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Lo storico g. althoff ha invece definito l’impero ottoniano come un “potere regio senza stato”, con un re in
una posizione di primus inter pares, in continuo rapporto con le aristocrazie, anche se ottone i introduce il
concetto di primogenitura, ossia l’ereditarietà al primogenito, che comporta anche una crescita di
rafforzamento della posizione femminile nell’ereditarietà all’interno del matrimonio. Il rapporto con le
aristocrazie fa crescere il ruolo politico della “cappella del re”, ossia dei vescovi ed abati come funzionari del
re.
Nel x secolo si instaura inoltre l’ideologia dell’immagine della regalità come raffigurazione di cristo, e
quindi il re è il vicario di cristo perché è da egli che deriva il suo potere (e perciò il re mantiene la sua unicità
di fronte alle aristocrazie), e la correlazione tra il re e cristo porta alla formazione a corte di intellettuali
ecclesiastici.
Nella corte ottoniana si vede inoltre la ripresa dei modelli carolingi e la presenza, infatti, di rituali regi, come
ad esempio i funerali regi.
La chiesa ottoniana, come quella carolingia, presenta una struttura prettamente vescovile e di mantenimento
delle strutture tradizionali. I vescovi manifestano sempre più potere, possedendo anche delle proprie bande
armate, e si pongono ora sullo stesso piano di dignità. Le strutture parrochiali anche in questa fase sono
ancora disomogenicamente distribuite, ma le chiese private (eigenkirchen) hanno comunque sempre un ruolo
importante di “cura” delle anime locali.
Tra il xix-xx secolo il modello storiografico tedesco indica la chiesa ottoniana con il termine di
reichskirchensystem, ossia il sistema della chiesa imperiale. Questo sistema si basava su due pilastri
fondamentali:
1) Il sistema di sfruttamento della chiesa e delle sue strutture ai fini di governo (con il controllo
assoluto delle elezioni vescovili ed abbaziali da parte dell’imperatore);
2) La distinzione netta tra èlites laiche ed ecclesiastiche;
il reichskirchensystem sarebbe frutto di una politica unitaria e deliberata attuata per controbilanciare il potere
aristocratico.
Questo sistema ecclesiastico imperiale viene però messo in discussione e negato della sua esistenza. Infatti
c’era sì l’intervento e l’approvazione imperiale nelle elezioni episcopali ed abbaziali, ma l’imperatore non è
onnipotente né l’unica voce in capitolo, con diversi attori coinvolti.
Quindi è un “sistema asistematico” con negoziazioni continue tra il re e i poteri locali, dove non si trova la
contrapposizione tra aristocrazia laica ed ecclesiastica, essendo gruppi non omogenei. All’interno
dell’aristocrazia nascono poi le figure degli “intercessori” tra il re ed i richiedenti di istanze al re, che
contribuirono alla creazione della figura del re come inavvicinabile dall’aristocrazia.
In epoca ottoniana le strutture ecclesiastiche, in particolare quelle episcopali, conoscono un ulteriore
rafforzamento e coinvolgimento nel dirigere il potere pubblico per conto del re. Quindi i rapporti tra vescovi
e re risultano vantaggiosi per entrambe le parti.
Da qui inizia però il momento di cesura tra il potere laico ed il potere ecclesiastico, che culmina nella riforma
ecclesiastica tra il xi-xii secolo. la Riforma è resa possibile dal passaggio dalla concezione della chiesa come
comunità di vivi e di morti riformabile solo da dio, che ha il suo corrispondente terreno nel sovrano, alla
chiesa come struttura terrena ed umana, formata da strutture sottoposte al cambiamento storico ed alla
riforma, dal xi secolo. I due pilastri su cui si basa la nuova riforma ecclesiastica sono la riformulazione dei
rapporti tra i due tipi di poteri, in cui è insita la rivendicazione dell’autonomia della chiesa dalle ingerenze
laiche, e l’unificazione della struttura ecclesiastica in un piano gerarchico con a capo la figura papale.
Nel processo di riforma si possono distinguere tre momenti di modifica dei rapporti tra il potere laico ed il
potere ecclesiastico:
1. Progetti di riforma ecclesiastica da parte dell’imperatore;
2. Graduale passaggio dalla collaborazione al conflitto tra il papato e l’impero;
3. Conflitto aperto tra le due parti;
nella prima fase è rilevante la figura dell’imperatore ottone iii, che pone fine alla competizione per il soglio
pontificio tra le famiglie romane imponendo dei papi transalpini, che agiscono come agenti imperiali in
territorio italico. Ciò è legato alla volontà di ottone iii di collegarsi all’idea carolingia di ministerium regio.
Dopo la sua morte, invece, il potere imperiale fatica ad inserirsi sulla scena politica italiana, fino all’azione
di enrico iii, che impone nel 1046 l’elezione a papa di clemente ii, iniziando il decennio dei papi transalpini
(1046-1056). L’imperatore propone poi un’idea di riforma morale della chiesa, che si concentrava su due
argomenti pericolosi: la simonia ed il concubinato, che vengono attaccate dall’imperatore perché in alcune
loro forme sfuggono al controllo dell’impero, come la compravendita e l’ereditarietà dei beni ecclesiastici.
Nel 1056 enrico iii muore, e con egli anche la sua influenza sul papato romano, che persiste solo fino al
1058.
Si apre allora una fase di transizione che vede la comparsa di nuovi attori politici, ossia da un lato i marchesi
di tuscia, detti anche canossa, e dall’altro i normanni. Nelle prime fasi sono i marchesi di tuscia a svolgere
un’attività principale, proponendosi come gruppo di pressione politica all’interno della chiesa romana, che
era ormai divenuta arbitro della penisola italiana.
Nel 1059 però papa nicola ii emana il “decretum in electione papae”, assegnando il compito esclusivo di
eleggere il papa al collegio dei cardinali, istituito già nel 1050 da papa leone ix. Questo decreto ha lo scopo
di rivendicare l’autonomia del potere politico papale da qualunque ingerenza esterna, soprattutto quella
imperiale (anche se la storiografia moderna ha rivalutato il contenuto anti-imperiale del decreto, visto che al
suo interno il papa riconosce all’imperatore il suo “honor” e “reverentia”).
la lotta politica papale vede poi la comparsa di un nuovo movimento, il movimento patarinico milanese.
Questo movimento (che può darsi che prenda il nome dal fatto che i patarini erano quelli che “si vestivano di
stracci”) è di estrazione sociale bassa, a cui vi aderirono componenti del clero minore e gruppi di cives,
“cittadini”. La loro protesta colpiva l’alto clero milanese nei suoi aspetti morali, in particolare verso le
pratiche di simonia e concubinato. Questa protesta sfocia perfino in scontri armati e a tentativi, da parte dei
patarini, di costruire strutture ecclesiastiche alternative a quelle del papato romano.
A risolvere la pericolosa situazione non è l’imperatore, ma il papa, che si attiva a ricondurre, riuscendovi, i
maggiori elementi patarinici all’interno delle strutture papali. Milano però rivendicherà sempre una propria
posizione autonoma da roma, anche se questa ormai si propone come l’unico “controllore” della situazione
italiana.
Un ulteriore rafforzamento del papato si ha con l’elezione al soglio pontificio di gregorio vii nel 1073, che
sarà il fautore e darà il nome alla riforma gregoriana. Questa almeno è la visione degli storici del xx secolo,
che attribuiscono un ruolo centrale appunto a gregorio vii. Centralità confermata anche da alcune fonti
imperiali, che però ne indicano la funzionalità negativa, perché gregorio commette l’errore di abbandonare la
collaborazione con l’imperatore, seminando scismi e violenza ovunque. Com’è ovvio, nelle fonti papali la
visione è opposta, anche riguardo alle collaborazioni tra papa e l’imperatore costantino prima, e tra papa e gli
ottoni poi.
La riforma gregoriana si concentra su due nodi principali:
• La “libertas ecclesiae”, ossia la liberazione da ogni ingerenza laica all’interno della chiesa romana,
specialmente su campo economico, ponendo così fine alla lotta tra le fazioni romane;
• Simonia ed investiture, la quale azione è rivolta soprattutto verso i vescovi. Infatti questi
possedevano diritti e beni pubblici, in cambio del giuramento di fedeltà all’imperatore, che svolgeva
le loro investiture sotto forma di rituali regi, ed i vescovi inoltre si dedicavano a pratiche di scambi e
controdoni di questi beni. Gregorio vii intervenne allora dichiarando l’appartenenza solo a dio dei
beni ecclesiastici.
Inoltre gregorio vii stipulò con l’impero prima il compromesso di sutri nel 1111, che distinse tra la regalia,
ossia le prerogative imperiali, dalla sfera d’influenza papale, distinzione che assunse carattere definitivo con
la firma del concordato di worms nel 1122.
Inoltre Gregorio vii promulga nel 1075, in relazione allo scisma d’oriente del 1054, il “dictatus papae”,
contenente 27 proposizioni delineanti i poteri papali, tra i quali:
Il papa può deporre o ristabilire i vescovi anche senza la riunione sinodale di tutti i vescovi;
o Egli può spostare i vescovi da una sede all’altra;
o I messi papali, durante i concili, hanno un potere maggiore a quello di tutti i vescovi;
o Il papa è l’unico a poter usare le insegne imperiali;
o Come “unico vero imperatore”, può imporre un imperatore e può sciogliere i suoi sudditi dalla
o fedeltà ad un imperatore o re se questo si rivela “iniquo”;
anche dopo gregorio vii il rafforzamento della ierocrazia papale, il potere del sacro, continua. Infatti nel 1123
papa callisto ii indice il concilio lateranense i, esaltando una nuova affermazione del papato come vertice
della societas christiana, presentandosi come il vero depositario del potere secolare di tradizione imperiale su
base sacrale. Il papa rivendica inoltre di essere la suprema istanza politico-giuridica di tutta la cristianità
d’occidente, e quindi di essere in possesso della “plenitudo potestatis”, ossia della pienezza dei poteri in tutti
i campi (tanto che lo stesso papa creerà il regno di portogallo).
In campo giurisdizionale, la “plenitudo potestatis” si manifesta con la nascita del “concordantia
discordantium canonum” del 1140, corpus giuridico ecclesiastico che racchiude il riordino degli eccessivi
precedenti decreti e la nuova posizione politica del papa, conosciuto anche come il “decretum” di graziano,
dal nome del giurista bolognese che lo ha redatto. Infatti bologna è adesso la principale scuola giuridica
europea, e graziano trova la base giuridica sul diritto romano, considerato la base di partenza per
antono