Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
DIRIGISMO ECONOMICO E PIANIFICAZIONE SOVIETICA
La pianificazione sovietica può essere considerata quasi come un regime economico a sé
stante, per le sue peculiari caratteristiche.
Il DIRIGISMO ECONOMICO è una forma di regime economico tipico dei sistemi autoritari e
può essere riconosciuto da alcuni importanti fattori:
INTERVENTO STATALE INTRUSIVO
Creazione di settori a proprietà pubblica
Perseguimento dell’indipendenza economica, spesso puntando all’autarchia
Forte militarismo finalizzato alla stabilità interna e/o all’espansione esterna
(economia di guerra)
Eliminazione di ogni opposizione politica e dei sindacati liberi
Istituzioni di welfare a scopo di legittimazione
Nell’area mediterranea si parla di DITTATURE DI MODERNIZZAZIONE, definizione che
non comprende la Germania perché riguarda Paesi che ancora non si sono pienamente
modernizzati. Essi sono per es l’Italia, la Spagna e la Grecia.
LE POLITICHE ECONOMICHE DEL FASCISMO
L’ascesa al potere del Fascismo si deve alla forte instabilità politico-sociale seguente la
Prima Guerra Mondiale, che confluisce nel Bienno Rosso.
Nella prima fase del governo di Mussolini, la politica economica è PRODUTTIVISTICA
(definizione del ministro dell’economia e della finanza, ALBERTO DE’ STEFANI), ovvero
liberalista.
È una fase che dura da 1922 a 1925 e si caratterizza per un’apertura commerciale.
Maggiore spazio all’iniziativa privata e pareggio del bilancio.
indebolisce la lira, a cui De’ Stefani reagisce
La forte crescita delle importazioni
aumentando il tasso di sconto (per ridurre la circolazione monetaria). Ciò causa una
serie di fallimenti industriali e il crollo in borsa.
A causa del fallimento di De’ Stefani, egli viene sostituito con l’industriale GIUSEPPE
VOLPI.
Una delle sue prime azioni è la RIDISCUSSIONE DEI DEBITI INTERALLEATI, in cui riesce
ad ottenere degli abbuoni del 75-85% dagli USA e Inghilterra.
Questo prelude a “Quota 90”, perché tali abbuoni sono indispensabili per il rientro dell’Italia
nel Gold Standard. 49
Tra gli anni ’20 e ’30 le forme dell’intervento statale italiano sull’economia si allargano su
tutti i settori, specie dopo la metà degli anni ’20, a partire dalla POLITICA RURALISTA del
regime.
Nel 1925 vi era il 40% di disavanzo della bilancia commerciale imputabile alle
importazioni di grano. Per evitare questo, si reintroduce il dazio sul grano, allo scopo
di favorire la produzione di grano alzando i prezzi. Parallelamente, si vara la
“Battaglia del Grano”, ovvero una serie di provvedimenti interni per favorire la
produzione del grano (es premi per chi produceva di più, incentivazione di fertilizzanti
e nuovi terreni coltivati a cereali (1928 bonifica integrale. Tra gli effetti positivi, vi è
l’eliminazione di malattie legate al terreno insalubre. I benefici però sono solo parziali:
essa prevedeva due passaggi, l’intervento dello Stato e l’intervento del capitale
privato, ma quest’ultimo raramente interviene)). distoglie l’attenzione da
Tale politica riesce a ridurre significativamente le importazioni, ma
altre specializzazioni (basti pensare al settore ortofrutticolo, per cui l’Italia era importanza)
e aumenta il prezzo del pane, fatto che ricade sui consumatori.
In ambito industriale, si ha il PROTEZIONISMO, che mira a preservare il mercato domestico
alle industrie italiane (significativo è il settore automobilistico, dove viene impedito alla Ford
l’ingresso sul mercato italiano) e le CONCENTRAZIONI INDUSTRIALI, ovvero la
costituzione di consorzi obbligatori (cooperazione fra industrie dello stesso settore,
concordando per es i prezzi e il collocamento sul mercato).
Uno degli elementi di maggiore particolarità è lo STATO CORPORATIVO, come
“terza via” tra capitalismo e socialismo. Il corporativismo avrebbe conciliato i vari
interessi all’interno dei superiori interessi della nazione. Ciò in realtà rimase solo a
livello ideologico, mentre a livello pratico esso si tradusse nell’asservimento delle
masse ai “supremi interessi nazionali”, stabiliti dal Duce e dalla burocrazia di partito.
Nel 1933 nasce lo STATO IMPRENDITORE (= Stato che acquisisce proprietà e controllo
dei settori dell’economia del Paese), che interviene a causa della sofferenza delle grandi
miste. Aumenta fortemente, quindi, l’intervento pubblico, per evitare una crisi
banche
sistemica.
1933 viene creato l’IRI (istituto
Nel ricostruzione industriale), che attua uno smobilizzo
delle partecipazioni industriali detenute dalle banche miste. Tali partecipazioni
azionarie vengono cedute all’IRI in cambio di liquidità.
Mancano tuttavia i capitali da parte dei privati e, quindi, nel 1937 l’IRI, da ente
provvisorio, viene dichiarato ente permanente.
La situazione delle banche miste viene chiarita con la LEGGE BANCARIA del 1936-1937,
con cui si stabilisce la specializzazione del credito: cessa la banca mista e si ha una netta
distinzione fra banche commerciali e istituti di credito speciale (che si finanziano emettendo
obbligazioni e possono concedere finanziamenti a lungo termine alle imprese).
Nel 1934 si hanno i primi segnali di ripresa, grazie alla domanda pubblica. È lo stesso anno
in cui si varano una serie di misure di AUTARCHIA ECONOMICA. Essa non va intesa nel
senso stretto del termine, dato che essa è impossibile (l’Italia è sempre stata priva di materie
50
prime e energetiche e, quindi, è definibile come “paese trasformatore), ma deve essere
intesa come mezzo per il riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
Si introduce il monopolio dei cambi e dei vincoli alle importazioni.
L’autarchia si rafforza a causa delle sanzioni imposte all’Italia a seguito
dell’espansionismo coloniale in Etiopia. Per perseguire il sistema, viene svalutata la
lira, che fino al 1936 era rimasta legata al Gold Standard.
IL DIRIGISMO ECONOMICO NELLA GERMANIA NAZISTA
La crisi economica è all’origine dell’ascesa della dittatura nazista. Queste le difficoltà:
Non essendoci più un flusso di capitali stranieri già dal 1928, per il pagamento delle
riparazioni si doveva provvedere attraverso un avanzo della bilancia dei pagamenti,
ottenibile solo essendo molto più restrittivi di altri paesi.
Il collasso dell’economia tedesca poteva indurre al cancellamento o alla sospensione
delle riparazioni (e ciò avvenne)
Il marco non poteva essere svalutato, sempre a causa delle condizioni internazionali
imposte da Versailles. Una svalutazione avrebbe comunque aumentato il peso reale
del debito
I salari erano inflessibili, a causa del potere dei sindacati, e avrebbero impedito alle
politiche fiscali molta della loro efficacia
Non c’erano significative elaborazioni contemporanee di linea di politica economica
alternativa in Germania. È sulla base di queste interpretazioni che Borchardt sostiene
che Brüning non ebbe alternative praticabili alla politica estremamente restrittiva in
cui precipitò la Repubblica di Weimar.
Sotto il nazismo, la Germania si caratterizza per una rapidissima ripresa economica (dai 6
milioni di disoccupati del 1933 alla piena occupazione del 1939) ed è la prima, fra le maggiori
economie industriali, a completare la ripresa economica. Ciò si ha soprattutto per un forte
programma di lavori pubblici (inclusi alcuni progetti ereditati dalla Repubblica di Weimar) e
spese militari.
In Germania si ha la costituzione di uno STATO DI POLIZIA, con per es la soppressione dei
sindacati liberi. Si mantiene tuttavia la proprietà privata.
Si introducono dei PIANI QUADRIENNALI, puntando soprattutto all’industria pesante e con
forte controllo amministrativo delle risorse. A differenza dell’URSS, tuttavia, non si
un
sacrificano i consumi per conseguire tali piani: in Germania si cerca comunque di garantire
una certa capacità di consumo.
Si adotta una POLITICA AUTARCHICA, molto più efficace di quella italiana a causa della
diversa situazione economica. 51
Importante è l’industria chimica. Si producono prodotti sostituivi, anche incentivando
la ricerca (es produrre benzina dal carbone).
Si mantengono e si estendono i controlli sui cambi
Il ministro dell’economia, HJIALMAR SCHACHT, introduce nel 1934 il “Nuovo Piano”.
Esso prevedeva una serie di misure per limitare le importazioni e favorire le
esportazioni, in particolare con un sistema di bilateralità degli scambi (basato sul
baratto internazionale: la Germania avrebbe esportato verso quei Paesi che
avrebbero scambiato i beni necessari per l’economia tedesca. Aumentando quindi i
rapporti commerciali con altre aree, come l’America Latina) e con il riorientamento
ad esempio verso l’Europa meridionale e orientale, incluse
dei flussi commerciali,
Italia e Spagna.
Investimenti nel settore edilizio e del trasporto (es la Volkswagen).
La politica economica di Hitler portò ad un notevole aumento della spesa pubblica, reso
possibile da un allargamento del credito da parte della Reichsbank (che emise certificati di
credito, che potevano essere utilizzati in pagamento solo da banche e imprese, evitando in
questo modo che la nuova moneta potesse essere utilizzata per i consumi).
Inizia il RIARMO, giù dal 1936, con un piano quadriennale, che tuttavia non fu efficace
pienamente a causa dell’entrata in guerra di Hitler prima del previsto e all’inefficacia della
direzione di Göring.
La Germania inoltre opera uno sfruttamento dei paesi dell’Europa centro-meridionale, con
Vengono annesse l’Austria (1938) e la Cecoslovacchia
una POLITICA DI LEBENSRAUM.
(1939), che portarono modesti benefici al commercio tedesco.
L’ECONOMIA PIANIFICATA DELLA RUSSIA SOVIETICA
Nel periodo fra la I e II guerra mondiale si distinguono tre fasi di politica economica: quella
introdotta dopo la Rivoluzione di Febbraio, quella di Lenin e quella di Stalin.
La I Guerra Mondiale gravò moltissimo sull’economia russa, in particolare per l’incapacità
logistica del trasferimento dei prodotti agricoli verso il fronte e verso i centri urbani. È quindi
una forte inefficienza burocratica, così come un’inadeguatezza dell’infrastruttura industriale
e di trasporto. Il forte malcontento scatenato dalla Guerra porta alla Rivoluzione di Febbraio
e, poi, alla Rivoluzione d’Ottobre, che segna la svolta bolscevica e il crollo dell’impero
zarista.
La Rivoluzione Russa porta ad un periodo di guerra civile (1917-1921); la politica economica
intrapresa in tale periodo &