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II.
Economia e società nell’Alto Medioevo
6.
6.1 Il paesaggio e l’ambiente
Il mondo bizantino riusciva a salvaguardare i tratti fondamentali della civiltà ellenistico-romana e
quello arabo a elaborare una brillante civiltà urbana. Nel mentre l’occidente cristiano conosceva tra
il Vi e il VII secolo una grave decadenza dell’urbanesimo antico. I segni dell’involuzione sono già
evidenti nel paesaggio: le città scompaiono o vedono ridotta la loro estensione.
Le ricerche più recenti hanno dimostrato da un lato che il fenomeno non ebbe dappertutto la
stessa intensità, ma dall’altro che esso investì anche le aree che si pensavano immuni, come per
esempio dell’Italia meridionale.
A scomparire erano le città e i villaggi che avevano dato un’impronta caratteristica al popolamento
e all’insediamento di età romana.
A risentirne fu anche la rete viaria. La vita economica e sociale si svolgeva intorno a nuovi centri di
aggregazione e fu inevitabile che la rete viaria si venisse ristrutturando attraverso l’abbandono si
antichi percorsi e la creazione di nuovi.
Abbandono di città, di villaggi e di strade significava regresso nell’organizzazione del territorio e
peggioramento delle condizioni ambientali.
6.2 Il bosco tra realtà e rappresentazione mentale
Si assistenza a una dilatazione delle foreste che caratterizzavano fortemente le regioni al di là del
Reno. Il bosco ebbe nella vita delle popolazioni dell’Alto Medioevo un’importanza che andava al di
là dell’ambito economico e materiale. Nelle foreste si praticava liberamente la caccia poiché c’era
abbondanza di animali selvatici; nelle foreste si raccoglievano frutti selvatici, la legna per il
riscaldamento e per la fabbricazione degli attrezzi agricoli e la costruzione di case. I boschi erano
anche il pascolo ideale per gli animali e per i porci. Il bosco era anche il regno meraviglioso e del
mistero, popolato di streghe, mostri, diavoli, briganti e eremiti e santi.
6.3 Il calo demografico
All’origine di tutto c’era lo spopolamento di città e campagne. A questo si era giunti attraverso un
declino per cui le popolazioni germaniche furono accolte all’intero dei confini, con la prospettiva di
favorire il ripopolamento.
A livelli demografici tanto bassi di giunse per una serie di fattori: guerre e devastazioni provocarono
certamente vuoti nella popolazione, ma anche epidemie di grandi proporzioni erano devastanti.
La crisi demografica comunque non ebbe ovunque la stessa gravità.
6.4 La centralità della campagna
Il calo demografico aveva conseguenze immediate sull’economia e sul paesaggio agrario. Il primo
elemento da prendere in considerazione è il livello assai basso della produttività, dovuto al
carattere rudimentale degli attrezzi agricoli e alla perdita di buona parte di quelle conoscenze
tecniche (che non erano comunque mai state elevate). D’altra parte la crisi dell’artigianato cittadino
e la scarsa disponibilità di denaro da parte dei contadini facevano si che questi cercassero di
produrre da se gli utensili e i prodotti.
Per alcune zone gli storici dell’agricoltura hanno individuato un modello organizzativo ben preciso
caratterizzato dall’esistenza intorno al villaggio di tre zone concentriche. A ridosso del villaggio 20
Serena Addis Storia Medievale Appunti+libro
c’era una prima fascia di terre intensamente coltivate a orti e vigneti; al di là di essa c’era un’ampia
zona coltivata a cereali, dove dopo il raccolto gli animali di tutti gli abitanti del villaggio potevano
liberamente pascolare; infine si aveva la fascia dei prati, dei boschi e dell’incolto in genere,
accessibile a tutti per il pascolo, la pesca, la caccia e la raccolta di legna e frutti spontanei. La
produttività delle terre era buona negli orti, ma assai bassa nelle terre coltivate a cereali.
L’integrazione dell’allevamento con l’agricoltura non era agevole in area mediterranea; in
mancanza di buoi e cavalli, erano capre, pecore e maiali la normale dotazione della famiglia
contadina, ma essi non fornivano concime, perché erano tenuti allo stato brado e non chiusi in
recinti o stalle.
La scarsità di concime animale era in parte compensata con tecniche alternative, quali il sovescio
o il debbio, ma il sistema più usato era il maggese: il terreno era diviso in due parti: ogni anno una
metà era coltivata e l’altra restava a riposo; l’anno dopo avveniva il contrario. Nella parte a
maggese pascolava il bestiame.
6.5 L’organizzazione della curtis
Il contadino in genere non era proprietario della terra che coltivava e neanche degli animali che
allevava. Spesso non era proprietario neanche di se stesso, essendo in condizione servile.
C’era la tendenza infatti di accasare parte degli schiavi e di dotarli di un pezzo di terra e di una
casa. Al padrone erano tenui a corrispondere una parte del raccolto e un certo numero di giornate
lavorative in determinati periodi dell’anno, oltre a prestazioni in natura. Gli schiavi rimasti nella
casa del padrone vengono definiti nei documenti praebenda, termiche che indicava il vitto loro
fornito.
Concessioni di parti dell’antica azienda il grande proprietario faceva da tempo anche a coltivatori di
condizione libera, ma privi di terra, ai quali richiedeva una quota minore di raccolto e un numero
non alto di giornate lavorative. A questi coloni liberi si andavano affiancando quei piccoli proprietari
delle aree circostanti, che ora chiedevano protezione ai grandi proprietari fondiari della zona. A loro
si rivolgevano i piccoli proprietari liberi dei dintorni che erano disposti a rinunciare a diritti che non
erano più in grado di far valere. Preferivano donare o vendere al grande proprietario le loro terre e
diventare suoi coloni: si gravavano così del pagamento di un canone legandosi a un potente e
assicurandosi la protezione.
In Italia può dirsi che non si giunse alla scomparsa totale della piccola proprietà (allodio), che si
mantenne nelle zone vicine alle città e nelle aree rimaste più a lungo sotto il governo di Bisanzio
(Romagna, Marche, Puglia, Campania e Calabria – in parte).
Il risultato di questo processo fu che le grandi proprietà si vennero articolando in terre date in
concessione a coloni liberi o di condizione servile e terre gestite direttamente dal proprietario
attraverso amministratori di sua fiducia. Le prime formavano il massaricio o pars massaricia, le
altre la riserve padronale o par dominicia. L’insieme delle due parti formava la curtis o villa: locali
di abitazione dei servi, stalle, depositi di attrezzi, cantine, frantoi, forni, locali adibiti alla produzione
di vino e birra, laboratori artigianali – dunque comprendeva tutto il complesso di beni.
6.6 Il ruolo delle prestazioni d’opera
I prodotti dell’agricoltura e dell’artigianato curtensi non sempre venivano consumati sul posto.
Parecchi proprietari disponevano di più corti nelle quali si recavano per consumare quanto vi era
stato accumulato. Questa era una necessita per i monasteri, che avevano bisogno di grandi risorse
alimentari.
Il trasporto di prodotti da una corte all’altra era legato anche alle diverse vocazioni produttive delle
varie corti, alcune delle quali erano attrezzate per l’estrazione di ferro, Sali e per la lavorazione dei
metalli.
6.7 Le origini dei poteri signorili 21
Serena Addis Storia Medievale Appunti+libro
Finora si è parlato di curtis o villa sempre ed esclusivamente dal punto di vita della produzione
agricola e si è indicato con il termine proprietario colui che ne era il titolare.
Sui servi prebedari e quelli casari era normale che il proprietario avesse pieni poteri.
In questo periodo la chiesa non era arrivata a condannare la schiavitù. Man mano però che i
funzionari pubblici cominciavano a configurarsi come oppressori o a scomparire del tutto, cresceva
il ruolo dei grandi proprietari fondiari come protettori dei loro dipendenti e dei piccoli proprietari
delle terre circostanti.
La pratica più diffusa per avere protezione era quella della commendatio.
6.8 Economia naturale ed economia monetaria
Pirenne attribuiva all’espansione arava la ruralizzazione dell’Europa e la rarefazione dei commerci
con conseguente crisi delle città.
L’Europa, nei secoli VI-VIII, risultava impoverita ma questo non significava che non vi erano
scambi commerciali. Le città continuavano a ospitare artigiani che lavoravano per i loro contadini e
per quelli dei dintorni.
Si trattava in ogni caso di un commercio che riguardava pochi tipo di beni e di valore assai
modesto.
Nonostante il suo impoverimento, l’Europa era in grado di esportare qualcosa in Oriente, come il
legno, metalli, pelli, schiavi provenienti da paesi slavi.
Non tutto l’occidente era economicamente depresso e non dovunque i traffici languivano. Un caso
eccezionale era costituito dalle regioni collegate con l’oriente bizantino.
L’impero carolingio e le origini del feudalesimo
7.
7.1 L’ascesa dei Pipinidi
L’ambiente e il paesaggio agrario fecero da sfondo a eventi di natura politica e militare destinati a
segnare profondamente i destini dell’Europa. Al centro di essi fu il regno dei Franchi.
Nel corso del VII secoli la lotta per l’egemonia si venne restringendo all’Austrasia e alla Neustria.
Ne erano protagonisti non i sovrani dei due regni ma i loro maestri di palazzo o maggiordomi,
effettivi detentori di potere. Infatti i sovrani lasciavano in eredità il loro impero a tutti i figli e questo
generava lotte fratricide, e questo fece si che assumessero importanza i maggiordomi. All’inizio il
successo sembrò arridere a quelli della Neustria, ma si imposero definitivamente i maestri di
palazzo dell’Austrasia, detti Pipinidi, discendenti di Pipino di Landen.
Il maestro di palazzo era una sorta di vicerè, che amministrava le terre del demanio e anche quelle
della famiglia del re. Nel farlo abusava dei suoi poteri amministrativi e utilizzava terre del demanio
ma anche della chiesa per ricompensare i guerrieri. Così facendo creava intorno a sé un gruppo di
potere che obbediva al suo senior. Il fedele era colui che si impegnava combattendo ad aiutare il
suo senior, perché ha ricevuto da lui un beneficio, una concessione temporanea di un bene.
Così facendo creava dei legami personali basati sulla fedeltà di natura militare.
Suo degno successore fu suo figlio Carlo Martello, che intraprese un’energica opera di
ricomposizione politico-territoriale: rinsaldò il suo potere in Austrasia, Neustria e Borgogna e lo
estese alle regioni nelle quali fino ad allora il dominio franco non si era imposto in maniera
definitiva, quali la Frisia, l’Ale