Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 12
Riassunto esame Antropologia dell'educazione, prof. Tarabusi, libro consigliato La scuola in pratica, Benadusi Pag. 1 Riassunto esame Antropologia dell'educazione, prof. Tarabusi, libro consigliato La scuola in pratica, Benadusi Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 12.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Antropologia dell'educazione, prof. Tarabusi, libro consigliato La scuola in pratica, Benadusi Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 12.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Antropologia dell'educazione, prof. Tarabusi, libro consigliato La scuola in pratica, Benadusi Pag. 11
1 su 12
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

INSUCCESSO SCOLASTICO E MINORANZE

Fin dagli esordi la ricerca antropologica si è concentrata su gruppi di minoranza nella speranza di colmare quelli che venivano considerati come svantaggi di partenza; verso gli anni '60 cambiò l'approccio perché la ricerca si incentrò di più sulle discrepanze tra cultura dominante e minoritaria con l'obiettivo di creare contesti di apprendimento più accoglienti. Si sono sviluppate ricerche micro-etnografiche basate sulla teoria della discontinuità culturale, ma queste teorie non riuscivano a spiegare perché alcuni gruppi, anche molto diversi da quelli maggioritari, avessero più successo di altri a scuola. Quindi vennero presi in esame anche altri fattori come le esperienze storiche dei gruppi, l'evoluzione delle credenze comunitarie in relazione alla scuola, etc. che spostano l'attenzione sulle differenze esistenti tra gli stili interazionali e cognitivi.

gruppi minoritari considerando deficitario l'ambiente di apprendimento della scuola che non considera differenze linguistiche e diversi stili di apprendimento. Ogbu elaborò una teoria centrata tanto sulle forze macro-sociali quanto sui fattori micro-etnografici che influenzavano la vita in classe; divide le minoranze volontarie (per scelta) dalle involontarie (per forza). In Europa, invece, studiosi come Althusser, Bourdieu si concentrarono di più sugli effetti delle sull'educazione, è un'impostazione macro-sociologica democrazie liberal-capitaliste focalizzata sulle strutture di classe intese come fattore determinante le possibilità esistenziali nella vita sociale. Negli anni '80 gli alunni di minoranza non furono più considerati come soggetti passivi, ma anzi come soggetti in grado di partecipare alla costruzione dei loro ambienti educativi → negli anni '60 coniò l'espressione Oscar Lewis cultura della.

povertà intendendo gli sforzi intrapresi dalle comunità minoritarie per l'integrazione; in un momento in cui prevalgono tesi di impianto razzista, trasformò la povertà in un fattore determinante il comportamento individuale in grado di forgiare i tratti della personalità di un gruppo e di giustificare lo scarso apprendimento scolastico → povertà che si di generazione in generazione con l'inculturazione, quindi perpetuava questo tali alunni non potevano mai andare bene a scuola a causa dell'ambiente famigliare impoverito nel quale erano nati e cresciuti → teoria deprivazionista perché fondata sul concetto di deprivazione culturale, andava contro le interpretazioni che facevano ricorso alle differenze genetiche per spiegare l'insuccesso scolastico, ma pur sempre di mancanza si trattava; ci sono 2 nodi problematici collegati a queste teorie: il primo porta a produrre una sorta di classificazione dei bambini tra

bisognosi e non e la seconda cerca responsabili e colpevoli dei fallimenti scolastici al difuori della scuola

Nella cultura della povertà la differenza culturale riceve sì un suo riconoscimento, ma che, però, mantiene sempre i caratteri della deprivazione, non si pensa che il problema possa risiedere negli ostacoli frapposti all'apprendimento in un contesto scolastico "tagliato" sulle esigenze della maggioranza

Ha il limite di collocare i problemi fuori dalla scuola

Negli anni '70 attenzione non più solo sugli alunni, ma anche sui processi di interazione operanti a sosteneva che, se l'educazione serve sia scuola, anche se, già nei primi anni del XX secolo, Hewitt all'individuo che alla società, allora non può coincidere con uno solo dei due poli, ma deve essere allo stesso tempo individuale, sociale, etnica; non americanizzare gli individui, ma produrre americani, filippini, indiani migliori; bisogna avere una

mente etnica, cioè aperta alle diversità culturali → relativismo antropologico; la critica è che questa teoria non propone una revisione degli ambienti educativi, ma politiche scolastiche di tipo separatista → Franz Boas rifiuta il mito della superiorità razziale, culturale ed etnica e le generalizzazioni evoluzioniste: ogni essere umano è unico, ha il diritto di partecipare alle ricompense offerte dalla sua cultura e ad un pieno sviluppo delle sue potenzialità e ogni cultura va letta nel suo contesto storico e culturale. Le teorie dell'insuccesso scolastico delle minoranze basate sul concetto di discontinuità culturale si fondano sull'assunto "Noi abbiamo una cultura, voi ne avete una differente", a differenza del negazionismo della cultura altrui delle teorie sulla povertà; i teorici della discontinuità culturale si concentrano sulle differenze esistenti tra stili interazionali e cognitivi delle

Minoranze e ambiente scolastico; dietro comportamenti in classe che potevano essere classificati come espressione di baccano e disordine, gli antropologi deprivazionisti scoprirono un ordine complesso; attenzione alla sociolinguistica che focalizza l'attenzione su usi e stili di comunicazione adottati da una comunità di parlanti.

Susan Philips descrive come le strutture di partecipazione che i nativi americani apprendono negli spazi extra-scolastici siano molto diversi da quelli adottati in classe dagli insegnanti: nella struttura di partecipazione americana è l'insegnante a controllare gli studenti che, a loro volta, devono compiere una serie di obblighi, mentre la struttura indiana non dà importanza al controllo gerarchico e incoraggia la prestazione, il premio.

Osserva una comunità di bianchi e un'altra di neri parimenti lavoratori → rilevò un Shirley Brice Heath utilizzo del linguaggio completamente diverso.

4 punti fondamentali

delle teorie basate sulla discontinuità culturale:
  1. Interazione faccia a faccia governata da regole: i bambini delle minoranze devono dedicare più tempo ad apprendere le regole di comunicazione
  2. Contesti scolastici costruiti dalle interazioni: gli alunni devono mostrare di avere competenze comunicative
  3. Il significato di ogni comportamento è determinato dal contesto: alcuni bambini non riescono ad adattarsi a rapidi spostamenti di contesto riproponendo così a scuola comportamenti attesi in famiglia
  4. Nelle classi i significati del comportamento sono continuamente rinegoziati: il rendimento degli alunni di minoranza è il risultato instabile di un processo a cui partecipano diversi attori e non dipende dalle capacità intellettuali
Le ricerche antropologiche sulla discontinuità prediligono ambienti micro → sostiene che, alle ricerche precedenti, mancavano l'olismo e l'analisi comparativa: John Ogbuquesti elementi ogni tipo di correttivo può avere solo un risultato temporaneo → modello etno-che mette in relazione forze locali ed extra-ecologico dell'educazione scolastica o modello culturale, locali con gli elementi cognitivi e comportamentali che agiscono sul piano individuale con un'unione degli aspetti micro e macro; il rapporto tra discontinuità culturale e insuccesso scolastico può essere valido solo per alcuni gruppi minoritari → importanza esperienza storica vissuta dal gruppo; introduce il termine casta per indicare come alcuni gruppi subordinati non abbiano pari accesso alle risorse come le classi agiate, le compagini etnico-culturali sono organizzate gerarchicamente; distingue tra → sono quelle incorporate in modo coatto, con schiavitù ad esempio, ● minoranze involontarie e sviluppano strategie di adattamento alternative alle classi dominanti; non hanno duplicecornice di riferimento, attribuiscono la loro posizione alfatto di appartenere ad una minoranza svantaggiata, vedono la discriminazione come permanente e istituzionalizzata, sostengono che andrebbero cambiate le regole sociali che avvantaggiano la classe dominante a danno di quella subordinata. Quelle che sono partite allo scopo di migliorare il proprio status, non minoranze volontarie, sviluppano un'identità oppositiva; hanno una duplice cornice di riferimento che permette di avere una visione ottimistica delle possibilità future, attribuiscono la loro esclusione da opportunità di lavoro migliori alle mancanze linguistiche, sostengono una maggiore integrazione, sopportano pregiudizi e discriminazioni allo scopo di raggiungere gli obiettivi dell'emigrazione. Pone attenzione a come le minoranze considerano di essersi integrate in una società, che può essere uno stato non propriamente simile a quello della maggioranza. Il modello culturale è ciò che le minoranze pensano della.

realtà socio-culturale da cui provengono e quella in cui vivono, inclusa la loro visione della scolarizzazione

I gruppi minoritari sviluppano una visione ottimistica delle proprie possibilità future attraverso una paragonando la situazione attuale con quella del paese di origine, in una duplice cornice di riferimento.

I gruppi minoritari si rendono conto di avere, nella società di approdo, maggiori opportunità; inoltre i gruppi volontari pensano di non poter avere accesso a condizioni lavorative migliori per via delle difficoltà linguistiche, quindi sono spronati ad una maggiore integrazione.

I limiti sono in riferimento alla poca attenzione alla variabilità interna dei gruppi studiati, una lettura deterministica tra ambiente culturale e rendimento scolastico, l'identità culturale ed etnica non è qualcosa di fisso, ma entrano in gioco altri fattori.

Suarez Orozco sostiene che la duplice cornice di riferimento vale soprattutto per gli

cultura della maggioranza generando, così, problemi di identità. Arricchisce il modello ecologico-culturale di Ogbu problematizzando la distinzione tra minoranze volontarie e involontarie → ogni gruppo va considerato nella sua specificità storica e culturale e trattato come un gruppo distinto come, ad esempio, messicani e cubani emigrati negli Stati Uniti; la sua ricerca si colloca a metà tra analisi antropologica e psicologia-culturale. Le minoranze involontarie pensano di vivere in condizioni peggiori solo perché appartengono ad una comunità svantaggiata, non vedono le forme di discriminazione come temporanee, a differenza delle minoranze volontarie. Ogbu distingue 3 generi di discontinuità culturale legata alla scolarizzazione: 1. DiscontinuitàUniversali per tutti i bambini

Discontinuità primarie sperimentate transitoriamente dai bambini immigrati → a prescindere

Dettagli
A.A. 2019-2020
12 pagine
11 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher donatellateatro di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Elementi di antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Tarabusi Federica.