giuridicamente liberi ma di fatto la loro condizione era semiservile o del tutto servile. In
questo modo perdevano il diritto di poter liberamente disporre della propria libertà, dei
propri beni, della propria famiglia.
I signori di banno, erano soliti accrescere le proprie rivendicazioni sui liberi contadini
attraverso la costruzione di fortezze o, in caso contrario, attraverso l’introduzione di un
sistema di protezione armata alternativo: questa situazione si verificava in particolar
modo quando il signore di turno aveva ricevuto un diploma imperiale che gli concedeva
l’immunità negativa (in essa, gli ufficiali regi non potevano entrare nelle terre immuni
ed è possibile che l’unica soluzione, per l’esercizio della giustizia, fosse l’estradizione
del reo; fu rapido il passaggio all’immunità positiva, nella quale l’immunista era di fatto
titolare in prima persona della possibilità di amministrare la giustizia e riscuotere
imposte). Ne consegue che in una medesima zona, signoria fondiaria e signoria di
banno si trovavano in concorrenza.
A partire dal potere militare, il signore di banno assumeva pieni poteri politici e fondava una
giurisdizione personale concorrente con il potere pubblico: infatti era solito sfruttare i massari
attraverso il banno presentandosi proprio come avrebbe fatto un re germanico con i suoi
sudditi. Inoltre, il signore poteva pretendere dai suoi sottoposti nuovi tipi di corvées, derivanti
strettamente dalla natura bannale della sua giurisdizione: si tratta del servizio di guardia e
della difesa dalle minacce esterne attraverso la formazione di uno straordinario contingente di
pedites (fanti in supporto ai milites a cavallo) o di famuli equipaggiati alla meglio.
L’intero sistema si presentava come una traslazione delle prerogative pubbliche: sia la
giustizia che i diritti fiscali di albergaria erano di competenza signorile. A questi proventi si
aggiunsero quelli derivanti dall’appropriazione di dazi pubblici e dall’imposizione di una tassa
sull’uso di strutture agricole come mulini, frantoi e forni di proprietà signorile: erano le
cosiddette taglie, pagate in moneta tra i secoli XI e XII, e quindi sim