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L'INDUSTRIA

Gli anni '60 furono difficili in tutta Italia perché il libero scambio danneggiò le industrie italiane a discapito di quelle estere che potevano contare su un prodotto migliore ad un prezzo inferiore. Il settore meccanico e metallurgico era in crisi nonostante la grande domanda di ferrovie perché molto materiale fu importato dall'estero. Il ferro italiano infatti era costoso e prodotto da aziende molto più piccole rispetto a quelle europee e ancora non veniva utilizzato il carbone coke ma la carbonella. Negli anni '70 questi settori divennero più dinamici e L'Esposizione Industriale Nazionale nel 1881 consacrò Milano come centro industriale italiano. Sempre negli anni '70 crebbe l'industria tradizionale che portò all'apertura delle prime tessiture (producevano tessuti, quindi prodotti finiti e non più semilavorati). Si espanse il cotone che è un settore moderno e nel.

Nel settore tessile nacque la prima società anonima. Il settore estrattivo subisce un incremento grazie soprattutto allo zolfo siciliano. La produzione siderurgica aumenta, ma ancora ben lontani dagli standard europei, e il settore meccanico è ancora molto arretrato perché le fabbriche sono piccole e poco specializzate. Cresce l'industria alimentare. I macchinari sono elementi esclusivi di importazione perché in Italia non si è ancora in grado di produrne. Nonostante l'intero settore industriale stia diventando sempre più dinamico, il Paese non si può ancora considerare industrializzato; gli operai sono sempre più e diminuisce la disoccupazione. In questo periodo avvenne il superamento dell'equilibrio agricolo commerciale, mentre il calo dei prezzi dei cereali a livello internazionale risultò essere la prima crisi di sempre da sovrapproduzione. Il prezzo del grano calò molto perché ne aumentò l'offerta.

Il grano Americano aveva un costo nettamente minore rispetto a quello europeo, e siccome nel giro di 5 anni il costo del trasporto marino, grazie ai nuovi mezzi per la tratta marina che erano più economici di quelli precedenti, diminuì del 40/50%, il prezzo del grano americano rimaneva più competitivo. Se prima veniva esportato solo il grano coltivato sulla costa est, ora con lo sviluppo della ferrovia anche il grano prodotto nel centro America era oggetto di esportazione. Da questo momento tutti i Paesi iniziarono a proteggersi tranne l'Inghilterra che continuò a rimanere liberista. LA FILLOSSERA DELLA VITE: La fillossera è un animale proveniente dagli USA che attacca le viti alla radice e le uccide. Per risolvere il problema si cercarono radici immuni a tale animale, ed erano proprio quelle americane. Quindi si decise a fare un innesto: si piantavano le viti italiane con le radici americane, e questo inficiò molto sulla qualità del

LA COCCINIGLIA: La cocciniglia è un parassita che colpisce le piante di gelso e che proviene dal Giappone e la prima regione europea colpita fu proprio la Lombardia. La cocciniglia non uccide la pianta di gelso ma si limita ad indebolirla permettendo così che altri parassiti possano ucciderla e la seta che si stava riprendendo subisce una nuova brusca frenata. A questo punto successe che molti di quei capitali iniziarono a guardare al mondo dell'industria perché iniziò a essere vista come una vera e propria alternativa. Con queste due crisi si può definire superato l'equilibrio agricolo commerciale.

LE PRIME INDUSTRIE ED INDUSTRIALI ITALIANI

Tra i primi industriali italiani va sicuramente riconosciuto Alessandro Rossi: grande industriale entra in politica prima come deputato e poi come senatore.

Nel 1885 fu approvata la legge sulle convenzioni che riguardava la rete ferroviaria; tale rete fu divisa in tre parti, mediterranea, adriatica e sicula.

Le parti adriatica e mediterranea furono separate in questo modo per gestire longitudinalmente l'Italia con alcune stazioni in comune e comunicanti, e perché entrambe le parti avevano tratte sia profittevoli che svantaggiose. Queste società avevano le ferrovie in concessione per 60 anni ed erano obbligate ad acquistare prodotti italiani che avessero un prezzo non superiore al 5% della concorrenza straniera.

In campo manifatturiero, gli sviluppi cui si è fatto cenno favorirono la nascita di un tessuto produttivo ancora molto frantumato, in cui però cominciarono a comparire unità di una certa consistenza nel numero di occupati e nell'attrezzatura tecnica. Le cause di questo sviluppo in parte sono riconducibili alla domanda privata, in parte a quella pubblica (ferrovie, navigazione, rinnovo della marina da guerra).

Questa crescita sollevò due questioni centrali: la dipendenza dagli scambi con le altre economie e la necessità di capitali.

Quanto al primo problema, il dilagare di un orientamento protezionistico nelle economie con cui avevamo rapporti di scambio (in primis la Francia) non lasciò molte alternative. Si tentò un riordino della nostra politica commerciale e doganale attraverso la firma di trattati, che però non valsero a dare una soluzione definitiva. S'insediò quindi una commissione incaricata di esaminare le proposte per la revisione delle tariffe doganali. Nel 1887 una nuova tariffa chiuse questa fase travagliata e conferì ai nostri rapporti commerciali un assetto marcatamente protezionistico. Più complesso il problema del bisogno di capitali e di mezzi monetari, perché chiamava in causa il riordino del sistema di emissione e circolazione, nonché dell'esercizio del credito. Nel 1883 si ebbe il ritorno alla convertibilità della moneta cartacea in moneta metallica (abolizione del corso forzoso), sostenuto da un prestito in oro garantito da unconsorzio di banche straniere che collocarono sul mercato estero titoli del debito pubblico. Sul fronte del riordino degli istituti di emissione ci si limitò ad autorizzare le banche ad aumentare la loro circolazione in proporzione alle riserve metalliche, in aumento. Si determinò così una spirale di eventi che fecero da preludio alla situazione di grave difficoltà che si ebbe alla chiusura della fase espansiva nel 1886-'87 (aumento della circolazione cartacea, aumento dei crediti concessi a sostegno di iniziative economiche più o meno sane e della speculazione). Nel 1887 furono sufficienti alcuni fatti negativi interni (ricomparsa del disavanzo pubblico e discesa della rendita) ed esterni (caduta dei prezzi) perché si avviasse una recessione molto forte. La tariffa doganale del 1887 segnò la chiusura di questa fase contraddittoria di crescita dell'economia e l'apertura di un nuovo periodo nel nostro commercio estero.

nell'assetto economico generale del paese. Essa fu lo sbocco inevitabile delle tendenze protezionistiche e degli orientamenti favorevoli a una riforma radicale del nostro sistema doganale. Gli interessi che premevano in questa direzione furono in primo luogo quelli agrari, più direttamente minacciati dalla crisi. A essi si aggregarono quelli dei settori industriali che avevano preso vigore agli inizi del decennio '80, soprattutto il siderurgico e il cotoniero. L'adozione di questo nuovo regime provocò un'interruzione dei rapporti con la Francia. Si ebbe, a partire dal 1888, uno stato di guerra commerciale e la conseguente adozione di tariffe di rappresaglia da entrambe le parti. Le conseguenze furono particolarmente gravi per le nostre esportazioni, visto che da decenni il 50% delle nostre vendite sui mercati esteri avveniva sul mercato francese.

Congiunture internazionali e ammodernamento indotto (1887-1896)

La contrazione del valore degli scambi, soprattutto

con la Francia (guerra commerciale), si tradusse in uno sforzo per compensare la caduta delle esportazioni verso questo paese con nuovi mercati di sbocco, soprattutto per i nostri prodotti agricoli. Questo sforzo consentì una lenta ripresa dei nostri commerci con l'estero, che accompagnò a sua volta un modesto risveglio in alcuni comparti del sistema agricolo italiano. A questo andamento, che interessò soprattutto il settore primario, alle prese con una crisi che non accennava a finire, si affiancò un settore industriale dagli sviluppi contraddittori. Mentre alcuni settori (edilizia, siderurgia) vissero un periodo di gravissima difficoltà, altri mostrarono una maggiore capacità di resistenza, specie in alcuni contesti regionali (tessile, soprattutto il cotone, meccanica). Il punto più delicato era rappresentato dal finanziamento delle attività produttive, che venne meno sia per la crisi del sistema creditizio, sia per la contrazione della domanda interna.spesa pubblica. L'obiettivo che fu perseguito a partire da questi anni era ormai quello di sostituire a un partner commerciale sino ad allora prevalente, più paesi con i quali scambiare prodotti. Questi sforzi per trovare nuovi sbocchi al nostro commercio non produssero effetti significativi sul sistema economico per l'esplodere della crisi del settore edilizio (scoppio della bolla speculativa). Alle citate difficoltà di alcuni istituti si cercò di far fronte con i salvataggi bancari. Di fronte al dilagare dei fallimenti (tra cui lo scandalo della Banca Romana, istituto di emissione che fu posto in liquidazione dopo la scoperta di emissioni di biglietti in doppia serie – per far fronte agli eccessivi immobilizzi e per coprire ammanchi di cassa – e di prestiti a particolari condizioni politici, tra cui il presidente del Consiglio Crispi) si rispose con un provvedimento che si sarebbe rivelato di fondamentale importanza per il riordino del sistema.bancario e di emissione: attraverso la fusione tra la Banca nazionale nel Regno d'Italia e i due istituti toscani autorizzati a emettere moneta (Banca nazionale toscana e Banca toscana di credito) fu creata, nel 1893, la Banca d'Italia, riducendo a tre le banche di emissione (oltre alla Banca d'Italia Banco di Napoli e Banco di Sicilia), sottoposte, in base allo stesso provvedimento, a maggiori controlli sul circolante e sulle riserve e a una delimitazione delle loro possibilità operative. Questi provvedimenti, tuttavia, non valsero a salvare dal fallimento due dei maggiori istituti bancari del Paese: la Banca generale e la Società generale di credito mobiliare, appesantite da errori commessi negli investimenti e colpite da una vera e propria corsa agli sportelli. Questi ulteriori fallimenti favorirono il riordino del comparto del credito ordinario e crearono i necessari spazi di mercato per l'apertura di nuovi istituti. In questa situazione nacquero la

Bancacommerciale italiana (Comit) e il Credito italiano (Credit), grazie all'apporto di capitali stranieri, in particolare tedeschi. Negli stessi anni, la fuoriuscita dal Paese di oro e argento,

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Publisher
A.A. 2018-2019
40 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher PaoloColnaghi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Besana Claudio.