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La chiesa e l'Inquisizione

La chiesa cercò di ricondurre gli indiziati nella via della salvezza, di riportare il colpevole sul drittocammino, usando la via del pentimento. Per questo le sentenze degli Inquisitori sono sempre infarcite di prescrizioni come: partecipare alla Messa, ascoltare le omelie, confessarsi (a Natale, Pasqua, e Pentecoste), comunicarsi negli stessi giorni, astenersi da qualunque lavoro servile la domenica e i giorni di festa, evitare l'usura e ogni sorta di rapina, non praticare sortilegi. La chiesa non vuole la morte dell'eretico, le punizione hanno un carattere puramente "penitenziale". Solo la pena di morte, agli occhi dell'inquisitore, ha un carattere vendicativo. In fondo, la Chiesa vuole punire l'ostinazione orgogliosa nell'errore, più ancora che l'errore stesso, il quale è umano. Il problema che si pose presto derivava dal fatto che, in questo genere di tensione, i vescovi, senza dubbio buoni pastori ma scadenti teologi,

uscivano il più delle volte battuti. Un buon numero di vescovi esitò ad applicare la repressione. Roma pensò allora di utilizzare i servigi di un ordine di recente fondazione (1216): quello dei Domenicani. Fu Papa Gregorio IX (1170-1241) che prese questa decisione nel 1233. Di fatto si decise che vescovi e inquisitori lavorassero di comune accordo, il che, anche se sono di Chiesa non funzionò senza che, di tempo in tempo, nascessero tensioni e difficoltà. Più tardi anche i Francescani ricevettero l'incarico di partecipare a quest'opera di purificazione. L'Ordine fondato da San Domenico fu il primo ad essere composto da uomini istruiti, tutti dottori in teologia o in diritto canonico provenienti dalle Università di Parigi o Bologna. Doveva essere evidente a tutti che il compito di questa nuova istituzione era di riconvertire alla verità gli spiriti smarriti, attraverso una discussione sapiente, ordinata e sintetica. Punizioni

più gravi di quanto non fossero quelle spirituali, erano destinate solo a punire, secondo le regole, i peccatori impenitenti, quelli che rifiutavano qualunque concessione o pentimento di sorta. La prigione era destinata non tanto a punire il colpevole, quanto a isolare il male, ad impedire che si diffondesse. Quanto a coloro che si ostinavano a difendere tesi condannate dalla Chiesa, talvolta da molti secoli, essi dovevano aspettarsi il peggio e bisogna dire che alcuni lo hanno affrontato con coraggio. Ci si può chiedere perché il XII e XIII secolo, i più bei gioielli del Medio Evo, abbiano visto sbocciare tale fioritura di dissidenze. Ci si può anche domandare perché la Chiesa abbia sentito la necessità di combatterle con tanto ardore. Per Roma, era impensabile permettere che si sviluppassero in pace tali "particolarismi" che minacciavano tanto la sua unità che la coerenza sociale. Gli eretici si indirizzavano contro la Chiesa e

contro la società, per rispondere, dicevano, alle esigenze delle loro coscienze e per sete di libertà; per la volontà di vivere in pace i loro propri valori. Erano però pronti, una volta padroni della situazione, a sviluppare il peggiore dei dispotismi, non lasciavano alcuna chance di sopravvivenza tranquilla ai fedeli dell' "altra chiesa". Tutti quei movimenti avevano in comune il fatto di essere animati dalla "vanitas", dalla presunzione di saperne di più della stessa Chiesa, di capire meglio dei teologi il Vangelo, di comportarsi più cristianamente del clero, o di seguire le orme delle comunità di Gerusalemme. Gregorio IX aveva perfettamente percepito che, per quanto fossero in apparenza diversi, questi movimenti avevano delle radici comuni: Il "borghese" - egli scrive - si sente libero, egli ha preso l'abitudine di prendere iniziative, decisioni, responsabilità. Egli crede alla sua autonomia.evidenziare la necessità di una riforma religiosa. La Chiesa cattolica, infatti, era diventata un'istituzione potente e ricca, coinvolta in questioni economiche e politiche. Questo ha portato molti a dubitare della sua integrità e a cercare alternative. L'istituzione delle Università, che avrebbero dovuto essere un baluardo del potere ecclesiastico, si è rivelata un'arma a doppio taglio. Molti studiosi e studenti hanno iniziato a mettere in discussione l'ortodossia religiosa, portando avanti idee eretiche. Questo ha ulteriormente minato l'autorità della Chiesa. Inoltre, l'emergere di una società basata sul "consumismo" ha portato a un aumento delle disuguaglianze sociali. Gli artigiani, che una volta godevano di un certo status sociale, hanno iniziato a soffrire a causa della concorrenza dei prodotti industriali. Questo ha alimentato il malcontento e ha spinto molte persone a mettere in discussione l'ordine sociale ed ecclesiastico esistenti. Non si può negare che il comportamento dei membri del clero abbia contribuito a questa critica. I preti, i vescovi e i religiosi spesso si sono resi colpevoli di abusi di potere e di comportamenti immorali. Questo ha alimentato la rabbia e il disprezzo del popolo, che ha espresso la propria insoddisfazione attraverso canzoni e satire. Tutte queste situazioni hanno contribuito a creare un clima favorevole alla diffusione delle eresie. Non si può negare che ci fosse una componente di lotta di classe in queste eresie emergenti. Tuttavia, è importante sottolineare che la riforma religiosa non è stata solo una questione di lotta di classe, ma anche una risposta alle critiche legittime rivolte alla Chiesa e alla sua leadership corrotta. In conclusione, la Chiesa cattolica nel Medioevo si è trovata ad affrontare una serie di sfide che hanno minato la sua autorità e la sua integrità. La diffusione delle eresie è stata solo una delle conseguenze di queste sfide, ma ha svolto un ruolo importante nel plasmare il futuro della religione in Europa.

Raggruppare elementi di origine sociale assai diversa. Il fallimento delle crociate che la Chiesa aveva patrocinato, l'immensa delusione popolare che ne seguì, contribuì a lasciare le folle disorientate, inquiete, in stato di abbandono. Queste sono le condizioni propizie allo sviluppo di movimenti di passione e di speranza millenarista.

Come Funzionava?!
L'origine: La parola stessa Inquisizione, nell'alto Medio Evo, significava semplicemente "inchiesta". Essa stabiliva una procedura che affidava alle autorità ecclesiastiche il compito di procedere ad un'inchiesta, che comprendeva un contraddittorio con l'imputato. Il vescovo del luogo non aveva diritto di immischiarsi nei processi. Il che non accadeva sempre senza contestazioni, essendo in genere i vescovi molto gelosi della propria autorità. Talvolta intralciavano l'inchiesta, quando non facevano opera di opposizione pura e semplice. Si finì per concludere un accordo,

Nel 1304, che concedeva al vescovo gli stessi poteri dell'Inquisitore, precisando tuttavia che le pene che precedevano la reclusione o l'uso della tortura dovevano essere decise di comune accordo. Lo stesso valeva per la sorveglianza delle prigioni. Tutto ciò non facilitava sempre il compito degli inquisitori; taluni protestarono, ma invano: dovettero assoggettarsi. La presenza obbligatoria dei vescovi tra i giudici e l'obbligo che l'inquisitore aveva di non pronunciare la sua sentenza senza il consenso del vescovo, metteva spesso quest'ultimo in una posizione di preminenza. Nelle mani di un uomo deciso, l'Inquisizione divenne un terribile strumento d'azione politica, come dimostrò il processo dei Templari e di Giovanna d'Arco.

Quando arrivavano gli Inquisitori: Gli inquisitori, quando arrivavano in città, erano accompagnati dai loro assistenti e dai loro servitori ed eventualmente da alcuni gendarmi, incaricati di proteggerli.

Presentavano le loro credenziali al Vescovo del luogo e alle autorità civili, a cui dovevano dargli aiuto e protezione. Essi intimavano al curato del posto di convocare gli abitanti e il clero locale per far sentire una solenne predica detta citatio universalis, con la quale l'Inquisitore incitava quelli che si erano allontanati dal giusto cammino, a pentirsi e a riconoscere i loro errori. Il tutto, in un tempo che andava dai 15 giorni a un mese, chiamato "tempo di grazia" o "d'indulgenza". Con lo stesso discorso, egli incitava, sotto pena di essere a loro volta sospettati di eresia, tutti quelli che conoscevano degli eretici o supponevano che alcuni lo fossero, a denunciarli. (Si può immaginare il dilagare di cattiveria e d'invidia che una simile richiesta faceva sorgere). Accadde talvolta che l'intera comunità si rifiutasse di cooperare all'azione intrapresa dall'Inquisitore. In questo caso egli cambiava rotta e sidirigeva verso una contrada più accogliente, o meglio procedeva all'interrogatorio di tutta la popolazione. E' così che, nel 1245-46, gli inquisitori Bernardo di Caux e Jean di Saint.Pierre fecero comparire davanti a loro da 8 a 10.000 persone... Il sospetto che si accingeva a confessare i suoi sbagli di sua spontanea volontà, era dispensato da tutta la pena se l'errore era rimasto nascosto, sconosciuto a tutti. Se, al contrario, lo sbaglio era di pubblico dominio, il colpevole che confessava non poteva essere condannato a morte o alla prigione a vita. Il suo castigo si riduceva ad un qualsiasi pellegrinaggio minore, o ad un'altra forma di penitenza canonica. Alcuni che si sentivano sospettati da un'opinione pubblica scatenata e chiedevano di essere esaminati dall'inquisitore al fine di ottenere un certificato di "buona condotta e costumi". I sospetti ricevevano la notifica scritta degli atti d'accusa. Avvertito pertempo, l'interessato chiedeva ai suoi genitori o ai suoi parenti di garantire per lui. Il fatto di rendersi garanti, non li rendeva sospetti di favorire l'eresia. Del resto, l'accusato era libero di assentarsi, anche durante il suo processo. Ma il più delle volte, il timore che questo fosse interpretato come una prova di colpevolezza, lo impediva. Era invitato a giurare sui Vangeli (toccandoli) di dire la verità; se egli aveva dei nemici, ad enumerarli e chiarire le ragioni dell'inimicizia. La maggior parte dei sospetti, anche per la paura della tortura, si impegnavano ad "obbedire agli inquisitori", a presentarsi "nel giorno e nei giorni che verranno loro assegnati", ad attenersi alle loro decisioni. Tutti mostravano tanta buona volontà a cooperare, non fosse che per timore di implicare, in un modo o nell'altro, la propria famiglia o le loro amicizie. Alcuni Inquisitori, tuttavia, erano coscienti delle difficoltà che

Sitrovavano nello stabilire una separazione netta e ben definita tra la fede di un Perfetto e l'interesse per la novità.

Gli ausiliari della Giustizia: A fianco dell'Inquisitore, si trovava, un Frate dello stesso ordine, che aveva il compito spirituale di accompagnarlo e sostenerlo nella propria impresa. Talvolta incaricato di assisterlo, alleggerirne il peso del lavoro, ma che non godeva del diritto di condurre a termine da solo un processo inquisitoriale.

L'Inquisitore poteva anche avvalersi di giureconsulti, di canonisti e di teologi, che l'assistevano con i loro consigli. Tutti erano tenuti, sotto pena di scomunica, al segreto, come del resto lo erano l'Inquisitore e il Vescovo.

Il tribunale comprendeva anche dei cancellieri o notai, nominati dalla cancelleria apostolica, incaricati di annotare scrupolosamente le deposizioni dei testimoni o degli accusatori e le confessioni degli accusati, nonché di farle ripetere se queste ultime erano state.

ottenute in seguito alla tortura perché, come tali, non avevano alcun valore. Anche i notai erano tenuti al segreto. Il tribunale disponeva inoltre di sergenti d'arme, messi, carcerieri, tutti giurati. Un certo numero di assessori, di "
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Publisher
A.A. 2009-2010
17 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/03 Storia romana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze letterarie Prof.