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La costruzione degli stati indipendenti. Associazionismo e partiti politici nazionalisti.
A fianco ai movimenti politici di stampo nazionalisti, nei Paesi africani c'è una grande azione della società civile che ha avuto un ruolo fondamentale nel processo di decolonizzazione. Dalla società civile emergono anche i futuri dirigenti, soprattutto dai sindacati. A livello recente, il fenomeno ha avuto un ruolo-chiave nel Sudafrica a cavallo tra la fine degli anni '80 e il 1994: il sindacato nero, i movimenti studenteschi, femministi, professionali hanno avuto un ruolo decisivo nella caduta dell'apartheid. L'influenza della società civile è evidente anche nella struttura dei partiti nazionalisti in Africa, pochi dei quali hanno strutture come quelli occidentali a parte quelli di stampo comunista e socialista. Non è un caso se nei loro nomi si trova raramente il termine "party", che in inglese vuol dire partito ma anche
parte di un tutto: le forze politiche nazionaliste tendono invece a voler rappresentare tutti, perciò guardano con sospetto alle faziosità politiche e costruiscono grandi partiti di massa con termini quali "Union", "Convention", "Congress". In realtà, benché quasi tutti siano partiti di massa per nascita – basandosi sul consenso popolare nella ricerca dell'indipendenza – quasi nessuno garantisce la partecipazione di massa. Di qui va fatta una distinzione tra:
- Partiti inclusivi di tipo interclassista ed interetnico.
- Partiti esclusivi che non desiderano al loro interno categorie sociali o etniche ben precise.
Il problema dei partiti inclusivi sta nel fatto che, conquistato il potere, si trovano pur sempre a dover soddisfare le aspettative divergenti della società civile. In realtà già dai primi anni Sessanta gli studiosi si resero conto che le istituzioni e i partiti non giocavano
un ruolo concreto nel tessuto politico africano, ma che questo era invece fatto da relazioni extra-istituzionali: le reti di alleanze tra clan a livello locale, le reti di potere tra il presidente e i suoi accoliti all'interno del partito, le forze militari. I problemi della costruzione degli Stati indipendenti. Diverse sono le sfide che i nuovi gruppi dirigenti devono affrontare nel periodo post-coloniale: 1. Costruzione della nazione (nation-building). Ancora oggi esistono in Africa Stati senza nazione, cioè privi di coscienza nazionale. Sono Stati artificiali, definiti da confini artificiali e popolati da culture molto eterogenee. I leader nazionalisti puntano a superare le peculiari identità tradizionali in favore di una superiore e più "moderna" identità nazionale. Nascono miti africani, soprattutto quelli intorno agli eroi della resistenza alla penetrazione coloniale e ai sovrani pre-coloniali. Tranne che in alcuni paesi (Tanzania, Kenya) ladifficoltà maggiore è a livello linguistico, poiché è impossibile trovare una lingua ufficiale nazionale. 2. Sviluppo socio-economico. Ignorando la necessità di una politica economica di sviluppo, i leader nazionali ritengono che la semplice rimozione dello sfruttamento coloniale garantirà lo sviluppo del paese. In un suo libro del 1964, lo studioso francese René Dumont scriveva che l'Africa era "partita male" e fu presto evidente che il sottosviluppo di questi paesi non si sarebbe risolto in breve tempo: gli scambi commerciali rimanevano infatti sfavorevoli per le economie esportatrici di materie prime. L'ONU cercò di ovviare al problema chiedendo alle nazioni sviluppate di rivalutare i prezzi delle materie prime e di destinare l'1% del PIL allo sviluppo. Poco di ciò fu realmente realizzato. 3. Indipendenza economica. Aspetto legato al precedente, è la consapevolezza che dopo aver conquistato il“regno della politica” (Nkrumah) sia necessario conquistare anche le altre sfere ancora in mano ai poteri coloniali, in primi quella dell’economia. Solo così i paesi neo-indipendenti potranno contare alla pari nello scenario globale. Mentre diversi paesi scelsero la via socialista, la grande maggioranza si dichiarò seguace della via liberal-capitalista favorendo gli investimenti stranieri pur mantenendo ovunque un forte intervento dello Stato nel settore economico.
4. Consolidamento politico dei gruppi al potere. La legittimità dei nuovi leader sta essenzialmente nell’essere “padri della patria”, fautori dell’indipendenza. Ma, in seguito alla vittoria, bisogna costruire una nuova legittimità basata sul soddisfacimento delle attese dell’elettorato.
Africanizzazione e nazionalizzazione. Subito dopo l’indipendenza, l’obiettivo è affidare alle élite africane l’amministrazione pubblica e le
grandi aziende statali. Il personale di origine coloniale bianca viene sostituito con funzionari locali, soprattutto nella sfera economica (banche centrali, imprese para-statali ecc.). A ciò si accompagnano processi di nazionalizzazione che portano nelle mani dello Stato le grandi imprese private internazionali che controllano le principali risorse economiche. In Tanzania viene subito nazionalizzata la terra, non più considerata privata. In Kenya invece si fanno poche nazionalizzazioni ma molta africanizzazione, costringendo le imprese multinazionali a fare entrare nei loro consigli di amministrazione una certa percentuale di locali. In Ghana, Nigeria e Sierra Leone al momento dell'indipendenza - grazie alle riforme britanniche - oltre il 50% dell'amministrazione pubblica era occupata da africani. Nelle colonie francesi i burocrati francesi possedevano grande esperienza ma rimanevano pochi. In tutti i casi, comunque, restavano limitate le capacità.Tecniche di questa nuova élite a causa di una desolante mancanza di istruzione e di conoscenze dei processi democratici. Dal termine africanize si affermò negli anni '70 quello di nizers, cioè gli "africanizzati". In maniera più spregiativa, in swahili questi individui sono chiamati anche wabenzi, "coloro che possiedono una Mercedes Benz" (segno del prestigio sociale). Le élite dei primi anni d'indipendenza lottarono contro la frammentazione etnica e si creò presto una spaccatura tra due correnti:
- Modernisti: strati della popolazione che avevano avuto accesso all'istruzione, molti dei quali all'estero. Portatori di modelli occidentali, nemici degli elementi "premoderni" delle società africane, costituiscono la leadership dei nuovi partiti nazionali.
- Tradizionalisti: strati rurali e leader locali (consigli degli anziani, capi-villaggio) intenzionati a mantenere le
- 6 casi per vittoria elettorale. L'esito delle elezioni permette a un partito la maggioranza assoluta che
di fatto esclude ogni altro tipo di alternativa.
- 3 casi per unificazione di altri partiti. Partiti diversi decidono di unificarsi prima o dopo le elezioni.
- 12 casi per coercizione. Si impedisce costituzionalmente o di fatto agli altri partiti di competere nelle elezioni.
Partiti unici per unificazione. Il caso classico è quello della Somalia, che mantiene un regime multipartitico fino al 1969 quando un colpo di Stato militare instaura un partito unico socialista. La precedente, estrema frammentazione – circa 180 partiti, di cui la Lega dei Giovani Socialisti (LGS) era l'unico dominante in quanto aveva gestito il processo di indipendenza – la stragrande maggioranza dei partiti faceva riferimento a clan e sottoclan che andavano da poche centinaia a più di un milione di persone. La frammentazione era favorita dal sistema elettorale in quanto la LGS prendeva la maggioranza assoluta (poco più del 50%) mentre tutti gli altri si limitavano a prendere
il panorama politico può cambiare drasticamente.