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L'IRI e le sue subholding

L'IRI era organizzata come holding pubblica, una finanziaria (holding) che possiede imprese attive in un settore e coordina le partecipate di quel settore (subholding). In particolare, ci sono 4 subholding di gestione:

  • Stet - telefoni (1933).
  • Finmare - navigazione (1936).
  • Finsider - siderurgico (1937).
  • Finmeccanica (1947).

L'IRI inoltre alla fine della guerra deteneva forti partecipazioni nel settore bancario (25% raccolta), idroelettrico (25% produzione), immobiliare e agricolo. Possedeva anche la società Italstrade e amministrava per conto del Tesoro la Lai (Linee aeree italiane) e l'Alitalia. In questo modo, a inizio anni 50, contava circa 200.000 dipendenti.

La riforma bancaria del 1936

La riforma bancaria aveva sancito la fine della banca mista con la separazione tra operazioni a breve e quelle a medio-lungo termine. Per salvare dal fallimento le industrie e le tre grandi banche miste a esse collate, il credito passa per gli

Istituti Beneduce,- che si finanziano emettendo obbligazioni (denaro con scadenza a medio lungo termine): in questo modo possono prestare denaro a medio lungo termine. Tra questi istituti di credito speciale abbiamo Csvi, Crediop, Icipu, Credito navale, Imi.

Subito dopo la guerra nascono Mediobanca (1946) e Mediocrediti regionali (1950), finalizzati a finanziare imprese di media piccola dimensione per progetti a medio lungo termine.

Miseria e danni di guerra

A causa della guerra assistiamo ad un crollo della produzione:

Nel 1945 la produzione agricola è il 63% dei livelli del 1938, quindi è calata del 40%.

La produzione industriale al 29%, quindi calata del 70%; in alcuni settori addirittura è calata di più (soprattutto quelli legati alla produzione bellica oppure quelli che dipendono da materie prime che non si trovano più sul mercato).

Esempi: ghisa da 864.000 a 65.000 tonnellate, acciaio da 2.400.000 a 400.000 tonnellate, automobili da 60.000 a 10.000.

fibreartificiali da 119.000 a 4.000 tonnellate. Questo crollo della produzione, però, non è dovuto solo a bombardamenti e distruzioni, ma anche a una fortissima carenza di materie prime.

Carbone e combustibili: l'impossibilità di importare da Germania e Gran Bretagna per vari problemi, quindi ci si deve rivolgere agli Stati Uniti ma risulta essere più difficile.

Energia: la distruzione del termoelettrico, i limiti dell'idroelettrico (ha avuto meno danni dato che le dighe sono ancora presenti), quindi c'è mancanza di queste fonti di energia.

A complicare il quadro vi è la distruzione delle infrastrutture dei trasporti (porti, ferrovie, strade e ponti), proprio perché sono obiettivi di guerra, si bombardano per frenare l'avanzata di un esercito e bloccare rifornimenti. Senza infrastrutture però diventa difficile ripartire dopo la guerra, anche perché il mercato si frantuma, diventa difficile spostare i

prodotti.Questo crollo della produzione, però, si riflette sul Pil pro capite. Se guardiamo il Pil, infatti, entriamo nella guerra nel 1938 con3.250 lire, e ne usciamo nel 1945 con 1.574 lire (dimezzato), un valore inferiore a quelli della seconda metà dell'Ottocento, in cui l'Italia non era nemmeno una potenza. Questo ovviamente porta al crollo del sistema.

Dietro al Pil pro capite, però, ci sono le persone, infatti si hanno molti effetti sulle condizioni di vita di queste persone. Un esempio è rappresentato dal fatto che nel 1944 un operaio meccanico specializzato della provincia di Milano guadagnava 1.200 lire al mese, e capiamo che si tratta di una cifra insostenibile, tanto che con un mese di stipendio non si riusciva a comprare nemmeno del pane e della pasta. Proprio per questa ragione, esattamente in questi anni, si sviluppano le mense dei poveri per aiutare queste persone almeno a mangiare.

I danni riguardano anche le abitazioni e il capitale umano.

sud. Inoltre, la guerra ha causato anche la distruzione di molte risorse agricole nel sud, che era una delle principali aree produttrici di cibo del paese. Questo ha portato a una grave carenza di cibo e a una situazione di fame diffusa. La guerra ha anche avuto un impatto significativo sull'economia italiana. L'industria è stata gravemente danneggiata e molte fabbriche sono state distrutte. Ciò ha portato a una forte diminuzione della produzione e all'aumento della disoccupazione. Inoltre, molte infrastrutture, come strade e ponti, sono state danneggiate o distrutte, rendendo difficile il trasporto delle merci e la ripresa economica. La Seconda guerra mondiale ha lasciato un'eredità di distruzione e sofferenza in tutto il paese. Le conseguenze di questa guerra sono state durature e hanno influenzato profondamente la vita delle persone in Italia.sud.Gli aiuti internazionali Da quella situazione se ne esce con degli aiuti. Unrra (fase dell'emergenza) Alimenti. - Medicinali. - Forniture sanitarie. - Materie prime e combustibili. - Prodotti tessili e abbigliamento. Si tratta di aiuti abbastanza basilari, infatti forniva qualsiasi cosa che potesse aiutare la popolazione ad arrivare al giorno dopo. Ovviamente ci sono dei limiti, perché questi sono degli aiuti. Un esempio è rappresentato dal fatto che per far riparare le case servirebbero 950.000 tonnellate mensili di carbone, invece ne arrivano solamente 475.000. Un aiuto fondamentale, invece, è rappresentato dagli aiuti alimentari, infatti prima della guerra erano disponibili 2.652 calorie al giorno per abitante, mentre nel 1945 solo 1.737, e capiamo che era molto poco, considerando che queste persone si occupavano di lavori molto diversi rispetto a quelli odierni (lavori nei campi). Proprio per questa ragione, le imprese sono costrette ad aprire mense, se no i

lavoratori non si presentano a lavoro poiché preferiscono andare in campagna a trovare qualcosa da mangiare.

Piano Marshall (Erp)

Gli aiuti erano suddivisi in:

  • Grants, merci cedute gratuitamente dagli Stati Uniti.
  • Loans, prestiti per l'acquisto di attrezzature industriali.
  • Fondi di contropartita, un fondo lire presso la Banca d'Italia dove lo stato raccoglieva questi pagamenti.

Questo piano riesce a coprire il 33,6% delle importazioni italiane tra il 1948 e il 1950. Proprio per questo, riesce a rompere il problema del dollar gap, la difficoltà di importare materie prime dagli Stati Uniti perché non si hanno dollari per pagare.

La composizione degli aiuti:

  • Combustibili 19%.
  • Cotone 38%.
  • Cereali 17%.
  • Macchinari e attrezzature 16%.

Ovviamente non è una composizione stabile nel tempo: i primi mesi pesa molto l'emergenza, quindi i cereali, alla fine invece sono cresciuti i macchinari e le attrezzature. Si registra, quindi, un passaggio da

un'emergenza iniziale per far ripartire le fabbriche, un'emergenza negli investimenti (vantaggio dell'arretratezza). Questo consente di fare salti di qualità nella produzione e nella capacità produttiva dell'industria (svolta produttivistica). Proprio per questo nelle imprese nascono nuovi impianti:

  • La Fiat riesce finalmente ad importare a pieno la tecnologia fordista.
  • La siderurgia pubblica riesce ad importare impianti moderni che riescono a produrre acciaio a basso prezzo, e questo è fondamentale dato che in Italia costa molto di più.
  • L'industria termoelettrica riesce ad importare la tecnologia per costruire nuove centrali, questo per necessità di assecondare una crescente fame di energia.
  • Il settore chimico, che passa dalla carbochimica alla petrolchimica, quindi si introducono nuove tecnologie e nuove capacità.

La ripresa dell'industria: All'uscita dal conflitto i danni agli impianti non sono

eccessivi: solamente il 10% degli impianti è andato perso, e per un paese sconfitto non è una cifra esagerata. Inoltre, quei danni sono concentrati soprattutto nelle grandi imprese coinvolte nella produzione bellica, come gli impianti siderurgici o la Fiat. Molte altre industrie, invece, sono rimaste intonse, o perché non erano obiettivi militari, come quella tessile, oppure perché non vi era il bisogno di bombardarli perché magari gli impianti non entravano proprio in funzione per mancanza di materie prime ed energetiche. Ora quelle stesse fabbriche sono lì e c'è sempre la possibilità di riattivarle. Fattori che pesano all'industria: - Pesa l'assenza di materie prime ed energetiche, come il carbone, e questo fa sì che gli impianti rimangano fermi. - Pesa l'obsolescenza degli impianti, infatti si è accumulato ritardo rispetto all'estero, quindi gli impianti risultano essere vecchi. - Pesa la necessità di

Riconversione ad una produzione non più bellica, ma anche l'eccesso di manodopera.-Esempio: La Piaggio fa aerei, poi deve reinventarsi alla fine della guerra, perché gli aerei non li chiede più nessuno. Alfa Romeo alla fine della guerra inizia a produrre stufe a legna, perché non c'è più domanda bellica. Da questa situazione ci vogliono tre anni per riprendersi, infatti entro il 1948 si recuperano i livelli produttivi prebellici.

La ripresa dell'industria: il settore tessile

Quello che si riprende prima è il settore tessile, tanto che si investe molto per farla riprendere. Questo perché:

  1. Ha macchinari intatti, non distrutti dalla guerra.
  2. Assenza concorrenti tedeschi e giapponesi.
  3. Accesso alle materie prime, dato che il settore tessile non richiede carbone, basta solamente un po' di energia elettrica.
  4. Una forte domanda, infatti tutti chiedono per un pezzo di stoffa.

Questo porta ad un boom di produzione.

ed esportazioni, che arriverà ad un picco nel 1951. Questo boom, però, subito dopo registra una crisi, perché nel frattempo sono tornati i concorrenti tedeschi e giapponesi che hanno dovuto cambiare gli impianti perché distrutti: loro adesso hanno telai moderni, al contrario di quelli italiani che hanno 20 anni, quindi la concorrenza risulta difficile da reggere. La ripresa dell'industria: la meccanica Si tratta di un settore in cui lo Stato ha un ruolo importante: Copre il 26,5% della capacità produttiva. - 86.000 addetti, 50 stabilimenti, imprese di grandi dimensioni. - È molto presente in alcuni ambiti (costruzioni navali, ferrotranviario, elettromeccanica). - Il settore meccanico è molto importante sia per la ricostruzione a seguito dei danni di guerra, sia per le esportazioni e per la nuova collocazione internazionale del paese, poiché dà la possibilità di agganciare la modernità e di far sì che l'Italia

diventi un paese concorrenziale. Esempio: Un settore su cui si punta può essere la Fiat che ha accesso

Dettagli
A.A. 2021-2022
82 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiuliaMastroberti02 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Martinelli Nicola.