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Vedere solo la schiavitù delle donne porta inevitabilmente a un alto apprezzamento della virilità, condannando solo
il fatto che sia imposta come dominio sull’altro sesso. Anche se si sputa sulla cultura dell’uomo, se si pensa di doverla
mettere in discussione, è da lì che si mutano i modelli della riuscita, sia sul piano sessuale che su quello simbolico.
5) una visceralità indicibile. Il femminile riscoperto dall’autocoscienza
Il femminile è materia d’esperienza difficile da accostare; l’appartenenza di genere rimanda ai ruoli storici della
donna e urta contro il bisogno di percepirsi come individualità. Il movimento delle donne degli anni 70 apre una
breccia su questa materia, ma è costretto subito dopo ad alzare argini culturali, teorici, a separate di nuovi privato e
pubblico. Il linguaggio con cui si era tentato l’indicibile negli anni 80 si è perso, entrato ormai massicciamente nelle
istituzioni della cultura e della politica, il femminismo torna a parlare le lingue colte. La problematica inviduo-genere
che si era affacciata nella fase iniziale del movimenti si eclissa in fretta, dando luogo a una polarizzazione: il genere
femminile, sottratto dalla sua insignificanza storica, si salva nel momento in cui viene assunto positivamente come
sapere specifico (competenza) come ritrovata identità e funzione sociale delle donne. La narrazione di sé, che aveva
caratterizzato l’autocoscienza non è riuscita a dar forma a una nuova teorizzazione. L’immaginario dei generi e dei
ruoli sessuali non è stato scalfito più di tanto, e questo fa dubitare che si stata anche una vera modificazione
personale del quotidiano. Una zona poco esplorata del femminismo è la vita privata. Finché è stata vista in rapporto
all’uomo ha creato solidarietà, quanto invece è riemersa nei rapporti tra donne ha creato ansie, desideri, conflitti.
Ma oggi questo momento sembra essere passato. Alcune hanno creduto di muoversi dentro una cultura, totalmente
altra, differente, da quella maschile esistente. Ma di fatto le donne hanno fatto propri molti elementi culturali
maschili, come l’imprenditoria, l’associazionismo ecc, capovolgendo del tutto le costruzioni, ma al contempo
costruendo in parallelo agli uomini. cambiate le parti e i soggetti, rimane comunque la divisione tra pubblico e
privato, con ancora una predilezione verso l’intimo per far spettacolo. Molte, basandosi sulle tesi di Lonzi, si chiesero
realmente come evitare la servitù emotiva, come tenere insieme bisogno d’amore e bisogno d’autonomia, non
trovando risposta. Tutto questo ha determinato il passaggio dall’autocoscienza alla pratica dell’inconscio.
6) la pratica analitica: incontro con Politique et Psycanalyse
Il passaggio dall’autocoscienza alla pratica dell’inconscio è un avvenimento importante, rappresentato da due
momenti che si tennero nel 72 con le francesi. Il primo durante un incontro-vacanza in Vandea promosso da MLF di
cui ne racconta Nappi in La nudità, articolo pubblicato prima su Sottosopra e poi sulla rivista L’erba voglio. Il secondo
fu un incontro organizzato da PEP in una cittadina vicino a Rouen. Vi partecipano donne del Collettivo milanese di Via
Cherubini, che al ritorno ne discutono e trascrivono la registrazione pubblicata su Sottosopra. Nel suo scritto Nappi
confronta l’esperienza di nudismo fatta in Vandea, dove non c’erano uomini, con un’altra vacanza con presenza
mista. Nel rapporto con sole donne si può acquisire una ottica propria: fino a quel momento Nappi aveva una visione
distorta del suo corpo, cioè di aver vissuto la nudità femminile come la vivono gli uomini. l’individualità femminile si
sta costruendo quindi in questi anni in un processo duplice: la scoperta di aver interiorizzato lo sguardo dell’altro,
determina dei cambiamenti nella percezione e rappresentazione di sì. La coscienza che restituisce all’individuo la sua
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interezza non cancella l’appartenenza a un sesso o all’altro e le diversità che vi sono connesse, ma le colloca in un
luogo concreto, che è l’esistenza singola, e in realtà comune a entrambi i sessi. Questo permette di prendere distana
dalle immagini di genere costruite dalla storia della cultura dell’uomo e di delineare una visione di sé, dell’uomo, del
mondo che corregge una coscienza distorta del proprio e dell’altro sesso. Non si scambiano solo le differenze
irriducibili, ma anche somiglianze. Infine questo permettere il prodursi di cambiamenti, scaturiscono nuovi modi di
sentirsi, pensarsi e dirsi. La discussione che fa seguito all’incontro di Rouen è il primo documento in cui si parla della
pratica psicanalitica come arma rivoluzionaria per affrontare la sessualità femminile e i rapporti tra donne che
venivano nascendo. In PEP si trova li bisogno di fissare le differenze tra i sessi a partire dalla sessualità stessa. In PEP
viene ripresa l’analisi del desiderio sessuale rivolto alla madre, nell’omosessualità tra donne, appare come sessualità
femminile ritrovata. Considerare l’omosessualità femminile come polo dialettico della sessualità maschile, vuol dire
costruire due identità parallele. Riconoscere nella propria preistoria il desiderio per la madre costringe a prendere
atto di quanto quel modello sia radicato in noi, per cui è solo attraverso la presa di coscienza che si possono ritrovare
modi meno coatti e deformati di rapportarsi a uomini e donne. Una sessualità più libera, sia omo che etero,
dovrebbe saper esprimere la diversità dei corpi e la somiglianza, la diversità e la consonanza dei modi del piacere
imparentate col modello dominante maschile che nel vissuto di ogni singola donna sono intersecate. Per una parte
del femminismo la preoccupazione maggiore non saranno quelle tanto case a PEP, come differenza di genere,
cambiare quindi l’esistente; piuttosto sarà più importante creare un patto sociale tra donne.
7) interiorità e storia: la rivoluzione degli anni 70
L’incontro con il gruppo francese PEP rappresentò una novità. Quello che colpì fu il tentativo di riportare all’interno
dei rapporti fra donne la pratica analitica, con tutti i problemi che questo poteva creare. La frequentazione fra donne
aveva già portato da tempo in primo piano il problema dell’omosessualità, vista attraverso lo sguardo analitico come
legata al rapporto con la madre. Il rapporto con l’uomo è più facile da analizzare, descrivere e controllare mentre
quando si va a toccare questa preistoria non si sa che cosa verrà fuori. Questa preistoria sta sotto il piano mentale,
sotto la linea di confine che si traccia di solito nella costruzione di un progetto, il problema è che non si sa come
affrontarla. L’altra questione è quella dell’omosessualità. Si è avvertito fin dall’inizio il rischio di una normatività.
Quella che era una presa di coscienza sulla vicenda originaria del desiderio rivolto al corpo materno sembrò
diventare una censura. Venne fatto quindi il tentativo di riportare alla luce non solo le problematiche legate al corpo
e alla sessualità, ma anche alla pratica politiche con cui furono affrontate, senza isolarle di nuovo. Prendere
coscienza di qualcosa che era stato vissuto come malattia e poterlo ripensare alla luce della vicenda storica dei sessi
è vero che liberava nuove energie, ma sembrava anche indebolire tutto ciò che si era conquistato. Importante era
quindi sì l’emancipazione, ma bisogna vedere anche cosa c’era dietro questa: bisognava iniziare a guardare a tutta
quella sfera personale della donna. chi ha dovuto così a lungo cercare modi per sopravvivere, qualche ferita, ce l’ha
ed è inutile fare finta che improvvisamente ci si possa risvegliare alla storia piene di slancio, grandezza e potenza.
Nella vita sociale, nel mondo del lavoro, queste contraddizioni sono state più evidenti: da un lato si vuole
uguaglianza, dall’altro si cerca la tutela. Bisogna però vedere la contradditorietà in cui hanno dovuto vivere le donne:
costrette da una parte a vedere le mancanze della storia che le esclude; dall’altra a fare degli adattamenti spaventosi
per cui hanno conosciuto miseria e alienazione. Melandri afferma che se all’epoca questa contradditorietà fosse
stata sotto i loro, e fosse stata analizzata, avrebbe aiutato molte femministe ad analizzare sia la vita psichica sia la
relazione pubblica uomo-donna in modo più realistico, e questo avrebbe permesso oggi di avere strumenti di
interpretazione meno schematici. In pratica negli anni 70 si è messo l’accento sulla donna volendola distinguere dalla
madre, si è messa in discussione la maternità come dedizione, sacrificio ecc. è chiaro che si fosse dovuto anche
cancellare qualcosa, non si potevano vedere contemporaneamente un aspetto e l’altro. Pensavano che l’essere
donna andasse analizzato per quello che aveva significato storicamente, che andassero ripensate le figure e i ruoli
del femminile, attraverso l’analisi propria. Questa analisi di sé e dei rapporti veniva sentita con una valenza politica e
storica. Ma effettivamente fare autocoscienza e pratica dell’inconscio significava spesso lasciare indietro le lotte
sociali. Occorre precisare però che autocoscienza e pratica dell’inconscio non si possono trasformare in ideologia,
erano solo un modo diverso di cambiare se stessi e il mondo, che avevano meno visibilità. Molte donne dopo gli anni
70 hanno fatto analisi personale ma quello che hanno imparato non è più diventato acquisizione politica, ma ha
cambiato solo la loro sfera intima. 5
8) la pratica dell’inconscio: “critiche e commenti”
Gli unici scritti che danno conto della pratica dell’inconscio sono quelli preparatori, che illustrano il progetto nato in
ambito milanese e da cui emergono già le due diverse impostazioni che caratterizzarono il gruppo analisi e il gruppo
pratica dell’inconscio. Melandri considera pratica dell’inconscio il passaggio dai primi anni del femministico,
contrassegnati dalla pratica dell’autocoscienza, ad una fase in cui diventa necessario scavare dentro il racconto delle
vite per vedere ciò che trapela ma che non viene detto, la necessità di approfondire il rapporto inconscio-coscienza,
analizzare la conflittualità ma anche le fantasie, i desideri e le paure che emergevano dalla frequentazione fra donne,
all’interno dei gruppi ma anche nella vita quotidiana. Pratica dell’inconscio riguardò anche momenti collettivi come il
convegno che si tenne al circolo De Amicis di Milano nel febbraio 75 o i due convegni nazionali di Pinarella, nel
75/75. In senso stretto però la pratica dell’inco