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IDEE SU UNA PSICOLOGIA DESCRITTIVA E ANALAITICA (1894)
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che nella critica kantiana della ragione questa emancipazione della teoria della conoscenza della psicologia si
in linea di principio già compiuta. E in ciò sembra ad essa che sia racchiuso il futuro della teoria della
conoscenza.
I fatti spirituali che costituiscono il materiale della teoria della conoscenza non possono essere collegati tra
loro senza lo sfondo di una qualche rappresentazione della connessione psichica. Nessuna arte magica di un
qualche metodo trascendentale può rendere possibile questa, che è una impossibilità in sé. Qui non c’è parola
magica di scuola kantiana che tenga. L’apparenza di riuscirci dipende dal fatto che il teorico della conoscenza
possiede nella sua propria viva coscienza questa connessione e di qui la trasferisce nella propria teoria. Egli la
presuppone. Se ne serve. Ma non la controlla. Per conseguenza, dall’ambito linguistico e culturale del suo
tempo, ciò che si insinua in lui sotto forma di concetti psicologici sono delle interpretazioni di tale connessione.
La dottrina classificatoria delle facoltà del tempo di Kant è responsabile delle rigide distinzioni, del lavoro di
separazione e di incasellamento tipico della sua critica della ragione.
Le sue distinzioni tra intuire e pensare, tra materia e forma del conoscere. Ambedue le distinzioni lacerano una
connessione vivente. A nessuna delle sue scoperte Kant attribuì maggiore importanza che alla sua rigorosa
distinzione tra natura e i principi dell’intuire e quelli del pensare. È stato proprio lui a dare la prima chiara
dimostrazione dell’efficacia dell’intelletto all’interno della sensibilità. Nelle intuizioni agiscono sempre il
distinguere, l’equiparare, il collegare e il separare e la valutazione di gradualità. Quindi si tratta di livelli diversi
ai quali agiscono gli stessi processi. Gli stessi processi elementari di comparazione, distinzione, valutazione di
gradualità sono operanti nella formazione delle nostre percezioni, delle nostre riproduzioni d’immagini, delle
figurazioni geometriche, delle rappresentazioni di fantasia. Le categorie formali vengono astratte da tali
funzioni logiche primarie. Ecco perché Kant non avrebbe avuto bisogno di distinguere queste categorie dal
pensiero discorsivo. E tutto il pensiero discorsivo può essere considerato come un livello superiore di questi
processi taciti del pensiero.
La separazione condotta nel sistema di Kant tra materia e forma della conoscenza non è più sostenibile oggi.
Ben più importante di questa separazione sono le relazioni interne che sempre sussistono tra la molteplicità
delle sensazioni, cioè la materia della nostra conoscenza, e la forma nella quale apprendiamo tale materia.
Possiamo collegare una pluralità di sensazioni tattili o visive sempre solo come una accanto all’altra. Infatti
non possiamo rappresentarci neanche due colori insieme se non in un “uno accanto all’altro”. In questa
necessità dell’avere uno accanto all’altro è in gioco appunto la natura delle impressioni visive e delle
sensazioni tattili; inoltre, la natura della materia di sensazioni condizioni la forma della sua prensione sintetica.
Queste differenze e gradualità sussistono però soltanto per una coscienza che le tiene insieme. Sarebbe anzi
del tutto incomprensibile come elementi psichici materiali possano essere riannodati dall’esterno col legame di
una coscienza unificante.
Ci si libererà delle influenze casuali di false psicologie, nella teoria della conoscenza, solo se si riuscirà a
fornire ad essa proposizioni valide circa la connessione della vita psichica. Per la verità non sarebbe
appropriato porre senz’altro a fondamento della teoria della conoscenza una psicologia descrittiva bell’e fatta.
D’altra parte una teoria della conoscenza senza presupposti è un’illusione.
Ci si potrebbe raffigurare il rapporto tra psicologia e teoria della conoscenza. Nello stesso motivo in cui già
prende da altre scienze proposizioni universalmente valide e sicure, la teoria della conoscenza potrebbe
assumere dalla psicologia descrittiva e analitica un complesso di proposizioni che risponda ai suoi bisogni e
che non sia soggetto ad alcun dubbio. Ciò che importa è soltanto se le proposizioni acquisite presso le
scienze abbiano superato la prova della validità generale, della più rigorosa evidenza, concetti che poi devono
ritrovare il loro senso e la loro giustificazione del loro uso nei fondamenti della teoria della conoscenza, i quali
giacciono nell’esperienza interna. Il problema si ridurrebbe, per conseguenza, a quello se le proposizioni del
genere possano essere fornite in assenza di una psicologia delle ipotesi. Già questo ci conduce al problema di
una psicologia nella quale le ipotesi non abbiano la funzione e il peso che hanno nella psicologia esplicativa
oggi dominante.
La connessione psichica costituisce il sottosuolo del processo conoscitivo, e quest’ultimo può quindi essere
studiato e determinato nelle sue potenzialità soltanto entro tale connessione psichica. Il vissuto di tale
contesto, più o meno chiarito, analizzato, indagato, sta alla base di ogni apprensione di fatti spirituali, storici e
sociali. La storia delle scienze dello spirito ha a suo fondamento questa connessione vissuta e la porta
passo a più chiara coscienza. Nella coscienza vivente e nella descrizione universalmente valida di questa
connessione psichica è contenuta la base della teoria della conoscenza. Ma ogni psicologia già fatta non è a
sua volta altro che il compimento scientifico di qualcosa che costituisce il sottosuolo anche della teoria della
conoscenza. La teoria della conoscenza è psicologia in movimento, in movimento verso una meta
determinata; ha il suo fondamento in quella presa di coscienza di sé che abbraccia il reperto totale e indiviso
della vita psichica: validità universale, verità, effettualità, vengono determinare nel loro senso solo in base a
tale rapporto. IDEE SU UNA PSICOLOGIA DESCRITTIVA E ANALAITICA (1894)
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Con psicologia descrittiva intendo l’esposizione degli elementi costituitivi e delle connessioni che compaiono
uniformemente in ogni vita psichica umana evoluta, così come essi sono collegati in una connessione unica
che non è una sovrapposizione di pensiero né un’illazione, ma è vissuta. Questa psicologia è descrizione e
analisi di una connessione che è data originariamente e sempre in quanto la vita stessa. Essa ha per oggetto
le regolarità nel contesto della vista psichica evoluta; espone questo contesto della vita interna in un uomo-
tipo. Essa considera, analizza, confronta. Si vale di ogni possibile ausilio per svolgere il suo compito. Ma il suo
significato nella articolazione delle scienza sta proprio nel fatto che ogni connessione da essa utilizzata può
essere univocamente verificata per mezzo della percezione interna e che si può mostrare che essa è membro
di quella più comprensiva che non si può dedurre ma è data originariamente.
Quella che io chiamo psicologia descrittiva e analitica deve soddisfare un requisito, che è relativo alle
esigenze delle scienze dello spirito e della condotta della vita tramite queste.
Le uniformità che costituiscono l’oggetto principale della psicologia si riferiscono alle forme dell’accadere
interno. La ricchezza dei contenuti effettuali della vita psichica travalica i limiti di questa psicologia. Ma in tutta
questa letteratura di riflessione si nota l’incapacità di esposizione sistematica. Ben diversa da simili riflessioni è
la sapienza del poeta circa l’uomo e la vita, essa ci parla solo tramite figure e combinazioni di destini illuminate
qua e là, per lo più fulmineamente, dalla riflessione. Se per psicologia si intende una esposizione della
regolare connessione della vita psichica, allora le opere dei poeti non contengono alcuna psicologia, né in
esse se ne nasconde alcuno sotto alcun velo, per cui non c’è artifizio che possa strappar loro una simile
dottrina della uniformità dei processi psichici.
2. Secondo capitolo
La distinzione tra psicologia esplicativa e psicologia descrittiva
La distinzione tra un psicologia descrittiva e una psicologia esplicativa non è nuova. È spesso ricorrente il
tentativo di affrontare l’argomento tramite due modi di trattazione che si integrano a vicenda. Christian Wolf
vedeva nella separazione tra psicologia razionale e psicologia empirica uno speciale titolo di gloria della
propria filosofia: la psicologia empirica è quella scienza d’esperienza che fa conoscere ciò che vi è
nell’anima umana. Essa può essere paragonata alla fisica sperimentale. Essa serve a saggiare e a
confermare ciò che la psicologia razionale sviluppa a priori.
La psicologia razionale è da lui designata anche come esplicativa ed ha il suo fondamento d’esperienza
nella psicologia empirica. Col contributo di quest’ultima, essa sviluppa a priori in base alla ontologia e alla
cosmologia ciò che è insito nella possibilità dell’azione umana. E come essa possiede nella psicologia
empirica il proprio fondamento d’esperienza, ha in essa altresì il proprio controllo. Ora, Kant ha dimostrato
l’impossibilità di una psicologia razionale; tuttavia di queste tesi di Wolf rimase un nucleo valido: la distinzione
di un procedimento descrittivo e di uno esplicativo e l’idea che la psicologia descrittiva sia base d’esperienza e
controllo della psicologia esplicativa
Più tardi Theodor Waitz elaborò questa distinzione in senso moderno. Nel 1849 nella sua Psicologia come
scienza naturale adottò un metodo che si proponeva di spiegare i fenomeni psichici nell’esperienza tramite
ipotesi ad essi appropriate; così fu il primo in Germania a fondare una psicologia esplicativa dal taglio
moderno di scienza naturale. Egli affiancò a questa psicologia esplicativa il progetto di una psicologia
descrittiva, giustificando la distinzione in base a quella, già esistente, tra scienze descrittive e scienze
teoriche. La psicologia descrittiva si vale della descrizione;: analisi, classificazione, comparazione e dottrina
dello sviluppo; in particolare, essa deve articolarsi come psicologia comparativa e dottrina dell’evoluzione
psichica. La psicologia esplicativa o scientifico-naturale lavora sul materiale fornito dalla psicologia
descrittiva e vi ricerca le leggi generali che regolano lo sviluppo e il decorso della vita psichica ed espone i
rapporti di dipendenza della vita psichica rispetto all’organismo proprio e al mondo esterno. La sua grande
opera sull’Antropologia dei popoli primitivi era una part