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La modernizzazione del Giappone

Vennero abolite le caste, i samurai non ricevettero più un salario così vennero spinti a intraprendere una carriera negli affari, la burocrazia statale venne modernizzata e il sistema educativo reso più efficiente e generale. Alcuni giovani preparati vennero mandati in occidente per studiare le istituzioni occidentali e consigliare il governo giapponese, infatti le riforme vennero fatte su ispirazione occidentale: il sistema feudale venne abolito e venne istituita un'amministrazione centralizzata sul modello francese; l'esercito venne organizzato come quello prussiano; la flotta come quella inglese; l'industria e la finanza seguirono il modello americano e tedesco; l'istruzione venne riformata sul modello europeo. Nel 1882 venne creata la banca centrale e riformato l'intero sistema bancario. Con questa nuova base istituzionale il Giappone poteva iniziare la sua avventura industriale. Non fu.

facile trovare il modo di decollare in quanto il paese era piccolo, montuoso e le risorse del produrre si doveva importare e pagare con esportazioni, sottosuolo erano scarse, quindi per mache cosa si poteva esportare? Infatti, in suo aiuto vi fu un’industria tradizionale fornendogli la SETA, diventando appunto un grande esportatore di seta grezza. Cercando disperatamente delle risorse il Giappone diventò una potenza coloniale, la prima guerra contro la Cina nel 1894-1895, guadagnando Taiwan e dopo contro la Russia nel 1905 acquisendo diverse aree (tra cui la Corea). Decollò l’industria tessile e anche quella pesante, ma lentamente perchè solo alla fine dell’800 vennero abrogati i trattati e il Giappone poteva dare un pò di più protezione ai suoi imprenditori. In questo primo sviluppo giapponese nacquero un insieme di imprese denominate ZAIBATSU avevano legami per lo più familiari. Al centro vi era una banca che agiva da

polmone finanziario. Lepiù famose zaibatsu hanno nomi ancora molto noti oggi: .M , S , MITSUBISHI UMITOMO ITSUI

Durante la 1° guerra mondiale e la crisi del ’29 il Giappone ne approfittò per permette quel processodi (recupero) con l’occidente europeo e gli Stati Uniti, ma che poi venne bruscamenteCATCHING UPinterrotto dalla 2° guerra mondiale e poi ripreso negli anni ’50 fino a portare il Giappone tra le grandipotenze: Europa e Stati Uniti. 116° capitolo: TECONOLOGIA E CAMBIAMENTI SOCIOECONOMICI

1. TECONOLOGIA E CICLI LUNGHI DI SVILUPPO

L’economista Schumpeter notò già all’inizio del secolo che le invenzioni tendono a raggrupparsi adalcune tecnologie di base, generando un potente ciclo di sviluppo che arriva a saturazione e che poiriparte con altre innovazioni; quindi l’andamento del sistema economico è caratterizzato da cicli di lungoperiodo con regimi tecnologici diversi. Per questo motivo si parla di

più rivoluzioni industriali e non di una. La 1° rivoluzione industriale ebbe inizio nel 700 fino alla metà dell'800 e fu caratterizzata dalla rivoluzione industriale a vapore, ferrovia; chimica inorganica dall'acciaio e dalla la rese disponibili potenti sbiancanti. Questa rivoluzione industriale non necessitò di altri livelli di istruzione in quanto si basò su una scienza semplice divisione del lavoro; già conosciuta. La lavorazione si realizzava nelle fabbriche permettendo la ciò urbanizzazione. Favorì l'accentramento della popolazione che fu un potente fattore di. Tuttavia, le imprese si mantenevano piccole, sotto il controllo del proprietario e non necessitavano di capitali ingenti, ad eccezione delle ferrovie. I sindacati iniziarono dalla prima metà dell'800 ad organizzarsi per mestiere, invece che per settore (trade unions). La 2° rivoluzione industriale ha inizio nella secondo metà dell'800 fino alla metà del 900, sibasata sulla Rivoluzione Industriale, motore a scoppio, chimica organica, sull'elettricità, il e la. Tutte queste innovazioni sono più complesse di quelle precedenti in quanto richiedono livelli di cultura e istruzione più elevati per crearle e utilizzarle. Si richiedeva quindi un'istruzione tecnica media e una buona diffusione di quella superiore. Un'altra necessità di ingenti capitali conseguenza importante fu la per imprese che nasceva già più grandi di quelle della 1° rivoluzione industriale, e tendeva a diventare sempre più grandi, fino ad acquisire un certo controllo del mercato e a sfruttare meglio le economie di scala. 3° iniziata alla metà del 900 e tuttora in corso, basata In seguito si ebbe una Rivoluzione Industriale nucleare, materiali artificiali, biochimica elettronica, sull'energia ed La relazione tra nuova scienza e tecnologia sono diventate strettissime e i livelli di istruzione sono elevatissimi. Ma ad essere al

Il centro di questa rivoluzione industriale è l'elettronica che ha cambiato il nostro modo di vivere e lavorare.

Una vita sempre più lunga e una famiglia sempre più piccola.

La nascita della grande impresa.

Nella seconda metà del XIX secolo, i costi di trasporto diminuirono e con l'espandersi delle ferrovie e della navigazione a vapore le informazioni iniziarono a viaggiare più rapidamente, prima con il telegrafo poi con il telefono, e la tecnologia produsse impianti che risparmiavano sui costi fissi quanto più grandi.

Gli Stati Uniti furono il primo paese a capire le potenzialità della grande impresa (corporation) e ne elaborò le caratteristiche organizzative tra gli anni 60 dell'800 e la 1° guerra mondiale; il più grande storico della grande impresa americano è Alfred Handler non solo per sfruttare le economie di

scala maChandler rivela che la grande impresa è stata creata anche quelle di e le (a partire dalle materie prime e dai prodotto intermedi) DIVERSIFICAZIONE ECONOMIE DI12. A quest'ultimo scopo occorreva quindi un' per evitareRAPIDITÀ ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO perdite di tempo nei vari passaggi della lavorazione. Questo processo venne studiato soprattutto daF T (cosiddetto Taylorismo) che reputò la soluzione migliore fosse quella di costruire unaREDERICK AYLOR catena di montaggio dove tutte le lavorazioni era messe in linea, i pezzi lavorati scorrevano sulla catena e i lavoratori stavano fermi ad effettuare la loro lavorazione specializzata. Ciò, però, richiedeva un investimento notevole in impianti programmati per produrre un certo prodotto e quindi spingeva alla standardizzazione ma in compenso si abbassavano i costi unitari di produzione (come ad esempio il modello T nero di Henry Ford). aumentò la produttività eabbassò i costi unitari Quindi la spiazzando le piccole imprese nei corporation settori in cui si poteva standardizzare il prodotto. Lo stimolo delle economie di scala e di diversificazione fu talmente grande che le imprese tendevano a diventare sempre più grandi, e il controllo da parte del proprietario non era più possibile; così si pensò a un ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL CONTROLLO’ attraverso una complessa classificazione di manager o impiegati. DELL IMPRESA A capo sta l’amministratore delegato che sotto di sé ha uno staff di dirigenti suddiviso (capo dell’ufficio legale, capo tecnico, capo del personale, ecc...) e poi tutta la catena di manager operativi. La proprietà della grande impresa diventa quindi frammentata e solo in pochi casi resta un azionista di <<riferimento>> che può essere il proprietario o il discendente. Il manager a capo della grande impresa può anche non possedere azioni della

Stessa impresa, viene nominato dal consiglio di amministrazione, può prendere tutte le decisioni che vuole ma l'importante è che l'impresa vada bene e che renda agli azionisti. Questo tipo di divisione rende le imprese più stabili e continuative nel tempo. Il sistema economico che si forma in presenza di queste grandi imprese è un misto di mercato. La grandezza di queste imprese non porta a guardare limiti, i confini nazionali vengono oltrepassati e la tendenza al monopolio si manifesta in poco tempo. Infatti gli Stati Uniti, attraverso la multinazionalizzazione, legge antitrust, emanarono presto una invece l'Europa tardò molto. Come già detto non tutti i settori vengono coinvolti da questa trasformazione dell'impresa ma solo dove il prodotto è più standardizzabile (mezzi di trasporto, meccanica di serie, petrolio, ecc...)

4. EVOLUZIONE DEI SISTEMI FINANZIARI 137° capitolo: L'ECONOMIA INTERNAZIONALE TRA FINE

800 E I PRIMI DEL 900: L'AFFERMAZIONE DEL GOLD STANDARD 1. MOBILITÀ DEI BENI E DEI FATTORI L'industrializzazione ha prodotto un incredibile aumento del commercio internazionale che prima era tenuto a freno dagli alti costi di trasporto, dal basso potere d'acquisto della gente e dalla scarsa diversificazione dei prodotti. I periodi migliori risultano essere due: il primo (1820-1870), quando prevalse un'apertura degli ultimi molti paesi al commercio internazionale, e il secondo (1950-1992) quando vi fu un consistente processo di liberalizzazione del commercio; anche il secondo non andò male, dove vi fu un aumento del protezionismo, invece il periodo tra le due guerre fu disastroso e non solo per il commercio. Con l'allargarsi del commercio internazionale, la sua incidenza sul PIL aumentò, e i paesi più piccoli potevano specializzarsi solo in una gamma ristretta di prodotti. Il commercio internazionale è stato da sempre visto dagli economisti come Adamzionale, in quanto possono beneficiare di economie di scala e di accesso a nuovi mercati. Il principio della specializzazione del lavoro implica che ogni paese si concentri sulla produzione dei beni e dei servizi in cui ha un vantaggio comparativo, cioè in cui è più efficiente rispetto agli altri paesi. Questo porta a una maggiore efficienza complessiva del sistema economico mondiale, in quanto ogni paese può concentrarsi sulle attività in cui è più competitivo. Tuttavia, ci sono anche dei rischi associati al libero commercio. Ad esempio, i paesi più piccoli potrebbero essere esposti a una maggiore concorrenza da parte dei paesi più grandi, che potrebbero avere vantaggi in termini di economie di scala e di risorse. Inoltre, il libero commercio potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro in settori che diventano meno competitivi a livello internazionale. In conclusione, il principio della specializzazione del lavoro e il libero commercio possono portare a benefici economici globali, ma è importante considerare anche gli effetti negativi e adottare politiche adeguate per mitigarli.
Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
30 pagine
13 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Negri Vera.