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5.IL PITTORIALISMO-IL FORMALISMO E IL CITAZIONISMO
L’esordio ottocentesco della fotografia fra ritratto e paesaggio influenzerà pesantemente su di quest’arte
che riuscirà svincolarsi dal modello quadro e ad essere indipendente solo nel ‘900 con le Avanguardie.
Ma nell’ottocento era sempre paragonata all’arte per definizione→ la pittura. E la tecnica dell’artista si
scontrava con l’automaticità oggettiva della macchina.
Critica di Baudelaire→ nel 1859 in occasione del Salon (nel quale per la prima volta era ospitata una sezione
di fotografia) la definisce “il rifugio di tutti i pittori mancati”. Più precisamente il processo fotografico:
estrometteva l’autore (poiché era compromesso con l’industria) delegando l’incapacità alla macchina ed
era legata indissolubilmente con la realtà (→l’arte deve trasformare la realtà non presentarla così com’è!!).
I difetti che l’ottocento imputava alla fotografia diverranno i suoi punti di forza nel novecento.
1913→ Duchamp e il ready-made: esibizione “brutale” del reale senza l’intervento dell’artista→ si scardina
la prassi tradizionale attraverso gli stessi elementi d’accusa ottocentesca! Ma in quel periodo l’assenza di
pratiche extra-pittoriche impediva alla fotografia un confronto altro rispetto a quello negativo e di
sudditanza con la pittura.
Nonostante le pesanti critiche la fotografia venne utilizzata da molti pittori che si servivano di foto
preparatorie per i loro quadri: Delacroix dal 1850 (fotografo Durieu) per le pitture esotiche, Manet, Monet,
Courbet e anche del firmatario dell’accusa Ingres.
Pittorialismo→ i fotografi privilegiano i valori formali dell’immagine, tipici del linguaggio pittorico cercando
di nascondere le caratteristiche del mezzo per innalzare a vera forma artistica l’immagine fotografica. Ossia
forzano le caratteristiche proprie della tecnica fotografica per farla essere qualcosa di diverso.
Qualcosa di meno perfetto e meno meccanico per H.Emerson (1890→ The Death of Naturalistic
Photography) che propose la sfocatura→ verità dell’occhio umano (non assoluta) più naturalistica →
impressionismo. Altro metodo era la gomma bicromata dei profili femminili, molto simili a disegni di
Demachy.
FORMALISMO→I primi decenni dalla sua nascita furono quindi segnati dall’idea di necessità di uniformità
all’arte ma nonostante le nuove vie extra-pittoriche quest’idea (composizione ordinata, formale→ modello
quadro) è continuata in parte anche dopo il pittorialismo storico con artisti quali: Strand, Stieglitz, Steichen,
Adams, Weston. Volevano dimostrare l’abilità del fotografo. Il gruppo della newyorkese “291” –capo era
Stieglitz- e della “F64” sono esponenti dell’estremo tentativo di raggiungere attraverso l’esibizione
dell’abilità e creatività individuale l’artisticità da cui sono stati discriminati → ma il primo livello
comunicativo (dell’immagine bidimensionale pseudopittorica) resta formale, visivo, strutturale! (piano
estetico)
CITAZIONISMO → Von Gloeden, attenzione al passato mitico ed esotico che portano all’allestimento di
complicati tableaux vivants iper-decorati, barocchi. L’intuizione fortunata di giocare con il mezzo
fotografico e di elaborare una dimensione fantastica, sognata fu adottata dalla M. Cameron (in cui il sogno
diventa dipinto-sfuocato) e da Clementina Hawarden.
La fotografia di moda utilizzò il potere certificante del sogno concesso dalla fotografia: De Meyer e Cecil
Beaton. Fotografare l’irrealtà per rendere l’immaginato concreto quanto mai la pittura poteva fare.
6. IL FOTOMONTAGGIO-IL DADA BERLINESE-IL DIGITALE
Il fotomontaggio è una delle risposte al problema fra fotografia e pittura, e incarna l’atteggiamento
pittorialista per eccellenza.
Rejlander nel 1857 crea il primo fotomontaggio “The Two Ways of Life” un lavoro di grandi dimensioni, di
notevole difficoltà manuale-operativa e una composizione di stampo teatrale, il contenuto è ispirato al
quadro “I romani della decadenza” di T. Couture. Un immenso tableau vivant fotografato che doveva
rivaleggiare con la pittura più raffinata. Il lavoro ebbe successo e fu acquistato dalla regina Vittoria.
L’esposizione a Manchester provocò un acceso dibattito fra i sostenitori della nuova era fotografica, chi
poneva dubbi tecnici (montaggio) e chi invece lo definì duplicemente osceno (modelle nude ed esposizione
di argomenti delicati in modo superficiale). Rejlander esplicita come la fotografia possa essere complice dei
pittori interessati a tematiche ideali e l’utilità del fotomontaggio esalta questo aspetto.
Ma il fotomontaggio può anche incarnare una realtà mistificata, provocante e verosimile: “Fading Away”
del 1858 di Robinson (pittorialista) giudicata troppo realistica: i soggetti non sono filtrati-interpretati. Desta
scalpore ma viene cmq acquistata dalla regina. Nel 1869 (1859+10) → in Pictorial Effect in Photography
risponde alle critiche francesi e spiega come aggirarle per far sì che la fotto assomigli al quadro!! Spiega
come la fotografia può superare i limiti di meccanicità, eccessivo realismo, presunta banalità (le accuse)
aggirando la propria identità per renderla pittorica. Il difetto del fotomontaggio è la prospettiva scardinata
→ stile adottato dai Pre-Raffaelliti: Londra (1848) Ruskin è il mentore dello stile pittorico: precisione ottica
e metallica dei dettagli e sovvertimento spaziale prospettico, antinaturale (medievale).
DADAISMO BERLINESE→ “nuovo” fotomontaggio politico e ideologico di Hoch e Hausmann (ma anche
Heartfield e Grosz) durante la Repubblica di Weimar, contro la politica e la mentalità borghese. Questo f.
berlinese è vicino a Rejlander e Robinson→ esigenza della trasformazione manuale (vs trasformazione a
livello concettuale di Duchamp). Hannah Hoch (dopo la politica) si concentra su tematiche delicate: identità
di genere e l’ipocrisia dello stereotipo della “new woman”.
DIGITALE→ il concetto di “manufatto” d’arte rimane tutt’ora punto centrale, accompagnando la rivoluzione
digitale in campo fotografico → difficoltà a concepire un’immagine fedele alla realtà senza la presenza fisica
di un negativo. In realtà anche nel digitale rimane invariato il fondamentale triangolo costitutivo del
processo fotografico: oggetto-autore-strumento →i caratteri originali!
7.NADAR-IL RITRATTO PSICOLOGICO/PITTORICO
A partire dal 1839 grande fu il successo pubblico del dagherrotipo→ prezioso oggetto personale. Nel 1841
Beard apre a Londra il primo studio ritrattistico europeo e nel 1853 a NY c’erano già 86 studi. Le modalità e
i codici della prima ritrattistica sono quelli pittorici → ostilità dei pittori.
Tournachon→ Nadar pseudonimo del caricaturista/ritrattista pungente.
Nel 1853 apre uno studio a Saint-Lazare poi trasferitosi nell’atelier del boulevard des Capucines (facciata
fatta dipingere di rosso-fede politica esplicita) dove eseguiva i migliori ritratti possibili →molti personaggi di
spicco. “Il Tiziano della fotografia” eseguiva ritratti intensi e raffinati, anche i più costosi come anche le
carte-de-visite contraddistinte (“N”). Il suo era uno stile codificato: piano americano, sguardo obiettivo,
ritratti di ¾, illuminazione laterale. Era una foto introspettiva-psicologica, formalmente raffinata (luce,
taglio,pose) e faceva di Nadar, non un tecnico, bensì un artista.
Nadar e aeronautica: prima fotografia aerea 1858-Parigi.Nadar fu attivo nella guerra franco-prussiana
(’70-‘71) sfruttando le conoscenze aeronautiche; ribelle alla Comune di Parigi. Nel 1860 fu il primo a
scendere nelle catacombe di Parigi per fotografare i sotterranei.
La ritrattistica nel ‘900:
1. Su commissione rivolta ai “divi”;
2. Scelte poetiche e concettuali (Diane Arbus, Thomas Ruff..);
3. Eredità alla Nadar→ stile formale, eleganza e maniera codici riconoscibili di un autore (Irving Penn);
4. Cura dell’immagine e amiccamento concettuale (David La Chapelle);
Importante però distinguere che se per la ritrattistica classica di Nadar l’obiettivo era l’interpretazione
psicologica del singolo soggetto→ ESSENZA DEL SOGGETTO, la Arbus, Ruff e Warhol antepongono a questo
obiettivo la concettualità dell’operazione fotografica → SOGGETTO ICONA/MASCHERA.
8.DISDERI’-LA FOTOTESSERA
Nel 1854 Disderì brevettò la carte-de-visite: 4 obiettivi diversi che creavano 8 foto per lastra. Grande
successo: economicità e moda (Napoleone III raggiunge lo studio su Boulevard des Italiens, la regina
Vittoria) →album di fotografie, oggetto domestico.
L’avvento della carte de visite costituisce l’emancipazione dell’immagine dall’aura artistica inarrivabile e
sacrale e la sua successiva massificazione e democratizzazione. Nuovi valori: affettivo, politico e sociale, ma
anche concettuale → parlare di sé, delle persone care…non è più la bella immagine assoluta quella che
conta ma la testimonianza di un valore relativo e reale che si concretizza nell’album di famiglia. Uno
strumento utilizzato in maniera povera che evidenzia l’aspetto di moltiplicazione dell’immagine→
automaticità e massificazione sono le parole cardine della tecnica fotografica (esaltati nel ‘900).
La carte-de-visite può dunque essere vista come anticipazione della fototessera.
Fotografia capace anche di certificare sogno e illusione → i clienti di Disderì chiedevano di travestirsi,
d’incarnare altre identità (carte-de-visite in maschera- metà ottocento).
Ciò non avveniva presso lo studio di Nadar per la sua distanza “illustre” nei confronti dei suoi clienti, era
intransigente mentre Disderì era un maestro con poco polso. Questa differenza permette di definire
“manuale” la carte de visite di Nadar e “automatica” (novecentesche?) quella di Disderì.
Magritte → le fototessere all’Orto Botanico di Parigi, intuizioni geniali. Bacon, Warhol, Rainer, Vaccari,
fototessere bizzarre (cfr clienti Disderì) → volontà d’azione, di travestimento, di performance corporale, di
finzione.
Ancora critiche alla carte-de-visite→ scarso valore estetico? Piccolo formato e assenza di sforzo autoriale.
Ma la visione di Newhall viene smentita poiché è proprio quella povera e brutta piccola immagine ad
attivare gli stimoli novecenteschi con le sue caratteristiche: facilmente spedibile, memento