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Cap. 1

Descrivere la serie del Pil Istat/Vitali (Tab.2 - Fig.2 pag.21 - 24):

Le serie a prezzi costanti indicano una netta discontinuità all'interno del cinquantennio in esame. Dall'unità fino ai primi anni Novanta il prodotto complessivo non cresce più della popolazione; il reddito reale pro capite rimane costante e i consumi privati pro capite tendono, anche se di poco, a ridursi. Negli anni successivi il progresso è netto, lo sviluppo è molto più rapido e l'età giolittiana sembra l'unico periodo in cui crescono la produttività e il benessere dell'italiano medio.

Andamento di agricoltura, industria e servizi/ Pil (pag. 21 - 25 e 27)

Le serie del conto della spesa a prezzi costanti riportate dall'Indagine indicano una netta discontinuità all'interno del cinquantennio in esame. Dall'unità fino ai primi anni novanta il prodotto complessivo non cresce più della popolazione; il reddito reale pro capite rimane costante e i consumi privati tendono, anche se di poco, a ridursi. Negli anni successivi il progresso è netto, lo sviluppo è molto più rapido e l'età giolittiana sembra l'unico periodo in cui crescono la produttività e il benessere dell'italiano medio. L'Indagine presenta anche un indice dell'industria manifatturiera il quale registra una crescita relativamente rapida nel periodo giolittiano, ma prima di allora una crescita lentissima, appena positiva in termini pro capite con fluttuazioni di poco importanza. Considerando insieme l'agricoltura, l'industria e i servizi, l'andamento discontinuo dell'aggregato Istat si riconduce ad andamenti settoriali grosso modo continui e nel primo nevve e nell'ultimo quindecinnio ma ad andamenti diversi nel periodo intermedio. Tra il 1880 e la fine della secolo la crescita continua dei servizi contrasta con le fluttuazioni ampiamente speculari dell'agricoltura e dell'industria. Agricoltura e industria sono poi legate una ai consumi e l'altra agli investimenti.

Visione di Gerschenkron dello sviluppo economico in Italia e le critiche che ha ricevuto (pag. 15 - 20 e 29)

Gerschenkron viene colpito dal fatto che nel periodo di sviluppo economico italiano la crescita media del periodo non raggiunge l'intensità che ci si sarebbe aspettata data l'esperienza di altri paesi relativamente arretrati (Svezia, Giappone, Russia). Individua allora dei fattori che possono aver ridotto l'intensità dello slancio e segnala tra questi: la conflittualità del mercato del lavoro, la mancanza di una spinta ideologica alla modernizzazione, la debolezza della domanda indotta dal precedente completamento delle costruzioni ferroviarie. Le colpe maggiori però le addossa allo Stato, poiché questo ha ostacolato lo sviluppo industriale con una politica doganale assolutamente irrazionale. Per Gerschenkron lo stato avrebbe dovuto proteggere l'industria con un altro potenziale crescita e di crescere le nuove industrie beneficerete dai dazi aumentati sono state la tessile, ormai già matura, e la siderurgica, palesemente artificiale in un paese senza carbone. Comunque se dal 1896 in Italia si verificò il grande slancio è merito secondo Gerschenkron nuove banche imprenditoriali sorte dal modello tedesco. Lo slancio italiano rientra altresì per intensità nella classe del tedesco, ma per effetto di irripetibile slancio. Gerschenkron viene criticato da Romeo il cui modello è assolutamente classista, rosistico. La ricerca dei prerequisiti appare necessariamente incompleta ed inutile. L'avvenire post-unitario è per romeo il periodi di questa unica grande espansione industriale italiana.

Il modello ciclico è ad oggi ormai condiviso? In che senso? (pag 37 – 41 e 42)

Il modello ciclico non è ancora del tutto condiviso, ci sono in campo modelli differenti, alternativi, s’impone per cui un confronto una scelta. I modelli a stadi di sviluppo non sono stati affatto abbandonati, si affrontano due modi diversi di concepire l’economia italiana post-unitaria. Da un lato il modello a stadi che vede l’economia nazionale limitata dalle varie risorse che vanno accumulate per poi poter passano da uno stadio a quello successivo, dall’altro il modello ciclico che vede nell’aumento delle capacità, nel progresso tecnico, nell’accumulazione di capitale la chiave della crescita economica moderna di tutto l’occidente.

Secondo Gerschenkron quali fattori hanno impedito lo slancio industriale (pag 15)

Gerschenkron individua dei fattori che possono aver ridotto l’intensità dello slancio e segnala tra questi: la conflittualità del mercato del lavoro, la mancanza di una spinta ideologica alla modernizzazione, la debolezza della domanda indotta dal precedente completamento delle costruzioni ferroviarie. Le colpe maggiori però le addossa allo Stato, poiché questo ha ostacolato lo sviluppo industriale con una politica doganale assolutamente irrazionale. Per Gerschenkron lo stato avrebbe dovuto proteggere le industrie con un altro potenziale di crescita e invece le industrie beneficiate dai dazi aumentati sono state la tessile, ormai già matura, e la siderurgia, palesemente artificiale in un paese senza carbone.

Grafico serie Pil pro capite serie Vitali, Maddison e nuove = Fig 6. Illustrare evoluzione (pag 52 – 63)

La ricostruzione della serie del prodotto complessivo di Istat-Vitali mostrava il brusco aumento del tasso di crescita negli ultimi anni del secolo, dovuto alla crescente sottostima della produzione agricola negli anni 80 e 90, e al riassorbimento di quell’errore statistico negli anni a cavallo del secolo. Maddison modifica le serie Istat-Vitali ritimando il conto della produzione; per la parte industriale sostituisce alle serie Vitali il vecchio indice di Fenoaltea, mentre per l’agricoltura e i servizi aumenta semplicemente il tasso di crescita. Maddison vuole ottenere un tasso di crescita maggiore. Con questa procedura Maddison ottiene una crescita del prodotto pro capite anche prima dell’età giolittiana, ma la sua serie mantiene immutata l’accelerazione di fine secolo. Da stime curate da Federico per l’agricoltura, da Fenoaltea per i servizi e da Vera Zamagni per l’industria, si ottiene la nuova serie del prodotto lordo. Nella nuova serie il prodotto cresce dall’Unità alla Grande Guerra senza particolari discontinuità. Si alternano naturalmente periodi di crescita più rapida e meno rapida.

Distinzione modello ciclico e a stadi (pag 41 - 42)

Figura 13 = andamento salari nominali e reali (pag 139 – 143 e 146)

Il grafico sui salari dei lavoratori non qualificati mostra che, i salari nominali aumentano nei primi decenni, e ancora negli anni 80, con una crescita massima tra il 1884 e il 1888, ricadono negli anni 90 per risalire nel primo Novecento. I dati evidenziano l’andamento parallelo dei salari nominali nell’agricoltura e nell’industria. Le stime dei salari reali sono ottenute deflazionando le corrispondenti serie nominali. I salari nominali sono aumentati negli anni 80 e ancora di più nel periodo giolittiano; ma il costo della vita aumentò nel primo Novecento, mentre negli anni 80 subì una riduzione notevole. Le serie deflazionate identificano proprio negli anni 80 e nel periodo Giolittiano i due periodi di crescita significativa dei salari reali

Modello dei vantaggi comparati nell’ottica della crisi agraria (124 – 127 + app.2 pag 285 – 288)

Il modello dei vantaggi comparati implica che dal calo del prezzo del grano ci si aspetterebbe un aumento del benessere, dei salari reali, dei consumi. Il crollo del prezzo del grano ha aumentato la differenza tra i prezzi relativi nei mercati mondiali e i prezzi relativi dell’Italia autarchica, ha aumentato i benefici ottenibili dal commercio; se il calo del prezzo del grano fosse stato in sé dannoso sarebbe dannoso il commercio come tale. Sulla scia del crollo del prezzo del grano crescono l’industria e l’agricoltura specializzata. Nel caso specifico il grano è intensivo in terra; per questo tende a costare poco nei paesi nuovi, dalle praterie sconfinate, e tanto nei paesi densamente popolati, che hanno invece un vantaggio comparato nelle attività intensive in lavoro, l’industria e l’agricoltura specializzata. Espandendosi queste aumenta la domanda di lavoro e aumentano i salari reali, si riduce la domanda di terra e la rendita agraria. Il calo del prezzo del grano avrebbe aumentato i consumi complessivi degli italiani; ne avrebbero beneficiato in particolare le masse lavoratrici, povere, che guadagnano salari e consumano prodotti intensivi in terra, e danneggiato i proprietari terrieri, benestanti, che guadagnano rendita e consumano prodotti intensivi in lavoro.

Crisi anni’80. Cosa dimostra che non c’è stata, cosa smentisce il pensiero dei pessimisti (pag da 133 in poi)

Una prima indicazione che la crisi negli anni 80 non c’è stata proviene dai consumi alimentari documentati. Le medie decennali di consumo pro capite di birra, caffè e zucchero mostrano che, per tutto il cinquantennio in esame, tranne che per i soli anni 90, e compresi gli anni 80, c’è un aumento dei consumi pro capite, dei prezzi deflazioni e della spesa reale; è innegabile quindi l’aumento della domanda, indice a sua volta del reddito dei consumatori. Anche i consumi pro capite di fibre tessili aumentano di decennio in decennio. Le serie annuali ne evidenziano la crescita quasi costante, tipicamente lenta ma particolarmente rapida in 2 periodi: negli anni del boom giolittiano tra il 1905 e il 1908 e proprio negli anni 80. Anche i dati Istat sull’altezza delle reclute rivelano nel lungo periodo una crescita della media, che rispecchia i miglioramenti della nutrizione e delle condizioni epidemiologiche; e non evidenziano nessun aumento della dispersione delle altezze delle reclute nate tra il 1875 e il 1895. Tutti questi dati, insieme a quelli che riportano l’aumento dei salari, sia nominali che reali, dei lavoratori non qualificati, dimostrano che la crisi negli anni 80 non c’è stata ed è stata solo un’invenzione dei protezionisti.

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
12 pagine
2 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vale315 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Fenoaltea Stefano.