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Forte legame tra corpo e nazione: tentativo di omologazione del corpo (“patriottismo fisiologico”).
Virilità: perfetta armonia tra corpo forte e vigoroso e animo energico e volitivo. Fascino dell'atelta
politico, che ha il suo massimo esponente in Mussolini: può nascere solo in un paese permeato dal
valore dello sport ma poco avvezzo alla pratica. Il nazionalismo aggiunse allo stereotipo maschile
ottocentesco l'aggressività: militarizzazione della mascolinità (forza su destrezza, coraggio su
astuzia). Idea antiborghese in età giolittiana: attivismo come attributo maschile che vince sulla
parola, femminile. Il borghese è una categoria morale, e non sociale, caratterizzata dal senso del
privato. Mosse definisce il trionfo della nuova generazione borghese attiva la “rivoluzione
antiborghese dei borghesi”.
L'ideale futurista della virilità non prevedeva confini alla sessualità, in contrasto con l'amore
romantico borghese. In questa prospettiva, la donna viene annullata come portavoce dell'ideale di
famiglia borghese, che deve essere cancellato in nome del “libero amore e dei figli di Stato”.
Marinetti, con Mafarka, arriva a delineare la virilità pura, un uomo che concepisce senza il bisogno
della donna, e che crea così il Superuomo. Il coito prende il posto del sentimento. L'omosessualità e
negativa nel momento in cui porta a comportamenti effeminati, passivi, borghesi (in senso
culturale). Per Marinetti, virilità vs. effeminatezza, non vs. omosessualità.
Per i nazionalisti la sessualità doveva esser incanalata nella morale nazionale: controllo delle
passioni, castità relativa (indice di self-control). Netta separazione dei sessi e assoluta esaltazione
della mascolinità: misoginia e ostilità alla confusione tra ruoli. La società deve sanzionare i
comportamenti anormale; gli uomini dovevano affrancarsi dall'amore per le donne, che li rendeva
loro schiavi. La critica politica è degradazione personale, e gli avversari sono sempre privi di virilità
(Giolitti è una donnetta, Nitti è impotente).
Nel fascismo la teoria si fa prassi (olio di ricino, taglio della barba, tosatura...). Attraverso l'ideale
diffuso di mascolinità si crea anche quello di femminilità e maternità.
Maschilismo fascista ostentato: per Reich (psicoanalitico), espressione del carattere irrazionale
dell'uomo medio sessualmente represso; per Wanrooij, crisi di identità e del ruolo maschile dovuto
alla guerra; per Capone necessità di proporre una manifestazione collettiva della sessualità; per
Benadusi necessità di creare l'uomo nuovo.
2. La scoperta dell'omosessualità
Con l'interesse scientifico per l'omosessualità, questa smette di essere un comportamento
peccaminoso e diventa una specie, un individuo con impressi sul proprio corpo i segni della
perversione (Michel Foucault). Si passa dall'indagine sul comportamento all'indagine sull'individuo,
per trovare le caratteristiche dell'anormalità. Rimaneva il dubbio se parlare dell'omosessualità
significasse in un certo modo legittimarla: in Italia prevale la logica del “meglio non parlarne”.
Secondo Lombroso l'omosessualità è un arresto evolutivo. L'omofobia e la misoginia servono a
proteggere l'identità maschile in un periodo in cui la tecnologia e i processi culturali mettono in
dubbio la superiorità dell'uomo. I tedeschi vengono rappresentati come pederasti nella satira della
prima guerra (ma anche negli articoli seri); il ruolo maschile viene messo in dubbio dagli shock in
trincea, dal cameratismo, dall'approdo delle donne sul lavoro e dal ruolo sempre più preponderante
della tecnologia. La bisessualità non è condannata se prevede un ruolo attivo: è la passività –
propria delle donne – ad essere anormale. Ancora peggio erano gli atteggiamenti femminili,
condannati anche dagli omosessuali stessi (Proust) o dai difensori dei loro diritti.
Il fascismo consentiva – e anzi esaltava – il discorso solo sulla sessualità normale. Spiegazioni
dell'omosessualità (non esistono spiegazioni dell'eterosessualità, in quanto la normalità non esige
spiegazione): anomalie genetiche (ereditarie) e fisiche (costituzione); conseguenza dell'onanismo;
timore della sifilide; desiderio di non procreare; contagio; frenesia sessuale; nervi spinali indirizzati
verso il retto e non verso i genitali (Mantegazza).
Durante il fascismo è l'endocrinologia a occuparsi dell'omosessualità. Per Pende la causa è da
ricercarsi in un sovradosaggio di ormoni femminili, che può quindi essere curata chimicamente in
apposite case di cura. Voronoff e Steinach trapiantano invece testicoli di scimmie o di individui
“sani” a persone omosessuali. C'è una distinzione tra invertito (omosessualità congenita) e
pervertito (omosessualità per vizio), anche sul piano giuridico. La diffusione di teorie
psicoanalitiche è limitatissima, soprattutto a causa dell'avversione di fascismo e Vaticano, anche se
nella voce Omosessualità dell'Enciclopedia Italiana diretta da Gentile si trovano dei richiami, così
come nel Dizionario di criminologia, in cui la voce è scritta da Musatti.
In questo panorama, particolari sono le posizioni della rivista Rassegna di studi sessuali, organo
della Società italiana per lo studio delle questioni sessuali, fondata da Aldo Mieli. Sulla rivista
trovavano voce le posizioni più diverse, ma spiccavano quelle di Mieli e Proteus (forse Pende, ma
probabilmente no) a favore dell'omosessualità. Per Mieli l'omosessualità era del tutto naturale, e
bisognava concentrare l'attenzione sugli omosessuali 'normali' e non su quelli effeminati; la
bisessualità era innata. Proteus criticava il concetto di normalità e spiegava l'omosessualità con la
legge degli errori (di un fenomeno esistono sempre innumerevoli variazioni), spiegando la natura
soggettiva e relativa dell'etica. Il conformismo era la vera malattia da guarire, e l'etica doveva essere
sottoposta a revisione.
La Rassegna sentiva l'influenza degli studi tedeschi, e in particolare di Hirschfeld, che nel 1897
aveva fondato il Comitato scientifico umanitario per l'abolizione della penalizzazione
dell'omosessualità.
Mieli scappò in Francia nel 1928 – probabilmente non per motivi politici, ma finanziari -. La
Rassegna continuò la sua vita, ma con pubblicazioni sempre più sporadiche e sempre più incentrate
su genetica ed eugenetica che non sulla sessualità. Nel 1939, Mieli, ebreo e omosessuale, riparò a
Buenos Aires.
3. La sodomia tra peccato e reato
Il fascismo delegava alla Chiesa il controllo sui costumi sessuali. Forte strumento di controllo è la
confessione, e la penitenza fornisce una scala di valore del lecito e dell'illecito (Foucault). Nei paesi
di tradizione anglosassone (GB e Germania) l'omosessualità era ancora punita con la morte o il
carcere; l'influsso illuminista aveva invece portato gli altri paesi a una strada che implicasse più la
prevenzione che la repressione. La diffusione del codice napoleonico facilitò la strada alla
distinzione tra morale e giurisdizione, facendo rientrare la sessualità nella sfera privata. In quasi
tutti i codici italiani l'omosessualità non era citata, ma il codice dello Stato unitario adottò l'articolo
del Regno di Sardegna che la puniva (abolito poi dove prima era in vigore il codice napoletano). Di
fatto, con l'Italia unita, l'omosessualità era punita al nord e non al sud: veniva riconosciuta una
diversità dell'indole mediterranea, poi “confermata” da studi antropologici e medici. Nel 1927, la
bozza del codice Rocco contiene un articolo di esplicita condanna penale contro le relazioni
omosessuali: la tutela della morale pubblica autorizzava la limitazione della libertà individuale. Chi
ostacolava la procreazione o la limitava era un nemico dello Stato. L'omosessualità femminile era
più grave, ma più difficilmente provabile; l'omosessualità era punita sia in caso di soggetto attivo
che passivo. Nonostante le reazioni degli esperti fossero positive, l'articolo venne tolto dal codice:
non si voleva dare l'impressione all'estero che l'omosessualità fosse così diffusa in Italia da
rappresentare un problema, non bisognava fare pubblicità alla pratica: l'omosessualità si poteva
punire in base all'articolo di offesa del pudore. Negare l'esistenza dell'omosessualità sembrava il
miglior modo per reprimerla.
4. La repressione della pederastia
Per il fascismo, lo Stato è “volontà etica universale”. Il confino è lo strumento repressivo più adatto
per gli omosessuali: toglie gli “infetti” dalla circolazione, come Mussolini stesso dice
esplicitamente. Il confino serve come spada di Damocle, perchè può essere attribuito senza processo
pubblico e senza possibilità di difesa, né necessità di accusa (basta la parola del questore). Per i reati
comuni, serve a colmare le lacune giuridiche (come nel caso dell'omosessualità) e a superare
difficoltà procedurali, nonché ad eliminare visivamente gli emarginati sociali, considerati anche
potenziali sovversivi. Politici e comuni non erano distinti, ma la distinzione era fortemente
interiorizzata. Il confino era riservato agli omosessuali già in epoca liberale (avevano un'apposita
abitazione a Ustica). In epoca fascista, il confino era riservato agli omosessuali “incorreggibili” e
che ne facevano sfoggio. Nei confronti dell'omosessualità c'era una “tolleranza repressiva” che si
attuava in ammonizioni, misure preventive, emarginazione: si portava l'omosessuale alla morte
civile. Gli omosessuali venivano sempre considerati prigionieri comuni: lo status di politic era
riservato a persone di alto livello sociale o raccomandati. L'isola di San Domino, nelle Tremiti,
venne adibita al solo confino di omosessuali: la vita era particolarmente dura, l'isola era disabitata.
Venivano colpiti soprattutto gli omosessuali passivi, con atteggiamenti più femminili: la distinzione
tra attivo “maschio” e passivo “femmina” era talmente diffusa da essere stata interiorizzata dagli
omosessuali stessi, che si polarizzavano su una distinzione di genere. Secondo Goretti è proprio
questa incapacità di concepire un rapporto di coppia differente da quello eterosessuale a far sì che
l'omosessualità non sia riuscita a